Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans
Segui la storia  |       
Autore: The Ghostface    16/07/2015    4 recensioni
Sono passati tredici anni…tredici lunghissimi anni da quando Ghostface è stato rinchiuso nel Tartaro.
Di lui non resta che un vago ricordo, voci, leggende urbane…tutto sbiadito dal tempo…dalla magia…
Sulla Terra le cose sono cambiate, nonostante il tempo trascorso i Titans sono rimasti uniti…e con un membro in più, un vecchio rivale pentito…
Alcuni si sono sposati, alcuni hanno avuto dei figli…alcuni nascondo terribili segreti nel profondo del loro animo che mai mai e poi mai dovranno essere svelati.
Il ritorno in circolazione di un noto avversario da un occhio solo terrà alta la guardia dei nostri eroi.
Ma quello che tutti loro non sanno…e che sono finiti tutti nel mirino dell’ormai leggendario…Ghostface.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Ghostface, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Rigor Mortis'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 26
 
Il sole stava tramontando all’orizzonte, dal tetto della T-Tower sembrava che affogasse nel mare per non sorgere mai più.
I Titans avevano trascorso il resto del giorno a leccarsi le ferite e l’ora del tramonto sembrava non dover arrivare mai…ma alla fine era giunta come ogni giorno.
Era di un rosso intenso, ipnotico e colorava l’acqua rendendola simile a una sconfinata distesa di oro fuso.
Una dolce brezza accarezzò i capelli sciolti di April, la ragazzina era seduta sul tetto con le gambe a ciondoli e gli occhi rivolti all’immenso oceano, guardava malinconica il cielo spegnersi col cuore pesante. 
-Awww…- sospirò persa nei suoi mille pensieri.
-E così sei la figlia di Ghostface...- Bruce gli si era avvicinato senza che lei se ne accorgesse, si sedette accanto a lei e scrutarono insieme il sole che salutava l’Occidente.
-A quanto pare…- rispose lei, non aveva voglia di parlarne ma ne aveva bisogno.
Il suo tono era un misto tra tristezza, delusione e stanchezza: era stanca di non sapere chi era, stanca che tutti le mentissero, stanca di essere così…diversa.
-Un’incidente…- si mise a elencare sulle dita –Figlia imprevista, nata da stupro, partorita prematuramente, bastarda e figlia illegittima oltre che indesiderata… sono proprio un bel lavoro, io- sbuffò con gli occhi solcati dalla rassegnazione.
-Non dev’essere facile essere te- commentò Bruce, aveva un braccio fasciato e appeso al collo ma in realtà si trattava si una semplice slogatura, Corvina era riuscita a guarire la frattura del braccio e la lussazione ad entrambe le spalle, per qualche settimana non avrebbe potuto muoverlo.
-No, per niente- concordò lei.
Lui si fece più vicino.
Entrambi ruotarono i loro visi e si guardarono negli occhi.
-April, so che ti senti sconvolta…ma sei ti serve aiuto io ti sono sempre vicino, sappilo-
Ripensando a tutto quello che le era accaduto in così poco tempo April sentì gli occhi inondarsi di lacrime, si gettò tra le sue braccia circondandolo con un abbraccio soffocante, nascondendo il viso tra le spalle del mezzo-tamaraniano.
-Grazie…- singhiozzò.
Lui ricambiò il gesto e restarono abbracciati in silenzio per molto tempo, finchè la giovane maga non si calmò.
A quel punto Bruce le sollevò il visetto perlaceo dalle guance ancora umide con una carezza e socchiuse le labbra avvicinandole alle sue.
-No- lo respinse lei allontanandolo con entrambe le mani.
Il ragazzo rimase confuso da tale gesto, il suo sguardo interrogativo sembrava chiedere “perché”.
Ed April interpretò la domanda.
-È sbagliato- disse sconsolata tirando su col naso –Noi…siamo parenti, non possiamo. Sarebbe incesto-
Al mezzosangue venne un tuffo al cuore –M-ma allora…quello che c’è tra noi…- balbettò smarrito, forse non voleva credere a ciò che sapeva essere vero: tra loro non poteva esserci niente.
Forse aveva solo bisogno di una conferma che gli dicesse chiaramente che la loro storia era finita prima ancora di cominciare.
O forse alimentava ancora una tenue fiammella di speranza nell’amore.
April lo guardò a sua volta in quei bellissimi occhi verdi, sospirò ancora una volta, sempre più mesta e si alzò i piedi, volse lo sguardo contro il vento, verso Jump City, dandogli le spalle mentre il suo mantello bianco garriva nel vento fattosi più forte.
-Allora non lo so- rispose allontanandosi verso l’entrata nella Torre, lasciandolo solo sul tetto con il suo dolore, le sue incertezze, le sue speranze mentre l’ultimo spicchio del sole veniva inghiottito dai flutti e la notte avvolgeva la città col suo ampio mantello stellato.
Mentre scendeva le scale April non potè fare a meno di pensare a quanto gli era appena accaduto, per questa volta  era andata ma sapeva di non poter scappare in eterno.
Prima o poi avrebbe dovuto dirgli chiaramente la sua decisione.
 
Corvina trovò BB al buio nella sua vecchia stanza, era rimasta tale quale allora, solo più spoglia, senza tutti quegli oggetti e quel ciarpame che il verde si era portato dietro una volta trasferitosi e che ora erano saltati in aria assieme a tutto il resto della casa.
Il combattimento con Ghostface, lo stress emotivo e la giornata passata a curare i suoi amici l’avevano completamente spossata.
Ma aveva ancora una cosa da fare.
La più difficile: dire a BB tutta la verità.
Il mutaforma era già abbastanza sconvolto dalla verità appresa su April, quello che stava per dirgli avrebbe solo gettato benzina sul fuoco, non poteva scegliere un momento peggiore.
Ma avrebbe potuto non esserci un’altra occasione per farlo.
-Possiamo parlare?- disse entrando nell’appartamento senza accendere le luci.
BB era seduto sul suo vecchio letto a castello, in silenzio una volta tanto.
Sospirò amareggiato –Se sei venuta a scusarti per non avermi mai detto di April…ti perdono-  la guardò con la coda dell’occhio e le orecchie basse –Non dev’essere facile ammettere di essere stata violentata, specie da un verme schifoso come Ghostface-
Per quanto si dimostrasse comprensivo era evidente che la cosa l’aveva colpito molto più  a fondo di quanto non esse a vedere.
Corvina volò al suo fianco e si sedette a sua volta sul materasso più alto.
-Non è di questo che vogli parlare…- disse col cuore pesante come un macigno, era un peso che si portava dietro da troppo tempo: era giunto il momento di scaricarlo.
