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Autore: Serpeverde_    16/09/2015    0 recensioni
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=Ez2eV_LMSLY
''Passerà''
''Il dolore non può passare. Gli vedi questi occhi? Sono occhi di una persona che ha perso la voglia di sorridere''
''E tu gli vedi questi occhi? Sono occhi di una persona che crede ancora che tu possa tornare a a farlo''
Hailey ha perso molto.
Sebastian non permetterà che Hailey perda nessun'altro.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Stringimi forte.

Trailer


(3)
 
 
 

''Il pacchetto è rimasto incastrato'' spiegai provocando un sorriso su quel volto etereo.
Cominciò a ridere con voce grave. Lo guardai perplessa, alzando un sopracciglio.
C'era forse qualcosa di divertente? Non avevo mai avuto un buon senso dell'umorismo, e lo si poteva notare dalla smorfia contrariata che avevo assunto nel mentre squadravo il nuovo arrivato.
Si passò la mano nel ciuffo nero ebano ''Lascia fare a un uomo''
''Quindi è pure maschilista'' pensai continuando a scrutarlo infastidita. Non mi serviva una mano, non mi era mai servita. O forse ero io troppo orgogliosa per ammetterlo, e per volerla.
Il ragazzo, alto due spanne più di me, mi superò e con un deciso ma leggero pugno fece scendere il sacchetto di mais croccante che scivolò e cadde verso l'uscita della macchinetta.
E quando successe, uno sguardo trionfante sul volto del tizio-sconosciuto mi fece spazientire.
Era questione di tempo, sarei riuscita a farlo anche io. Mi chinai verso l'imboccatura e sfilai il pacchetto di Tortillas poco prima di girare i tacchi e camminare verso la camera di Mag. Ero stata scontrosa, lo sapevo.
''A casa tua non si ringrazia?'' affermò il ragazzo cercando di sostenere il mio passo, cosa che fece con molta tranquillità. Mi voltai scocciata, anche perchè mi aveva distratto e due piccole Tortillas mi erano cadute a terra.
''A casa tua ti hanno insegnato a pedinare le persone?'' risposi ironica accelerando il passo.
Lui rise, di nuovo. Avevo decisamente un senso dell'umorismo che faceva schifo.
''Siamo in un ospedale'' affermò ovvio ''Se fossi un potenziale assassino sarebbe l'ultimo posto sulla mia lista di luoghi per importunare, tu non credi?''
Voltai l'angolo verso la camera 167, quella di Mag, e sembrò che il ragazzo non si facesse molti scrupoli ad entrare in una stanza di un altro paziente.
''Io credo, che in qui possono stare solo i parenti e gli amici intimi'' finii indicando l'intero locale, scrutandolo con le braccia conserte e lo sguardo carico di sfida.
Una volta non ero così diffidente, anzi. Margaret doveva trattenermi dall'andare a parlare con chiunque mi passeggiasse accanto. Ancora una volta c'era una dimostrazione del fatto che ero cambiata completamente in un anno. Se in peggio o in meglio non sapevo giudicarlo.
Il tizio mi sorrise, questa volta non per voler mostrare i denti perfetti – cosa di cui poteva vantarsi, e infatti lo faceva – ma per infastidirmi più di quanto già fossi.
''Spiegami solo una cosa. Tratti così chiunque cerchi di parlarti o hai riservato a me un trattamento speciale?'' chiese appoggiandosi allo stipite della porta grigia all'entrata della stanza. Quel ragazzo mi stava cominciando a far innervosire l'animo. E non era una buona cosa, se non altro per il fatto che era l'anniversario dell'incidente in cui la mia io assassina era alterata.
Presi un respiro profondo ''Può darsi. E potrei aggiungere al pacchetto 'acidità' anche un extra se continui a farmi domande''
Alzò le mani come per rassegnarsi alla mia corazza orgogliosa, scuotendo gli scomposti capelli neri. Per un attimo mi sembrò di rivedere Chris. Ma poi, quando il tizio rialzò lo sguardo, notai che i suoi occhi azzurri erano completamente diversi da quelli del mio migliore amico.
