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Autore: Gremilde    25/09/2015    4 recensioni
Questa è la prima fanfiction che scrivo e che decido di pubblicare sugli shugo chara. E' una storia che sto scrivendo con l'aiuto delle mie sorelline, anche loro appassionate dell'anime.
Non posso dirvi se all'interno della mia storia ci saranno degli spoiler. Non conosco il manga e dell'anime ho visto solo una parte. Questo racconto, è nato dopo aver visto Ikuto stare male per colpa dell'energia X contenuta nel suo violino. Non ho ancora visto cosa accadrà da lì in poi... Questo è ciò che immagino io...
Genere: Fantasy, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La nuova insegnante


Amu impiegò due settimane per guarire. Ogni giorno i suoi amici andavano a trovarla; le raccontavano le novità della scuola e passavano i pomeriggi in sua compagnia facendo i compiti.
La ragazzina era grata di tanto affetto e, con loro vicino, riprendersi fu piacevole e veloce.
Una domenica mattina, fu Tadase ad andare a casa Himamori da solo senza il resto del gruppo e senza Kiseki che era rimasto a casa a riposare.
- Buongiorno signor Himamori. – salutò con il suo sorriso smagliante quando il padre di Amu aprì la porta.
Noooooooooooooooooo! – scoppiò a piangere teatralmente l’uomo – Sei tu allora! Tu il fidanzato di mia figliaaaaa!!!
- Beh… Ecco… Vede io… - balbettò Tadase imbarazzato.
- Basta papà, ti prego! – lo supplicò Amu scendendo le scale – Abbiamo affrontato già questo argomento. Tadase è un compagno di scuola, un caro amico. Ma non è il mio fidanzato. – borbottò a denti stretti la ragazzina.
- Ma Amucciaaaaaaaa!!! – singhiozzò più forte.
- Tadase, - sorrise lei – accomodati e non far caso a mio padre è sempre così melodrammatico.
- Grazie Amu… - il ragazzo la seguì in soggiorno, le sue parole l’avevano ferito sperava di essere ormai qualcosa di più di un “buon amico ed un compagno di scuola”; ma, forse, ancora Amu non si sentiva pronta per una storia con lui.
Forse, il cuore della ragazzina era ossessionato dal ricordo di Ikuto. A quel pensiero, gli occhi di Tadase si incupirono, decise di scacciare quei brutti pensieri e tornò ad osservarla con attenzione: Amu era finalmente guarita e poteva rientrare a scuola, quel giorno indossava una tuta nera con inseriti rosa e un teschio applicato sul cuore, era graziosa.
- Come mai sei passato Tadase? – chiese dopo aver servito del succo d’arancia e dei biscotti fatti da Suu la mattina.
- Avevo voglia di passare un po’ di tempo con te. – ammise arrossendo un po’, anche Amu era imbarazzata – Mi sei mancata molto.
- Oh… - fu tutto ciò che riuscì a dire lei.
- C’è qualcosa che non va, Amu? Ti ho offeso in qualche modo.
- No… - mormorò – Nessuna offesa, Tadase è che… - sorrise senza guardarlo negli occhi – Non sono più abituata a stare in compagnia. Questa lunga convalescenza mi ha fatto tornare un po’ quella di prima.
- Cool and icy. – sorrise Tadase prima di addentare un biscotto.
- Già… - sospirò Amu, non le piaceva mentire al King’s Chair, ma non voleva dirgli che era confusa e che non era più sicura dei propri sentimenti.
- Non temere Amu. – lui le prese una mano stringendola con dolcezza, la ragazzina restò rigidamente ferma, imbarazzata – Sai che ti amo, ti ho promesso di dirtelo ogni giorno per recuperare il tempo perduto. Ti darò il tempo che vuoi, e sarò sempre al tuo fianco.
- Io… - Amu ritirò la mano che Tadase teneva stretta nella sua, incapace di aggiungere qualcos’altro.
- Non devi per forza ricambiare i miei sentimenti con la stessa profondità dei miei. Ti chiedo solo una possibilità Amu. Dammi la possibilità di starti accanto e di imparare a conoscerti. Di farmi conoscere da te.
- Tadase… Sei troppo gentile… Io…
- Accetti? – gli occhi di Tadase brillarono, facendo arrossire Amu fino alla radice dei capelli che avrebbe voluto dire “no”, ma non poté perché interrotta dall’arrivo della sua sorellina Ami.
- Sorellonaaaaaaa! – piangeva – Sorellonaaaaa il gattino non vuole giocare con me!
- Gattino? – domandò Tadase guardando duramente Amu – Ospiti qualcuno, Amu?
