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Autore: Akita    07/02/2009    2 recensioni
Storia in fase di profonda revisione ed aggiornamento
Lsyn è una Spia, legata al suo regno fino alla morte da un vincolo d'obbedienza più forte di ogni cosa. Un orribile incidente le ha stravolto la vita. Per cinquant'anni, allora, vaga, alla ricerca del Principe. La sua redenzione. O forse la sua rovina. Perchè il compimento del suo destino di avvicina. Lei però non lo sa. [...]Da quel momento in poi, mi sarei giocata la vita. Beh, non che m'importasse molto. La mia esistenza si era svolta sempre così, perennemente a contatto con la morte, giocandoci come con una vecchia amica venuta a prendere il tè. Che cosa buffa. Vivere, per prepararsi a morire. Lo fanno tutti, o è il destino di ogni Spia?[...]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Memorie dei Rinnegati.'
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E’ strano pensare che siano già passati dieci anni da quel giorno, in cui tornai lì dove era cominciato tutto

Miei cari lettori e lettrici.

Vi comunico ufficialmente che Memorie dei Rinnegati-La Figlia Delle Spie, dopo ben nove mesi (oddio mio, è una coincidenza orribile xD) di lavoro, tra contrattempi ed incidenti vari, è giusta finalmente al suo epilogo.

Epilogo, però, solo della prima storia.

Riceverete ben presto notizie di me, e…non perdete d’occhio la sezione Originali-Fantasy, perché un seguito è presto in arrivo, e se mi lasciate io vengo lì da voi e vi strozzo xD

Oh, mi sento strana.

In questa stupidaggine ci ho messo davvero la ma anima, il mio spirito.

Mi sento male a mettere “completa” la storia.

Beh, so che ne scriverò un’altra…ma è difficile staccarsi dai miei “figli” xD

Da Chekaril, Tijorn (il mio preferitoL), ma soprattutto da Lsyn.

Sarà strano ricominciare daccapo.

Mi sarete fedeli, vero?

Io ho bisogno di voi, più che mai.

Vi ringrazio, mille volte.

 

Un primo ringraziamento va a Carlos Olivera. Accidenti, udite udite!  Mi ha sopportato fin dal primo capitolo, commentandoli tutti con sincerità, la miglior qualità al mondo! xD

Inchiniamoci tutti alla sua smisurata pazienza!

È stato lui il mio lettore più assiduo e fedele, e devo ringraziare lui se non mi sono bloccata, se la storia è risultata lunga com’è.

95 capitoli. Accidenti, è molta roba, eh?

Senza di te, mio caro, non ci sarebbero state un mucchio di cose.

È alla tua inventiva vulcanica che devo una buona parte delle Memorie, e anche ai tuoi consigli indiretti.

Ed a quanto pare anche qualcosa (molto) del secondo episodio, eh? xD

Non so proprio come ringraziarti, come…mah. Ti devo tantissimo o.o

Grazie è troppo poco!

Sappi che, per qualunque problema, io sono qui.

Ora mi commuovo xD

 

Un ringraziamento tutto speciale va anche a Selly, che mi è stata ugualmente fedele, e, anche se lei non lo sa, mi ha dato parecchi spunti xD

In bocca al lupo con lo studio, e grazie per i tuoi commenti veementi, che mi divertono, e che mi motivano ancora di più. Grazie, grazie, grazie.

 

Voi due siete stati il mio motore! Mi seguirete fino in fondo, vero? Un miliardo di baci, anche solo per avermi seguita in una missione omicida come questa x.x =*

 

Altro ringraziamento va a kylien, che, semplicemente, è lei. Zitta zitta se ne va, ma mi stava minacciando di morte in caso tardassi ad aggiornare. Carino alludere a cose, in una sera fredda in cui tutto era sabbia (xD), di cui un terzo era all’oscuro, eh? xD coltelli e coccole a te =* spero che mi seguirai ancora xD

 

Grazie, alle otto persone che mi hanno messa tra i preferiti. Mi dispiace non mettervi tutti per nome, uno ad uno (scrivo i ringraziamenti senza essere connessa, e mi secca mettere il filo prima del tempo), ma sappiate che tengo a voi, moltissimo. Grazie solo per aver letto.

 

Grazie anche ai semplici lettori casuali.