''Mi stai fissando'' mormorò scherzoso ''Sarebbe questo l'extra?''
Per un attimo non me ne resi nemmeno conto, tanto che quando me lo fece notare, scossi la testa a disagio per poi volgerla verso Mag ''Ho detto niente domande. E non ti stavo fissando'' aggiunsi una volta riseduta sul letto.
Era rimasta come l'avevo lasciata. D'altronde cosa mi aspettavo da una ragazza in coma.
I bip erano ancora controllati, e solo le labbra a me parevano serrate in una smorfia stizzita come a dire ''Hailey, cosa combini quando non ci sono io''
O forse ero io che mentalmente me lo stavo chiedevo.
Il ragazzo non sembrava volesse andarsene. Sentivo il suo respiro regolare dietro alle mie spalle ed era come se il suo sguardo penetrante stesse bruciando sulla mia schiena. Dopo pochi minuti, che parevano ore, un'infermiera entrò all'interno della camera.
''Ciao Hailey'' esclamò vedendomi. Era una giovane ragazza dalla pelle ambrata di nome Rebekah. Ormai, in quell'ospedale, mi conoscevano tutti.Ricambiai il saluto, ma notai subito che non era passata solo per darmi il buongiorno.
''É lei Sebastian Morales?'' chiese, appunto, la ragazza rivolgendosi al tizio intruso.
Senza farlo apposta pensai a quanto carino fosse quel nome, per poi rendermi conto di quanto patetici fossero i miei commenti.
Il ragazzo annuì preservando una sottospecie di comportamento formale che lo rendeva molto seducente. Altro commento inutile, pensai.
''Suo fratello sta' facendo degli accertamenti con la dottoressa White. Prima di uscire passi in segreteria. C'è bisogno della sua firma per alcuni moduli di ricovero'' spiegò Rebekah con fare professionale.
''Certo'' acconsentì Sebastian ''Hanno già avvertito le cuoche? Theo è allergico al latte e ai suoi derivati. Non voglio essere assillante, è solo che gli si gonfia la gola e ha già rischiato di soffocare una volta''
L'infermiera subito lo assecondò ''Non si preoccupi'' e poi dopo aver salutato uscì spedita dalla stanza. Ricalò un altro velo di silenzio all'interno.
Io che fissavo Margaret, lui che fissava la mia me girata di spalle.
''Tuo fratello verrà a stare qui?'' cedetti alla voglia di rompere quell'indifferenza che si era creata. In quel momento mi resi conto di quanto scortese e inumana fossi stata ad averlo messo a tacere. Dopotutto voleva solo parlare. E la parola era l'unica cosa che rimaneva in quel corridoio.
Mi voltai, per guardarlo mentre glielo chiedevo, e subito comparve un sorriso sul suo volto.
''Mi stai davvero parlando? Devo considerarmi fortunato?'' disse meravigliato.
''Dovresti'' risposi impassibile distogliendo lo sguardo dai suoi occhi così blu.
''Comunque sì, rimarrà in supervisione in questa camera'' mi spiegò accennando con il mento il letto vicino a Mag. Subito un senso di dispiacere mi invase. Non auguravo a nessuno di rimanere in quel reparto.
Annuii con mutismo fissando la brandina. Invidiavo il fatto che quel ragazzo, pur avendo il fratello che stava per entrare in ospedale per rimanerci giorno e notte, fosse così allegro.
Era una cosa di cui non ero capace.
''Passerà, come passano tante cose'' disse riferendosi al presunto male che aveva il fratello.
''Lo spero per lui'' dissi stavolta guardandolo dritto negli occhi.
Restò in silenzio, senza mai accennare a voler staccare lo sguardo, e ovviamente fui io la prima a interromperlo. Mi alzai, diedi un leggero bacio sulla guancia di Margaret e feci per uscire dalla stanza.
''Ciao principessa'' mormorai tra me e me rivolgendomi a Mag ''Ciao'' dissi invece verso il ragazzo prima di girare l'angolo.
''Allora vedi che sei educata'' esclamò quasi in un urlo, facendomi incredibilmente sorridere.