- Sì Tadase. – annuì lei consolando la sorellina – Sai perfettamente che Yoru non ha un posto dove stare. Non mi hai concesso di lasciarlo vivere al Royal Garden, così l’ho portato con me.
- Ma lui è un nemico. – sibilò indurendo lo sguardo.
- No. – replicò Amu alzando la voce, un po’ troppo magari, infatti la sorella riprese a piangere spaventata – Oh… Scusami Ami… Non volevo farti paura.
- Perché… Perché hai urlato, Amu? – singhiozzò la bambina stringendosi alla sorella maggiore.
- Tadase vorrebbe che mandassimo via il gattino.
- Nnoooo… - gemette la bambina – Il gattino è tanto solo e triste. – spiegò girandosi a guardare Tadase – Ha perso il suo padrone e lui non ha un posto dove andare. Un re non deve essere cattivo. – singhiozzò.
- Hai ragione piccola Ami. – sospirò Tadase capendo il suo errore, Yoru non era un nemico ma una creatura in difficoltà molto spaventata – Scusami Ami. E scusami anche tu Amu. Sono stato egoista e insensibile. – il ragazzo si fissò le mani strette a pugno – Spero che Yoru non ti dia troppo fastidio.
- È uno shugo chara indipendente, come tutti i gatti. – sorrise Amu accarezzando i capelli della sorella – E va molto d’accordo con Miki ed Ami.
- È vero! Shugo gattino è così carino! – scoppiò a ridere – Ama giocare con i gomitoli di lana. È buffo! – spiegò ritrovando la sua gioia.
- Ami, tesoro, vai a lavarti il viso.
- Sì sorellona. Grazie… - Ami lasciò la sala e tra i due ragazzi calò un imbarazzato silenzio.

Restarono seduti rigidamente per alcuni minuti, poi Tadase cercò di stabilire nuovamente un contatto con Amu, ma lei si spostò.
- Tadase… - parlò – Io ti chiedo scusa. – la sua voce era molto bassa e il viso era segnato da calde lacrime – Tu mi hai aperto il tuo cuore ed io… Io riesco solo a pensare…
- Che Ikuto sta male. – concluse con voce dura il King’s chair.
- Sì. – annuì Amu.
- Piccola Amu… - sospirò Tadase – So che dentro di te sta imperversando una dura battaglia. Anch’io voglio aiutare Ikuto. – le sorrise – Quello che fa non è opera sua. È un burattino nelle mani del nostro nemico.
- Sì. – ripeté il Jolly singhiozzando – Vorrei riuscire a liberarlo dal nero che opprime il suo cuore.
- Il suo cuore non è completamente perso. – cercò di consolarla Tadase – Yoru ne è la prova. Se avesse completamente smarrito la strada, anche il suo shugo chara non sarebbe più qui. Ormai sarebbe diventato un uovo X, come Dia prima che vi ritrovaste, oppure sarebbe sparito chiudendosi per sempre nel proprio uovo.
- L’ho pensato anch’io. – si asciugò gli occhi Amu – E questo mi dà una speranza di poterlo aiutare.
- Da soli non riusciremo. – scosse la testa bionda Tadase – Abbiamo bisogno di aiuto.
- Aiuto? – sospirò la ragazzina – E chi potrebbe aiutarci?
- Ho parlato molto con il Preside della Scuola, il Re Fondatore. Lui ci ha consigliato di chiamare in aiuto un ex Guardiano, Amu.
- Un ex Guardiano? – balbettò stringendo con forza i pugni – E chi è, Tadase?
- Si chiama Sakura Miraboshi. – sorrise il King’s Chair – E, come te, lei ricoprì il ruolo di Jolly.
- C’è un ex Jolly? – sobbalzò Amu alzando di scatto la testa.
- Sì. – annuì Tadase – Da quello che ho letto nelle ricerche fatte da Kairi, Sakura è stato un Jolly molto potente. Possiede, come te, tre shugo chara e poteva interagire con il Lucchetto.
- E’ stata più potente di me e delle mie shugo chara? – domandò gelosa, gonfiando le guance.
- Non ho mai detto questo. – le sorrise con affetto ed Amu arrossì – Sei più carina quando fai la gelosa.
- Tadase! – balbettò arrossendo nuovamente.
- Sono felice che sei gelosa. – le disse dopo averle sfiorato la guancia con un bacio – Pensavo di esserti completamente indifferente.
- No! No! No! – squittì balzando in piedi – Ma cosa dici Tadase… Sai che tu…
- Sì. Ti piaccio. – ridacchiò – Non posso dimenticare la tua dichiarazione.
