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Autore: eringad    10/02/2009    6 recensioni
Storia “veloce” ambientata nell’Irlanda dei giorni nostri.
Un giorno in una piccola cittadina, decisamente diversa da un posto di villeggiatura, arrivano tre strani turisti. Una ragazza dai capelli biondi come protagonista del trio, e come altro protagonista un barista con una strana acconciatura ad “Ananas”.
Tra spiaggia, mare, cielo, nuvole, motorino e battute la storia dei due cresce minata dalla scarsità del tempo. Come andrà a finire tra loro? Leggere per sapere ovviamente!
[Partecipante al concorso AU Special indetto da DarkRose86]
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Temari, Shikamaru Nara
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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Barriers



- Maybe she like me

Lui correva, correva a perdifiato, voleva accertarsene.
Non era vero. Non poteva essere vero.
Non se ne sarebbe mai andata così, senza un motivo, senza salutarlo. Doveva per forza essere una balla.
Saltò il cancello improvvisato come fosse solo un gradino di pochi centimetri e corse ancora.
Correva per la discesa rischiando di rompersi l’osso del collo, ma non poteva farne a meno.
Si arrampicò su per gli scogli, li scalava come fosse una scimmia, senza far caso alle ginocchia che si sbucciavano o alla pietruzza incastrata nella mano.
Balzò giù dallo scoglio incespicando nella sabbia ghiaiosa e finalmente si fermò.
La spiaggia era vuota, abbandonata.
Come lui.
Il vento freddo gli soffiava in faccia ghiacciando anche le lacrime che scendevano dai suoi occhi.
Lei se n’era andata. L’aveva fatto veramente.
Cadde in ginocchio battendo con forza un pugno sulla sabbia.
Non poteva cambiare niente.
Odiava quella spiaggia ora, deserta, e senza lei.
Si alzò con ancora gli occhi che bruciavano.
Per lei non aveva avuto senso tutto quello? Per lui sì, e odiava le cose che la legavano a lei.
Quel cancello, fatto da due semplici transenne in ferro legate insieme da uno spago, mezze affondate nel terreno riarso. Legati come lo erano loro.
Non ricordava di aver mai avuto tanta forza come in quel momento, quando con rabbia buttava a terra quel cancello, alzandolo e gettandolo giù per la discesa. Mentre le lacrime scendevano a fiotti e i singhiozzi lo facevano guaire come un cane.
Bugiarda. Bugiarda. Bugiarda.

“Shikamaru, ero venuta a salutarti e… Non pensavo odiassi tanto quel cancello…”

*************

“Ehi figliolo! Guarda che al bancone i clienti non si servono da soli!”

“E allora? Lo facessero, poi lasciano i soldi lì così mi evito una seccatura.”

Uno scappellotto. Doveva aspettarselo, la pigrizia non paga, soprattutto per suo padre.
Tirò giù le gambe dal tavolo passando entrambe le mani sul volto. Non riusciva proprio a farselo piacere il lavoro.
Shikamaru era pigro, non sarebbe stato un problema se fosse andato all’università, o semplicemente se non avesse abbandonato gli studi, era uno spreco per lui, il genio della famiglia, però ora lo era.
Era un problema essere pigro dato che i suoi genitori gestivano un piccolo chiosco bar poco distante dalla spiaggia. E lui, ovviamente, doveva stare al bancone a servire i clienti.

“Aah, dovreste pagarmi per questo…”

“Ti ho sentito! Guarda che noi lo stipendio te lo diamo e ringrazia che non ti ha sentito tua madre sennò a quest’or-”

“A quest’ora ero a pulire anche i cessi della spiaggia. Lo so.”

Si alzò e si grattò le natiche sbadigliando. Le nove non era un orario decente per cominciare a lavorare, doveva avere più tempo per dormire.
Si trascinò letteralmente al bancone appoggiandovisi con entrambi i gomiti e cominciando a sbadigliare.

“Se apri un po’ di più la bocca, ti si vedono anche le tonsille.”

Ma chi era? Che voleva?
Aprì gli occhi pronto a fulminare con una battuta immediata la scocciatrice appena arrivata.
Ma non ci riuscì.
Dannazione, era bella, davvero bella. Rimase mezzo attimo con la bocca spalancata osservando le forme corpose sapientemente –poco- coperte della nuova sconosciuta.
Pareo verde, costume con i lacci –una vera delizia- dorato, sandali in paglia, felpa aperta davanti verde, occhiali da sole dorati, capigliatura dorata e strana e due occhi intensi e verdi come l’erba.
Commento finale, bellissima scocciatura.