 

Inoltre, un ringraziamento tutto particolare e personale, per meriti tutti loro, va alle mie Tre Marie, le mie Tre Caravelle: la Nana, la Nipota, e l’altra parte di me stessa XD

Anche se non hanno letto tutto questo sproloquio, le devo ringraziare solo per avermi donato mille e mille spunti.

E’ grazie a loro, e grazie al mondo che mi circonda, se è nata Lsyn ed il suo mondo.

E’ grazie alla mia sorellina spirituale se Lsyn da’ calci nelle parti basse quando offesa. E’ grazie alle occasioni che mi offrono di psicanalizzarle che Tijorn è così maledettamente mamma chioccia.
grazie a loro, solo perché mi fanno morire dalle risate. Solo perché terrorizzo quando guido, solo perché la professoressa di spagnolo assomiglia così tanto ad un carlino, solo per le allusioni e perché gli uomini partoriscono macchinine pelose.

Grazie a loro di mille altre cose.

Grazie a loro semplicemente perché ci sono, e perché semplicemente io ci sarò per loro, comunque vada.

 

E grazie di nuovo a tutti!

 

Con la speranza che mi seguiate…beh…ci si vede al prossimo, che ben presto arriverà (promesso!).

 

Vostra oggi appiccicosa;

Akita.

 

 

 

 

E’ strano pensare che siano già passati dieci anni da quel giorno, in cui tornai lì dove era cominciato tutto. Dieci anni. Se confrontati con la mia lunga vita non sono altro che polvere nel vento, ma, come i cinquant’anni del mio lungo peregrinare vacuo ed invano, significano molte cose. E’ strano, pensare che sola ora io trovi il coraggio di scrivere, di prendere penna ed inchiostro e cantare le mie fallimentari gesta. Strano, fare paralleli tra quella che fui una volta, e quella che ora sono.

Di tempo ne è passato. È stato bello, veder crescere i propri affetti, vederli maturare, in quella vita  tranquilla e piena di sole che è la nostra.

Questi dieci anni sono passati a fare da zia, e da maestra. I piccoli sono cresciuti, e tanto, con mia enorme gioia.

Machin si è fatto davvero un bambino stupendo. Ha quei capelli di uno strano biondo rossiccio, con sfumature arancione, ed assomiglia tanto al padre. Ogni volta che lo guardo mi sembra di fissare Tijorn attraverso il tempo. Ogni volta che i suoi occhi mi fissano, mi viene un groppo alla gola. È un piccino vivace, un monello, forse un po’ troppo. Tuttavia, sa perfettamente quali sono i suoi limiti. Ci fa dannare, impazzire, ma, quando capisce di esser andato troppo in là, fa di tutto per farsi perdonare. È un gran coccolone, affettuoso e tenerissimo. Quando, un paio di volte, mi ha sentito piangere, ora che è più grande corre subito per vedere cosa è successo, e mi consola. Lo adoro, anche se è un po’ mattacchione, ed adora fare scherzi, soprattutto ai danni degli altri, poveri, piccoli. Mi duole dire che più di una volta sono stata costretta ad usare il bastone, con lui. Gli devo insegnare almeno un po’ di disciplina. Anche se non riesco ad essere dura, né ci riesce Amarto. Machin assomiglia tanto a me quando ero piccola!