- Oooh ti prego! – borbottò imbronciandosi – Ran mi ha fatto fare una figuraccia epica! – sospirò – Dimmi Tadase, Sakura è già arrivata? Quanti anni ha? Combatterà al nostro fianco?
- No. – scosse nuovamente la testa bionda ed i capelli catturarono i raggi del sole – Lei arriverà dall’Inghilterra questo pomeriggio. La sua famiglia si era trasferita a Londra per lavoro.
- Oh… - Amu registrò l’informazione domandandosi che tipo fosse Sakura, se somigliasse ad Utau oppure se fosse chiusa in se stessa come Rima o ancora una snob in stile Lulù.
- Grazie all’intervento del nostro Preside, - stava spiegando il ragazzino – Sakura è entrata nella nostra scuola. Essendo un’ex-Guardiana, lei è più grande di noi. Dovrebbe avere circa una trentina d’anni. La Easter, quando ha saputo della sua esistenza, voleva plagiarla per mutare il suo potere della Luce ed unirlo a quello oscuro di Ikuto.
La Guardiana non aveva ascoltato nemmeno una parola di Tadase, era persa nei propri pensieri e tornò coi piedi per terra solo dopo aver sentito “quel nome”, così, per evitare scenate di gelosia, domandò la prima cosa che attirò la sua attenzione:
- Potere della Luce?
- Oooh Amu! – sospirò il King’s Chair – Non mi stavi ascoltando vero?
- No… - ammise abbassando lo sguardo, colpevole.
- Tieni… - le porse un fascicolo – Qua c’è tutto quello che devi sapere su Sakura.
- Ooooh… - sorrise Amu – Grazie…
- Amu adesso devo tornare a casa. – disse alzandosi – Ho abusato troppo della tua ospitalità. Non voglio farti stancare più del necessario.
- Sei molto premuroso Tadase, grazie… - mormorò lei.
- Ti chiedo solo di pensarci bene.
- Hm? – lo guardò mandando la testa di lato.
- Al fatto di considerarci una coppia. Ne sarei molto felice.
- Ma… Ma… Ma… - balbettò improvvisamente a corto di parole.
- Lo so. – le sorrise brillando – Sono troppo impulsivo a volte, ma sento che devo agire prima che qualcuno lo faccia al posto mio. Vorrei avere una possibilità, Amu.
- Io… Ci penserò Tadase. – annuì lei accompagnandolo alla porta.
- Ciao Tadase. – lo salutò con un bel sorriso la madre di Amu entrando con alcune buste della spesa – Resti a pranzo con noi?
- Buongiorno signora Himamori. – ricambiò il saluto prodigandosi ad aiutarla – Ne sarei onorato, ma ho già un altro impegno. Oggi arriva una nuova insegnante della Seiyo Academy dall’Inghilterra. Lei qui non ha nessuno parente in vita qua. Il Preside mi ha chiesto di andare in aeroporto. E’ uno dei miei compiti come King’s Chair. – sorrise facendo illuminare la stanza – Vi chiedo scusa, ma ora devo proprio andare.
- Amu. – la chiamò la madre mentre Tadase stava uscendo – Perché non vai anche tu con lui?
- Mamma… - arrossì ancora Amu.
- Tu sei una Guardiana. – si strinse nelle spalle la donna – Non ci trovo niente di male. – sorrise ai ragazzi, anche Tadase era arrossito – Siete compagni di classe ed amici. Sarà meno imbarazzante per una ragazza trovare due persone, tra cui una del suo stesso sesso, ad accoglierla piuttosto che non un ragazzo da solo.
- Se Amu ha voglia di accompagnarmi ne sarei onorato. – sorrise Tadase.
- Oh. – si imbronciò Amu per un attimo – Non avrei molta voglia di uscire. Perché non vai a prenderla da solo?
- Amu! – la rimbrottò sua madre – Chiedi subito scusa a Tadase e vai a cambiarti. Andrai con lui a prendere Sakura e farai di tutto per farla sentire a suo agio. Sarà una delle tue nuove insegnanti, capito?
- Ma mamma…
- Niente “ma”. Sono settimane che ti trascini in casa. – le sorrise – Uscire un po’ potrà farti solo bene amore.
- Va bene… - annuì – Grazie mamma…
- Vai a cambiarti. Io vi preparo qualcosa per pranzo.
- Ok… - annuì Amu.
- Grazie signora Himamori. – sorrise Tadase, grato di tanta premura.

Amu salì le scale un po’ controvoglia, da una parte era felice di poter uscire di casa dopo tanto tempo, anche se in compagnia di Tadase; dall’altra il suo unico desiderio era scappare per andare in cerca di Ikuto perché sentiva che si stava perdendo e voleva aiutarlo a ritrovare la strada. A ritrovare lei.