“Se vuole vederle, sono 15 sterline, grazie.”

Risposta immediata, e anche detta. Riusciva a pensare a più di cento cose contemporaneamente, era un genio.
La ragazza ravvivò appena le punte dei codini stizzita. Shikamaru si alzò dalla sua comodissima posizione e si preparò a servire.

“Una coca-cola e un thè alla pesca. E tra parentesi, le 15 sterline se le può ficcare su per-”

“Ehi Tem! È mezz’ora che aspetto la coca! Ti vuoi muovere o devo chiamare un carro attrezzi?”

“Arriva se il commesso si muove e smettila di rompere Kankuro!”

Il ragazzo prese al volo le lattine e si fiondò al bancone a controllare. Insieme a lei altri due ragazzi uno tappetto con i capelli rossi, sulle sue, e l’altro bruno ben tornito e molto rumoroso a quanto sembrava.
Tem. Bel nome, ragazza pessima. Un vero caratteraccio, non l’avrebbe sopportata per più di due minuti se fossero stati da soli.
Ergo, lascia stare Shika che è meglio.

“Sono 4 steseine e sette. Siete qui in vacanza?”

Merda! Non era riuscito a frenare la lingua!
Perché iniziare una conversazione sapendo di non portarla a termine?

“Ecco a te. Si, è un brutto posto comunque, fa freddo. Io odio l’Irlanda.”

“C’è chi dice che sia un posto fantastico.”

“Chi? Gli eschimesi?”

“No, chi conosce il posto.”

“Tu conosci il ‘posto’?”

“Ci vivo da quasi vent’anni.”

“Oh poveretto! Va bene, allora indicami dove posso trovare una spiaggia degna di chiamarsi tale.”

“Se vuoi una spiaggia per turisti dovete andare a destra poi al cartello ‘Mare’ girare a sinistra, non è difficile ma forse dovresti scrivertelo.”

“Se simpatico quanto una spina nel fianco. Addio bello!”

Stronza. La vide girarsi e tornare dai suoi amici.
Era acida e l’aveva chiamato bello. Dannazione! Era intrigante, maledetta donna!
Passò una mano sugli occhi, davvero, non poteva lavorare la mattina, era deleterio per lui.
Si sedette sulla sedia appositamente trasportata lì per lui e si fissò sul cielo.
Come faceva a dire che l’Irlanda era brutta? Certo, non era un posto di villeggiatura, ma come poteva dire ‘brutto’ a un cielo pieno di nuvole che continuamente si spostano veleggiando verso mete sconosciute?
Era un’idiota. Su questo non ci pioveva.
Era bella, anche su questo non ci pioveva.
E lui era un cretino, non poteva farsi mille seghe mentali solo per un paio di battute scambiate con una turista bionda. E su questo decisamente non ci pioveva.

*************

“E svegliati!”

Un calcione nelle costole gli arrivò come sveglia mentre sua madre si apprestava ad aprire le finestre e alzare le tapparelle.

“C’è sempre una puzza di fumo qua dentro! La devi finire una volta ogni tanto di fumare in stanza e poi alzati che tra poco il bar apre!”

Si rigirò tra le coperte aprendo solo un occhio per guardare la sveglia sul comodino. Le sette.
Tirò le coperte fino alla testa per coprire la luce e il freddo che stavano entrando.
Dannatissima arpia.
Le sette. Maledetta.

“Alzati! Scommetto che sei di nuovo andato a dormire vestito ieri notte!”

Le coperte magicamente sfuggirono alla forte presa che aveva su di esse sradicate da quella dannatissima e maledettissima arpia chiamata Mamma.
Però su una cosa aveva ragione, era andato a dormire vestito, troppa fatica spogliarsi e mettersi il pigiama.
Con un’ira addosso si alzò a sedere guardando la donna che si affaccendava tra le sue cose cercando di mettere ordine. Non poteva toccare le sue cose.

“Fuori.”

“Come scusa?”

“FUORI!!!”

Balzò fuori dal letto e la spinse via chiudendo la porta a chiave.
Passò una mano sugli occhi aspettando la replica.
Tre. Due. Uno.