Prese la mano nelle sue, lei stessa gli aveva guarito la ferita infertagli dal vecchio.
Lui si voltò verso di lei, preoccupato.
-BB…- cominciò con lo sguardo basso, uno sguardo pentito, umiliato…dispiaciuto –C’è una cosa che avrei dovuto dirti molto tempo fa-
Prese un gran respiro e gli disse tutta la verità.
-Quando arrestammo Ghostface…- iniziò malinconica -…dopo che lo spedimmo nel Tartaro, ti rivelai d’essere incinta.
Avrei dovuto dirti che non eri il padre ma non ce la feci, ero spaventata.
Pensavo che tu avresti potuto tirarti indietro, ripudiarmi, che gli altri Titans mi avrebbero costretta a dar via il bambino o peggio ad abortire…cose terribili da pensare, lo so, cose che voi non fareste mai, ma come ho già detto ero spaventata e la mia mente assillata dalle paranoie.
Non potevo correre rischi, così mentii a te e a tutti gli altri affinché tu mi sposassi, sentendoti responsabile dell’accaduto- s’interruppe mentre il cuore rallentava il battito nel suo petto.
BB allungò la mano verso di lei, aprì la bocca per dire qualcosa ma la maga lo fermò –Lasciami finire, ora arriva la parte brutta-
Deglutì e  riprese a parlare.
-La cosa peggiore è che…ti ho sposato solo perché ero preoccupata per il bambino.
April occupava ogni pensiero nella mia mente e l’idea di doverla allevarla da sola mi terrorizzava, sapevo di non esserne capace.
Ero troppo giovane per farcela, troppo antipatica, saccente, tediosa...non sapevo badare nemmeno a me stessa come potevo essere una ragazza madre? Non avrei retto.
Quando tu mi chiedesti di sposarti io dissi di sì…ma solo perché April avesse una padre una volta nata.
Altrimenti non lo avrei mai fatto.
Quando mi facesti la proposta io…io avevo già smesso di amarti-
Il mutaforma la fissò incredulo con occhi vacui e sbarrati –No…non puoi sire sul serio- la parola uscì come un soffio di vento dalle sue labbra, come la tenue nota di uno zufolo.
-È la verità – ammise Corvina abbracciandosi i gomiti con gli occhi mesti, le sue iridi d’ametista non erano mai state così cupe, la voce si fece spezzata, tremante –M-mi ero resa conto di non provare più quel sentimento nei tuoi confronti già da settimane, volevo dirtelo ma poi tu mi hai fatto la proposta…e io avevo April in grembo a cui pensare…
Ero già al quarto mese di gravidanza, non avrei potuto fare altro.
Mi dispiace averti mentito…ero traumatizzata e tu eri il mio migliore amico, lo sei ancora, pensai che se non potevo avere l’amore mi sarei accontenta.
Sapevo che tu mi amavi, che avresti protetto me e il bambino ad ogni costo, che ci avresti sempre sostenuti e benché la mia passione si fosse spenta nei tuoi confronti ti volevo ancora bene, Garfield, molto bene.
Avevamo passato insieme momenti indimenticabili, ritenni che sposarti fosse la scelta migliore per me e per April, così lei avrebbe avuto un padre e se anche non ti amavo saresti stato un buon marito: gentile, delicato, attento, divertente…
Venire a letto con te anche se non ti amavo non mi creò troppi problemi, lo avevo fatto prima e non vidi perché non potevo farlo di nuovo, dovevo solo fingere che ci fosse qualcosa in più.
La parte difficile fu convincerti che ti ricambiavo, baciarti mentre ti guardavo negli occhi e dirti quelle parole, e continuare a farlo negli anni a seguire.
Tu non sei stupido, sei una persona fantastica, mi hai dato due splendidi figli di cui non potrei mai fare a meno…- iniziò a singhiozzare –E non meriti di essere preso in giro ulteriormente.
Io non ti amo BB-  tutto il suo corpo era scosso dai singulti -È da quando avevamo sedici anni che non ti amo più…quando ero prigioniera di Ghostface vivevo ogni giorno nell’angoscia e nella paura, l’unica cosa che mi impediva di impazzire era il pensiero che tu saresti venuto a salvarmi, allora ti amai veramente, ma quando Ghostface sparì, dopo alcuni mesi, mi resi conto che ciò che provavo per te non era poi così profondo.
Capii che non ero in grado di ricambiare i tuoi sentimenti per quanto volessi.
Ma rimasi in silenzio, restai con te e sopportai, finsi ciò che non provavo, ti ho ingannato per tutti questi anni e volevo che tu sapessi perché è giusto così.
Ti ho amato un tempo, non lo nego, ma ora è finita.
Se sono rimasta con te fino ad ora l’ho fatto per amore dei nostri figli, non avrei sopportato il distacco né volevo portateli via.
Non mi hai mai fatto rimpiangere nulla in questi anni di matrimonio, sei sempre stato un marito e un padre spettacolare, il migliore che si possa desiderare, ti ho sempre voluto bene, ho sempre apprezzato la tua compagnia in ogni ambito, ho vissuto momenti indimenticabili con te, davvero magnifici e romantici, e non mi sono mai sentita stanca o insoddisfatta di te, mai, ma per quanto mi sforzassi e mi sforzi tuttora…in te vedo solo il più caro degli amici.
Un amico che si è preso cura di me e dei miei figli e a cui ho mentito per tredici anni, illudendolo.
Sono un essere spregevole, senza cuore…- la voce rotta dal pianto si fece più roca –Non ti merito, non ti ho mai meritato così come non merito il tuo perdono o la tua compassione.
So che ora mi odi e fai bene! anch’io mi detesto per quello che ho fatto molto più di quanto tu non possa immaginare…ma l’ho fatto solo per i nostri figli, perché avessero una “grande famiglia felice”. So che li ami più della tua stessa vita ma nonostante questo tu non puoi capire…non puoi capire che amore provi una madre nel confronto delle sue creature, cosa significhi portare la vita dentro di te, sentirla scalciare e svilupparsi, darla alla luce, crescerla, allattarla al proprio seno…non puoi capire cosa ti spinge a fare un simile amore, solo per vedere felici i tuoi pargoli sei disposta a sopportare qualunque cosa, solo perché loro stiano bene.
Tu non puoi capire, nessuno può capire…solo una madre può.
Non c’è niente che non farei per loro.
Non sono mai stata così vicina alla morte come oggi, e non volevo morire senza averti prima detto la verità su di noi…perciò ora che sai tutto, voglio chiederti molto chiaramente…-
Alzò gli occhi arrossati dalle lacrime incrociando quelli verdi del mutaforma gonfi a loro volta di un pianto inespresso, tirò su col naso e con voce rotta dai singulti disse –Vuoi il divorzio, BB?-
BB non poteva credere a ciò che aveva appena sentito, quella confessione fatta dalla donna che amava l’aveva fatto soffrire centinaia, migliaia di volte in più di quanto Ghostface avrebbe mai potuto fare seviziandolo per mille anni.