È cresciuta anche Nilyan. È bella, una bella bambina, ed assomiglia tanto alla madre, ma ha i colori del padre, se si escludono gli occhi azzurri. Isnark la adora, tanto che, dopo il primo anno passato da me, non ce l’ha fatta, e mi ha costretto ad andare, per quattro giorni su sette, al castello, con tutta la tribù. Per i piccoli queste due case sono il massimo. Stare a Kyradon piace moltissimo soprattutto alla mia piccola Nilyan. A Sharilar, nella nostra casetta, non la lascio mai allontanarsi troppo con i grandi, nel bosco. Nel castello, invece, ha un esercito pronto a difenderla anche solo se qualcuno osi sfiorarle una guancia. Ha un carattere davvero particolare. Ama seguirmi, a casa, disegnare con me, oppure lasciare che io le insegni a leggere, è molto dolce, ma, quando si sfrena con mio nipote, diventa incontrollabile. Quei due sono come gemelli. Si coprono a vicenda, si difendono, e se qualcuno osa fare del male a Nilyan, Machin diventa aggressivo, e viceversa. Le punizioni sono sempre in due. Ci fanno impazzire. Un paio di volte li ho trovati appollaiati sul tetto della casa, a mangiare mele e sputare i semi quando qualcuno di noi passava. Quella volta non l’ha passata liscia,come non l’ha scampata Machin. Poi, nelle cucine del castello, hanno rubato un pollo arrostito. Nessuno sa che fine abbia fatto. Sono l’incubo della mia vecchia Nina, che comincia a fare i peli bianchi. Qualche volta le hanno mozzato la coda, povera, paziente cavalla. Quei due sono terribili, messi assieme. Peggio di me e Tijorn, un’associazione pura a delinquere. Anche se, lo confesso, un paio di volte sono stata io a punzecchiarli. Sono stata io, lo confesso, che ho dato loro l’idea di appendere ad un filo sottile il parrucchino di un Sacerdote, per poi sfilarlo durante una funzione. Ho riso tanto da farmi dolere la pancia. Isnark dice che per certi versi non crescerò mai. Però sono straconvinta che sia stato lui ad ordire la sparizione del pollo. Sono stata io, un paio di volte, a fuggire con loro, la zia mattacchiona. Ogni tanto mi diverto così. È bello non togliersi i semplici piaceri della vita. Ho voglia di ritornare ad essere un po’ bambina. E poi, un paio di volte sono stata aiutata da Amarto. Anche lui si diverte, dice che così ritorna giovane. Mi dice sempre che il ruolo di nonno gli si confà molto. Al che Dae gli da uno scappellotto sulla nuca. Mi sono abituata alla presenza solida dell’elfa. Mi aiuta molto, quando sono triste. Mi aiuta a stamparmi in faccia un sorriso, e riprendere a lottare.

Roxen e Chekaril sono i piccoli più belli del mondo. Mia figlia è cresciuta, in questi anni, in una maniera impressionante, e sta cominciando, lentamente, a sbocciare in una bellissima giovane. Ora che i tratti infantili cominciano a svanire, mi assomiglia sempre di più. Ogni mese le devo allungare gli abiti. Tra qualche anno raggiungerà il Maestro. Porta sempre i capelli molto lunghi, ricci e neri come i miei. Ama stare con me, chiacchierare con me, aiutarmi con i più piccoli. Non è, tuttavia, una persona molto dolce. Ha una forza spaventosa, una volontà ferrea e cieca. Come me, la sua forza magica è quasi assente. Maga da strapazzo come la madre. E’ testarda come un mulo, e non si lascia influenzare da nessuno. Mi rende fiera. Quando la vedo mi ringalluzzisco. A lei, oltre che a Nysha e Manolìa, sto cominciando a dare rudimenti di scherma. Dopo le prime volte, disastrose sotto ogni punto di vista, ci sta provando gusto. Mi ha assestato un paio di colpi niente male. Si vede l’influenza materna, altroché. Mi rende così fiera, così felice, che stia seguendo i miei passi, in modo sano. Mia figlia diventerà un’elfa felice, nonostante tutto il dolore che ha sopportato. Sto recuperando, lentamente, il tempo che come madre non ho avuto, con successo. Si fida ciecamente di me, come il fratello, anche se mi chiama ancora zia. Anche Chekaril sta crescendo. Diventerà un bellissimo giovane. Ahimè, anche lui mi sta superando in altezza. Tra breve ritornerò la più piccina della famiglia. La cosa non mi piace, visto che sia Machin che Nilyan sono già alti quanto me. Da un po’ di tempo, il mio piccolo mi sta innervosendo. Non mostra minimamente propensioni per le armi, e non riesce nemmeno a sfiorare un bastone senza farsi del male. È tutto il contrario del padre. L’ho visto, minacciosamente, interessato molto alle erbe, alle pozioni, e tutti gli altri trucchi da Guaritore. Temo il giorno in cui mi verrà a chiedere il permesso per entrare nel Lazzaretto, un luogo che lui, quando siamo a Kyradon, frequenta assiduamente. Spero solo che sia un’infatuazione momentanea. Tuttavia, quando verrà il momento, non impedirò nulla. È la strada che lui si è scelto. Ed io sarò comunque fiera di lui. So che sarà il migliore di tutti. Mi fido di lui, ciecamente.