Quel pensiero inaspettato la fece arrossire e si bloccò ad osservarsi allo specchio: cosa desiderava realmente? Desiderava essere la ragazza di Tadase, la più invidiata della scuola la “fidanzata” del King’s Chair; oppure desiderava lasciarli ammaliare da Ikuto e dalla sua maliziosa ironia? Erano così diversi: luce ed ombra.
- Amu? – la chiamò Miki che aveva sentito la sua lotta interiore prima delle altre.
- Piccola Miki… - le sorrise dolcemente – Tutto bene? Qualcosa non va?
- Mh, mh… - scosse la testa con il basco da pittore – Sei sicura di stare bene? – le domandò – Sei strana.
- Sono confusa. – ammise Amu – Sono preoccupata per Ikuto. E anche per il fatto che sta per arrivare un nuovo insegnate, l’ex Jolly.
- Non un “nuovo”, - la corresse il piccolo Re Kiseki – ma una professoressa. A quello che ho sentito, insegnerà a voi Guardiani difesa personale. Sarà un rinforzo alla squadra.
- Non capisco il perché. – sospirò la ragazza osservando Kiseki – E poi, scusa, tu cosa ci fai in camera mia? Non dovresti essere a casa a riposare?
- In realtà ero rimasto a casa, poi mi sono ricordato dell’arrivo di Sakura. Non posso mandare Tadase da solo ad accoglierla.
- Già. – sbuffò Ami – Adesso, però, tu e Yoru siete pregati di uscire. Devo cambiarmi.
- Yoru? – sibilò stringendo gli occhi Kiseki – Lui è qui?
- Sì. – parlò lo shugo chara gatto uscendo dall’uovo – Ami è stata così gentile da darmi una casa finché Ikuto sarà un burattino della Easter.
- Basta bisticciare! – li bloccò Suu – Uscite che la ragazza deve vestirsi.

Amu sorrise grata alla piccola Suu, aspettò che tutti gli shugo chara uscissero dalla stanza ed aprì l’armadio controvoglia. Guardava senza vederli gli abiti appesi alle grucce.
Il gothic punk con il quale l’aveva cresciuta sua madre, ormai era diventato il suo stile ma quel giorno la sua mente era altrove e non trovava niente di particolare che le andava di indossare.
Sospirando, spostò una gruccia e trovò una minigonna di tessuto nuova che non aveva mai visto nell’armadio.
Gli occhi di Amu brillarono, la gonna era bellissima: in tessuto elasticizzato nero corta sul ginocchio, aveva sul davanti degli inserti viola messi in risalto da una serie di stringe rotonde.
Alla gonna abbinò un paio di leggins viola scuro, dello stesso colore degli inserti nella gonna, lunghi a metà polpaccio; un lupetto nero ed una felpa con cappuccio nera con le bande viola con un teschio ricamato sulla schiena.
Soddisfatta del risultato, pettinò i capelli lasciandoli sciolti, prese la borsa porta uova e scese al piano di sotto.

Tadase, che stava parlando con sua madre, restò per un attimo senza parole: Amu era veramente bellissima. Peccato che i suoi occhi ambra non brillassero più come qualche mese prima; prima che, gli costava dirlo, Ikuto sparisse e diventasse realmente un loro nemico.
- Non arrenderti alla prima difficoltà, Tadase. – gli mormorò all’orecchio la signora Himamori – Sei un ragazzo ingamba. Non so cosa sente Amu. E’ molto confusa e dal giorno dell’incidente è cambiata parecchio. Dalle tempo.
- Ha rischiato di morire per colpa mia. – sorrise triste – E’ normale che qualcosa sia cambiato.
- Troverete nuovamente il vostro centro. – annuì la donna convinta.
- Io ci sto provando. – confessò lui – Spero che per sua figlia sia lo stesso.
Amu li raggiunse, interrompendo i loro discorsi.
- Eccomi pronta. – disse – Ci ho messo troppo?
- No. Affatto. – sorrise emozionato Tadase – Sei bellissima.
- Grazie… - arrossì Amu – Mamma… Noi andiamo…
- Andate ragazzi. – li baciò entrambi sulla guancia – Passate un bel pomeriggio. Tadase, questo è il pranzo.
- Grazie signora.
- Ah, un momento… - si bloccò Amu – Il fascicolo… Vorrei dargli un’occhiata.
- Certo. – annuì Tadase – Abbiamo un po’ di strada da fare. Avrai tempo per leggerlo.
Salutando, i due ragazzi indossarono le scarpe prima di uscire; poi lasciarono casa Himamori seguiti dai rispettivi shugo chara più Yoru che non voleva stare in casa da solo.

