Era
il momento di alzarsi. Da una parte ero euforica,
ricordavo il bacio e Nathan, ma dall’altra avevo ancora
impressi nella mente i
ricordi più brutti di quella sera... La bambina, le urla
della madre...
Quella
mattina ci sarebbe stato l’addestramento, la
preparazione alla battaglia. Ero preoccupata, per me era del tutto
nuovo... Per
farmi capire, l’hanno paragonata ad una prova di resistenza
di educazione
fisica, non ero molto forte in materia...
Ci
riunimmo nella solita sala, eravamo vestiti con i nostri
abiti da battaglia. Indossavo un body bianco, molto attillato, mi
sentivo
libera nei movimenti, era come se addosso non avessi nulla; sopra
portavo un
velo trasparente che arrivava fino a terra ed aveva due spacchi ai
lati. Ai
piedi dei sandali da ‘antica romana’ e tutto
ciò era rifinito da un cerchietto
color oro e una grande treccia.
Re
Aramis affidò ad ognuno di noi i propri strumenti da
battaglia.
-A
Jasmine, dea della terra... La tua frusta! A Ian, dio
dell’aria... La tua lancia! A Nathan, dio del fuoco... La tua
spada! A Summer,
dea dell’acqua... Non hai strumenti!-
-Come?-
chiesi stranita
-Hai
i tuoi poteri che sono la più forte di tutte le armi!-
-Come
combatto se non ho nulla!- esclamai preoccupata
-Tu
hai in più degli altri... Devi solo scoprirlo!- mi
spiegò Seros, poi il re riprese a parlare.
-Andate...
Abbiate cura di voi stessi... Lordran ha bisogno
di voi....- disse il re salutandoci dalle scale del castello, mentre
Seros ci
faceva strada verso il campo d’addestramento.
Era
una grande cupola e non avevo mai visto niente di
simile. Lordran per me era uno di quei paesi del passato, dove gli
adulti
lavoravano la terra e i bambini giocavano con quello che avevano. In
realtà no.
Lordran aveva tutto. La magia, le permetteva di avere tutto, anche
quel’enorme
arena dove ci aspettava la preparazione per la battaglia. Nessuno mi
aveva
spiegato cosa fare e come fare. Ero impreparata. Seros ci
ordinò di metterci in
fila, uno accanto all’altro, guardando dritti a noi, senza
parlare... Disse che
sarebbe tornato subito. Poi una voce metallizzata cominciò a
parlare: ‘Benvenuti
elementi. Quando il vostro nome verrà fatto, vi preghiamo di
seguire il
sentiero illuminato. Grazie!’
-Ti
hanno spiegato come funziona?- mi chiese Nathan
sussurrando e guardando avanti a sé.
-No...-
sussurrai voltandomi verso di lui.
-Ci
guarderanno quando saremo là dentro...- sussurrò.
Notai
che stava piangendo.
-Ci
guarderanno?- chiesi stranita
-Prithivi!-
esclamò la voce metallizzata e Jasmine si avviò
verso il suo sentiero.
-Verrà
trasmesso a palazzo quello che facciamo ogni singolo
giorno. Tutta Lordran potrà seguirci in questi giorni...-
continuava a
spiegarmi sussurrando e asciugandosi le lacrime.
-Giorni?-
chiesi preoccupata
-3
giorni là dentro. La regola è sopravvivere...-
disse
voltandosi verso di me
-Cosa?-
-Pensa
solo che chi è intorno a te, è il nemico...-
-Non
capisco, Nathan...-
-Siamo
tutti contro tutti, chiunque incontri deve morire...-
-Cosa?-
-Ti
avevo detto di non affezionarti a nessuno...- disse
abbassando lo sguardo
-Nathan...
Tu non mi faresti mai del male... Vero?- li
chiesi mentre una lacrima attraversava velocemente il mio volto.
-Qua
dentro non abbiamo nessun amico...- s’interruppe
perché
io cominciai a piangere. – Un’altra cosa... Se sei
molto brava, ti cercheranno
per eliminarti, se invece eviti i fatti, ti ucciderai da sola...-
-Fammi
capire, se sono molto brava mi uccideranno e se sono
troppo lenta morirò?-
-Si...
