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Autore: everlily    31/07/2015    3 recensioni
Alcune scene tagliate dalla storia Stubborn love. Per leggere l'intera storia: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2089981&i=1
#1. E' solo il caldo (cap. 14: "Wear me out")
#2. Sweet sixteen (cap. 15: "Are you mine?")
#3. Non è come pensa (cap. 18: "Bedroom hymns")
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Premessa

Questa è una raccolta di "scene tagliate" parte della storia Stubborn Love. Sono scene che ho scritto, ma che poi ho dovuto lasciare fuori dalla pubblicazione finale, vuoi perché non c'era il momento e/o contesto giusto per inserirle, vuoi perché il capitolo era già troppo lungo e non erano fondamentali. Come quei video che vengono rilasciati alla fine di una stagione con il "girato" che poi non è stato inserito, insomma.

Ad inizio di ognuna ci sarà qualche riferimento per aiutare a dare loro una collocazione, ma non credo che abbiano molto senso se non si è letta la storia e non si conosce il suo contesto.

In più, essendo scene tagliate sono un po' "grezze". Le ho rimesse un po' a posto, ma ovviamente non hanno la stessa rifinitura anche di lessico e scrittura che avrebbero avuto all'interno della storia.

Non aggiungono niente di nuovo, ma magari a qualcuno fa piacere leggerle.

Un bacio,

ever


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Deleted scene #1

Pov: Elena

Collocazione: Da qualche parte nel capitolo 14 ("Wear me out"). In teoria dopo la prima scena Elena-Elijah. Elena sta cercando di togliersi dalla testa un certo bacio e fare la brava fidanzata. Caroline si sta trasferendo da Stefan adesso che vanno a vivere insieme, ed Elena le sta dando una mano.


***

Finisco di asciugare l’ultimo piatto della cena e mi sporgo sulle punte dei piedi per rimetterlo al suo posto. Come quasi ogni volta, Caroline ha cucinato, io riordino - ma non mi dispiace. Nessuno mi lascia mai davvero avvicinare ai fornelli, e la sua ratatouille di verdure che abbiamo mangiato al bancone della cucina di casa Salvatore dopo una giornata passata ad aprire scatoloni era davvero una favola.

Stefan è rientrato venti minuti fa, e dalla sala continuano ad arrivarmi le voci di loro due intenti a discutere sempre più animatamente sul tenere o meno una lampada, credo, qualcosa che è lì quando invece non dovrebbe. Ma la loro discussione triviale sfuma quasi immediatamente nella risatina chiara della mia amica.

C’è un che di confortevole e familiare nell’intera atmosfera che, per un attimo, ho invece la sensazione che, a dispetto di ciò di cui stavano discutendo, tutto sia esattamente dove dovrebbe essere e niente è fuori posto. Neanche la lampada.

Mi asciugo le mani, mi volto, sussulto quando mi scontro con il corpo di Damon. Non lo avevo sentito rientrare, non sapevo che fosse qui, e il mio cuore scatta via, in un tu-thump sordo che riempie il mio torace.

Mi ha bloccato contro il bordo del bancone. Il suo petto aumenta la pressione contro il mio mentre lui si allunga in avanti, oltre e sopra la mia spalla, per raggiungere uno degli sportelli in alto.   L’intimità del contatto mi spezza il respiro, lo straccio mi cade di colpo di mano, ma lui neanche sembra accorgersene. Il suo volto non tradisce niente, e se non fosse per l'aderenza dei nostri due corpi, si potrebbe quasi dire che non lo ha neanche notato. O che sono trasparente.

"Lo hai fatto di proposito," gli faccio notare, senza né muovermi né staccare lo sguardo dal suo viso.

Solo dopo che ho parlato i suoi occhi si spostano su di me, quasi come se mi notasse per la prima volta, ed un lieve sorriso divertito gli fa piegare l’angolo sinistro delle labbra all’insù.

"Sì, stavo di proposito … cercando di prendere un bicchiere."

Il braccio che aveva allungato scende, si posa sulla superficie accanto al mio fianco, e la sua mano si adagia a suo agio contro il bordo. Non accenna a spostarsi, a lasciarmi andare.

"Devi smetterla di fare così," dico decisa.