Amarto sta invecchiando. L’ho visto, l’altro giorno, tenersi la schiena.

Sto invecchiando anch’io, lentamente.

Ho appena tre secoli e dieci anni, ma mi sembra di essere vissuta per millenni. Mi sento stanchissima, e vecchia, decrepita.

Stiamo, per il resto, tutti bene.

Isnark si è ripreso dal suo lutto. Si comporta davvero bene, come papà e come sovrano. Non ho nulla da rinfacciargli, come Ch’argon e come amica. Sono quasi riuscita a superare la paura nei suoi confronti: ormai parliamo come vecchi amici. Sono davvero contenta, di questo. Abbiamo entrambi a cuore la sorte di Nilyan. Lui è davvero iper protettivo nei confronti della figlia, una seconda mamma chioccia. La prima, ovviamente, sono io. Poi c’è anche Dae. Tutti e tre, tuttavia, non riusciamo a capire perché accidenti lei riesca, con Machin, a svicolare sempre dai nostri controlli. Qualche volte li abbiamo dovuti ripescare per le orecchie addirittura dal Lazzaretto. Le punizioni sembrano sortire sempre l’effetto contrario. Spero solo che, crescendo, si calmino un po’.

I miei amici, Capouille, Zipherias e Benagi, sono sempre gli stessi. Sono i tre zii dei piccoli. Nella loro innocente crudeltà, spesso, Nilyan e Chekaril prendono di mira il mio povero, timidissimo amico dai capelli rossi, e lo prendono in giro. Lui non sa come difendersi. Ma so che i bambini lo adorano. È sempre lui che li vizia con qualche chicca. Sembra non potervi resistere. Zipherias è più burbero, ma io so che li adora. I piccini non osano giocare sulla sua zoppia. L’ultima volta che l’hanno fatto hanno ricevuto una bastonata a tradimento. Eppure, il grande elfo dagli occhi d’oro è il loro perenne guardiano. Non li lascia mai. Spesso io e lui siamo gli addetti alle favole della buonanotte. Tutti e tre mi vogliono bene come sempre. Benagi è paziente come sempre, Capouille si fida di me, Zipherias è morboso. Ma tutti e tre mi proteggono, mi sostengono, e mi amano. La loro compagnia mi fa bene.

Da un punto di vista strettamente territoriale, la vita non va così bene. Siamo sempre in pace vigile con il Regno, satollo, preoccupato solo di consolidare i propri confini. Ultimamente abbiamo avuto un’invasione di esseri umani. Essi ci raccontano le storie più terribili. Villaggi bruciati, messi a fuoco, uomini e ragazzi massacrati senza pietà, o mandati a fare gli schiavi. Famiglie senza più casa, perché la loro abitazione è stata presa da degli elfi. Qualcuno ci ha raccontato di uomini portati a Galinne, dove non si sa più niente di loro. Conosco voci agghiaccianti in merito. A quanto pare, la sperimentazione di nuove tecnologie avviene su cavie umane. L’usanza, ormai consolidata, d’istituire duelli tra uomini o combattimenti con delle bestie, nelle capitali elfiche, bagni di sangue spaventosi, ha grande seguito. Quando mi hanno raccontato di uno di quegli spettacoli mi sono sentita male. La miseria regna sovrana. È una situazione difficile, orribile. I regni umani rimasti integri sono sempre più poveri. Tuttavia, a quanto pare, si sta formando un nucleo molto forte di resistenza, concentrato soprattutto nella vecchia patria di Regis, Fiya. È incredibile la forza di volontà di quegli insetti. Gli umani liberi si stanno dando molto da fare. Sotto sotto, la tecnologia bellica sta facendo passi da gigante. Comincio a temere una nuova, devastante guerra, prima che i piccini abbiano completato la loro crescita. Io ed Isnark stiamo cercando di essere il più diplomatici possibile, ma è difficile. Per fortuna, Lainay non fa molto caso al mondo esterno. Le spie a palazzo ci dicono che è sempre molto assorbita nell’allevare il suo piccino, proteggendolo come se fosse un tesoro prezioso. A quanto pare, il povero Kamarducil non ha il permesso di uscire, né di imparare a combattere. Lainay lo vizia, lo fa vivere nella bambagia. Dicono che gli assomigli molto, ma che abbia un bel carattere. Dicono che sia molto gentile, buonissimo, educato. La madre non sa dirgli di no. È innamorata di lui. Il padre è rimasto sconosciuto, tuttora. Spero che questa situazione duri a lungo. In ogni caso, ci aspettano ancora molti anni di pace, ed io ne voglio approfittare. I miei piccoli devono vivere sereni.