Dentro non c’è acqua, non c’è
cibo e non c’è pace...
Tutto ciò lo si conquista se uccidiamo chi incontriamo...
Summer, io non voglio
farti del male, ma quando manca la pace, la sete e la fame, non
c’è Dio che ti
comanda...-
-Perché
lo fate?- sussurrai
-Il
Re e Seros vogliono testare la nostra capacità di
uccidere e i nostri miglioramenti... Ci studiano sempre... Ogni
istante...-
-Ma
così ci uccidono...-
-Summer,
a loro non interessa...- disse scuotendo la testa
-Vaju!-
di
nuovo quella voce. Ian si avviò verso il suo sentiero
illuminato.
-
Ah, attenta ad Ian, lui ucciderà sicuramente il primo
giorno...-
-Perchè
non te ne sei mai andato?- chiesi fissandolo con gli
occhi gonfi e rossi.
-Una
volta che sei a Lordran non puoi andartene...-
-Mio
padre l’ha fatto...- vidi il volto di Nathan cambiare
espressione – Che succede?-
-Noi
non possiamo Summer. Non siamo tuo padre!-
-Sì,
invece... Lui era un elemento come noi...-
-Tuo
padre è il nemico!- disse interrompendomi e tutto
d’un
fiato. Ero sconvolta da quella affermazione.
-Tejas!-
-Ti
avevo detto che tutto da vicino era più brutto! –
sussurrò Nathan e prima di sparire nel suo percorso
illuminato mi diede
un’ultima indicazione: ‘Non scendere dal
piedistallo prima dei 30 secondi!’.
-Apas!-
Come
tutti gli altri, ma con paura e la mente piena di preoccupazioni
e pensieri, mi avviai verso il sentiero. Mentre camminavo il mio corpo
cominciò
a smaterializzarsi e in un secondo momento ci trovavamo ognuno in una
postazione diversa. Ai quattro punti cardinali: Nord, per Jasmine. Est,
per
Ian. Sud, per Nathan. Ovest, per me. Stavo piangendo, le lacrime
scendevano
senza sosta. Ero spaventata, mi guardavo intorno in modo confusionario,
non
riuscivo a vedere niente con precisione, tranne quel numero: 30. 30
secondi. È
il tempo che siamo obbligati a trascorrere sui nostri piedistalli prima
che ci
diano il via. Siamo posizionati tutti alla stessa distanza dal bosco
che ci
circonda. Ognuno indirizzato verso vie diverse. Ci troviamo su un
tratto di
terreno piatto. Davanti a me un rado bosco di pini. Ho paura di quello
che
potrei trovare. I 30 secondi sono quasi passati e devo prendere
coraggio. All’improvviso
mi volto e vedo il volto di Nathan, capisco che mi sta guardando e
mentre cerco
di capire cosa vuole suona il gong. Sobbalzo. Vedo gli altri scattare
verso il
bosco, allora inizio a correre anche io. Sul limitare della foresta, mi
giro un
attimo per guardare indietro, per trovare una via d’uscita,
ma niente... Quella
sembrava l’unica soluzione. Non era rimasto più
nessuno. Cominciai a correre
finché il bosco non mi nascose dagli altri, poi rallentai e
appoggiai una mano
sul tronco di un pino.
Ad
un certo punto sento un rumore, mi giro di scatto,
e vedo la folta chioma di Jasmine. Iniziai a
sudare, avevo paura. In pochi minuti decido di salire su un albero.
Volevo
stare in alto dove potevo vedere gli altri ed evitarli...
All’improvviso mi
balenò in mente la frase di Nathan: ‘Se sei molto
brava, ti cercheranno per
eliminarti, se invece eviti i fatti, ti ucciderai da
sola...’. Aveva ragione!
Non potevo rimanere tutti e 3 i giorni la sopra. Sarei morta di sete o
di
fame... Dovevo scendere è affrontare quello che si
presentava davanti a me...
Scesi adagio da quell’alto pino, mi guardai un po’
attorno e avevo sete.
