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Autore: Letsneko_chan    20/07/2015    1 recensioni
Il silenzio della notte fu bruscamente interrotto da un urlo disperato.
Dalla foresta adiacente al tempio si alzò uno stormo di uccelli e le loro figure nere si stagliarono all'improvviso contro la luna.
All'interno del tempio, sede dell'oracolo di Raxum – il più importante del regno – una luce multicolore illuminava la selva di colonne del pronao. Proveniva dalla sala più interna del tempio ed era prodotta da un globo luminescente sospeso a mezz'aria.
In terra era disegnato un cerchio, in cui erano scritte parole in una lingua sconosciuta ai più; poco lontano da esso giaceva un corpo privo di sensi, mentre una figura femminile gli stava accanto. Quest'ultima teneva in mano il globo, accarezzandolo di tanto in tanto con le dita.
[...]
«Nascerà nella Notte colei che le terre di Iktali alla rovina condurrà».
Genere: Angst, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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il demone della notte 3

Capitolo III – epilogo

 

Dopo che il terremoto ebbe scosso le Terre di Iktali nella Notte, il regno era precipitato nel caos: all’inizio, il malcontento popolare sfociò in piccoli conflitti tra villaggi e città vicine per la supremazia in una determinata regione. Con il passare del tempo, le scaramucce divennero una guerra civile.

Girava la voce che Tairan fosse morto e alcuni nobili, approfittando dell’occasione, si autoproclamarono re: i loro regni duravano, però, poco. C’era sempre qualcuno più spietato e scaltro di loro che pretendeva il trono.

La capitale divenne ben presto un campo di battaglia per una guerra senza quartiere: fazioni opposte si scontravano nelle vie e le stragi di civili erano all’ordine del giorno.

Nessuno sembrava in grado di cambiare la situazione: da ogni parte del regno giungevano notizie di nuove battaglie, carneficine e rivolte.

Alla situazione già compromessa sul piano politico e sociale, si aggiunse il dilagare di carestie e pestilenze e la popolazione delle Terre di Iktali ben presto fu dimezzata.

 

La foresta intorno a Raxum era sempre uguale: una moltitudine di scheletri di alberi morti che cingeva un tempio abbandonato.

Tairan rabbrividì, stringendo la mano sull'elsa della spada.

Appellarsi al passato per vincere il futuro.

Non era sicuro che ciò, insegnatoli da Tait nei mesi precedenti, potesse aiutarlo a vincere.

Da quando era avvenuta la Notte, esattamente un anno prima, il sole non aveva più accarezzato le terre di Iktali con i suoi raggi caldi: una sola, perpetua notte le aveva avvolte, creando a una situazione di guerre civili in cui l'autorità del sovrano non era più riconosciuta come tale.

Tairan aveva vagato a lungo, disprezzato dai sudditi e abbandonato da chi chiamava amici.

Tait era la sua sola compagnia: lui e il ricordo di Isgar lo spingevano ad andare avanti, impedendogli di capitolare davanti a Nyris.

Era sfuggito ai suoi stacchi già molte volte, sempre salvatosi, talvolta in extremis, grazie al potere della spada.

«Che cosa devo fare adesso?» aveva chiesto una sera a Tait.

«Combattere».

Combattere, per guadagnarsi un futuro di luce e giustizia.

Combattere, per salvare il regno.

«Nessuno potrà aiutarti all'intero della foresta. Sarai da solo e la tua forza risiede nella spada: essa contiene la speranza della giustizia. Il destino dello scontro tra bene e male dipende da te».

Così Tait l'aveva ammonito prima che entrasse nella foresta.

Ma in quel momento, solo nell'oscurità, Tairan si sentiva fin troppo vulnerabile: quei canti lugubri, che accompagnavano i suoi passi verso Raxum, gli facevano gelare il sangue nelle vene. Figure etere di spiriti vagavano tra i rami: i loro colori cupi spezzavano a tratti l'oscurità della foresta.

Ma Tairan, sebbene non lo vedesse, era certo che lo spirito della Morte - compagno inseparabile di Nyris - lo stesse seguendo.

Qualsiasi richiamo degli animali notturni che lì abitavano lo faceva rabbrividire: ognuno di essi gli appariva come un preannuncio della fine.

Poi, all'improvviso, ogni rumore cessò: Tairan avanzò lentamente mentre la paura cresceva nel suo animo.

Lo scricchiolare dei rametti caduti a terra lo accompagnò fino alla scalinata del tempio.

Tairan si fermò: sentiva la mano tremare sull'elsa e si disse che mai era stato così impaurito prima di un combattimento.

Il tempio, corrotto dal tempo e dalla potenza maligna, si erigeva maestoso davanti a lui.