Il viaggio fino all’aeroporto, lo fecero in silenzio ascoltando musica classica sull’auto di famiglia di Tadase. Erano entrambi troppo imbarazzati per dire qualcosa.
Fu Suu a rompere il silenzio dicendo:
- Scusate, ma io ho molta fame. Voi no?
- In effetti. – ridacchiò Tadase – Inizio ad avere un certo languirono, tu Amu?
- Eh? – la ragazzina si riscosse dalla lettura del fascicolo di Sakura con un sobbalzo – Scusate, ero intenta a leggere… - guardò le facce dei suoi accompagnatori e capì – Fame, eh?
- Sììììì! – urlarono ridendo gli shugo chara, tutti tranne Kiseki che guardava i suoi “sudditi” con un misto di pietà e benvelonza.
- Kiseki mi fa impazzire. – disse Amu aprendo il cestino per il pranzo – E’ sempre così altezzoso. Ma ha un gran cuore.
- Già… - annuì Tadase osservandoli mangiare – Da quando il suo uovo si è schiuso, è diventato il mio miglior amico. Non sempre è facile da gestire.
- Oh beh… - ridacchiò Amu passando un panino al Guardiano – Nessuno di loro lo è.
Mangiarono osservando il panorama scorrere, la Jolly aveva la mente affollata di domande.
Il fascicolo di Sakura aveva dipinto un quadro interessante: la giovane donna aveva frequentato per cinque anni la Seiyo Academy; era stata una promessa dello sport e della musica.
Aveva completato gli studi a Londra dove aveva studiato con passione il pianoforte e dove, oltre ad una Laurea in Psicologia, aveva conseguito la cintura nera di Judo, arrivando seconda alle Olimpiadi; amava leggere ed era una pittrice notevole.
Alcuni sui quadri erano stati esposti durante le feste di Natale in un’importante galleria d’arte londinese.
Sakura aveva circa una trentina d’anni ed Amu scoprì, leggendo il file, che i due si conoscevano visto che avevano frequentato per alcuni anni la stessa scuola di musica.
- Amu, qualcosa ti turba? – domandò Tadase sorridendole.
- No, no… Niente… - arrossì lei a disagio.
- Bugia! – ridacchiò Suu – Sta pensando che teme il confronto con il l’ex Jolly.
- Suu! – gemette Amu a disagio.
- E chi non teme un confronto con lei! – sospirò il ragazzo guardando fuori dal finestrino – So che tra lei e il Re Fondatore c’è stato qualcosa in passato. - le sorrise –Il Preside mi ha parlato molto bene di lei. Da come gli brillavano gli occhi, non vorrei che provasse dell’affetto sincero nei confronti della nuova insegnante. – mandò la testa di lato, osservandola – Di lei, mi ha detto che è molto forte e determinata e con un gran senso della giustizia. Quando si sono sentiti e le ha spiegato la situazione, si è offerta di venire per aiutarci.
- Oh beh… - fece un mezzo sorriso la ragazzina per niente tranquilla, aveva paura di non piacerle; temeva di non riuscire ad essere né alla sua altezza né in grado di seguire le sue strane lezioni.
- Amu… - la riscosse Miki – Secondo me, ti stai fasciando la testa.
- Sì, - annuì Ran – Miki ha ragione. Non puoi sapere cosa succederà finché non vi conoscete.
- Devi avere fiducia in te stessa. – concluse Dia volandole sulla spalla – Altrimenti che Jolly sei?
- Avete ragione… - sospirò – Come sempre…

Tadase, senza dire niente, la prese per mano e si avvicinò a lei, annullando la distanza tra i loro corpi.
Amu, imbarazzata come non mai, restò il più ferma possibile fino a che si rese conto che il ragazzo aveva chiuso gli occhi e si era appisolato.
- Tadase è molto stanco. – spiegò Kiseki – Durante la tua lunga assenza, i Guardiani non si sono risparmiati.
- Mi dispiace… - mormorò Amu osservando il viso da bambino del suo compagno di classe – Avrei voluto aiutarvi, ma le ferite non mi permettevano di combattere.
- Sciocca! – la rimproverò Kiseki – Nessuno di noi ti avrebbe permesso di combattere. Ti vogliamo molto bene, Amu. Teniamo alla tua vita ed alla sua salute.
- Grazie… - balbettò abbassando lo sguardo.
Nell’auto calò nuovamente il silenzio, e la ragazza tornò ad osservare il fascicolo di Sakura.