"Non sto facendo niente, Elena …" Il suo sguardo si sposta verso il basso e solo quando la seguo, quella traccia lasciata dai suoi occhi, quando vedo ciò che sta indicando, mi rendo conto delle mie dita serrate strette attorno ai lembi della sua maglietta bordeaux all'altezza dei suoi fianchi, decise a tenerlo lì fermo contro di me, ad impedirgli di allontanarsi. La sua voce è poco più di un bisbiglio mentre accosta il viso al mio, con la delicatezza di chi si avvicina ad un guscio fragile che sa potrebbe spezzarsi sotto troppa pressione, ma, al tempo stesso, tradendo quella sua sicurezza, sempre in grado di uscire fuori nei momenti meno opportuni, di conoscermi meglio di quanto mi conosca io stessa. "…. Sei tu."

Sollevo di nuovo lo sguardo, e penso solo le sue labbra. Ai loro contorni decisi, al ricordo del sapore che hanno sulle mie. E dopo quello, non penso più niente. Non penso alle conseguenze, non penso a chi è fuori da questa stanza, non penso a chi possa sentire e non penso a chi possa soffrire, quando con un slancio lo tiro giù verso di me, la sua lingua mi riempie la bocca, e i nostri corpi si scontrano, insieme e contro la parete, in modo brusco e ruvido.

Sospiro ad alta voce quando con le labbra scende sul mio collo ed entrambe le sue mani mi afferrano il sedere, le dita che si insinuano sotto all'orlo dei pantaloncini per sfiorarmi nei solchi sotto alle natiche, incendiandomi dentro di un bisogno così istintivo e prioritario che non lascia più spazio a nient'altro. Lui geme sulla mia bocca, ed io non mi sono mai sentita così disperata di sentirlo colmare quel vuoto doloroso e pulsante tra le mie gambe. Mi apre il bottone e la cerniera degli shorts, li spinge verso il basso. Non cadono a terra, rimangono lì, attorno alle mie cosce e appena sotto le mie natiche, impedendomi di muovermi e facendomi soltanto eccitare di più.

Mormoro qualcosa, parole incoerenti contro il suo orecchio, sento le sue dita infilarsi tra le mie gambe. Una singola carezza, nel punto giusto, è una scarica di piacere così violenta e dolorosa che invece di darmi anche solo un briciolo di sollievo, mi rende ancora più avida per averne di più. La mia vista diventa bianca.

Apro gli occhi di scatto, sul soffitto bianco che è scuro e distante nella penombra della mia camera.  Aria calda soffia dalla finestra aperta, un vago svolazzare di tende che non è comunque abbastanza per farmi tornare a respirare.

Il mio cuore batte furiosamente contro le mie costole, in colpi secchi, decisi, potenti. Le mie cosce slittano, a contatto tra di loro.

Mi sollevo appena a sedere. Volto lo sguardo su Elijah che dorme al fianco, ed il mio cuore martella ancora più forte, più colpevole, più crudele. Mi passo una mano tra l'attaccatura sudata dei miei capelli, scostandomeli dal volto, getto di scatto le gambe al di là del bordo del letto.

In cucina accendo ogni luce con una metodicità quasi frenetica, come se il buio fosse un posto ancora troppo accogliente, troppo tentatore, per poterci restare. Il bicchiere di acqua fredda, invece di berlo, me lo porto al volto, premendolo forte, ad occhi chiusi, contro una guancia e la fronte.

Non sto facendo niente, Elena …

"Brutti sogni?"

Sussulto e riapro gli occhi richiamata dalla voce di Elijah. E' in piedi appoggiato contro la soglia, senza maglietta, e quando mi ritrovo a far vagare gli occhi sopra il suo petto nudo … Diamine, cosa ho nel cervello??

Scuoto la testa, mi impongo di scacciare ogni residuo di immagine e sensazione ancora appiccicati tra la mia testa e tra le mie gambe. Soprattutto tra le mie gambe.

Butto giù in un solo sorso l'intero bicchiere di acqua gelida.

"No, io …" Mi mordo le labbra. Brutti non è esattamente la parola che userei per definirli ... "Sto bene. E' il caldo. E' solo il caldo."

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Next: Teen Damon e teen Caroline alle prese con il compleanno di Elena.

   
 
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