Le colonne erano avvolte da piante rampicanti e solo a tratti si poteva scorgere la policromia del marmo.

Salendo i tre gradini della scalinata, Tairan notò che sui muri si vedeva ancora l'annerimento causato dalle fiaccole.

Si fermò davanti a una colonna, allungando una mano per toccare la pianta che la ricopriva. Le foglie che sfiorava cadevano a terra polverizzate.

Ogni cosa, in quel tempio, aveva il sapore della morte: il tempo sembrava essersi fermato, lasciando che il male s’impossessasse del luogo.

Tuttavia, Tairan si sentiva messo in soggezione da quelle colonne.

C'erano molte leggende su Raxum: una di queste riguardava la sua costruzione.

Dopo aver ascoltato quella leggenda, Tairan aveva passato molte notti a fantasticare sulle creature che l'avevano costruito.

Quegli strani esseri - ghoul, spiriti elementari e famigli - avevano popolato i suoi sogni di bambino. Alcuni dicevano che su alcune colonne si vedessero i segni lasciati dagli artigli dell'Ultimo Drago.

Tairan accarezzò un'ultima volta il fusto della colonna prima di avanzare nel pronao.

Continuava a guardarsi stupito intorno, certo di essere uno dei pochi sovrani di Terre di Iktali a mettere piede in quel tempo così antico e maledetto.

«Cosa vi succede, maestà?»

Tairan alzò gli occhi, fissando un famiglio che lo guardava con aria di scherno.

«Avete forse paura, maestà?» aggiunse un altro, arrampicandosi velocemente su una colonna.

«Guardate, guardate, sua altezza va alla morte: alla corte lugubri canti intonare voi possiate» cantilenò uno spirito del fuoco, volteggiando sopra la sua testa.

Tairan. alzando la testa, notò che aveva un colore diverso da quello di Tait: le sue fiamme erano d'un rosso cupo, quasi nero.

«Venite a offrirvi in sacrificio a colei che regnerà sulle terre di Iktali?» gli chiese un piccolo famiglio posandosi sulla sua spalla.

Tairan lo scacciò con un gesto stizzito della mano, avanzando più velocemente.

Il coraggio gli veniva meno a ogni passo: si sentiva impaurito quanto un contadino la prima volta che si presentava al suo cospetto.

Tante volte aveva visto il terrore negli occhi mentre, inginocchiati davanti al trono, balbettavano le loro suppliche. E in quel momento era certo di avere lo stesso terrore dipinto sul viso intanto che si accingeva a varcare l'ingresso di Raxum.

La presenta di spiriti e famigli sopra la sua testa lo irritava abbastanza: fece per estrarre la spada ma, allarmato dallo sfrigolio prodotto dalla lama sul fodero, uno spirito gli fermò la mano.

Persuaso dalle sue parole, Tairan rinfoderò la spada e, accompagnato dal coro di voci non troppo rassicurante del gruppo di spiriti e famigli, varcò la soglia del tempio.

L'edificio era composto di una sola, grande sala e spessi muri la circondavano.

Sul pavimento c'era una scritta di colore rosso sangue: la profezia che gli aveva cambiato la vita si stagliava minacciosa davanti ai suoi occhi. Un ammonimento per il futuro o un richiamo del passato?

Tairan non seppe dirlo.

 

Estrasse la spada dal fodero, ripetendo tra sé il giuramento di venticinque anni prima, il giorno della sua incoronazione.

Nel ricordarsi della cerimonia, non riuscì a non pensare a Isgar. Quel giorno, fu lui a posargli la corona sul capo; quel giorno, gli giurò fedeltà.

Tairan si avvicinò con cautela al braciere posto sul fondo della sala, tenendo avanti a sé la spada: all'interno di esso vi era il globo luminoso. Lo toccò con la punta della spada e quello si agitò. Tairan non nascose un sorriso vedendo che il globo si muoveva all'impazzata quando era toccato dalla spada.

Tairan osservò la sala del tempio: sembrava che anche in essa il tempo si fosse fermato. Le statue degli antichi idoli, poste nelle nicchie alle pareti, fissavano Tairan con lo stesso sguardo di pietra con cui, anni addietro, avevano scrutato i fedeli.

Avanzò fino al centro della sala, fermandosi davanti a un trono coperto da un drappo nero con ricami dorati.

Accanto a esso, notò una spada: probabilmente, Nyris avrebbe usato quella nello scontro.

«Sei venuto a morire, Tairan?»

«Sono qui per riportare l'ordine nelle Terre di Iktali. È troppo tempo ormai che i tuoi spiriti dilagano nel regno portando morte e distruzione!»

«È passato un anno dalla Notte. In questo giorno si deciderà la sorte di queste terre».