Fino a pochi mesi fa, non avevo minimamente intenzione di riprendere a scrivere. La mia vita era assorbita dalle piccole faccende quotidiane, ed ero troppo stanca. In quel periodo, tuttavia, gli incubi si erano intensificati, ed avevo preso a stordirmi ogni volta, all’insaputa di tutti, con del sonnifero. Ogni volta ce ne voleva sempre di più, ed io non sapevo cosa fare, assolutamente. Stavo sempre peggio, ed avevo preso a trattare male anche i bambini. Nessuno capiva cosa avessi. Avevo dimenticato le parole di quel saggio giovane dai capelli d’argento, avevo dimenticato l’infusione di vita che era stato l’ultimo regalo di Regis. Avevo dimenticato cosa voleva dire aprirsi al mondo. non parlavo di Tijorn da un bel po’ di tempo. Quando andavo da lui ed Akita non parlavo. Spendevo tutta la mia forza per piangere. Mi sentivo più debole che mai. Una sera, davanti al camino acceso, stavo ascoltando Nilyan leggere. Avevo preso gusto per un libro che nel Regno era proibito, un libro che io mi ero nettamente rifiutata di leggere. A quando avevo capito, lì si parlava di Regis, delle sue gesta nella sua permanenza da noi. Non volevo sapere nulla su di lui. Non volevo sapere com’era andata a finire. Volevo ricordarmi di lui come un’ombra venuta a donarmi la vita. Così, usavo quel libro, che mi ero rifiutata anche di toccare, come allenamento per Nilyan, che doveva imparare a leggere. Così, stravaccata sul divanetto, l’ascoltavo incespicare, correggendola di tanto in tanto. Doveva essere l’ultima pagina, o almeno una delle ultime. La sua vocina acuta m’ipnotizzava.“…l’abbiamo…chia…chiamata…Atla…Atala…zia?”. Mi chiese lei, improvvisamente curiosa. Io mi voltai verso di lei. Il suo visino tondo mi fissava, illuminato dal camino, circondata dalla sua zazzera di capelli crespi e bianchi. “cos’è Atlantis?”. Mi scrollai nelle spalle. Non so perché, ma non avevo la minima curiosità per quel luogo, dovunque fosse. Bah. Mera leggenda. Doveva avere qualche fondo di verità, ma non era la città perfetta in mezzo al mare che tutti descrivevano. Mah. Io ero perplessa. “non lo so, tesoro”. Dissi, schietta, con un sorriso stanco. Il suo entusiasmo non parve frenarsi, anzi. “ma secondo me dev’essere bellissima”. Affermò lei, sicura. Io scrollai leggermente il capo. Nilyan era una sognatrice. Era una bambina, in fondo. “quando sarò grande ci andrò!”. Io annuii lievemente, distratta dal nulla, senza più prestare attenzione, e le feci cenno di continuare. Lei obbedì, docilmente. Ascoltai il resto con un orecchio solo, distratta. Prima o poi, anche lei si sarebbe dovuta confrontare on la realtà, lo sapevo. Sentii, sempre di più, man mano che andava avanti, uno strano senso di disagio. C’era qualcosa che premeva agli angoli del cervello. Qualcosa che mi sfuggiva in continuazione. Ascoltai Nilyan muovendomi a disagio sulla sedia. C’era un pungolo che non voleva lasciarmi andare. “…permettere che…il rico…ricordo del maestro…”. Incespicò Nilyan. Io deglutii. Il maestro. Regis. Scossi la testa quando m’invasero centinaia di ricordi, io avevo conosciuto quell’uomo, l’avevo amato. Il ricordo dei suoi baci era ancora rovente in me, faceva ancora male e bene allo stesso tempo. E di tutte le cose che mi aveva detto. Presi ad immergermi nei ricordi dell’ultimo girono in cui l’avevo visto, di quegli ultimi attimi preziosi. “e di ciò che ha fat…fatto per tutti noi si per…perda nel tempo”. M’irrigidii. Non solo quello che egli aveva fatto. C’era stato anche qualcun altro che mi aveva dato una solenne lezione di vita. Scrivere. Che cosa buffa, che tipo buffo, quell’Erik. Al momento non avevo quasi fatto caso alle sue parole, quelle sagge parole che, com’è ovvio, per un attimo non si capiscono. Però ora sentivo di essere matura per quell’insegnamento. Non feci più caso a ciò che disse Nilyan. Scrivere. Avevo una notte intera per confessarmi sulla carta, per raccontare le mie meschine disgrazie a quel testimone muto. Avevo una notte intera, e altre notti, altre notti ancora. La mia storia attendeva solo di essere scritta. Misi a letto la piccina con uno strano senso di stordimento, dopo essermi complimentata con lei. Il mio cuore aveva bisogno di essere messo in ordine. Dovevo capire cosa provavo. Dovevo capire perché ero così, o sarei morta di crepacuore. Raggiunsi la mia camera in un lampo.