-Tutto il nostro rapporto…il nostro amore…- balbettò mentre calde lacrime affioravano dai suoi occhi –…era una menzogna…-
Corvina avrebbe voluto consolarlo, dirgli che non era vero, che era solo uno scherzo, non poteva vederlo ridotto così…ma non poteva nemmeno continuare a mentire.
Rimase in silenzio rannicchiata su se stessa con le ginocchia raccolte al petto e la testa china tra esse.
Quel silenzio fu più eloquente di mille versi di mille poeti.
BB scese dal letto restando in piedi davanti alla vetrata, fuori era notte e pioveva, una notte buia, senza stelle, e una pioggia sottile con gocce pungenti come aghi.
Anche sul suo viso pioveva, lacrime di fiele gli aravano le guance cadendogli sul costume viola e nero.
La bocca era contratta in una smorfia di rabbia e dolore, piangeva in silenzio davanti al suo riflesso, non si era mai sentito così tradito, per tredici anni Corvina, la donna che amava, l’aveva preso in giro.
Un fulmine trafisse il cielo notturno illuminando a giorno.
BB contrasse i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne, si voltò e uscì dalla stanza a grandi falcate, senza dire una parola, senza che la rabbia esplodesse come la maga si aspettava, senza che le lacrime fermassero la loro corsa.
Corvina lo osservò andar via…rimase china su se stessa a singhiozzare.
 
Ghostface spalancò gli occhi alzandosi di colpo, rimase seduto sul letto di ferro su cui era adagiato con gli occhi sbarrati nel buio.
-Dove mi trovo?!- disse con voce greve, quasi spaventata.
La voce di Fratello Blood sgusciò calda e melliflua alle sue spalle, proprio come il medesimo.
L’occhio bionico rischiarò l’oscurità.
Quado si rese conto di essere ancora vivo e di non trovarsi in un cerchio infernale tirò un sospiro di sollievo.
Per un momento aveva pensato di essere morto.
-Sta tranquillo, amico mio, sei al sicuro qui. Te la sei vista brutta ma fortunatamente i Titans erano troppo presi dai loro problemi per pensare a finirti-
Il vecchio si voltò verso l’altro anziano cyborg, sempre con quel sorrisetto soddisfatto sul viso e lo sguardo astuto e provocatorio.
Blood aveva già provato a usare il suo controllo mentale su Ghostface ma la mente del killer era troppo instabile per essere controllata, inoltre non riusciva a sostenere lo sguardo di quegli occhi spettrali abbastanza a lungo da instaurare un contatto.
-Tu…mi hai salvato- disse il vecchio continuando a non capire cosa gli era capitato.
-Oh esagerato!- ridacchiò quello –Io ho solo rimesso insieme i pezzi, hai fatto tutto tu o meglio il tuo fattore rigenerante, uno spettacolo affascinante vedere con quale velocità e quale perizia il tuo corpo si ricomponeva-
Ghostface si guardò intorno, si trovavano nell’area inaccessibile del vecchio covo di Slade, ora trasformato in museo cittadino.
S’accorse di essere praticamente nudo salvo per un paio di boxer neri.
-Dove sono i miei vestiti?-
-Nel cassonetto. Erano ridotti uno straccio ma non temere, te ne ho procurati di nuovi altrettanto in linea col tuo look-
-Che ne è stato delle mie armi?-
-Sopravvissute senza danno- rispose quello schioccando le dita, una parete s’illumino al comando sonoro, appese in bella vista sotto il fascio di luce bianca stavano tutte le sue armi: la balestra, il fucile a pompa ancora smontato, i pugnali, la spada, entrambe le sue pistole e ciò che più lo interessava…il coltello d’adamantio.
Assieme ad esse al centro del muro c’era anche la sua maschera appesa ad un gancio.
Ciò gli fece dedurre che Fratello Blood non si fosse limitato a raccattare i suoi pezzi sparsi ma doveva anche aver preso la sua Harley Davidson e quanto conteneva.
-E Alighieri?- chiese ancora .-Dov’è Alighieri?-
-In un tomba a Firenze, suppongo. Anzi, a Ravenna se non vado errato…- sbuffò il cyborg annoiato da tante domande.
-No, intendo la moto- replicò l’albino –Che ne è stato della mia motocicletta-
-Ah quella. È al sicuro sul retro- rispose Blood indicando col pollice una porticina in fondo al salone.
Ghostface saltò giù dal tavolo operatorio e iniziò a vestirsi.
-Preparami la moto- disse infilandosi la maglia maniche lunghe, nera come l’inchiostro.
-Te ne vai di già?- domandò il mezzo robot visibilmente sorpreso.
Il vecchio annuì.
-E dove?- insistette l’altro desideroso di sapere di più.
-Alla Roccia del Gufo- rispose Ghostface allacciando i bottoni ad altezza vita dal soprabito scuro dal collo alto alla “conte Dracula” e con lo strascico che gli arrivava fino ai ginocchi.
Gli calzavano a pennello.
Calzò gli stivali di cuoio e si diresse verso le armi ma prima si calò un nuovo paio di occhiali scuri sugli occhi.
Erano tali quali ai suoi vecchi, lenti rettangolari, nere, a specchio e asticelle anonime, geometriche, anch’esse nere.
Così banali eppure così particolari nel loro piccolo.
Fratello Blood non si aspettava che il suo sopite se ne andasse così di botto, pensava si sarebbe fermato lì a rimettersi in sesto, a riorganizzarsi e a rivelargli molti preziosi dettagli sui suoi piani futuri.
-Alla Roccia del Gufo a quest’ora della notte? Perché?- chiese senza comprendere la ragione di un tale gesto.
Ghostface ghignò infilandosi la katana di traverso sulla schiena
-Perché è lì che mi cercheranno-
 
Correva nel sottobosco raspando il suolo con le zampe.
La pioggia gli pungeva la pelliccia, i rami spogli gli graffiavano il muso ma lui non se ne curava.
Il bosco infradiciato dalla pioggia era pieno di odori.
Marciume, foglie bagnate, escrementi di topi e uccelli, sentiva il penetrante odore del muschio sulle cortecce e il puzzo delle siringhe dei drogati.
Ma non era questo a interessarlo, stava seguendo una traccia, guidato dalla scia dell’odore, un odore un tempo misterioso ma che aveva imparato a conoscere e a temere.
Ma ora tutto sarebbe cambiato.