In fondo ad esso trovò delle foto e, con il cuore che batteva forte, le guardò: Sakura era alta e slanciata, aveva un fisico molto femminile che sapeva valorizzare con classe ed eleganza; aveva lunghi boccoli biondi che le arrivavano a metà schiena; occhi grandi e profondi di una tonalità d’azzurro molto chiara, screziata d’oro.
La sua carnagione era diafana; il pallore della pelle risaltava con indosso l’uniforme scolastica nera, che ad Amu ricordò quella di Ikuto.
Tra le foto, Amu trovò anche alcuni scatti di Sakura bambina e giovane studentessa della Seiyo Academy, anche in compagnia del Re Fondatore e degli altri Guardiani che li avevano preceduti. Curiosa, la Jolly osservò con attenzione le foto ed un dolce sorriso le si stampò sul volto: sembrava veramente che il Re Fondatore avesse un debole per quella bella Jolly. Sembrava che quell’affetto non fosse corrisposto, perché la Jolly aveva molti scatti con un ombroso Jack's Chair, un bel ragazzo alto, con i capelli neri come le ali dei corvi ed occhi simili a smeraldi.

Più serena, Amu chiuse il fascicolo di Sakura, stava per metterlo nella cartellina quando caddero delle foto che non aveva visto. Borbottando contro la propria sbadataggine, la ragazzina le prese e le girò curiosa, erano foto di quadri di shugo chara.
- Mmmhh… - si lamentò Tadase – Amu perdonami! Io… mi sono addormentato.
- Non ti scusare. – gli sorrise – Io ne ho approfittato per finire di leggere questo. – gli mostrò il fascicolo – E scusami, ho fatto cadere delle foto.
- Tranquilla. – sorrise amorevole lui – Sono le foto degli shugo chara di Sakura. – spiegò – Ha fatto dei dipinti, perché temeva che non tutti potessero vedere i suoi Guardiani.
- Già… - annuì Amu.
- Le hai guardate? – chiese curioso.
- Non ancora. – scosse la testa sobbalzando – Ti sei svegliato quando stavo per farlo.
- Oooh… allora non ti dirò niente… io conosco gli shugo chara di Sakura…
- Mi devo preoccupare?
- Eheheheheheh… - ridacchiò Tadase, ma non aggiunse altro, lasciando ad Amu la possibilità di giudicare senza essere influenzata da opinioni altrui.
Ancora più curiosa, la ragazza abbassò la testa sulle foto che aveva appoggiato in grembo, ne prese una e la studiò attentamente.
Nel quadro era riprodotto uno shugo chara “Maneki Neko”, una gattina con grandi occhi gialli dall’espressione buona e serena; aveva le orecchie; la testolina; le quattro zampe e la lunga coda bianche con delle macchie color caramello. Indossava un kimono rosso e arancio, con ricamati dei fiori di ciliegio sulla gonna. Al collo portava un collarino rosso con il campanello; e sulla schiena, a mo’ di scudo, aveva il koban la moneta d'oro che, generalmente, i Maneki Neko trattengono con una zampa.
- Il suo nome è Chobi. – spiegò Tadase guardando la foto che Amu aveva in mano – Non farti ingannare dalla sua espressione serena e pacata. Quel Maneki Neko è molto potente. Per fortuna sta dalla parte del bene.
- Wwwwwwwooooooooooowwwwww!!! – miagolò Yoru mettendosi tra i due ragazzi – Ma questa gattina è stupendaaaaaaaaaaaaaaaa!!!
- Amu, la fai vedere anche a noi? – domandò gelosa Miki.
- Certo… - annuì la Guardiana – Yoru, puoi portarla tu dagli altri?
- Con piacere Amu! – scattò sull’attenti il gattino facendo ridere i presenti.
- Signorino… - parlò l’autista – Siamo quasi arrivati.
- Grazie mille. – sorrise Tadase riconoscente.
- Sarà bene che mi sbrighi… - mormorò Amu curiosa di vedere gli altri due shugo chara.
- Se preferisci aspettare, potrai vederli di persona.
- Mmmh… sono molto sconvolgenti? Ci… Cioè… Quel Maneki è molto grazio… grazioso ma…
- Oh già… Che sbadato! – sospirò Tadase – Del fascicolo dell’insegnante, manca il perché sono nati i suoi shugo chara ed il loro significato. Te lo spiego io, se vuoi. – Amu annuì ed il King’s Chair continuò – Chobi, è nata dal desiderio di Sakura di poter donare a tutti serenità. Serenità economica e spirituale. La sua famiglia non ha attraversato proprio un periodo piacevole, fino a quando suo padre si è trasferito in Inghilterra, sembrava che dovesse lasciare la nostra scuola. – Tadase si portò un dito sulla bocca – Non ricordo se è stata la famiglia di mia madre e mio zio ad istituire una borsa di studio, lei e il Jack’s Chair l’hanno vinta, potendo terminare gli studi alla Seiyo Academy.