Tairan, nel sentire quelle parole, sussultò e la spada gli cadde di mano. Dalla penombra, vide venire avanti uno spirito.

«Isgar...»

Nyris rise, spezzando il silenzio che si era formato.

«Vedo che nel tuo animo si mescolano paura e incertezza: ma ciò può essere un bene. Per me» disse sprezzante Nyris sedendosi sul trono. Rivolse a Tairan un'occhiata di sfida, subito ricambiata da quello.

«La vostra spada, maestà».

Isgar teneva la spada tra le mani e Tairan la prese, senza mai staccare gli occhi da lui. Lo spirito indugiò a lungo con la mano sopra quella di Tairan.

«Isgar... Cosa ti è successo?»

«Credo sia giunto il momento di spiegargli alcune cose. Non lo credi anche tu, Isgar, figlio di Iagei?»

Isgar strinse i pugni, rivolgendo uno sguardo carico d'odio a Nyris. Sospirò, allottandosi da Tairan e posando una mano sul bordo del braciere.

«Kecycira ha divorato il mio corpo. Ti ho aiutato con il fuoco e per mezzo del fuoco sono perito. Ahimè! Quanto dolore rivederti adesso!»

«Tait... Allora l'hai evocato tu?»

Isgar lo guardò, annuendo poi con la testa.

«Era l'unico modo che avessi per salvarti: riesco... riuscivo ad evocare solo spiriti elementari».

«Capisco. L'unica cosa che posso fare è ringraziarti. Tait mi ha aiutato in questo anno».

«Perché l'hai chiamato lealtà?»

Tairan sorrise.

«Perché tu sei l'unico che mi sei rimasto fedele in ogni momento: ho visto persone abbandonarmi nel momento del bisogno».

«È stata anche la prima parola che hai imparato nella lingua degli spiriti».

Sorrisero entrambi e poi Isgar riprese a parlare.

«Immagino che tu abbia molti dubbi».

«È così, infatti».

«Mi spiace averti nascosto per così tanto tempo verità forse importanti. Cent'anni prima della notte, Iagei - mio padre - evocò un demone dell'abbondanza: questa zona era molto povera e molte persone chiedevano insistentemente aiuto all'oracolo di Raxum. Sollecitato da tali richieste, mio padre evocò un demone con la convinzione che avrebbe cambiato la situazione. Purtroppo la situazione gli sfuggì di mano: evocò un demone troppo potente che-».

Nyris lo interruppe.

«Non appena ebbi l'occasione, gli tutte le sue conoscenze sull'arte dell'evocazione. Da quel momento in poi, Iagei non poté evocare più uno spirito. A causa di ciò, il medaglione che portava al collo diventò nero. Alcuni spiriti li rimasero fedeli nonostante tutto: ne hai avuto la prova, Tairan, quando ti invitò a Raxum e quello spirito ti condusse fino al limitare della foresta. Altri, invece, passarono sotto il mio comando e l'oscurità macchiò il loro splendore. Da quel giorno in poi, gli spiriti vagarono nella foresta, aspettando il momento in cui sarei giunta al massimo del potere e avrei potuto impadronirmi del potere. Ci sarebbero voluti cent'anni.

In ogni caso, volli premiare chi mi aveva permesso di portare a buon fine questo: feci in modo che Iagei vivesse fino alla Notte, in modo da vedere a cosa aveva portato il suo gesto».

«Ma la sua crudeltà non finì qui» Isgar riprese a parlare.

«Avevo osservato tutto, nascosto dietro una colonna e, non appena ne ebbi la possibilità, scappai dal tempio attraverso la foresta. Per tutto il tempo, sentivo gli occhi di Nyris addosso. Per tutto il tempo della fuga, uno spirito del tempo mi volteggiò intorno. Non appena uscii, notai che sul braccio avevo una catena di anelli concentrici: era il simbolo della maledizione. Per me, ogni cinque anni equivalevano a uno».

«Capisco...»

«Arrivai nella capitale dopo giorni di cammino e mi rifugiai presso un vecchio amico di mio padre. Rimasi presso di lui per otto anni: quando ne compii sedici, lui fu chiamato a corte per insegnare al principe. Mi portò con sé e come ci siamo incontrati lo sai. Quello che ti ho nascosto è il perché avessi quel vestito».

Tairan gli si avvicinò, facendo poi intrecciare le loro mani.

«Dimmelo...»

«Votia aveva una figlia che purtroppo morì in tenera età. Straziato dal dolore, mi pregò di prendere il suo posto visto che nessuno sapeva della mia presenza nella capitale. Accettai e quando fummo invitati al ballo fui costretto a indossare quel vestito. Rimasi in terrazza tutto il tempo per la paura che, ballando, qualcuno avrebbe scoperto la verità».