L’unica fonte d’acqua che ricordavo era dove
abbiamo iniziato l’addestramento.
Da dove siamo partiti. Così, senza pensare, iniziai a
correre, quando
all’improvviso...
-Summer!-
-Mamma...-
sussurrai fermandomi tra gli alberi.
-Summer!-
Veniva
dalla spiaggia. Mia mamma mi stava chiamando dalla
spiaggia.
-Mamma!
Mamma!- urlai. Iniziai a correre ancora più veloce e
nel frattempo piangevo, ero contenta. Volevo abbracciarla, raccontarle
quello
che mi stava accadendo, ma quando arrivai sulla spiaggia... Trovai
Ian.... Il
mio cuore si fermò e la mente smise di pensare. Le gambe
cominciarono a tremare
e la bocca a diventare secca.
-Ciao!-
mi salutò agitando la sua lancia tra le mani
-Ian...-
sussurrai
-Sai
come funziona qui?- mi chiese avvicinandosi.
-Si...-
io indietreggiai.
-Uno
dei due deve morire. Sai bene che non sarò io, vero?-
dissi continuando a camminare verso di me.- Non dici niente... Umana!-
-Non
sono umana...- sussurrai nuovamente.
-Cosa
sai fare? Non ti è stato assegnato neanche uno
strumento... Non ti sei fatta due domande?- mi stava stuzzicando.
-Non
ho strumenti perché ho i poteri...- risposi continuando
ad indietreggiare.
-Il
Re dice questa frase a tutti...- disse sorridendo sotto
i baffi.
-Tu
hai già fatto questo addestramento?- non sapevo cosa
dire e cosa fare.
-Questo
non è un addestramento... E’ una gara di
sopravvivenza!- precisò.
-L’hai
già fatta?-
-Sì...
E ho sempre vinto...-
In
quel momento Ian cominciò ad urlare e a seguirmi. Io non
sapevo cosa fare, così scappai, mi buttai in acqua, ma Ian
mi seguì. Mi afferrò
per una caviglia... Cominciai ad urlare, a chiedere aiuto, ma ad un
tratto mi
tirò sotto l’acqua ed entrai nel panico. Ripensai
a tutto quello che era
successo in quei giorni, alle parole e ai baci di Nathan, alle persone
che
avevo conosciuto, ma notai che sotto l’acqua resistevo.
Respiravo bene, come i
pesci... Allora presa dalla rabbia e dalla voglia di uscire
dall’acqua, diedi
un morso nel collo di Ian, lui gemette e il suo corpo si
abbandonò. Quando
strappai il morso notai che parte di pelle era rimasta attaccata ai
denti. Di
colpo emersi dall’acqua, trascinando il corpo di Ian. Arrivai
fino alla spiaggia,
appoggiai il suo corpo morto a terra e mi toccai i denti. Erano
affilati, come
quelli di uno squalo... Pensai ‘ O mio Dio!’. Mi
allontanai di corsa dal corpo
di Ian, afferrai la sua lancia e mi nascosi su un albero a piangere.
Stavo
rannicchiata e mi dondolavo, lì... Su quel pino, impaurita
per quello che ero,
per quello che avevo fatto e per quello che mi aspettava domani...
La
notte, stranamente, passò velocemente... Probabilmente la
stanchezza mi portò ad addormentarmi sul quel ramo possente,
senza pensieri, ma
con tanto dolore. Sapevo benissimo che quella mattina avrei dovuto
uccidere
qualcun altro, ma non volevo... Scesi comunque dall’albero,
volevo tornare in
spiaggia per seppellire Ian e chiederli scusa, ma quando arrivai il suo
corpo
non c’era più, il sangue non c’era
più... S’era come smaterializzato... Di
colpo mi voltai indietro, a causa di un rumore tra gli alberi.
Posizionai la
lancia di Ian per difendermi e mi guardavo intorno.
Decisi
di entrare nel bosco e camminare per un bel po’,
quando all’improvviso trovai la bambola di quella bambina a
terra, sporca di
polvere. La raccolsi, ci soffiai sopra per renderla più
bella e all’improvviso
qualcuno mi toccò il fianco destro. Era lei, quella
meravigliosa bambina.