- Ooh capisco… - arrossì Amu che non ricordava tutta la storia legata ai Maneki Neko.

L’auto si fermò davanti all’ingresso dell’aeroporto, l’autista scese ed aprì la portiera al padroncino ed alla sua accompagnatrice.
- Vi aspetterò qui, signore. – disse con un breve inchino – Ma se dovessero farmi storie, sarò costretto a fare il giro.
- Grazie Chojiro, faremo il più presto possibile. – ringraziò Tadase prendendo Amu per mano e trascinandola all’interno dell’aeroporto.
- Tadase piano! – si lamentò lei che aveva ancora quella mano indolenzita – Mi stai facendo fare male.
- Scusami Amu… - si bloccò di colpo lui colpevole – Non ho pensato che…
- Tranquillo… - fece un passo indietro lei, imbarazzata dal suo sguardo – Non è niente… - poi si guardò attorno cercando il gate degli arrivi.
Una voce metallica annunciò che gli arrivi internazionali erano dai Gate 30 al 40, e che si trovavano nella zona più ad Est dell’aeroporto.
I due ragazzini si guardarono intorno con la faccia a punto interrogativo; delle spiegazioni frettolose della voce non avevano capito granché avrebbero dovuto chiedere aiuto ad un box per le informazioni.
Prima che si mettessero a cercare aiuto, Miki li raggiunse dicendo:
- Amu, aspetta, ho fatto questo… - le porse un foglio A4 – Credo che potrebbe aiutarti.
- Vediamo… - Amu lo aprì con un sorriso e la sua bocca formò una “o” di sorpresa davanti al disegno di Miki che, non solo aveva fatto un ritratto di Sakura ma aveva scritto il nome della ragazza con gli ideogrammi ed in lingua inglese.
- Wwwoooowwww! – mormorò Tadase – Miki, sei veramente brava.
- Grazie Tadase. – arrossì lo spirito distogliendo lo sguardo – Adesso andiamo.
- Sì, ma dove? – domandò Amu sospirando.
- Da questa parte, sudditi! – li chiamò altezzoso Kiseki – Gli arrivi sono laggiù in fondo.
- Grazie maestà. – lo canzonò bonariamente Amu, ma Kiseki lo prese per un complimento e volò davanti a loro gongolando felice.
Mentre camminavano con difficoltà tra la folla, udirono una voce gridare:
- Tadaseeeee!!! – a chiamare era stata Yaya che, seguita dal resto dei Guardiani, stava andando loro intorno – Tadaseee siamo quaaa!!!
- Yaya! – il King’s Chair si fermò in uno spazio libero, trascinando Amu accanto a sé.
- Salve ragazzi… - sorrise Amu – Non sapevo che vi sareste uniti al comitato di accoglienza.
- Tadase ci aveva chiesto se potevamo venire; ma tutti avevamo risposto di “no”. – spiegò arrossendo Rima – Poi…
- Vi siete sentiti in colpa e siete venuti. – concluse Yoru sbadigliando.
- Già… - annuirono gli altri. Amu sorrise, poi si girò verso il corridoio e vide alcune persone uscire dal tunnel degli sbarchi.
Mettendosi in testa al gruppo dei Guardiani, Amu aprì il foglio che aveva in mano alzandolo sopra la testa.
Molte persone le passarono accanto senza degnarla di uno sguardo. Qualche curioso gettava un’occhiata all’A4 per leggere il nome riportato su; altri si fermavano a distanza per ammirare il disegno; ma sembrava che della signorina Miraboshi.
- Uffa che noia aspettare! – bofonchiò Yaya annoiata – Andiamo a mangiare qualcosa al fast food? – propose.
- Non è una cattiva idea. – annuì Rima – Vorrei passare in quella grande edicola che abbiamo visto laggiù, quando siamo entrati. Forse troverò il fumetto che sto cercando.
- Ok… - annuì Yaya ma, prima che potessero allontanarsi dal gruppo, un nuovo ingresso di persone provenienti dai voli in arrivo, invase i tunnel, bloccandole.

Finalmente, dopo quella che a tutti parve un’eternità, dal Gate uscì una giovane donna che scartando alcune persone che si muovevano lentamente e, trascinando un grosso trolley, raggiunse il gruppo a passo spedito.
Amu la osservò avvicinarsi, non aveva dubbi, quella era senz’altro Sakura Miraboshi.
