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Autore: Jailer    04/09/2015    2 recensioni
"La vita è un’onda, il Cancro lo sa perché è un segno che viene dal mare.
La vita è acqua che si schianta, acqua che può distruggere e tornare al mare o rimanere sulla roccia ed evaporare via. Un fluido che sale e scende, senza certezze e senza requie.
Come può saperlo il Fuoco, che brucia come se non ci fosse un domani, per poi spegnersi senza rumore?
Manigoldo guardò allora il mare e chiuse gli occhi, il suo mantello oscillava lieve ad una brezza leggera e intristita.
Che lui lo avesse voluto o no, la vita lo aveva condotto fin lassù.
Davvero è un’onda, pensò.
"
Storia di certezze che vanno e vengono.
[Sisifo x Manigoldo]
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Cancer Manigoldo, Nuovo Personaggio, Sisifo di Sagitter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7

 

Ofiuco si era di nuovo manifestato innanzi a loro; gli sembrarono sufficientemente immobili da poter mettere a terra Elena. Egli guardò Manigoldo con aria di superiorità compiaciuta.
“Hai intenzione di sferrare lo stesso attacco per l’ennesima volta?
Non puoi fare nulla, Cancer. Puoi solo ritardare con colpi insulsi una fine già annunciata, ma non si cambia il destino.
Volete salvare capra e cavoli, ma non salverete nulla, non Elena, e neppure voi stessi.”

 Manigoldo fu solo capace di rivolgergli un’occhiata rancorosa. I fuochi fatui baluginavano innanzi a loro, proiettavano le loro ombre opache su tutte le pareti.
“E adesso taci e osserva come rinasce una Surplice.
È un grande onore per due che stanno per morire come topi.”

Ofiuco posò lo scrigno di Wivern a terra, in un punto in cui fosse visibile a Sisifo, immobile, e che costringesse Manigoldo a voltarsi in direzione opposta rispetto alla quale era.
Sopra di esso, il nemico poggiò la schiena dell’esanime Elena che prese una posa scomposta da burattino, il collo tutto all’indietro e le gambe in una posa spastica.

 L’unghia dell’uomo divenne un lungo artiglio, Ofiuco la avvicinò pericolosamente al collo della donna. Manigoldo scagliò un nuovo colpo per allontanare il nemico, il quale, nuovamente scomparve nella sua nube nera e si manifestò alle sue spalle.
L’artiglio era stato preparato per Cancer, non per Elena, e Manigoldo si sentì stupido. Ofiuco colpì lo stesso identico punto di Sisifo.


Il Gold Saint fu percorso da una scossa improvvisa e violentissima: gli sembrò che il corpo dovesse implodere, per un attimo i suoi nervi ebbero una percezione totale del mondo circostante, come se la sua coscienza si fosse espansa a tutto l’ambiente, per poi richiudersi nuovamente all’interno del suo corpo, ormai bloccato.
Come respirare tutta la forza della vita per un istante, per poi trovarsela negata.
Fu bellissimo e straziante, durò un solo momento, prima di essere costretto all’immobilità.
Riusciva a muovere solo gli occhi, la sua espressione doveva essere bloccata nello spasmo di sorpresa di un attimo prima.

Ofiuco ricomparve innanzi a loro dalla sua nube nera, accanto alla donna.
La osservò con occhi vivaci e percorse con la punta dell’indice la linea che avrebbe percorso con il pugnale che sfilò da una guaina della cintura.
La lama e l’elsa dell’arma, incrociandosi, formavano una croce.

Sotto questo segno vincerai*, pensò Ofiuco, carezzando l’intersezione delle parti.

 

*La frase che un angelo dice in sogno a Costantino, prima della battaglia di Ponte Milvio.
Si riferisce alla croce.

 
***

 Lo scrigno si aprì da solo svelando la Viverna – nera, feroce e fredda. Già essa sola trafiggeva Elena, gettata sulle sue punte.
Quando l’uomo si piegò in avanti e affondò la lama nella gola, Sisifo provò freddo.
La donna emise un gemito gorgogliante e affogò nel suo stesso sangue – solo allora, finalmente, morì.