L’abbracciai e quando alzai gli occhi vidi: -Jasmine!-
Nascosi dietro di me la
bambina, per proteggerla.
-Che
fai? Adesso che è morta, l’aiuti?- disse con tono
ironico.
Mi
voltai per
assicurarmi che la bambina stesse bene, ma lei era a terra, circondata
dal
sangue e dentro di me risuonava quel pianto pieno di dolore della
madre. Mi
tappai le orecchie, ma Jasmine mi spinse, persi l’equilibrio
e battei la testa
a terra. Jasmine ne approfittò per attaccare con la sua
frusta. Menomale avevo
buoni riflessi, mi spostai in tempo, prima da una parte e poi
dall’altra.
Jasmine venne più vicina e le diedi un calcio. Si
allontanò dolorante, ma
quando alzò nuovamente lo sguardo era arrabbiata. Vidi la
follia nei suoi
occhi. In quel momento tirai fuori la lancia di Ian e decisi di
attaccare. La
mancai. Poi una visione si impadronì di me. Vidi il suo prossimo attacco e lo schivai.
Così quello dopo e quello dopo
ancora. Lei si stava innervosendo, prese la rincorsa per saltarmi
addosso, ma io
la schivai nuovamente e senza pensare a quello che stavo facendo, le
infilzai
la lancia nella schiena, ed essa trapassò la pancia... La
sentivo respirare
affannosamente e poi, lentamente, cadde a terra. Ero nuovamente senza
parole
per quello che avevo appena fatto e il dolore e la paura si
appropriarono di
me. Quando asciugai il mio volto dalle lacrime i corpi di Jasmine e
della
bambina era scomparsi, anche loro, nel nulla. Nel tardo pomeriggio,
sapevo chi
mi stava aspettando, ma non gli avrei mai fatto del male. Ogni
volta che mi rendevo conto che non lo avrei mai più rivisto
mi sentivo
morire dentro. Nathan era... Lì... Lo vedevo... Mi fermai,
ma fu una mossa
vana. Appena mi vide mi sorrise, quel sorriso che non si può
dimenticare. Mi
venne incontro e si posizionò davanti a me. Lui aveva una
spada, io non avevo
niente, se non un vestito sporco di sangue e molte ferite. Mi diceva
qualcosa,
ma non avevo più forze per stare ad ascoltare, non riuscivo
a capire cosa mi
stava dicendo. Mi spinse, io caddi a terra e da lì, Nathan,
cominciò a darmi i
calci. Io piangevo dal dolore e lo pregavo di smettere. Poi, in un
momento di
tregua dai calci, con tutte le forze che mi erano rimaste, mi alzai in
piedi,
allungai le braccia verso di lui e lo pregai di guardarmi.
-Nathan...
Nathan, guardami! Ti prego...- supplicai piangendo – Nathan,
sono io, Summer... Ti ricordi quello che mi hai detto... Tu non vuoi
farmi del
male... Nathan, ti prego, io...- ma feci un errore madornale. Mi
avvicinai a
lui, pensando che pregandolo tutto si sarebbe risolto. Ovviamente lui
non capì
e girandosi di scatto, mi conficcò la spada nel fianco
sinistro e con una mossa
veloce la sfilò. Poggiai subito la mia mano sulla ferita
aperta, usciva molto
sangue. Poi, lentamente, mi accasciai a terra e vidi Nathan sopra di
me, pronto
a finirmi. Alzò la spada e tre, due, uno... Ma in quel
momento, decisi di reagire,
presa ancora dalla paura. Non so come, ma soffiai e l’aria
che uscì dalla mia
bocca, ghiacciò Nathan. In quel momento, abbandonai il mio
corpo a terra. Il
respiro divenne più pesante. Sentivo in lontananza delle
voci – Presto! Presto!
Tiratela su! Tiratela su!- Poi, prima di chiudere del tutto gli occhi,
vidi
Nathan. Mi prese il volto tra le mani e mi disse: -Resisti! Resisti!-
Il mio
corpo non ce la faceva, ero arrivata al limite e i miei occhi si
chiusero.