«L'hanno scoperta tutti grazie a te» gli disse Tairan alzando un sopracciglio e Isgar sospirò.

«Isgar!» urlò Nyris e quello fu costretto a lasciare la mano di Tairan per avvicinarsi a lei; prese la spada che il demone teneva tra le mani e si avvicinò nuovamente a Tairan, fermandoglisi davanti.

«Combattete!» ordinò ai due.

«Isgar... Cosa cu succederà?»

«È semplice: se vinci tu, io scomparirò per sempre e di me resterà solo il ricordo. Se vinco io...»

Isgar si voltò verso Nyris, implorandola con lo sguardo.

«E va bene: farò in modo che l'ultimo desiderio espresso da Isgar si compia».

«Cos'hai desiderato?» chiese Tairan incuriosito.

«Che al momento della morte, tu diventassi uno spirito. Così saremmo rimasti insieme per sempre...»

Tairan sorrise, accarezzandogli il volto.

«Non potrei chiedere di meglio...»

«Pensaci bene, Tairan. Sconfiggendomi, avresti la possibilità di portare nuovamente questo regno allo splendore».

«È vero, non lo nego. In ogni caso, anche se ti vinco, dovrei scontrarmi con lei. E non sono sicuro di riuscirci. In quel caso, rimarrei con il dolore di averti perso per sempre e la consapevolezza di essere stato la causa della rovina definitiva delle Terre di Ikatli. Lo capisci, Isgar, che ormai non possiamo fare più niente? È troppo tempo che il male spadroneggia!»

«Lo so, Tairan. Ma...»

«Ma, cosa, Isgar? Abbiamo fatto il possibile, ogni tentativo è vano!»

«Sei il solito idiota! Preferisci arrenderti adesso e non provare nemmeno a salvare il tuo regno?»

Tairan scosse la testa.

«Non è questo: so già che la mia mano vacillerebbe nel colpirti. Non riuscirei mai a convivere con la consapevolezza di avere fatto scomparire la persona che amo».

Isgar sussultò.

«Tutto... Tutto ciò che Tait ha cercato di insegnarti in questi mesi non è servito a nulla?»

«Io volevo solo ritrovarti, Isgar. Volevo vederti un'ultima volta prima di morire. E ciò che Tait mi ha insegnato, è servito a far prendere forma al mio progetto di rivederti. Sei stato l'unico che mi ha sempre sostenuto e senza di te io non sapevo che fare...»

«Tai...»

«Da quant'è che non mi chiami così?»

«Dal giorno della tua salita al trono».

Tairan, sorridendo, gettò la spada lontano e il rumore metallico risuonò nella stanza.

«Fai ciò che devi fare, Isgar!»

Lo spirito si voltò verso Nyris, annuendo poi con la testa.

Il demone si accarezzò il mento, osservando compiaciuta la scena: il suo piano stava finalmente per giungere a compimento.

«Non è per volontà mia se adesso questa spada ti darà la morte...» mormorò Isgar mentre, con mano tremante, affondava la spada nel petto di Tairan.

Il sangue macchiò subito le sue vesti e il sovrano cadde a terra, tenendosi una mano sulla ferita.

Isgar gli si inginocchiò accanto, prendendogli una mano e stringendo a sé il corpo dell'altro. Tairan cercava di tenere gli occhi aperti ma sentiva le forze venirgli meno. Isgar iniziò a cantare, accarezzandogli dolcemente i capelli e Tairan sorrise appena nel riconoscere la canzone che aveva rallegrato la notte in cui si erano conosciuti.

Nyris si avvicinò ai due e fece segno a Isgar di spostarsi: quello ubbidì, raccogliendo la spada e allontanandosi di pochi passi.

Nyris pronunciò alcune formule rituali e Isgar osservò con apprensione tutta la scena.

Non appena Nyris ebbe finito, Isgar si avvicinò al corpo di Tairan, rimandando immobile accanto ad esso.

Nyris, intanto, era giunta sulla scalinata: si voltò indietro un'ultima volta, osservando Tairan e Isgar che si abbracciavano, piangendo la loro sorte.

Ghignò e iniziò a camminare attraverso la foresta: man mano che avanzava, gli spiriti formavano un corteggio dietro di lei. Accanto al demone camminava lo spirito della Morte.

 

Narrano le cronache che a distanza di un anno e otto giorni dalla Notte, Nyris prese il potere.
Molti ricordano che la cerimonia fu solenne e sfarzosa.
A partire da quel giorno, interi villaggi furono rasi al suolo e gli spiriti, corrotti dal male, portavano la rovina in ogni parte del regno.
Dicono anche che solo due spiriti, eterni prigionieri delle colonne di Raxum, si siano salvati dalla violenza e dalla furia del demone.
   
 
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