Mi sedetti, e presi un foglio intonso. La penna era già intrisa d’inchiostro.

Il cuore mi batteva come un tamburo. Sapevo che, prima o poi, sarebbe stato più tranquillo.

Ben presto, mi resi conto che le parole sgorgavano a fiotti, come le lacrime.

Non smisi più di scrivere, alternando gironi amorevoli con notti furiose, disperate, tristi o divertenti.

La mia vita.

Cinquant’anni di vita.

E così, mi confrontai con me stessa, senza mediazioni o dolcezze.

Capii così, cos’ero un tempo, e cosa sono ora.

 

Un tempo ero Lsyn Amarto, altresì chiamata Ombra. Un terribile incidente mi rovinò la vita, un incidente che ora reputo quasi benedetto, che mi stravolse e mi distrusse. Distrusse la bestia ricca e tronfia che ero. Fui Nanetta, ragnetto, la bambina da proteggere sempre. Quanto il tempo cambia le cose. Ora sono qui, e solo ora l’ho capito. Sono Lsyn, Lsyn Amarto, ma non sono più una Spia, un cane. Ho sacrificato la mia vita per salvare i miei familiari. Ora sono zia, e madre. Ora sono Ch’argon di Uruk. E me ne vanto.

Un tempo ero libera, libera come il vento, o almeno così mi pareva. Capisco che quello, in quel tempo, non era altro che una gabbia più grande delle altre, una gabbia dorata. Potrei, ora, sembrare prigioniera. Ma le catene che mi sono imposta da sola mi rendono più felice e libera di molte altre persone.

Un tempo servivo una tiranna pazza, che mi usava come suo personale gingillo, e di un fratello che io amavo, ma che non mi amava, e mi usava. Ora servo solo me stessa, me stessa e le persone che amo.

Quel viaggio, quel viaggio che io avevo a tutti i costi cercato di concludere, era finito in tragedia. Molti punti rimangono irrisolti, e tanti altri restano ancora, per noi, un mistero.

Ciò che è accaduto in soli cinquant’anni ha avuto il pregio ed il difetto di distruggermi, di schiantarmi completamente.

Ma non mi sono arresa. Ho imparato dai miei errori che cercare di finire una vita, uccidersi, in mille modi, è una cosa praticamente inutile. Perché gli incubi vengono a tormentarti anche nella morte.

Ora vago, vago tra le macerie di quella che un tempo fui, cercando d’intravedere qualcosa, una luce a cui aggrapparsi per edificare un nuovo, meraviglioso palazzo, cento e cento volte più bello di quello di prima. È ancora lungo, quel processo che mi poterà alla fine, ed il mio viaggio è ancora tutto all’inizio, un viaggio che è lungo quanto la mia vita.

Ciò che mi è accaduto, il fuoco, sangue, cenere e lutto che ho provocato e che mi hanno provocato non mi hanno tarpato le ali. Avrei potuto chiudermi in un silenzio volontario, impazzire, ma non l’ho fatto.

