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Autore: jeraiya    13/01/2009    0 recensioni
Gioia e sofferenza. Vita e morte. Vittima e assassino. Nel nostro mondo bene e male si confondono sempre più, mentre l'ingiustizia trionfa.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sophy

Sophy

 

 

“Sei certo che su c’è ancora il cielo?

C’è uno spot pubblicitario

Ma dimmi solo dove devo andare

Qui non c’è più un’indicazione

Fallo prima che finisca la passione

Un centimetro quadrato

un po’ di sensibilità

Circondato da un deserto

immenso di grande aridità.”

 

 

Due metri per quattro circa.

Le misure minime per farci stare un minuscolo letto, un lavandino impercettibile.

Il freddo è pungente, l’umidità ti penetra le ossa.

Il silenzio è assordante.

La solitudine è soffocante.

Non è posto per me questo.

Lo so.

La sento.

La pazzia si avvicina, è ormai alla porta.

Non è posto per me questo.

Perché sono qui?

Rinchiusa tra questa quattro mura grigie e perfide.

Sola come un cane.

Dove sono i miei due bambini, dov’è la mia dolce metà?

Mi sembra di sentirli…da lontano… mentre arrivano a casa, corrono per il corridoio chiamandomi a gran voce… “Mamma!mamma!”

“sono qui miei angioletti…venite ad abbracciarmi”.

Ma non arrivano, li chiamo ma nessuno più mi risponde… non ci sono più.

Non ci sono.

Dei passi.

“John sei tu?”.

Nessuna risposta.

Lo chiamo. Urlo il suo nome, quel nome che significa amore.

Niente. Era solo la mia fantasia, solo vecchi ricordi che ogni tanto si fanno vivi, con come unico scopo quello di tormentarmi, di rendermi ancora più pesante questa situazione.

 

Mi sento soffocare, è come che due grandi mani mi stessero afferrando la gola, stringendo spietatamente, senza un briciolo di pietà. Mi manca il fiato.

Devo restare calma, respirare profondamente, mantenere il controllo.

“andrà tutto bene… andrà tutto bene..” da un mese e mezzo me lo continuo a ripetere, tento disperatamente di convincermi, ma senza successo. Non riesco a convincere me stessa, come potevo riuscirci con il giudice?

Gliel’ho detto, gliel’ho ripetuto, ma è stato tutto inutile.

“sono innocente!sono innocente!”urlavo disperatamente mentre le lacrime mi rigavano il viso, e loro mi fissavano con quei loro occhi freddi e insensibili.

La verità era evidente. Avevano una sospettata, un’accusata, un’imputata tra le mani, e con essa l’occasione di porre fine a questa triste storia. Che fossi colpevole o innocente non importava, quello che contava era il poter dire pubblicamente di aver arrestato l’assassino di Erik Low e Elisabeth Smith; nessuno avrebbe mai saputo la verità, nessuno avrebbe mai scoperto la mia innocenza.

L’unico lato positivo che riesco a vedere in tutto ciò è la durata della mia prigionia, quattro mesi, solo un terzo dell’anno, poi tutto sarà finito.

Quattro mesi, solo quattro mesi…poi sarò libera.

Mi dispiace solo per loro , per i miei bambini. Non voglio che assistano a quello spettacolo, non voglio che vedano la loro giovane madre morire.

La morte…non ne ho paura. Per me è sinonimo di liberazione. La mia vita riprenderà con la mia morte. Ma fino a quel momento…

Ho sempre avuto paura del buio, qui dentro, però, è diventato terrore, puro e semplice terrore. Alla notte non dormo, resto sveglia a rigirarmi sul letto, mentre innumerevoli pensieri aumentano la mia ansia. Il mio cuore inizia a battere veloce, sempre più forte, a quel punto mi raggomitolo su me stessa tentando disperatamente di ritrovare la calma, ma la quiete dopo la tempesta non sopraggiunge mai.

Chiudo gli occhi. “dormi..dormi..” ma è tutto inutile, non ci riesco. La visione dei corpi senza vita di quella giovane coppia è sempre davanti ai miei occhi, mi ha così sconvolta che non riesco a rimuoverla, ma non sono stata io!

Perché nessuno lo vuole capire?perché nessuno mi ascolta?