La sua casa era esplosa, Cyborg poteva morire da un momento all’altro, April non era sua figlia, Corvina non lo amava…questi pensieri lo fecero ringhiare di rabbia ma questa volta, questa volta la sua rabbia sarebbe servita a qualcosa.
Non aveva più nulla da perdere, il mondo gli era crollato addosso da quando lui era tornato in circolazione, farlo sparire non avrebbe risolto i suoi problemi…ma senz’altro avrebbe aiutato.
Il segugio verde giunse alla piccola radura nel cui centro svettava la Roccia del Gufo.
Annusò l’aria e ringhiò soffusamente mentre il pelo gli si rizzava sulla schiena.
Appollaiato come un avvoltoio sulla testa del monolite stava il peggior individuo che il mutaforma avesse mai conosciuto.
Ghostface stava lì, immobile, col soprabito aperto e i gomiti sulle ginocchia.
La testa era china sul volto e i capelli zuppi e cascanti ne occultavano i lineamenti.
Sembrava quasi che dormisse.
Mosse furtivamente una zampa oltre la muraglia di alberi che lo proteggeva.
-Fai un altro passo e giuro che ti ammazzo. Così come ammazzerò chiunque provi a mettersi sulla mia strada. Torna indietro e ritorna con April o non tornare affatto. Se tieni alla vita- lo ammonì il vecchio senza sollevare il capo.
BB riassunse le sembianze umane.
-Tu mi hai rovinato la vita!!-
Stavolta Ghostface sollevò il capo lasciando che l’acqua gli lavasse via la stanchezza dal volto.
-Si direbbe che io abbia un vero talento nel farlo-
Quelle risposte disinteressate, canzonatorie, non facevano altro che fare infuriare di più il ragazzo bestia.
-Mi hai strappato la mia famiglia!-
-Forse era lei a voler andarsene da te!- rispose il vecchio con fare inquisitorio –Sai, io e April abbiamo parlato molto, è venuto fuori che tu non sai niente di lei!-
-Non è vero!- ringhiò BB.
-Ah sì? Qual è il suo piatto preferito?-
Il mutaforma si trovò di colpo a non saper rispondere alla domanda, per quanto si sforzasse non aveva idea di che risposta dare e lui voleva a tutti i costi dimostrare che Ghostface sbagliava.
-Ehm…il ghiaccio?-
-Ma per favore!- esclamò l’altro- Sono le linguine allo scoglio, ne va matta!
Tu non la conosci affatto!-
-Sta zitto! Pagherai per quello che hai fatto- ringhiò a denti stretti –Per quello che hai fatto a me, a April, a Robin, a Cyborg, a Stella, a Terra, a Iella, a Bumblebee e a tutte le altre persone che hai massacrato!
Questa è la resa dei conti!!- ruggì stringendo i pugni mentre i bicipiti si gonfiavano.
-E Corvina?- disse Ghostface scrocchiandosi il collo.
Balzò giù dalla Roccia del Gufo e si diresse verso di lui, per nulla intimidito anzi sprezzante, alto quasi due metri, coi capelli bagnati che si attaccavano alla testa, lunghi oltre le spalle.
Procedeva marcando i passi con decisione, senza fretta.
Soprabito nero, ampio e svolazzante dal collo alto quasi fosse un vampiro.
Maglia nera, pantaloni neri, stivali neri, cintura nera, guanti neri, occhiali neri, pensieri neri…anima nera.
Tutto era buio in lui.
Tenebroso come non lo era mai stato, un fantasma che usciva di notte nella foresta.
Sembrava disarmato: niente corpetto coi coltelli, niente spada sulla schiena, niente cinturone con le pistole…ma il verde non abbassò la guardia: l’apparenza inganna.
-Che ne è stato di Corvina?- ripetè avvicinandosi sempre più –Non pagherò per quello che ho fatto a lei? È quella che ho tartassato di più.
Non vuoi vendicare la tua dolce mogliettina?- si fermò a una spanna da BB, guardandolo dall’alto verso il basso.
Lui lo fissò a mostrando i denti, guardava verso l’alto e il vecchio non seppe dire se quelle sulle sue guance erano lacrime o gocce di pioggia.
Ma se si trattava delle seconde, presto le prime le avrebbero raggiunte.
-Ma certo che vuoi…- rispose per lui il killer –Desideri vendicarla più di ogni altra cosa. Anche se lei ti ha fatto soffrire.
Nonostante tutto tu la ami ancora e ti maledici per questo.
Continui a stare dalla sua parte perché vuoi proteggerla, perché ti illudi di poterla riconquistare.
Dopotutto ce l’hai fatta una volta, cosa perché non dovresti riuscirci di nuovo?
È questo che stai pensando.
Ce l’hai scritto in faccia e la tua è un’espressione che ho imparato a conoscere sulla mia pelle.
Lascia che ti dica una cosa: fallirai-
BB restava in silenzio guardandolo con odio, disprezzo…ma aveva ragione, ogni parola era azzeccata come se potesse leggergli nella mente.
-Mi sono sposato dodici volte- continuò il vecchio – Tredici se contiamo la mia storia con Amistara*.
Per sette volte ho divorziato e per sette volte ho visto la tua espressione sul volto di qualcuno, a volte era la mia ex-moglie, a volte era il mio riflesso ma c’era sempre qualcuno che c’è l’aveva e io so cosa significa: significa che la persona amata di ha spezzato il cuore, che tu la odi, la detesti con tutto te stesso per come ti ha fatto soffrire e odi te stesso per esserti lasciato ingannare in quel modo…e perché la ami ancora-
Quelle parole furono troppo.
Con gli occhi umidi BB allungò il braccio più veloce che potè, mettendoci dentro quanta più forza disponeva.
Ghostface si scansò di lato e il pugnò andò a vuoto.
-Siamo permalosetti…- ghignò –Di solito chi da il primo colpo ha più possibilità di dare anche il secondo...ma non questa volta!- la mano chiusa di Ghostface saettò nel buio.
Il pugno dell’assassino lo colpì sotto la mandibola, BB inarcò la schiena e barcollò all’indietro andando a sbattere contro un albero alle sue spalle.
Il verde tornò alla carica gridando, lo prese alla vita stringendolo più forte che potè e iniziò  a correre facendo del pazzo il suo scudo.
Sbattè il corpo del vecchio contro il monolito a forma di gufo, Ghostface sussultò per il dolore ma tutt’altro che prossimo ad arrendersi gli tirò un dolorosissima gomitata sulla colonna vertebrale.
BB gridò di dolore lasciando la presa e ricevendo così una ginocchiata sul naso che lo mandò a tappeto.
Ghostface ebbe il tempo di scrocchiarsi le nocche e di acciuffarlo per il bavero del costume, rimettendolo in piedi.