 

 

Quando tornai a casa trovai solo mia sorella ad aspettarmi. Olivia stava preparando il pranzo, concentrata ad accedere i fornelli. Ero quasi sconvolta che stesse davvero facendo qualcosa.
Infatti si sentì piuttosto orgogliosa quando mi servi un piatto di riso al cocco, altra specialità brasiliana che papà aveva insegnato a entrambe noi. Era un cuoco, che mi aspettavo.
Come il solito lasciai metà del cibo intatta per poi salire in camera mia e rimanerci per l'intero pomeriggio. Scrissi quello che avevo fatto durante la giornata nel mio diario, e il tempo restante lo passai a guardare il soffitto fantasticando con la mente.
Solo quando il mio telefonò vibrò mi resi conto di appartenere ancora alla vita terrena. Svogliatamente notai che avevo ricevuto un messaggio da Gwen.

 

''Alle otto in Chiesa. Ti aspetto. Baci.''

 

Odiavo le commemorazioni funebri, erano così inutili. Io Christopher – come anche Gwen e tutti quelli che lo amavano – lo commemoravo ogni giorno, e vedere persone che nemmeno lui ha mai conosciuto dispiacersi per la sua perdita era disgustoso.
E seppure per me fosse uno sforzo disumano andarci, mi imbottii di buona volontà e mi alzai.
Non avevo neppure voglia di vestirmi in maniera elegante. Perchè avrei dovuto farlo? Chris diceva sempre che 'giacca e cravatta' era solo una formalità che poteva essere evitata con chi si conosce.
Ma, per Gwendolyn e la sua famiglia, mi imposi di mettermi un abito nero fino al ginocchio e delle ballerine altrettanto scure.
''Vai alla cerimonia?'' mi chiese mia madre una volta scesa in salotto. Aveva i lunghi capelli raccolti in una coda disordinata e gli occhi sgranati per il lungo lavoro che ha aveva dover avuto coi pazienti dell'Ospedale.
Annuii infilandomi un cardigan nero, che poteva sembrare adatto ''Gwen mi ha praticamente obbligato. Cercherò di comportarmi in maniera adeguata, promesso'' aggiunsi alla faccia severa di mia madre.
Sapeva che io non avevo mai avuto peli sulla lingua, qualità che potrebbe essere erroneamente fraintesa per 'sincerità' ma che mia madre considerava 'maleducazione'
''Olivia mi ha detto che non hai mangiato'' disse piuttosto spazientita.
Lanciai un'occhiata a mia sorella che in quel momento era distesa sul divano a guardare qualche serie televisiva che seguiva. Si voltò e con un fare ingenuo mi fece spallucce.
''Non avevo fame'' mi giustificai ''Non è poi una grande novità''
Dentro i suoi occhi si intravedeva l'intolleranza. Così decisi di tagliare la corda prima che mi facesse sedere a tavola a mangiare con la forza. Dieci minuti dopo aver camminato assorta nel buio di Philadelphia, notai che la chiesa si ergeva a pochi metri da me e così anche la piazza. C'erano parecchie persone, in religioso silenzio, che stavano entrando all'interno della basilica ordinatamente.
Non voletti nemmeno accelerare il passo, dopotutto non avevo voglia di varcare quella soglia.
''Per un attimo ho creduto che non ti saresti fatta viva'' disse Gwendolyn che in quel momento se ne stava davanti alla porta di ingresso con un lungo abito blu scuro e un fazzoletto di stoffa tra le mani. Non stava piangendo. Lei non piangeva davanti a nessuno.
La raggiunsi con calma, mentre un leggero venticello mi rinfrescava il volto ''Effettivamente poteva essere una cosa plausibile''
Mi fulminò con lo sguardo prima di prendere un gran respiro ''Entriamo''
La chiesa era più grande di quanto ricordassi, in fin dei conti non partecipavo a una messa da quando avevo sette anni. Non ero andata al funerale di Chris, avevo preferito passare la serata nel parco vicino a piangere senza farmi vedere da anima viva.
Sull'altare c'era la foto del mio migliore amico, la stessa che c'era sulla tomba e tutta la navata era gremita di persone. Avevano più o meno un volto familiare, chi faceva parte della squadra di basket, chi di quella di scacchi e chi aveva frequentato le stesse lezioni di Chris.
La percorsi interamente, mentre il rumore dei miei passi risuonava sul marmo.
Tutte le pancate erano occupate, tanto che con fare smarrito percorsi con gli occhi tutti i presenti.
''Hailey'' mi chiamò una voce in un sussurro ''Qui''
Era Adam, che gesticolava per farsi vedere, nella seconda fila. Accanto a lui c'era un piccolo posticino, e si strinse accanto a un suo amico sulla destra per farmi sedere.
''Grazie'' mormorai stirando con le dita la stoffa del vestito, una volta preso posto accanto a lui.
Era da molto che non lo vedevo, e durante l'estate i suoi capelli quasi dorati erano cresciuti fino alle orecchie. Gli occhi erano rimasti gli
stessi, invece, color pece.