“Shikamaru! Appena esci di lì vedi come finisci! A pulire i cessi ti faccio andare! E ricordati che sono tua madre! Devi portarmi rispetto! E quando…”

La voce sfumò nel silenzio quando si coprì il capo con il cuscino, tanto diceva sempre le stesse cose era inutile starla ad ascoltare.
Merda, forse era meglio andare al lavoro oggi. In primis per non avere scocciature da sua madre, e per secondo, magari qualcuno lo avrebbe cercato. Magari, sarebbe proprio stata lei, di nuovo di passaggio.
Andare? O non andare? Andare o non andare? Andare o non…
Al diavolo!
Si tolse le coperte con un gesto e si alzò, non aveva proprio voglia di lavorare, ma solo non riusciva a trattenere la curiosità di vedere se quella ragazza sarebbe tornata o no.
Si trascinò stancamente verso il bagno per prepararsi. Era comodo avere un bagno proprio vicino alla stanza. Si guardò allo specchio, doveva smettere di andare al pub con gli altri, aveva due occhiaie sotto gli occhi che avrebbero fatto invidia a due borsoni per la palestra.
Si sciacquò il viso con l’acqua fredda e cominciò a raccogliere i capelli nella sua classica pettinatura ad ‘Ananas’, come la chiamavano i suoi amici. Gel per mantenerli apposto e rasoio per definire meglio il pizzetto che si stava facendo crescere.
Ok, cambio d’abiti e giù al bancone. Mise una canottiera e un paio di pantaloni militari verdi, faceva caldo, c’erano circa sedici gradi, appena mise addosso la canottiera cominciò a scendere.
Casa sua era a due piani, piccolina ma confortevole, al piano sopra bagni e camere da letto, al piano sotto cucina e soggiorno e a pochi metri di distanza il chiosco con il magazzino affianco.
Tornò al bancone, si sedette e aspettò.
Non gli era mai capitato di aspettare qualcuno, di solito era lui che si faceva aspettare, gli altri non potevano pretendere che lui vincesse la sua pigrizia per arrivare puntuale a uno stupido appuntamento.
E intanto pensava. Era strana questa vacanza, insomma, una persona normale va in vacanza in un luogo soleggiato, con belle spiagge, tanta calura. Ma lì no, l’Irlanda non si poteva definire un luogo soleggiato figuriamoci con tanta calura e belle spiagge. E allora quei tre pazzi che ci facevano in vacanza, d’estate, in quel posto?
Non ebbe il tempo materiale di creare una delle sue congetture che un tipo gli si piazzò davanti schioccandogli le dita a tre centimetri dal naso per richiamarlo.

“Pronto? Terra chiama Shikamaru! Se ci sei batti un colpo!”

Maledetto Kiba. Alzò un braccio è batté un colpo –o meglio un pugno- proprio sulla spalla del ragazzo appena arrivato.
Kiba era un pazzo scatenato, c’erano pochi ragazzi in quel paesino sperduto a sud e lui era il più piantagrane che si potesse trovare.

“Che vuoi Kiba? Io soldi non te ne presto più.”

“Ehi amico! Calma non sono venuto a chiedere soldi! Sono venuto in pace per invitarti stasera al pub con gli altri!”

“No grazie, scusa Kiba, niente di personale ma mia madre mi fa storie ogni volta che usciamo.”

“Ma dai! Che palle!”

“A chi lo dici, dai Kiba, sarà per la prossima volta ok?”

“Si si ok, dai vado che c’è nuova carne al fuoco in giro!”

“Carne al fuoco? Altre pazze che vengono a farsi le vacanze qui?”

“No no, una sola pazza, grande gnocca, capelli biondi e occhi verdi!”

Era lei! Oh merda e Kiba le aveva messo gli occhi addosso!
Tanto si sapeva difendere da sola, non era quello il pericolo, ma, voleva sapere di più.
Forse Kiba risultava utile una volta ogni tanto e poteva dargli le informazioni necessarie.
Ingoiò a vuoto e poi rispose.

“Ah, già vista. Sai mica dove sta? O almeno il suo nome.”

“Sì, allora, per il nome non ti so dire niente, però sta alla pensione di Sakura, con i suoi fratelli e un vecchio, ma il vecchio è sempre fuori.”

“Ok, grazie.”

