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Autore: Alina Alboran    10/07/2015    0 recensioni
Lei.
Una vacanza per sfuggire dal passato che continua a perseguitarla nonostante gli anni passati.
Una madre esuberante e forse irresponsabile che la manda a vivere con una persona che non vede da dieci anni.
Un’amicizia che sembra amore e un amore che non è nemmeno amicizia.
Lui.
Una ferita che ancora brucia e un odio all’apparenza inspiegabile.
Una madre decisamente troppo fiduciosa che si fa convincere a farlo rimanere a casa da solo per ben due mesi.
Un’amicizia distrutta per sempre e una che forse si può recuperare.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Le situazioni di lui e lei

Capitolo 1

Lei

Mentre le note strade di Civitavecchia scorrevano veloci sotto i miei occhi, sbuffai per l’ennesima volta non tanto per la voglia di farlo quanto per infastidire mia madre.
«Puoi comportarti da ragazza grande e intelligente quale sei e farti andare bene questa cosa, oppure continuare ad agire come una bambina e venire con me e tuo padre in Sicilia».

Bambina?
Io?
«Ma mamma, non puoi pretendere che io accetti di vivere con un totale sconosciuto per ben due mesi!».

«Ma tesoro», cominciò come a volermi scimmiottare, «non è un totale sconosciuto, è il tuo migliore amico».

«Ma mamma», ripresi con lo stesso tono certa che questa sfida, per come le cose si stavano mettendo, l’avrei vinta io, «a vivere con il mio migliore amico non ho alcun problema».
«Bene. La questione è chiusa: condividerai la casa con Marco per tutta l’estate».
Come?
«Papà, di’ qualcosa pure tu. Non puoi farti mettere i piedi in testa così».            
Mio padre stava per replicare- vedevo chiaramente che nemmeno a lui questa situazione andava bene- ma una sola occhiata di mia madre bastò a farlo desistere dal rispondermi.  
«È stato il mio migliore amico quando avevo nove anni, ora come ora non lo riconoscerei neppure. Perché non posso stare con i miei amici? Perché non posso stare con Dennis? Per la prima volta in tanti anni siamo riusciti ad organizzare una vacanza tutti insieme e tu me la rovini in questo modo?», ripresi il discorso precedente sperando che, facendole notare quanto logica fosse la mia osservazione, accettasse di avere torto.                
«Miranda, perché devi essere così cocciuta?».              
Nel dirlo si mise le mani nei capelli e per un secondo mi sembrò che stesse quasi per cedere.
Quando mio padre mi informò che mancavano solo pochi minuti a destinazione, uno strano nodo all’altezza dello stomaco cominciò a infastidirmi.                
Ansia?
Preoccupazione?
Eccitazione?
Passammo i restanti minuti in completo silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri.    
Entrambi i miei genitori avevano gli occhi lucidi e mio padre strinse con tanta forza il volante che le nocche gli diventarono bianche.     
Che nessuno dei due si sentisse tranquillo a farmi vivere con quello che, a detta di mia madre, era il mio migliore amico era evidente, ma perché essere così ostinati?
Non sarei forse stata più al sicuro con Dennis che, e stavolta veramente, era il mio miglior amico?

«Siamo arrivati», annunciò mio padre dopo aver parcheggiato con destrezza nel vialetto di casa.  
Ancora prima di scendere completamente dalla macchina mi incantai qualche secondo ad osservare quella che per anni è stata la mia seconda casa.            
Tutto era esattamente come me lo ricordavo: le stesse rose nell’angolo, la stessa edera che, rigogliosa, spuntava tra un mattone e l’altro e ricopriva di verde buona parte della facciata laterale e, soprattutto, le stesse due altalene su cui avevo passato i miei pomeriggi da bambina.         
Guardai con un pizzico di malinconia la vernice scrostata che aveva perso tutta la sua antica lucentezza e, con il nodo ancora allo stomaco, sfiorai le sbarre di ferro ricoperte ormai di ruggine.     
Prima di sentirmi richiamare da Angelica ricordai quelle parole che, seppur dette molti anni prima e con l’innocenza che solo un bambino di otto anni può avere, non avevo ancora dimenticato.


«Miri, mi prometti una cosa?».                               
«Cosa?».
«Mi prometti che non mi dimenticherai mai?».   
«Me lo prometti?».              
«Sì».