La messa iniziò con la confessione del prete che cominciò recitare degli elogi funebri verso Christopher, mentre nella chiesa risuonavano dei singhiozzi soffocati.
Durai per quindici minuti circa in mezzo a quei rumori di nasi soffiati e piagnucolii, perchè quando sull'altare salì una ragazza che non avevo mai visto cedetti all'impulso di uscire.
La tizia aveva iniziato a parlare su quando Christopher fosse stato un esempio per lei, interrompendosi di tanto in tanto per prendere un respiro teatrale. Volevo vomitare.
Spazientita mi alzai e – senza molte pretese – uscii dalla chiesa con la testa alta.
Quasi esultai a sentire l'aria pulita nei miei polmoni restando in mobile a guardare il piazzale illuminato solo da due fiochi lampioni.
''Era Melanie Walter, una ragazza con cui usciva'' spiegò una voce alle mie spalle.
Mi voltai presa di contropiede trovandomi Adam dietro. Era alto, e lo riuscii a notare solo ora che lo avevo davanti, e mi meravigliai di quanto poco lo conoscessi.
''Christopher non me ne aveva mai parlato'' ammisi seccata.
''Era troppo presto. Si conoscevano da poco. Ma voleva dirtelo, all'inizio della scuola'' continuò a voce bassa, e si poteva benissimo sentire
la tristezza che proveniva dalla sua gola.

Scossi la testa ''Fatto sta che per me quella ragazza non è nessuno. Non è un parente di Chris, non è un'amica, non è nemmeno
formalmente la sua ragazza''

Adam lanciò un'occhiata all'interno della chiesa, prima di riprendere a guardarmi negli occhi con fare gentile ''Là dentro si soffoca''
''Lo so. Ma credo dovresti rientrare, tra poco dovrai salire e parlare'' gli ricordai passandomi la mano tra la treccia che mi ero fatta prima
di uscire. Il ragazzo annuì distratto per poi fissare le sue iridi scure sulle mie.

''Dovrei'' ammise sottovoce ''Ma credo che stavolta passerò. Chris sa già tutto quello che volevo dirli, anzi probabilmente mi maledice ogni volta che lo nomino durante gli allenamenti della squadra per incitarla a fare meglio''
Mi appoggiai alla panchina più vicina, sedendomi più per rifletto che per voglia di farlo.
''A chi lo dici'' mormorai poi tenendo la gonna ben stretta tra le mani.
All'interno della chiesa si sentì Melanie pronunciare un ''grazie'' prima di scendere dall'altare, e subito poco un altro ragazzo prese la parola. Crebbi di riconoscere James, un suo cugino di New York poco più grande di lui.
Adam mi fu subito accanto, prendendo posto sulla panchina ''Sei pronta per domani?''
''Perchè tutti mi fanno la stessa domanda'' dissi retorica.
Il ragazzo rise leggermente, una risata limpida e soave ''Perchè non sarà facile''
''E tu? Tu sei pronto a diplomarti?'' chiesi voltandomi verso di lui. La luce del lampione creava uno strano gioco di luci sul suo volto, evidenziando gli zigomi delicati e le labbra carnose.
Prese un respiro ''Circa. Sai, io e Chris abbiamo fantasticato per cinque anni su come sarebbe stata la nostra cerimonia, sul ballo di fine anno e su che grande gnocca avremmo accompagnato. E tutto prevedeva l'essere insieme. Un duo che si è ridotto a un singolo''
Mi imposi di rimanere composta. Cosa che facevo da un anno, e a cui non avrei rinunciato proprio quella sera ''Capisco''
Ancora una volta ci fu un cambio all'interno della chiesa, stavolta c'era Gwen a parlare con voce pulita e forte. L'unica che non aveva ceduto all'impulso di piangere.
''Puoi dire tu a Gwendolyn che me ne sono andata? Lei capirà, dopotutto lo sapeva che non avrei resistito. Buonanotte,Adam'' dissi poco dopo alzandomi e lisciandomi l'abito.
Adam annuì sorridendo ''A domani Hailey''
E così mi incamminai verso casa, lasciandomi finalmente la possibilità di far sgorgare le lacrime quando nessuno mi stava più guardando.



Buonaseraa
Mi scuso enormemente per il ritardo, ma se seguite anche mie altre storie, ormai ne siete abituati haha.
Comunque, sono qui con il nuovo capitolo e spero vivamente che vi piaccia. 
Ci vediamo alla prossima, e grazie per i commenti! Davvero, spero che per tutta la durata di questo cammino voi mi facciate sapere sempre la vostra.
Un bacio,
- Serpeverde

  
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