Prese uno straccio e cominciò a pulire il bancone, naturalmente non lo stava facendo sul serio, stava pensando e immagazzinando le informazioni che aveva acquisito.
Il ragazzo lo salutò e saltò sul suo motorino, tutti avevano un motorino lì. Era molto più comodo che andare a piedi, le distanze in periferia risultavano raddoppiate per ogni cosa.
Continuava a pensare a quello che gli aveva detto Kiba. Quindi lei era da sola, quelli non erano amici ma fratelli. Magari poteva invitarla a uscire, però prima doveva aspettare di vederla.
Sarebbe passata. Sicuramente.
Non sapeva perché ma ne era certo. Posò lo straccio sul piano e si sedette.
Ora doveva solo aspettare…

Un’ora, due ore, tre ore, quattro ore.
Dopo quattro ore stava lì con la testa appoggiata al bancone, totalmente in trance, non ne poteva più, si stava annoiando a morte.
Ma quanto voleva metterci ad arrivare?

“Una coca-cola e un thè alla pesca grazie.”

Alzò la testa di scatto vedendo la ragazza dondolarsi annoiata giocando con un laccetto della felpa.
Deglutì a vuoto per due o tre secondi osservandola.

“Pronto? Sveglia! Ho chiesto una coca-cola e un thè alla pesca!”

“Si subito. Divertita alla spiaggia?”

Scattò al richiamo andando verso il frigorifero alle sue spalle.
Era sicuro che sarebbe passata. Sorrise compiacente cercando tra le varie lattine quelle chieste.

“No, era un inferno.”

“Bhè perlomeno hai compagnia.”

“Quei due idioti non fanno compagnia. Rompono le scatole e basta.”

“E allora perché stai con loro tutto il giorno?”

“Non ci sto tutto il giorno, la sera esco da sola.”

La guardò sottecchi mentre aspettava le monete per darle il resto con la cassa aperta.
Sorrise furbo e fece una faccia scettica.

“E dove vai? Alla spiaggia da inferno?”

Lei storpiò la bocca piccata. Tombola!
Prese alcune monete e le poggiò sulla sua piccola mano tenendogliela e guardandola negli occhi.

“Passa di qui stasera alle 6 e mezza. Ti porto io in un posto da paradiso. E mettiti i pantaloni, niente gonna.”

“Ma che…? Ma vai al diavolo! Come ti permetti!”

Lo spinse irata e raccolse le sue lattine scappando a passo di marcia.
Shikamaru la guardò sorridendo. Sarebbe passata. Lui aveva sempre ragione.
Si rimise seduto. Stavolta aspettare non sarebbe stato tanto orribile.
Alzò la testa verso il cielo osservando le nuvole, due si erano unite e si scontravano piano creando un vortice di aria lassù nel cielo.
Sorrise tranquillo, si quelle nuvole prevedevano il futuro.

*************

Shikamaru guardò l’orologio, le 6 e 23 minuti.
Si alzò dalla sua sedia e andò a chiudere la serranda.
Una gran rottura di scatole. Aveva già spento tutti i macchinari, svuotato la cassa, ripulito il locale, svuotato il cestino e ora doveva anche fare la fatica di tirarla giù.
Doveva chiedere a suo padre di mettere un telecomando per farla scendere da sola.
Alzò le braccia e afferrò la maniglia tirando giù fino a terra e chinandosi per mettere il lucchetto.
Si alzò e fece scrocchiare la schiena, guardò ancora l’orologio, ancora 5 minuti.
Fece una corsa fino al retro di casa sua e recuperò il motorino. Prese due caschi e la trascinò silenziosamente fino al chioschetto. Si sedette sopra infilandosi il casco e tendendo il braccio con l’altro casco sulla mano.
Tre. Due. Uno.

“Dove avresti intenzione di portarmi? Almeno questo me lo puoi dire?”

Sentì la mano alleggerirsi quando la ragazza prese il casco infilandoselo sulla testa.
La guardò e sorrise. Jeans, maglia e felpa. Ottimo, l’aveva ascoltato.

“Ti preoccupi? Non sono un cattivo ragazzo.”

“Ne sono certa… Carino il tuo motorino, va anche a benzina o solo a carbone fossile?”

“Sali, ragazza di cui non so il nome.”

Accese il motore che con un colpetto di tosse cominciò a ronzare.
Lei fece come detto e si aggrappò alla canottiera del ragazzo.

“Temari, mi chiamo Temari ragazzo di cui non so il nome.”