Prima che BB potesse reagire gli assestò un pugno che gli voltò la faccia dall’altro lato.
-Avanti!- lo derise colpendolo ancora, stavolta nel ventre.
-Combatti da uomo! Dimostra quanto vali!- un altro pugno gli schiacciò il pancreas facendolo gemere di dolore.
E dovette incassare ancora molti colpi simili a quello.
-Dimostra che non sei più un ragazzino, che non sei l’anello debole della squadra, che meriti rispetto, che non sei più un buffone…- continuò lui picchiandolo sempre più forte nell’addome e sul volto.
Ghostface lo sollevò ancora più in alto e lo gettò a terra, lontano diversi metri da sé.
Lo guardò torreggiante su di lui, il petto si alzava e si abbassava forsennatamente e le narici dilatate sbuffavano come ciminiere, il pestaggio lo aveva stancato ma non certo più di quanto avesse sfiancato il mutaforma. 
-Dimostra che sei diventato un vero uomo…-
BB era raggomitolato su se stesso, gemente di dolore ma a quelle parole spalancò gli occhi e accigliò il viso.
A fatica riuscì a rimettersi in piedi mentre Ghostface guardava divertito quel patetico omuncolo verde andare incontro al suo destino.
-Io non sono un uomo…-disse più imbestialito che mai –SONO UN ANIMALE!!!-
Un gigantesco grizzly scaraventò il vecchio contro un albero come se non avesse peso.
L’orso lanciò il suo bramito e gli fu di nuovo addosso, squarciandogli il petto con i suoi artigli.
Con gli occhi iniettati di sangue Ghostface infilò una mano sotto il soprabito, dove teneva il coltellaccio e sfoderò la lama baluginante d’adamantio, tirando un sibilante fendente alla bestia.
Gli troncò di netto la punta degli artigli della zampa anteriore destra, l’orso mugghiò di dolore gettando a terra il nemico con l’altra zampa.
-Non sei il solo ad avere le zanne!- ringhiò Ghostface rialzandosi tempestivamente.
Dopo l’orso fu la volta della tigre, dell’elefante, del velociraptor e poi del gorilla.
Entrambi i contendenti lottavano instancabili sotto la pioggia senza che nessuno potesse prevalere sull’altro.
Un lupo balzò digrignando le zanne alle spalle del killer ma quello si girò mettendo l’arma di traverso, le possenti mascelle si chiusero sul piatto della lama indistruttibile, il vecchio rovesciò a terra il lupo verde, sbattendolo con forza e lasciandolo zampe all’aria.
Prima che questo potesse girarsi l’uomo gli pestò la gola col tacco dello stivale.
BB guaì di dolore mentre riassumeva le sue sembianze umane, tossendo in maniera spaventosa, era in ginocchio con una mano si sorreggeva con l’altra si massaggiava al trachea schiacciata da cui uscivano solo sordi rantoli.
Per nulla impietosito il vecchio gli assestò un calcio in viso facendolo ribaltare del tutto, BB rimase steso a terra supino con volto ridotto una maschera di sangue, le braccia spalancate giacevano inerti.
Non aveva più la forza di combattere né contro Ghostface né contro la vita.
Non voleva più andare avanti.
Forse era meglio così…Ghostface l’avrebbe ucciso, i suoi amici l’avrebbero pianto, Corvina si sarebbe sentita in colpa e lui avrebbe finalmente smesso di soffrire, sarebbe stato liberato da quell’opprimente senso di disperazione che gli tormentava l’animo e gli rodeva il cuore.
Non doveva fare altro che abbandonarsi e arrendersi al suo destino.
Il resto sarebbe venuto da sé.
D'altronde che cosa aveva da perdere?
-Oh ma guardati…- il sorriso sadico di Ghostface comparve davanti i suoi occhi, parlava con voce tagliente che simulava rimorso e lo scherniva -Hai la faccia determinata dei folli che credono di non avere più nulla da perdere…e poi sarei io il pazzo?
Lascia che ti dica una cosa: se c’è una cosa che ho imparato nella mia vita di esperienze è che le cose non vanno mai così male da non poter peggiorare.
Tu pensi di aver perso tutto non è così? Te lo si legge negli occhi.
Beh ti sbagli. Tu hai ancora molto per cui vivere, molto più di quanto tu possa credere, hai molto più di quanto io potrò mai avere.
Hai amici fedeli, sempre pronti ad aiutarti, una città che ti ama e ha fiducia in te, due splendidi bambini…-
Si fece di colpo più serio, si piegò su di lui flettendo le gambe come una rana.
Gli puntò il coltello alla gola.
-Dimmi, BB, prima di venire qui a firmare la tua condanna a morte…hai mai pensato a come l’avrebbero presa i tuoi figli?
O April? Sei stato suo padre per 13 anni, ti ama molto più di quanto non potrà mai amare me.
A loro hai pensato? Ti sei mai chiesto come avrebbero reagito o hai pensato solo al modo più spiccio per scappare dai tuoi problemi?!
Se non l’hai fatto pensaci ora…prima di morire-
La mano del mutaforma scattò in avanti afferrando il polso del vecchio, bloccandolo con una forza nuova prima che la lama calasse sul suo collo.
Una nuova luce brillava nei suoi occhi verde smeraldo.
Verde speranza.
Qualcosa era scattato in lui.
Qualcosa che gli fece sparire il dolore e gli ridiede la forza nelle braccia, sentì rinvigorirsi ogni cellula del suo corpo.
Un’energia nuova eppure da sempre conosciuta lo pervase, un’energia primordiale chiusa dentro di lui, che aveva sguinzagliato solo nelle situazioni più disperate in cui si era trovato.
Rispondeva perfettamente alle sue necessità.
Quelle parole, le crudeli eppur veritiere parole di Ghostface avevano innescato qualcosa in lui, una sensazione che credeva non avrebbe mai più provato.
Era la stessa sensazione che provava un albero quando da un ramo spezzato nasceva un germoglio, piccolo ma sprizzante di vita: era la forza di rialzarsi.
La forza di tirare avanti nonostante le difficoltà, di non arrendersi, di non lasciarsi abbattere dalle sventure e dalla disperazione.
Fu allora che capì di non aver mai avuto nessuna possibilità contro Ghostface perché era già sconfitto dentro quando l’aveva affrontato, era spezzato, depresso, senza un obbiettivo se non uccidere o essere ucciso.
Il vecchio invece era sempre stato sicuro di vincere, non aveva mai dubitato di sé stesso, neppure in istante immerso com’era nel suo narcisismo, BB invece, visti i recenti avvenimenti, aveva perso praticamente tutta la sua autostima.
