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Autore: Jailer    04/09/2015    4 recensioni
"La vita è un’onda, il Cancro lo sa perché è un segno che viene dal mare.
La vita è acqua che si schianta, acqua che può distruggere e tornare al mare o rimanere sulla roccia ed evaporare via. Un fluido che sale e scende, senza certezze e senza requie.
Come può saperlo il Fuoco, che brucia come se non ci fosse un domani, per poi spegnersi senza rumore?
Manigoldo guardò allora il mare e chiuse gli occhi, il suo mantello oscillava lieve ad una brezza leggera e intristita.
Che lui lo avesse voluto o no, la vita lo aveva condotto fin lassù.
Davvero è un’onda, pensò.
"
Storia di certezze che vanno e vengono.
[Sisifo x Manigoldo]
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Cancer Manigoldo, Nuovo Personaggio, Sisifo di Sagitter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6

 

 

Sisifo capì che lui era sempre stato lì, dal primo istante.
Gli erano passati davanti quando erano entrati nella stanza, ed era stato lì anche quando si erano voltati a guardare la maman uscire dalla sala, aveva visto Manigoldo piegarsi sulla donna, e Sisifo mentre la contemplava svuotato da tutti i pensieri.

Sisifo non avrebbe saputo dire da che cosa lo aveva capito, ma l'espressione dell'uomo in fondo alla stanza glielo confermava.
Li guardava con un riso sardonico e occhi iniettati di sangue, che parevano tagliare l'oscurità, occhi di brace, vivi come quelli della faina che conficca le zanne nella preda e ne assapora il sangue che ben presto la inebria, mentre la linfa rossa le inzuppa l'intero muso.

“Ci hai messo tanto a notarmi, Gold Saint. La punta di diamante dell'armata di Athena non sa nemmeno scovare un nemico nascosto dietro la porta?”
Aveva una voce metallica e bassissima. Appena la ragazza la udì cominciò a piangere più disperatamente: “perdono, perdono”, diceva.

 

 Lo Specter si incamminò verso il centro della sala, i suoi passi erano inudibili. Sembrava levitare, si frusciava solo il suo pesante mantello, ma sarebbe potuta benissimo essere una delle tende lievemente scossa da un alito di brezza.

 La superficie lucidissima della Surplice rifletteva una luce tremolante, e sembrava prendere consistenza sottraendola alle tenebre. Era un'armatura superba, con un immenso busto e gambali solidissimi che proteggevano l'intera gamba.
Non aveva ali, ma non era meno imponente dell'armatura di Minosse.
Sulle braccia e sulla vita vi erano degli intagli in oro, componevano la figura di un serpente,  e sembrava che esso si muovesse insieme al suo possessore.

 “Ofiuco”, sussurrò senza forza Sisifo, comprendendo a chi si riferisse la decorazione.
“Ofiuco, della saggezza celeste*.” confermò l'uomo per poi piegarsi in un profondo inchino, “E sono qui per uccidervi”.
Manigoldo imitò il gesto con ironia sprezzante: “Guarda un po’ i casi della vita.”.

 “Le nostre strade condividono la medesima meta, e questo è buono. Purtroppo è un fine che non ci concede un percorso in amicizia.” concluse il nemico.
Quando si fece più vicino mostrò un volto fastidiosamente giovane, che strideva con la gravità della sua voce e la profondità indecifrabile dei suoi occhi – rossi, proprio come quelli di un demonio.
“E non solo la meta ci impedisce quanto detto. Siete voi a costringermi a questo lavoro infame.
Voi distruggete le Surplici, io devo ripararle.
Hades vuole questo e lo comanda.
Io obbedisco, ma – capite – la mia vocazione mi spingerebbe alla ricerca del sapere.
E tuttavia proprio questa mia sapienza mi impedisce di dedicarmi alla sapienza stessa.”
Parlava come se ogni sua frase fosse la premessa di un sillogismo, scandiva ogni affermazione con un pausa pesante.

Aveva una strana fretta però, una frenesia furiosa che non tardò a manifestarsi.
“Perché in tutto l'esercito di Hades non c'è un maledettissimo competente! E io devo stare qui a sbudellare troie e rigenerare infime Surplici per dei mentecatti che si fanno sbranare da degli idioti che non notano nemmeno il nemico quando sta fermo dietro di loro!” ululò con tale rabbia da sbilanciarsi in avanti.

 “È un po' frustrato dalla situazione”, osservò Manigoldo provocatoriamente.
Sisifo tirò per un braccio il Cancro: “Taci, maledizione”, il moro lo guardò offeso e confuso: “Taci”, ripeté in un ringhio il compagno
Manigoldo si liberò bruscamente dalla sua stretta.

“Avanti, diglielo!, diglielo, Sisifo, capo dei Saints, di' a quello sprovveduto chi avete davanti, digli chi è Ofiuco!” urlò lo Specter, allargando le braccia e mostrandosi.
Il serpente d'oro sembrò dimenarsi sul suo corpo.