“Shikamaru. Ora tieniti forte, il posto non è tanto lontano ma è un po’ inaccessibile con la moto, quindi dopo dobbiamo fare quattro passi a piedi.”

Strinse la presa sull’acceleratore girandolo appena per raggiungere una velocità adeguata che non la facesse spaventare.
Faceva slalom tra le buche, accortosi della forza con cui lei si aggrappava a lui quando prendevano una buca.
Sì, tra le altre cose Shikamaru sapeva guidare molto bene.
Il sole stava tramontando e la luce arancione luccicava sul mare che costeggiavano, il verde dell’erba risplendeva come dorato e i fiori normalmente gialli s’illuminavano a quella luce particolare.
Il terreno non asfaltato li faceva sobbalzare spesso, lei si strinse ancora un po’ ai fianchi del ragazzo. Unghie lunghe. Male.

“Guarda che puoi anche mollare gli artigli, siamo arrivati.”

“Guidi malissimo. E poi per tre minuti di moto potevamo farla a piedi.”

“No, troppa fatica, io ho lavorato tutto il giorno.”

“Starsene seduti a guardare le nuvole lo chiami lavorare?!”

“Mi sembra ovvio, comunque laggiù c’è il posto.”

Davanti a loro una strada sterrata in discesa chiusa da due transenne legate insieme e sprofondate per metà nel terreno che facevano da preludio per una spiaggia lucente, ghiaiosa, e terribilmente tranquilla.
Adorava quel posto. Poteva starsene ore da solo a guardare mare e nuvole senza scocciature. Era il suo ‘posto speciale’.
“Qui ci vengo quando non voglio scocciature, quindi evita di esserlo.”

Temari si avvicinò al cancello e lo sfiorò con una mano.

“Scusa, ma se la strada è sbarrata ci sarà un motivo. Non dovremmo entrare.”

“Sì il terreno è cedevole quindi le macchine non ci possono passare.”

“Bene, solo le macchine allora!”

La ragazza sorrise furbesca e fece passare una gamba lunga oltre il cancelletto.
La vedeva arrabattarsi sul cancello per oltrepassarlo. Shikamaru rise di gusto alla scena meritandosi un’occhiataccia dalla ragazza, si spostò sulla sinistra e oltrepassò il cancelletto attraverso la lingua di terra che costeggiava la trave a cui era legata una delle transenne. Girò attorno e si piazzò davanti alla ragazza saccente.

“Muoviti e aiutami a scendere al posto di fare quella faccia idiota!”

Le guancie paffute della ragazza si tinsero di rosso per la figuraccia appena fatta e lui ridendo sotto i baffi la prese per la vita tirandola su e aiutandola a scendere.
Temari si batté i pantaloni per levarsi la polvere e poi cominciarono a camminare lungo la discesa.

“Sembravi più leggera invece pesi come un bue in sovrappeso.”

“Stronzo!”

“È una delle mie qualità. Quanto stai qui?”

“Cinque giorni. Il mio tutore è qui per un convegno in una città vicina.”

“Quindi ancora tre giorni?”

“Già, e meno male! Odio questo posto!”

“Ah perché il posto da dove vieni è migliore?”

“Prima stavo nel Deserto del Sahara quindi non ti saprei dire cos’è peggio.”

“Nel Deserto? Ma scusa non ho ben capito, di dove sei?”

“Ah di preciso non lo so. Il mondo è casa mia in realtà. Mi sposto da quando avevo sette anni.”

“Ah, chissà, avrai un ragazzo a braccia aperte che ti aspetta ad ogni porto.”

“Non mi piacciono i ragazzi.”

“Ah, quindi saresti una di quelle spostate che…”

“Non in quel senso! Non mi piacciono i ragazzi, troppo immaturi, troppo idioti.”