Ma ora le cose erano cambiate, quel discorso fatto dal killer anziché avvilirlo gli aveva dato una nuova ragione di vita, una nuova ragione per alzarsi, combattere e vincere!
Ed era determinato  a farlo in nome di tutte le persone a lui care.
Per vendicare tutte le persone uccise dal vecchio e difendere tutte quelle che erano nelle sue mire future.
E l’avrebbe fatto a qualunque costo.
Sentì risvegliarsi in lui una forza primitiva, sepolta ormai da anni nella parte più profonda e oscura del suo subconscio, una forza che era rimasta latente per troppo tempo, selvaggia e indipendente eppure lui era riuscita a domarla molti anni addietro.
Era giunto il momento di scatenare il suo lato più oscuro e ferace, era tempo che la Bestia vedesse di nuovo la luce!!
-Ma guarda…- ghignò Ghostface sopra di lui, spingendo con più forza il coltello verso il suo collo -…il buffone ha messo su i muscoli!-
Ma anche le lo derideva a parole Ghostface iniziò a preoccuparsi vedendo come non riusciva  a sopraffare il suo avversario e la preoccupazione mutò in vera e propria inquietudine quando vide i bicipiti del ragazzo crescere a dismisura sotto i suoi occhi al punto da strappare i vestiti.
La pelle verde brillante iniziò a ricoprirsi di uno strato di peluria più scuro.
La stretta intorno al polso divenne insostenibile per il vecchio che spalancò la mano con un grido di dolore, lasciando cadere l’arma, dita gigantesche circondavano le sue mani, forti e villose, terminanti in lunghe unghie nere…anzi, artigli!
La sua sorpresa non potè che aumentare quando di colpo BB si rialzò da terra e la sua testa raggiungeva i tre metri, improvvisamente fu il vecchio a trovarsi sollevato dal terreno sostenuto da un peloso braccio ferino.
Le spalle si erano fatte più larghe, la schiena e il petto, così come la maggior parte del corpo erano ricoperti da un folto vello scuro, un verde tendente al nero, le gambe avevano cambiato la loro fisionomia, i piedi erano lunghi, muniti di lunghe dita prensili, le braccia spesse come tronchi e molto più resistenti.
Un’armatura di muscoli lo avvolgeva completamente da capo a piedi.
La testa conservava ancora qualche tratto d’umanità, ma i capelli gli si stavano scurendo e s’allungavano sempre più.
Il naso s’ingrossava e pure i denti sembrava stessero crescendo e cambiando forma.
La cosa non sembrava affatto essere indolore per il ragazzo mutante che ruggiva come un animale ferito, stritolando il polso del vecchio fino  a spezzarlo.
-Ven…groarrr…detta!!- farfugliò la creatura scaraventando Ghostface dall’altro lato della radura.
Il killer atterrò in malo modo con un tonfo, trovandosi una spalla lussata e diverse costole rotte.
-Arrff…- inveì in modo poco educato –Sono stufo di essere sballottato di qua e di là!-
Era appena riuscito a rialzarsi, aveva mosso solo pochi passi insicuri ed era caduto di nuovo, non per mancanza di equilibrio ma perché un’enorme mostro fatto di artigli e muscoli l’aveva rispedito a terra con un colpo delle possenti zampe.
Ghostface alzò lo sguardo verso l’alto, incombente su di lui stava l’animale più selvaggio e pericoloso che avesse mai visto, il volto non aveva più nulla di umano: ricoperto di lunghe setole verdi alle estremità, il naso era grosso e nero, fiutava incessantemente l’aria attorno a sé.
Stava digrignando i denti ma più che denti erano lunghe zanne bavose che avrebbero spezzato anche una roccia.
Gli occhi invece erano vuoti, completamente bianchi, impossibile capire da che parte guardasse eppure non ci voleva un genio per intuire chi fosse la preda di quella creatura.
Ghostface la fissava atterrito da diversi secondi, si era già confrontato con lei e anche allora non era stato facile ma in quegli anni passati era spalleggiato da oscuri poteri demoniaci sottratti a Corvina**.
Che garanzia aveva ora?
Solo un coltello d’adamantio e doveva pure recuperarlo attraversando la Radura del Gufo con quell’ammasso di muscoli e pelo tra lui e la sua arma.
Deglutì nervosamente, per nulla contento di trovarsi nuovamente faccia a faccia…con la Bestia!!
 
Anche la Bestia si ricordava di lui, e non vedeva l’ora di prendersi la sua rivincita dall’ultima volta.
 
Il vecchio si mise in ginocchio arretrando millimetro per millimetro –Buono…buono…- cercò di ammansirlo tenendo le mani aperte davanti al volto – Fa il bravo mio bel…orso…lupo…tigre …gorilla mannaro? Lo so che in fondo sei solo un cucciolone che vuole giocare…sta a cuccia…- l’animale aumentò la tonalità del ringhio che divenne ancor più cavernoso – Lo so, lo so! Sono quell’idiota che ha stuprato tua moglie, il padre della tua primogenita, l’assassino del tuo migliore amico…ma suvvia…non dirmi che l’hai presa sul personale, vero?-
La Bestia per nulla rabbonita da quelle ciance per barboncini si appoggiò sulle zampe anteriori gonfiando il petto, latrò di rabbia mostrando i denti aguzzi e Ghostface sapeva che se non si fosse sbrigato a  cavarsi da lì quei denti li avrebbe avuti sulla pelle.
All’animale non servirono che pochi secondi per passare dalle minacce ai fatti, s’avvento furibondo sul criminale, deciso a ridurlo a brani.
Peccato solo che lui non fosse della stessa idea.
Anziché scansarsi Ghostface rotolò all’indietro alzando le gambe e quando la Bestia gli saltò addosso, il suo petto smisurato entrò in contatto con le suole ferrate degli stivali neri del killer.
A quel punto l’uomo non dovette far altro che piegarle tempestivamente in avanti, catapultando la creatura contro la gigantesca sequoia alle sue spalle.
La Bestia andò a sbattere il muso contro quella corteccia dura come una pietra, fu un urto terribile che fece oscillare l’albero secolare, l’impatto era stato tanto forte da lasciare intontito il predatore per svariati secondi.
Agendo come aveva agito, Ghostface aveva sfruttato tutta la forza, il peso e la velocità con cui l’animale l’aveva assalito contro di esso.
Era un perfetto conoscitore di ogni arte marziale terrestre e non, e ben più di una gli aveva insegnato a fronteggiare avversari più grossi  e nerboruti, sfruttando la loro forza contro di loro.
Con una capriola il vecchio fu di nuovo in piedi e si mise a correre a perdifiato verso il luogo dove gli era caduto il coltellaccio.
L’adamantio era la sua unica possibilità per uscirne vivo.