«Miranda, come ti sei fatta grande», esclamò Angelica con sorpresa.                 
«E bella», continuò Giorgio abbracciandomi.             
Se la loro è stata per me come una seconda casa, loro sono stati come dei genitori. Non risposi perché la mia attenzione fu catturata dalla presenza che, dietro i due, si faceva abbracciare dai miei.     
Non avevo mentito quando una ventina di minuti prima dissi a mia madre che non l’avrei più riconosciuto.        
Il viso tondo e grazioso aveva lasciato il posto ad una mascella squadrata ricoperta da una leggera barbetta bionda; e i capelli, di un biondo molto più scuro rispetto a quello che mi ricordavo, erano leggermente alzati con un po’ di gel.                    
Era un bel ragazzo, non potevo negarlo.   
Rimasi ad osservarlo per qualche altro secondo e, se lui non avesse attirato la mia attenzione con una finta tosse, probabilmente sarei rimasta a guardarlo per ancora un po’.      
«Ciao», dissi imbarazzata dopo il calcio allo stinco che mia madre, credendo di passare inosservata, mi diede.            
«Se continui così mi consumi».                 
«Scusami?».
«Smettila di fissarmi, Miranda», rispose quasi esasperato.      
«Ragazzi, smettetela di fare i timidi e abbracciatevi», esclamò mia madre mentre io ancora cercavo di riprendermi dalla sua sfacciataggine.                  
Inaspettatamente fece un altro passo in avanti, mi prese per mano e mi attirò a sé. 
Il nodo allo stomaco, stranamente, sparì lasciando spazio a una pace e tranquillità che provavo solo in compagnia di poche persone.         
Nella consapevolezza che la convivenza non sarebbe stata così tremenda come l’avevo immaginata, afferrai i lembi della maglietta e lo attirai ancora di più a me.  
Sentii chiaramente il mugolio di felicità di mia madre e Angelica, ma non mi ci concentrai troppo perché le parole di Marco attirarono la mia attenzione distraendomi.     
«Pensavo che non fossi cambiata, speravo che fossi rimasta la stessa».          
Alzai lo sguardo per guardarlo, senza però staccarmi da lui. La sua vicinanza non mi metteva a disagio, anzi mi confortava e mi faceva sentire protetta.        
«E togliti, non vedi che con la tua bava mi stai sporcando la maglietta?». La cattiveria delle sue parole mi lasciò interdetta per qualche secondo, incapace di rispondere in alcun modo.    
«Fanculo», replicai delusa e sciogliendo l’abbraccio.               
Voleva la guerra? Io non mi sarei di certo tirata indietro.        
Angelica, notando la mia improvvisa freddezza e malumore, ci propose di entrare in casa. Ma non sarei riuscita a fare buon viso a cattivo gioco e perciò guardai mia madre speranzosa che capisse, senza che ci fosse il bisogno che le chiedessi apertamente di farmi andare da Dennis.         
«Mamma…». 
«E va bene».                               
«Grazie».
I presenti rimasti in ascolto guardavano me e mia madre curiosi, evidentemente non capendo di cosa stessimo parlando.       
«E rimani pure a dormire lì, ma vedi di tornare domani appena spunta il sole ché vogliamo salutarti prima di partire».        
«Vai da qualche parte, Miri?», mi chiese Angelica sorpresa.  
«Ho degli amici che hanno preso casa nelle vicinanze e volevo vederli», risposi leggermente scocciata, perché impaziente di rivederli dopo più di un anno.       
Dennis, più grande di me di tre anni, abitava nella mia stessa città, ma gli altri no e questa era una delle poche e rare opportunità di passare più di qualche giorno con loro.     
Pur avendo instaurato rapporti di amicizia con Dennis a Pisa, lo incontrai per la prima volta, anche se inconsapevolmente, a casa di Marco in occasione del nono compleanno di quest’ultimo.        
Mi ero trasferita già da qualche mese e, in occasione del compleanno del mio migliore amico, i miei avevano deciso di ritornare per qualche giorno nella mia città natale.   
Quella volta non lo notai.               
Il destino ci diede però una seconda opportunità permettendoci di farci rincontrare proprio a Pisa e, quando scoprimmo di essere nativi della stessa città, non potemmo fare a meno di fare amicizia.     
Entrambi ricordavamo con nostalgia i luoghi in cui, da bambini, trascorrevamo il nostro tempo: il mare, il parco accanto alla scuola, l’edicola in cui compravamo le figurine e altri posti che avevano fatto da spettatori ai momenti più significativi della nostra infanzia.         