Ho deciso, quando è stato troppo, di aprire il mio cuore ad un pezzo di carta, ad un calamaio pieno d’inchiostro.

Ho voluto riportare quello che mi è successo, sanguinando nel cuore per vecchie ferite che non si chiuderanno mai.

Ho voluto seguire un consiglio che mi fu dato anni fa, quando uno strano giovane m’interpellò, un giovane dai capelli d’argento che era venuto e tornato al nulla nello spazio di pochissime ore. Una flebile luce, in un momento che altresì sarebbe stato il più oscuro della mia intera esistenza, che nel buio ci ha navigato.

Ho scritto, mettendo sulla carta le mie cicatrici, senza nemmeno sapere perché, senza nessuno scopo, tranne quello di mettere ordine nel mio cuore.

Non è stato bello. Ho penato, china sul mio scrittoio, ho tremato, pianto addirittura. Mille e mille volte ho gettato tutto via in un impeto di rabbia pura, di dolore, e spesso tutto quello che mi faceva calmare era un abbraccio ed un sorso di amaro tranquillante. È stato difficile, questo viaggio a ritroso nei miei errori, negli incubi che ancora mi fanno svegliare, urlando, di notte.

Perché io non ho dimenticato, né dimenticherò mai. Nella mia vita si aggirano troppi fantasmi.

Mi chiamo Lsyn Amarto, ed un tempo ero una figlia delle Spie. Un tempo amavo un Principe, che teneva a me come alla migliore delle sue concubine. Questo principe è morto sotto i colpi della mia crudele spada.

Lsyn Amarto un tempo aveva un bel fratello maggiore, che l’amava come se stesso.

Ora questo fratello è cenere, cenere muta e fredda, stretta in un immortale abbraccio con l’elfa che per suo figlio ha donato la vita.

Un tempo ero adulata.

Ora sono io a rifuggire la vita mondana. Rinuncio, rinuncio a qualunque forma di vita personale, tutto in favore di quegli adorabili marmocchi, quelle creature che stanno crescendo libere e serene, libere di vivere come a loro aggrada.

Rinuncio a me stessa. Sto rinunciando a me stessa.

Eppure, non mi abbatterò mai.

Aspetto. Cosa, non lo so, forse che il mio destino si riveli, palese come un filone d’oro, o forse che i tempi maturino abbastanza da permettermi di fare capolino di nuovo nella vita a cui rinuncio volontariamente.

Ciò che posso fare è combattere, combattere nell’attesa che il momento della rivalsa giunga.

Ed io lo sento. Sento che questo momento di anno in anno si fa più vicino.

Ineluttabile, fredda, inesorabile, la resa dei conti si avvicina, ghignando.

Io l’aspetto. L’aspetto con un sorriso sul volto, alle spalle la mia famiglia.

Per cinquant’anni sono stata la pellegrina, l’oscura viaggiatrice.

Ora sono e sarò qualcos’altro. Il mio cammino è ancora per la maggior parte oscuro, ma io mi sono portata una lampada dietro.

Il destino non mi frega. Non più.

Ed ho capito una cosa, la sola cosa che vale davvero in questo mondo.

La fedeltà non vale ad un accidenti.

L’onore è un vanto per gli sciocchi.

L’amore non è altro che rinuncia, rinuncia per gli altri.

L’altruismo non è altro che far star bene il prossimo per stare bene.

La rassegnazione è solo consolazione per le anime deboli.

Il dolore spinge a lottare, ad interrogarsi.

Ad interrogarsi per la vita, a combattere con le unghie e con i denti per conquistarsi un posticino in un mondo che è indifferente nei tuoi confronti, e tanto può elevarti nella luce, quanto, nell’attimo dopo, buttarti nel più sudicio fango.

Il dolore incita a non abbandonarsi al dolore.

E’ questo quello che ho imparato nella mia vita, nelle lunghe notti insonni, passate a riempire pagine e pagine di inutili parole, notti in cui mi addormentavo con il naso sul piccolo e rozzo diario, notti rischiarate da un’unica, debole, candela.

Giorni in cui mi vedevo nello specchio, e vedevo una creatura a metà trasformata in un mostro.

Non mi sento meglio, ora che so di aver finito.

Perché nulla è finito.

Il mio viaggio è solo all’inizio.

Ed io lo so.

  
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