La Bestia però fu più  veloce, lo precedette con un sol balzo atterrando proprio sull’oggetto bramato da Ghostface.
-Allora vuoi proprio farmi incazzare!- urlò estraendo una pistola tenuta nascosta dietro la schiena, la imbracciò a due mani e prese a sparare all’animale, mirando agli occhi, ma quello si fece da scudo alla testa coi possenti avambracci, ruggì di dolore misto a rabbia, ma per quanto i colpi andassero a segno non potevano infliggere gravi danni a quell’armatura di grasso e muscoli che fermava i colpi prima che raggiungessero le parti delicate.
I colpi di pistola non fecero altro che farlo incazzare di più, il ruggito della Bestia riecheggiò per tutto il bosco, colpì il vecchio con l’avambraccio sbattendolo contro uno dei pilastri vegetali, Ghostface si sentì venir meno, la sua ultima arma gli era scivolata tra le dita mentre la forza brutale della creatura lo sbalzava via con la stessa facilita con cui un uomo solleva un neonato.
Sollevò lo sguardo ma potè solo gridare perché lei era di nuovo sopra di lui.
Pugni e artigliate gli tempestarono il corpo senza tregua, spezzando le ossa e strappando la carne, la Bestia gli staccò un’intera gamba a morsi per poi risputargliela addosso.
Non  seppe dire per quanto tempo andò avanti questa selvaggia carneficina in cui lui era la vittima ma non doveva essere durata a lungo.
In meno di dieci minuti la creatura l’aveva ridotto all’impotenza e non vedendolo più come una minaccia si era allontanata per ammirare meglio il risultato della sua furia sconsiderata.
Quello che vedeva Ghostface, boccheggiante a terra, lordo di sangue da cima a fondo, era la propria coscia ad altezza viso.
Sogghignate la Bestia s’allontanò.
Non era il momento di perdersi d’animo, la pioggia nascondeva il suo odore, facendo ricorso alle ultime energie rimastegli, il vecchio strisciò sulle braccia fino a raggiungere l’arto maciullato e lo risistemò al giusto posto, attese in silenzio che i legamenti e i muscoli si rinsaldassero e l’anca mutilata tornasse a funzionare.
Dopodiché si mosse ancora furtivo, cercando di raggiungere il coltello...ma poco distante da lui la Bestia alzò il capo, fiutando l’aria gonfia d’umidità.
Il suo naso le stava urlando che qualcosa non andava.
A questo punto abbandonata ogni prudenza il vecchio si slanciò in una corsa disperata verso il suo obbiettivo facendo forza sulla gamba ancora sciancata, la Bestia se ne accorse e gli fu addosso con un ruggito.
Tentando il tutto per tutto Ghostface si lanciò in avanti con una capriola e nel volteggiare sul terreno impregnato d’acqua e foglie marce le sue dita si chiusero sull’impugnatura del coltello.
Tutto quello che vide fu un’enorme sagoma scura saltargli addosso schiumate di rabbia, il vecchio chiuse gli occhi e agì d’istinto.
A convincerlo a sollevare le palpebre fu l’uggiolato di dolore della creatura.
La lama del coltello, protesa in avanti, si era fatta strada nel petto della Bestia quando questa ci si era fiondata sopra, recidendo senza fatica carne e tendini, fino ad arrivare agli organi interni, senza però danneggiare nulla di vitale.
Ghostface festeggiò con un ghignò ritraendo l’arma dal corpo e infilzandola nuovamente fino all’elsa in quel torace ampio.
La estrasse di nuovo e svicolò tra le gambe spesse come colonne dell’animale.
Come gli fu alle spalle il vecchio ruotò da lama ed essa recise senza sforzò i dentini d’Achille della Bestia che ruggì di dolore mentre le gambe s’accasciavano incapaci di sostenerla, dovette reggersi sulle braccia per evitare di stramazzare al suolo.
A nulla erano serviti gli strati protettivi di muscoli e la pelle dura come cuoio, quando si aveva a che fare con l’adamantio avere una corazza di titanio o essere della stessa consistenza di un mollusco non faceva alcuna differenza.
Ridendo gli sadico piacere Ghostface affondò la lama nel bacino della Bestia, perforandogli un rene, l’animale mise un ruggito spaventoso mentre il sangue gli zampillava sulla pelliccia, tirò una feroce zampata all’indietro cercando di ghermire l’avversario alle sue spalle ma Ghostface non si fece cogliere di sorpresa un’altra volta ed evitò che gli artigli si chiudessero sulla carne, gli lacerarono parte del soprabito ma nulla di più.
Godendo nel vedere il suo nemico in difficoltà e approfittando del momento di instabilità della Bestia, che poggiava tutto il suo immenso peso su un unico braccio, il vecchio gli saltò sulla schiena avvinghiandosi al collo taurino con un braccio.
Sollevò il coltellaccio lordo di sangue a un palmo dalle fauci che si chiusero con un sordo schiocco, tentando invano di strappargli l’arto.
-Ci vediamo all’inferno!- ghignò calando l’arma.
La Bestia scansò la testa di lato, l’adamantio non le perforò il cranio come Ghostface avrebbe voluto ma la lama affondò nel collo fino all’elsa, scese nel corpo della creatura per tutti i suoi 50 cm di lunghezza, spezzandogli la clavicola, recidendo i legami e nervi della spalla, troncando costole e perforandole un polmone.
La Bestia emise un gemito strozzato poi, privata anche del suo ultimo punto d’equilibrio stramazzò al suolo, sbalzando Ghostface diversi metri più in là.
Il vecchio ci mise meno di un battito di ciglia per rialzarsi, piacevolmente sorpreso di aver sbattuto il naso contro la sua pistola ancora mezza carica.
Si scrocchiò il collo da cui perdeva sangue e zoppicò sulla gamba non ancora del tutto saldata fino al punto in cui la Bestia era caduta.
Di lei non restava che l’enorme impronta sull’erba bagnata.
Aveva smesso di piovere e il cielo notturno si stava schiarendo col sorgere del sole.
Da quanto tempo combattevano?
Improvvisamente Ghostface si sentì addosso tutta la spossatezza di una notte insonne e della lotta estenuante sostenuta contro quella forza della natura…ma non cedette alla stanchezza.
Al posto dell’enorme bestione a terra giaceva supino BB, immerso in un lago formato dal suo stesso sangue, con il coltellaccio ancora conficcato nell’incavo della spalla, la lama leggermente inclinata usciva di due centimetri laddove finivano le costole.
Aveva un colorito smorto, un verde acido biancastro, veramente sgradevole alla vista.
La ferita alla gola gli impediva di parlare chiaramente ma tutto il suo corpo era scosso da fremiti e la gola pulsava debolmente, cacciando fuori gli ultimi fiotti di sangue scuro e denso che già coagulava.