Sembrò che Sisifo dovesse prendere fiato per rispondere. Poi parlò con tono grave, guardando dritto innanzi a sé la figura del nemico che sorgeva dalle tenebre, più diretto a lui che a Manigoldo.
“Un semidio. Ofiuco, conosciuto anche come Asclepio, dio guaritore, figlio di Apollo.”
C'era però fierezza negli occhi del Sagittario, perché un nemico invincibile è sempre un meraviglioso fregio per un grande guerriero.

 Manigoldo si sentì rinvigorito alla notizia e fece un sorriso ferino: “So benissimo chi è Ofiuco. Allora dopo che ti avremo ucciso intoneremo un peana**.”
Ofiuco avanzò ancora di qualche passo verso la luce, guardando la donna con fastidio, e così concentrato nel suo disprezzo verso di lei da non ribattere alla provocazione dell'avversario.

 

*POSTILLA DEGNA DI NOTA:

Tra le stelle celesti degli specters, in LC quella della saggezza non è incarnata da nessuno e quindi ho pensato che per Ofiuco andasse bene.
Troppo tardi  mi sono ricordata che Ofiuco fosse  la costellazione di Shaina.
Tra l’altro Ofiuco, identificato con Asclepio, è figlio di Apollo, e si trova tra le 88 moderne costellazioni, non potrebbe essere tra le 108 stelle malefiche.
D’altra parte, sebbene ci fosse già Shaina, mi pare di aver letto che nel Next Dimension si accenni ad un tredicesimo cavaliere d’oro, risalente ai tempi del mito, Ofiuco, che fu maledetto.
Fingiamo che per qualche motivo nel XVIII secolo fosse passato dalla parte di Hades. Ok? Ok.
Anche se non fosse così, vi chiedo di aver pazienza: Ofiuco mi piaceva davvero tanto come antagonista per questo contesto, e molti problemi sono emersi solo dopo che la storia era stata completamente avviata e quindi non potevo, né volevo, sconvolgere tutto.
Prendetela come mera Fan Fiction.
Lo dico per “onestà intellettuale” (parola troppo grande per una cagata del genere): se non avessi scritto nulla a proposito, forse molti non ci avrebbero nemmeno fatto caso. Ma amo Saint Seiya vergognosamente, ritengo di doverlo rispettare completamente.

 

**Canto di vittoria che si dedicava al dio Apollo

***

 

 “Un pessimo sangue...”, borbottò. Lo Specter tendeva a tenersi lontano dalla fonte luminosa principale, guardava la luce con diffidenza. Aveva occhi piccoli, ed erano rossi per davvero.
Le mani erano curatissime e sottili, da medico, ed era evidente che non si avvaleva della forza bruta; anche il resto del corpo sembrava piuttosto esile. Sulle spalle portava lo scrigno nero di una Surplice.
Egli si portò nell'ala sinistra della sala, superò Sisifo che lo seguì con sguardo diffidente, e, da un punto in ombra, sibilò qualcosa chiamando a sé la ragazza.
Lei si alzò come un burattino e cadde mollemente tra le sue braccia.

 “L'ho chiamata Elena, è una personalità immobile come colei che condannò Troia. Colpevole e immobile.
Solo che è stata una delusione: un nome troppo elevato per qualcosa di così infimo e attaccato alla vita.
Volevo chiamarla Lucrezia*, per fortuna che ho risparmiato tale offesa a quella mirabile donna.” Ofiuco prese delicatamente il mento della donna tra le dita, scrutandone intensamente gli occhi – la guardava e ne parlava come un allevatore parla di un cavallo di razza: “Questa non riuscirebbe ad ammazzarsi nemmeno davanti alla promessa di un'eternità di dolore, resta attaccata alla sua miserabile vita a qualsiasi costo.
A qual pro, poi, proprio non lo so.”

 *La matrona romana che, violentata sa Sesto Tarquinio, nipote del re,
si suicidò per non dover convivere con un tale disonore.
Personalità agli antipodi della bella Elena di Troia, che, per quanto abbia potuto soffrire della sua condizione,
rimane sempre attaccata alla vita.

 
***

 

La donna si specchiava nello sguardo dello Specter con occhi sgranati, sotto le dita di Ofiuco a sua pelle sembrava ardere. E bruciava veramente, la pelle del viso poco a poco cominciò a piagarsi.
Ella piangeva con le labbra serrate e in un miserevole silenzio. Chiuse gli occhi innanzi alla sua sorte.
Fu allora che Ofiuco sembrò soddisfatto e la lasciò ricadere ai suoi piedi come un bambola rotta.

L’uomo armato di nero levò il capo e lo sguardo nella direzione dei Santi. Aveva una chioma scura e leonina, la scosse con forza, chiudendo gli occhi come in preda ad un piacere carnale intensissimo.
“Ma come tutte le prede insulse, serve a qualcosa – chissà perché i grandi, proprio in virtù della loro magnificenza, cadono sempre nell’infamia, mentre gli insetti se la cavano puntualmente.
Buffo che solo un sangue tanto sporco possa nutrire una delle armature più grandiose dell’esercito di Hades, e di questo me ne dispiaccio.
Ma mi consolerò: anche il vostro sangue parteciperà alla libagione per Radamanthys*.”