«Marco, vedi di accompagnarla», ordinò Angelica guardando il figlio severamente.           
Mi aspettai che rifiutasse ma, sebbene contrariato, accettò.    
La via in cui i ragazzi avevano affittato l’appartamento non era molto lontana e  perciò la raggiungemmo in pochi minuti.            
Durante il tragitto nessuno dei due aveva provato a fare conversazione e l’imbarazzante silenzio che si era creato non faceva che aumentare la mia agitazione.     
Approfittando del mutismo di Marco, mandai velocemente un messaggio a Dennis, avvisandolo del mio arrivo.           
Quando finalmente arrivammo mi aspettai che se ne andasse, invece mi seguì per le scale e anche nell’appartamento.                 
Arrivata al terzo piano abbassai senza timore la maniglia della seconda porta a destra. La musica e le risate che provenivano non lasciavano spazio ai dubbi: in pochi attimi avrei riabbracciato le mie amiche.        
Entrai di soppiatto, attenta a non farmi sentire da nessuno ma Marco, a pochi passi di distanza da me, non era sulla mia stessa lunghezza d’onda e perciò si girarono tutti nella nostra direzione, a causa dei fastidiosi rumori che le sue scarpe producevano a contatto con il pavimento.  
Daniele e Alessandro furono i primi a venirmi incontro e a stritolarmi in un abbraccio che diventò collettivo quando si unirono anche le ragazze.         
Conobbi Martina qualche anno prima a Firenze quando Dennis, conoscendo la mia passione per l’arte, decise di portarmi alla Galleria degli Uffizi.                     
Dopo più di due ore in cui lo avevo trascinato a destra e a manca il mio amico, ormai distrutto, mi disse che aveva bisogno di qualche attimo per riposarsi.   
Ma io, per niente stanca e presa dall’entusiasmo di tutte quelle opere d’arte, mi impuntai per rimanere ancora un altro po’ e decidemmo di ritrovarci all’uscita della Galleria entro un’ora.          
E fu proprio allora che incontrai Martina.           
Mesi dopo incontrai anche il suo ragazzo Alessandro, la sorella di quest’ultimo, Ilaria, e per ultimo Daniele, migliore amico di Ale.        
«Dio, quanto sono contenta di vederti».    
«Tu saresti?».          
«Miri, ma mica è Mattia questo?».           
«Ma no che non lo è», affermò Daniele convinto, pur non avendo mai visto nemmeno una foto di Mattia.               
Prima che tutti cominciassero a escogitare teorie varie, mi affrettai a chiarire e spiegai loro che Marco non era altro che il mio nuovo coinquilino.                 
«Cosa?», domandò Dennis sorpreso. Da quando ero entrata non mi aveva rivolto la parola –in fondo non ci vedevamo solo da qualche giorno –e continuava a guardare Marco in cagnesco.         
«Qualche problema?», chiese il biondo in tono di sfida mentre io, man mano che passavano i minuti, diventavo sempre più sconcertata.            
«A dire il vero, sì», cominciò il mio amico alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi minacciosamente a Marco, «non mi va a genio che Miranda viva con te».               
«Interessante… E a me dovrebbe importarmene?». Anche lui si stava adirando e la discussione sarebbe sicuramente degenerata se Alessandro non fosse intervenuto.
All’epoca non sapevo che cosa legava i due, ma già cominciavo a capire che due mesi erano davvero tanti e molto difficilmente, se nessuno dei due avesse allentato un po’ la corda, le cose tra di loro si sarebbe sistemate.                 
«Marco, grazie per avermi accompagnata ma stanotte rimango a dormire qui».       
«Non ne dubitavo». Nel suo sguardo mi sembrò di leggere delusione e forse disgusto, ma invece che indagare preferii fare finta di nulla e concentrarmi sui miei amici.



Lui

Uscito da quell’appartamento, invece che andare subito a casa, preferii farmi una passeggiata per il lungomare, sperando di schiarirmi un poco le idee.       
Vedere Dennis sorridermi con cattiveria, per poi abbracciare teneramente Miranda, aveva fatto riemergere in me ricordi di cui credevo non me ne importasse più nulla.       
Non sapevo se mi infastidisse di più il tradimento di Dennis oppure vedere con quanta semplicità Miranda mi aveva sostituito.       
Dopo il suo trasferimento continuammo a sentirci per qualche altro anno, ma la distanza raffredda i rapporti e così era capitato anche a noi.        
Nei primi anni ogni occasione era buona per vederci, poi ci fu il periodo della malattia di mio padre e da allora ci perdemmo di vista.             