Aveva gli occhi soffusi puntati contro il fazzoletto di cielo che vedeva, tra le chiome degli alberi scuri, tingersi di rosa al dolce tocco dell’aurora.
L’ombra del vecchio torreggiante su di lui si proiettò oscurando completamente il corpo contratto dagli spasmi del mutaforma.
-M-mi…argflh.. hai colpit..kkhargg…alle spalle….vigliacco!- biasciò BB premendosi una mano sulla ferita al collo, tentando inutilmente di arrestare la fuoriuscita di sangue che continuava a fluirgli tra le dita.
Era uno spettacolo pietoso vederlo ridotto in quello stato di impotenza mentre si ostinava a opporre una patetica resistenza.
Cercò di mettersi seduto ma le braccia erano fiacche, non rispondevano ai comandi, sentiva le dita intorpidirsi e le gambe farsi sempre più fredde.
-Ancora parli…- disse Ghostface con voce greve, non aveva mai sopportato il mutaforma e vederlo in quelle condizioni non lo impietosì affatto.
S’inginocchiò su di lui, poggiando la rotula sul polmone ferito del ragazzo, provocandogli fitte ancor più lancinanti.
Gli mise le dita artigliata attorno alle guance smorte e strinse, costringendolo ad aprire la bocca arida e impastata.
A quel punto gli ficcò a forza la canna della pistola che teneva in pugno dentro la gola, facendogli saltare due denti mentre ne forzava l’entrata, la mano umana si strinse attorno all’impugnatura dell’arma e l’indice scheletrico, che per il candore della pelle pareva essere solo osso, accarezzò il grilletto, pronto a far fuoco.
-Prova a farlo con questo microfono- ringhiò a denti stretti, spingendo l’arma ancor più in profondità, facendo inarcare il collo al mutaforma.
BB lo guardò con gli occhi asciutti e carichi d’odio e disprezzo.
La fresca brezza autunnale gli accarezzò i capelli mentre una splendida alba gli si specchiava negli occhi…era un buon giorno per morire.
Lo fissò ancora, senza ombra di paura nelle pupille, inchiodando i fieri occhi smeraldi su quelli del suo carnefice, troppo spaventati da tale coraggio per mostrarsi oltre le lenti a specchio.
-Stf..stro..nfo-
 
Bang!
Bang!
Bang!
Stella Rubia, aprì gli occhi e si tirò una pacca in fronte.
-Robin, svegliati! Il telefono…- borbottò rigirandosi nelle lenzuola col cuscino sopra la faccia.
Il ragazzo al suo fianco sbatté le palpebre assonnato e allungò le mani sul comodino a fianco del lettone matrimoniale dove dormiva fino a pochi minuti fa.
Afferrò il cellulare con la bizzarra suoneria di una raffica di proiettili.
-Chi può esser a quest’ora?- sbuffò annoiato.
Quel che gli dissero dall’altro capo del telefono lo lasciò a bocca aperta e gli lavò via ogni traccia di stanchezza residua.
-Stella vestiti!- esclamò balzando giù dal letto in cerca dei pantaloni.
-Che succede?- mormorò l’aliena che non riusciva a tenere gli occhi aperti.
-Sveglia gli altri che poi te lo dico- rispose il marito affrettandosi nell’indossare il costume.
Poco dopo tutti gli abitanti della Torre erano in piedi ciondolanti e mezzi addormentati, improvvisamente si erano trovati fuori dai loro letti e seduti sul divano della Mains Room con Robin che li guardava uno ad uno.
-Spera che sia morto qualcuno!- ringhiò Corvina, l’ultima arrivata, andando a sedersi in mezzo agli altri.
-Molto meglio…- sorrise il leader mentre gli occhi stropicciati ma attenti di tutti erano su di lui.
I Titans lo osservavano incuriositi senza sapere cosa pensare.
-Amici…- iniziò Robin trattenendosi a stento dal gridare di gioia –Cyborg si è svegliato!-
Tutti lo guardarono stupefatti e ammutoliti…poi le voci iniziarono ad accavallarsi.
-Non ci posso credere!-
-Quando è successo!?-
-Che cosa magnifica!-
-Andiamo da lui!-
-Perché non ce lo hai detto subito?!-
-Cyborg sta bene!-
-Tutti all’ospedale, presto!-
-Chissà come sarà contento di rivederlo, BB!-
Tutti si guardarono intoro cercando un viso noto, senza trovarlo, allora fissarono l’un l’altro negli occhi restando paralizzati dal silenzio con le bocche aperte come pesci lessi.
-DOV’È BB!??!- esclamarono all’unisono.
 
-Avanti, ci siamo quasi!- esortava il leader correndo su per il bosco.
Midnight, Stella Rubia e Corvina, tutte e tre in costume, precedevano lui e Bruce sorvolando le chiome degli alberi.
-Il T-Caller indica che si trova nella Radura del Gufo- disse la Corvina alle compagna e tutte e tre virarono a  destra, scendendo verso lo spazio verde
Lo spettacolo che gli si parò davanti non appena atterrarono fece cessare di battere il cuore a tutte e tre.
Il corpo di BB giaceva a terra rigido e pallido, lordo di sangue secco, sopra di lui stava ancora Ghostface ansimante, infradiciato dalla testa ai piedi, col volto schizzato di sangue con in mano una pistola fumante.
Il viso del mutaforma era contratto allo spasmo, deformato in una maschera di sofferenza, con la mascella slogata, gli occhi sbarrati e la nuca sfondata.
Dietro la testa del ragazzo si espandeva per diversi centimetri una chiazza di sangue che rendeva vermigli i fili d’erba.
Grigi pezzi di cervello si confondevano tra le morte foglie autunnali.
April sentì di morire.
Suo padre…il suo vero e unico padre…era morto.
Gli occhi le si colmarono di lacrime davanti a quella raccapricciante visione…
Gridò come nessuno aveva mai gridato prima, uno straziante grido di dolore come mai ce n’erano stati e mai ce ne saranno.
Una luce abbagliante si sprigionò dal suo petto e avvolse tutto.
 
 
 
*Vedi capitolo 5 di Revenge.
**Vedi capitolo 15 di Revenge.
 
E siamo a -2!
Ammazza che capitolaccio del cavolo per il verdolo!
Non so cosa mi è preso, nemmeno mi sta antipatico, BB.
Ok che non sono mai stato un fan della coppia BB/Rae ma…woow…diamoci tutti una calmata!
Esatto, ho ucciso uno dei personaggi principali.
Sono o non sono un puzzone?
 
Ghostface
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans / Vai alla pagina dell'autore: The Ghostface