 

*Mi piaceva l’idea che Radamanthys fosse l’assassino di Ilias
e, l’armatura danneggiata in quello scontro, tornasse davanti a Sisifo.

***

 

 Il bel viso di Sisifo era teso in una smorfia sdegnata, le labbra immobili e pallide, gli occhi così concentrati sul figuro davanti a sé da sembrare vuoti.
Manigoldo tenne il fiato, come se quel gesto avesse potuto fermare anche il tempo.

Si erano già trattenuti troppo in inutili chiacchiere.

 Fu un momento: centinaia di fuochi cilestrini apparvero nella sala, illuminando tutto di una luce spettrale. L’istante dopo convergevano tutti su Ofiuco.
“Hai sbagliato persona”, disse quello, prima di sparire nella successiva esplosione con il sorriso.
 
Manigoldo aveva annerito le pareti e bruciato le tende con il suo attacco. La luce lunare inondò allora la sala, tutto ciò che era nella stanza assunse contorni marmorei, i volti, già pallidi, divennero cadaverici, le espressioni plastiche. Le candele erano state spente dallo spostamento d’aria.

Ofiuco sembrava sparito assieme ad Elena; tuttavia il suo cosmo doveva bruciare nella tenebra di qualche recanto, perché quello della donna era ancora lì, flebile come la sua tristezza.
Sisifo estrasse il suo arco, aveva l’espressione tesa mentre cercava nel buio, un’inquietudine rabbiosa dentro gli occhi. Manigoldo lo guardò per un istante e pensò al fuoco vivo che sta per divenire incendio, e mangia piano, segretamente ingordo, il combustibile – latitante.

 Ofiuco sorse d’improvviso dalla tenebra al fianco di Sisifo. Egli levitava, gli appoggiò il mento sullo spallaccio destro dell’armatura e passò l’unghia dell’indice sinistro sulla giugulare, gesto che il Sagittario accolse con un’espressione raggelata, rimase immobile con gli occhi sbarrati, stringendo l’arco – non riusciva a compiere altri movimenti.

 “Fattura meravigliosa, armatura degna di un Giudice Infernale, se avesse avuto la fortuna di essere Surplice…” Ofiuco parlava con voce strascicata, reggeva sull’altro braccio il corpo immobile di Elena, la quale aveva la testa reclinata tanto all’indietro che i capelli sfioravano il pavimento.
“Ma non è una Surplice, e finirà oggi”

L’uomo carezzò le decorazioni sulla schiena di Sisifo, fino a che Manigoldo non tentò di afferrarlo per il collo. Quando questo avvenne, il Riparatore si dissolse in una nube nera.
Parve una seppia, e sarebbe stato divertente da guardare, se il Sagittario non fosse rimasto immobilizzato da quel breve contatto.

 Come quel mattino al Santuario, Sisifo sembrò nuovamente un’aquila di marmo. Manigoldo incontrò quella visione con un nuovo terrore, un gelo indefinibile che gli tolse il fiato.
Guardò con occhi vuoti il fumo nero tra le sue dita e le ali della Cloth del compagno.

La voce del nemico rimbombò allora tra le pareti: “Un racconto dice che Athena mi donò il sangue della Gorgone, e, da quel dì, il sangue del mio fianco sinistro è velenoso.
Io non so se la premessa sia vera, tuttavia dispongo di tale potere.
Adesso tocca a te, Cancer. E poi guarderemo tutti insieme la resurrezione della Viverna, alla quale verserete anche voi il vostro contributo.”
Di nuovo la cadenza da sillogismo, la cantilena della razionalità perfetta.
Manigoldo chiuse gli occhi per sentire da dove provenisse, quei toni non gli erano mai piaciuti.

Cancer scagliò i fuochi fatui nella direzione della fonte sonora e circondò di altri se stesso e il Sagittario. Appoggiò le spalle a quelle di Sisifo per essere certo di avere almeno un lato coperto.
Urtandosi, le Cloth generarono un tintinnio argentino e acuto, piacevole, per quanto sbagliato nel contesto della battaglia.

Si verificò un’altra piccola esplosione nell’angolo vicino alla porta, e la nube nera sorse di nuovo – Manigoldo lo aveva quasi colpito.

Avrebbe voluto poter vedere Sisifo cosa fare in quel momento, perché proprio non ci capiva nulla: Elena era sacrificabile? Certo che no, avrebbe detto Sagittario – e avrebbe detto Sage, e avrebbero detto tranne lui che non ne era così sicuro, perché nella sua testa il valore della vita umana a volte ancora vacillava.

E come fare, comunque, ad essere certi di non averla uccisa?
Bisognava colpire solo Ofiuco, che l’aveva in braccio.
E Ofiuco?
Manigoldo imprecò.

Immagino che lo Yomotsu Hirasaka* non sia contemplato, eh, Sisifo?”
Percepì le spalle di Sisifo irrigidirsi ulteriormente e comprese: “Roger”, disse.

 

*L’anticamera del mondo dei morti,
l’allegro parco giochi, in cui il cavaliere di Cancer ha l’abitudine di
spedire i suoi nemici.

   
 
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