Arrivarono agli scogli che dovevano passare prima di arrivare alla spiaggia e Shikamaru per evitare di assistere a una scena pietosa come quella prima salì per primo aiutandola a poi a salire a sua volta.
Il sole tramontava dietro la marea d’acqua, si sedettero sul punto più alto degli scogli conversando ancora.
Quella ragazza era davvero troppo interessante, dannazione. Ed era maledettamente bella.
Lanciavano i sassi dentro l’acqua, giocando a chi lo faceva andare più lontano, e meno male che odiava gli immaturi. E ridevano, semplicemente senza alcuna malizia.
Quel posto, era magico. Decisamente magico, o semplicemente, Shikamaru non riusciva a capire se era la sua presenza a farlo diventare magico.
Le onde si infrangevano contro le rocce che spuntavano da dentro l’acqua schizzandoli di tanto in tanto, e la luna li colorava come in un film in bianco e nero.
La vedeva alzarsi e raccogliere i sassi con quel suo corpo sinuoso, morbido, sensuale.
I capelli sciolti si spostavano al ritmo irregolare del vento e quella bocca limpida e sorridente lo faceva impazzire.
Quando tornò a sedersi vicino a lui, Shikamaru le spostò piano i capelli dal volto e lei si girò per guardarlo leggermente sorpresa.
I loro volti erano a pochi centimetri l’uno dall’altro, lui socchiuse gli occhi posando la mano sul suo volto e facendo sfiorare i nasi e le labbra. Dolcemente, assaporava quelle labbra salate bagnate di salsedine. E sentiva solo lei, non sentiva più né freddo, né il mare infrangersi sulle rocce, solo lei.
Improvvisamente Temari lo staccò e lo guardò strana.

“È tardi, dovrei tornare a casa.”

“Ok, ti accompagno in moto va bene?”

Fece un cenno d’assenso e si alzarono. Lui stringeva una mano chiusa a pugno.
Qualcosa era andato storto, non aveva calcolato questa eventualità. Era rimasto nemmeno mezzo soddisfatto dannazione!
Ricominciarono a camminare per la salita lei davanti con una certa fretta e lui dietro, mani in tasca e pensieroso.
La ragazza camminava tesa, a pugni chiusi tormentandosi i palmi delle mani con le unghie. Ogni tanto girava la testa verso l’uomo dietro di lei girandosi di scatto per non essere notata.
Al cancello si fermò e si girò verso il ragazzo.

“Shikamaru…”

“Sì?”

Lui si fermò a poca distanza da lei, la vide saltellare sul posto insicura, poi fermarsi e guardarlo negli occhi. Era decisa.

“Vieni qui e baciami come si deve se lo devi fare.”

Lui non se lo fece ripetere due volte e si avvicinò a lei poggiando le mani sulle sbarre delle transenne e circondandola con le braccia.
Lei si appoggiò nel punto in cui le transenne erano legate facendo scorrere le mani sulla schiena di Shikamaru e tirandolo verso di sé.
Questo. Era. Un. Bacio. Degno. Di. Questo. Nome.
La testa si svuotò mentre continuavano a stringersi contro quella ringhiera baciandosi con foga. Le nuvole premonitrici avevano ragione, un vero e proprio vortice si era formato tra loro, intrecciandoli.
Montarono sulla moto dopo concluso il bacio, tornando a casa.
Alla fine della serata finì quando lei chiuse il portone. Con un altro bacio, con la promessa di vedersi il giorno dopo allo stesso cancello.
Shikamaru prese il motorino guidando a velocità folle. Per la prima volta si sentiva euforico.
Arrivato a casa, si buttò sul letto, vestito, come al solito, sorridendo appena e stringendo nella mano una conchiglia rossa. Era sicuro, le sarebbe piaciuto quello che aveva in mente.
Rise grave portando un braccio a coprire gli occhi. Lui, che si preoccupava di faticare per fabbricare un regalo a una persona. Era proprio partito per un altro pianeta.



IIV° Classificata a parimerito con “Orange Park” di Uchiha_girl alla seconda edizione del contest Alternative Universe Special di DarkRose86
Qui il giudizio!
E qui l’immagine scelta!

N/a:Trovo poco da dire se non che a questa storia mi sono veramente appassionata, vedevo davanti ai miei occhi Temari e Shikamaru battibeccare orgogliosi, distruggersi per la separazione, disperarsi, credendo di perdere quello che avevano.
Questo è solo il primo capitolo, ce ne saranno altri due. Tutti scanditi dalla velocità del tempo che passa inesorabile.
Chiedo umilmente venia per le parolacce ma è per rendere più ambientata la storia al presente. Ho inserito anche la storia del passato dei personaggi per spiegare le loro origini e per il fatto che non sono spuntati a caso.
Ringrazio tantissimo la splendida DarkRose86 per aver indetto questo meraviglioso contest!
E non meno, ringrazio voi lettori per aver letto fino a qui!
Chi volesse commentare non mi fa dispetto, anzi mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate! (Giudizi sia negativi che positivi, aiutano a maturare come scrittrice!)


  
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