Il plasma eruppe elegante e crudele, grondando abbondante su tutto il corpo e scivolando sul metallo. E scorreva come un fiume sulla pelle, ma, appena toccava la superficie della Surplice, esso scompariva – la Viverna se ne nutriva ingorda, goccia a goccia, e riacquisiva lucentezza.

Immobili, i due Gold osservarono la sconfitta stillare rossa da un collo da agnello, saziare il nemico, rinvigorirlo.
E non dissero nulla, perché non potevano.
E non pensarono nulla, perché si vergognarono di loro stessi.

“Dalla gola si stilla il sangue della vita, che nutre l’armatura, ma è dal petto e dal ventre che scorre l’elisir della forza. Lì si annida il dolore.”
Ofiuco spiegava continuando a fissare la sua vittima. Spostò la lama nel centro del petto e tagliò la veste, svelando il seno della donna. Incise una grossa croce passando sui capezzoli, il sangue li nascose.
 La veste divenne un immenso sudario rosso e sfilacciato.

Infine l’uomo scese al ventre, ma prima di sezionare nuovamente guardò verso l’ombelico di Elena con sguardo carico di pietà: “Quanto hai rimpianto di essere donna? Quanto?
Per un uomo non posso immaginare un fato così tanto infelice e miserevole.”
Si protese in avanti , verso il viso di Elena e la diede un bacio sulla fronte, mentre lasciò cadere la lama sul basso ventre, trafiggendola incurante.

 

***

Ofiuco gettò un ultimo sguardo al sangue che grondava sulla Viverna e si voltò nuovamente verso Sisifo e Manigoldo.
Il viso del nemico era una maschera di cera marezzata di sangue, gli occhi erano alienati, l’espressione indecifrabile. Scrutò prima Sisifo e poi Manigoldo, borbottando qualcosa tra sé.

E finiva tutto così? Sconfitti e linfa per il nemico?
In un bordello?, si chiese Manigoldo, qui si schianta la mia onda? Una vita sorta nello squallore, deve morire nella stessa miseria?

Guardò l’anima di Elena sollevarsi dal corpo e attorcigliarsi su se stessa, piccola, desolata e cilestrina. Assomigliava all’Uroboro* – il simbolo dell’eterno ritorno dell’uguale -, era così dunque?

Se avesse potuto, avrebbe riso.
Manigoldo rideva sempre in questi momenti, perché il riso spiazza il nemico e perché si era giurato si non piangere mai, né di rabbia, né di tristezza, né di gioia – quindi non poteva fare altro che ridere.

 

*L’Uroboro è un simbolo che rappresenta un serpente che si morde la coda:
molto antico, indica l’eterno ritorno dell’Identico, la ciclicità, l’unione del tutto.

 

Avrebbe voluto vedere l’espressione di Sisifo, perché, quando era posseduto dai sentimenti più negativi, acquisiva una piacevole umanità, rivelava un’espressività inaspettata e feroce, diveniva mortale e forte e a Manigoldo piaceva.
Manigoldo si caricava.

Passarono alcuni minuti in silenzio, Ofiuco guardava compiaciuto il sangue colare sull’armatura, Manigoldo era un fiume di pensieri sconnessi – buffo, come diventasse riflessivo nei momenti meno opportuni.
Sisifo aveva un piano ed era riuscito a riottenere una minima padronanza delle palpebre, quanto bastasse per chiuderle.

 Glielo aveva spiegato Asmita – l’unica volta in cui avevano conversato di qualcosa. Sentì la sua voce che snocciolava parole come una preghiera: ad occhi chiusi, dimentico del mondo, fatti vicino al tuo cosmo – parlagli e ascoltalo.
Un senso mutilo accresce la forza degli altri: negati per un istante la vista, in realtà zavorra per un Cavaliere, in favore del Settimo Senso.

   
 
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