È così difficile credermi?

Non ho fatto niente, l’unica mia colpa è l’essermi trovata nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Tutto qui, nient’altro. Vengo condannata per un reato che non ho commesso!

Non sono un’assassina!

 

Non sono un’assassina, sono un’insegnante.

Sono figlia di operai, mio padre e mia madre mi hanno sempre insegnato l’importanza dell’istruzione, fin da quando ero piccola si sono impegnati a convincermi che andare a scuola  non era solo un obbligo, ma che tutto era nei miei interessi. Certamente all’ora non ne ero molto convinta, in fondo quanti sono i bambini che vedono la scuola come un dovere e non una condanna?

Tuttavia con il passare degli anni scoprii che era vero. Studiare non mi dispiaceva, anzi ero particolarmente interessata alle varie lezioni, apprendere era per me un piacere. Decisi così che nella mia vita volevo far provare questo piacere anche ad altri, a tutti.

Ricordo i numerosi sacrifici che fecero i miei per finanziarmi, e quanto tentassero di non farmeli notare per non farmeli pesare.

Erano fieri di me, la loro unica figlia che mirava a una laurea, che voleva diventare maestra,  che credeva in tutti quei valori che le avevano insegnato.

Mi hanno sempre spiegato l’importanza della famiglia, che è sacra e inviolabile; il rispetto per entrambi i sessi, perché entrambi hanno lo stesso valore e la medesima importanza nel ciclo della vita e della società. Lo stesso rispetto che si deve avere per tutti i popoli e per la loro cultura. Il diritto alla libertà, ma soprattutto l’intoccabile diritto alla vita.

La vita con i suoi profumi.

La vita con le sue emozioni, con le sue esperienze.

La vita con i suoi suoni e i suoi silenzi.

La vita che dovrebbe spettare a tutti, quella stessa vita che ora mi vogliono togliere.

Sono figlia di cattolici.

Ho imparato ad amare il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo e anche la Madre mia. A ringraziare Dio per tutto ciò che ho, a rivolgermi a lui come un figlio fa con il padre, a chiedergli scusa e anche qualche favore.

Ho sempre creduto in Dio.

Ricordo che un tempo gli parlavo così spesso, lo stressavo immensamente, gli raccontavo tutto perché per me, oltre al Padre, era anche un mio grande e intimo Amico. Forse è per questo che ora mi succede tutto questo.

No, non credo. Il Dio di cui mi fidavo ciecamente non farebbe mai una cosa simile. Magari la realtà è un’altra, forse la verità è che neppure esiste.

Questo luogo, queste mura, questa solitudine mi privano di tutte le mie convinzioni, di ogni mia certezza… ciò che mi resta è solo il vuoto.

Non ci credo più, non credo più in quel Dio buono che ci affianca e ci sostiene sempre. Sono tutte menzogne, stupide favole che si raccontano ai bambini.

I casi possono essere solamente due: o Dio non esiste, o si tratta di un perfido Dio punitore.

Ma se si tratta davvero di un Vendicatore, come posso mettermi contro di lui?

Se tutto ciò, se questa mia agonia è causata da una sua decisione, da una sua volontà, come posso cambiare la mia sorte? Se così è, sono rovinata!!

E se..se è così..che ne sarà di me dopo la mia morte, come potrò ritrovare la vita, la libertà? Anche la mia vita nell’Aldilà sarà un’agonia?

Non voglio!!

Perché tutto il mondo, tutto l’universo cospira contro di me? Che ho fatto di male?

Dio mio! Dio mio! Abbi pietà di me!

Prego lui? Come posso pregarlo se neppure sono sicura della sua esistenza?

Non ne posso più! Non capisco più nulla! Mi sto perdendo nell’immensità di questa oscurità.

Un tempo ero così serena, così ottimista, ora invece vedo tutto così nero, è tutto così sfuocato, così privo di senso.

Vorrei avere ancora qualcosa a cui aggrapparmi, la fede un tempo era un appiglio perfetto, ora invece non  c’è nulla, perché non credo più in niente.

La mia è una caduta libera, in questo pozzo scuro e senza fondo.

La fine, la mia fine è dannatamente sempre più vicina, e di fronte a ciò non posso fare a meno di tremare.

 

 

  
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