L’estate del mio sedicesimo compleanno, il mio vecchio amico d’infanzia Dennis venne a visitare i nonni, e passammo qualche giorno insieme.          
E fu proprio allora, mentre stavamo parlando della sua nuova vita a Pisa, che mi fece vedere la foto della sua ragazza: Miranda.               
Fino a quel momento non avevo mai pensato che i due si trovassero nella stessa città e alla possibilità di potersi conoscere.               
Non capii –e non lo feci per molto tempo –quel sentimento di gelosia che si era insinuato in me e che mi fece vedere Dennis con altri occhi.           
L’affetto che Miranda e io provavamo l’uno per l’altra era già diminuito a causa della troppa distanza che ci divideva e poi, vedere che mi aveva sostituito con Dennis, aveva spezzato il mio cuore da bambino innamorato.              
Già, perché io sognavo di sposarmela quella bambina con le trecce.              
Tutto terminò l’estate successiva quando lui, ritornato per qualche settimana a Civitavecchia con la famiglia, tradì irrimediabilmente la fiducia sia mia che di Miranda.      


Quando ritornai a casa, l’ora di cena era passata già da tempo, ma i miei genitori e i loro amici non sembrarono accorgersene, continuando a chiacchierare davanti ad un bicchiere di vino.         
«Tesoro», esclamò mia madre quando mi vide, «hai mangiato?».        
«Mi sono preso una pizza nel ritornare», mentii. Non avevo fame e nemmeno la forza di intrattenere una discussione, e tantomeno spiegarle il perché della mia mancanza di appetito.         
Senza aspettare risposta mi diressi in camera mia e, dopo una doccia ghiacciata viste le temperature tropicali, mi distesi supino sul letto.         
Nonostante pochi giorni addietro avessi concluso l’esame di maturità non avevo la minima idea di cosa avrei fatto ad ottobre, e l’incertezza continuava a torturami incessantemente impedendomi di prendere sonno.                 
Annoiato, e stanco di pensare nuovamente all’abbraccio tra Miranda e Dennis, chiamai Laura nella speranza che non fosse troppo tardi e non mi mandasse a quel paese per averla svegliata.         
«Pronto?», biascicò dopo un sonoro sbadiglio.                
«Dormivi?».
«Più o meno», mi rispose subito dopo aver sbadigliato nuovamente.               
«Che volevi?», continuò.                
«Mi annoiavo… Tuo fratello è in casa? L’ho chiamato per uscire un’oretta fa, ma non mi ha risposto».    
«È dalla sua ragazza. Vuoi che gli dica che hai chiamato?», domandò più addormentata che sveglia.                  
«Va beh, non importa. Ci sentiamo domani».                    
Laura, nonostante la differenza di età e l’iniziale opposizione del fratello, era una delle persone a cui più ero legato e che, con la sua pazza saggezza, aveva evitato più di una volta che il nostro gruppo di amici si sciogliesse a causa di alcuni screzi interni; pur essendo la più piccola la ragazza aveva le palle ed era benvenuta da tutti.   
Ancora una volta, inevitabilmente, i miei pensieri ritornarono su quella dolce bambina che da tanti anni prima popolava i miei sogni.         
“Fanculo lei e pure Dennis”, pensai rigirandomi per l’ennesima volta nel letto e sentendo che, finalmente, la stanchezza riusciva ad avere la meglio sui miei pensieri da depresso.           
«Fanculo», sussurrai un’ultima volta prima di prendere definitivamente sonno.

Note

Ho scritto questo capitolo più o meno un anno fa, ma avevo deciso che non avrei pubblicato nulla fino a quando non avrei finito con la maturità perché sapevo che non sarei stata capace di portare a termine gli impegni presi. Però la maturità ora è finita e spero che la voglia di scrivere non mi abbandoni e che io riesca a finire tutte quelle storie incomplete o mai pubblicate.
Questa storia è la versione di una storia che avevo pubblicato ma che ho cancellato perché non mi piaceva più e perché non la sentivo più mia.
Ringrazio di cuore _Stranger_ che continua a sopportarmi e a supportarmi da così tanto tempo. Senza di te non avrei pubblicato né questa né altre storie. 
Grazie

Un bacio,
Alina_95

 

   
 
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