Se possibile, era ancora più bella dal vivo: aveva i capelli lunghi, sciolti in morbide onde sulla schiena; gli occhi azzurri messi in risalto da un paio di occhiali con la montatura rotonda neri con punti luce di Swaroscky, si era finemente truccata, era bella come una principessa.
Indossava dei blue jeans aderenti ai quali aveva abbinato un dolcevita viola che fasciava morbidamente le sue forme procaci ed una felpa con cappuccio di una tonalità di viola più scura, imbottita di pelliccia bianca. Ai piedi, come Amu, aveva indossato degli anfibi.
- Finalmente sono riuscita a sbarcare! Buon pomeriggio a tutti. – salutò fermandosi davanti ai Guardiani – Sakura Miraboshi sono io.  – concluse mostrando con un cenno del capo il disegno che Amu teneva ancora aperto sopra la testa.
- Ben… Ben arrivata signorina Miraboshi! – si inchinò arrossendo Amu, ricordandosi in quel momento sia le buone maniere sia che la stava fissando – Ha fatto buon viaggio?
- Poteva andare meglio. – si stiracchiò i muscoli indolenziti – Ma sono felice di essere qui.
- Anche noi siamo felici di averla nella nostra squadra. -  parlò il King’s Chair, un po’ imbarazzato
- Ne sono felice anch’io. – si guardò attorno, appuntando mentalmente le facce dei presenti all’interno del suo cervello; poi notò che erano soli, senza l’adulto che lei sperava di vedere dopo circa vent’anni di separazione – Scusate… - disse facendo frusciare i capelli – Ma… Tsukasa Amakawa, non è venuto con voi?
- No signorina. – parlò Nagihiko, impressionato dall’algida bellezza della giovane donna – Ha chiesto a noi di venirla a prendere.
- Giusto. – sorrise con calore Yaya – Ai Guardiani della Seyo Academy.
- Oh capisco… - scosse la testa – Certe cose non cambiano mai… - poi osservò attentamente Tadase e, sgranando gli occhi, continuò – Tu sei il figlio di Amakawa? Sei identico a lui da giovane.
- Ecco no… - arrossì il King’s Chair, non gli piaceva che si parlasse della sua parentela con il preside della scuola e Re Fondatore – Vede Tsukasa è… mio zio, signorina.
Gli occhi di Sakura brillarono, molti ricordi le affiorarono alla mente, conosceva molto bene la madre di Tadase, non che sorella di Tsukasa.
- Ho giocato a lungo con tua madre, Tadase. – spiegò infatti – Ma questo non è il luogo adatto per parlare del passato… - osservò attentamente i presenti, e si fissò su Amu e Tadase, sembrava che tra loro ci fosse qualcosa di sospeso, infatti chiese – Dimmi, King’s Chair… Questa bella signorina con i capelli rosa è la tua fida…
- Jolly! – la interruppe Tadase al colmo dell’imbarazzo – Lei è Amu Himamori. – Amu alzò la testa di scatto, trovandosi ad affogare negli occhi azzurri di Sakura – E loro sono il Jack’s Chair Nagihiko Fujisaki; la Queen’s Chair Rima Mashiro; l’Ace’s Chair Yaya Yuiki. E l’ex Jack’s Chair Kukai Soma.
- Onorata di fare la vostra conoscenza. – sorrise a tutti Sakura facendo un inchino veloce – Io sono Sakura Miraboshi, e sarò la nuova psicologa della scuola. Il mio compito sarà quello di parlare con voi studenti, dando la precedenza a voi Guardiani e di insegnarvi le arti marziali per rinforzare i vostri poteri.
- Pia… Pia… Piacere di conoscerla… - balbettò Amu arrossendo fino alla radice dei capelli, subito seguita dagli altri Guardiani.
Sakura sentì di avere molto in comune con Amu, la osservava attentamente notando i mille sentimenti che contrastavano dentro al suo cuore, le sembrò di tornare indietro di molti anni.
- Amu, se la fidanzatina di Tadase? - mormorò piano, in modo che nessun altro sentisse.
- Io… - arrossì lei fissandosi le scarpe – Tadase me l’ha chiesto, ma io…
- Non ti senti pronta. – la interruppe, voleva scoprire cos’aveva nel cuore quella ragazzina e doveva scoprirlo lentamente – Ne parleremo quando hai voglia. Ok?
- Grazie… - sorrise riconoscente la ragazzina – E grazie per essere venuta.
- È mio dovere di ex-Guardiana. – sorrise – Adesso andiamo, sono stanca è stato un lungo, lunghissimo viaggio. E sono molto curiosa di conoscere i vostri shugo chara. – sorrise.
- Signorina Sakura… - si guardò intorno Amu – Lei può vederli?
- Oooooohhhh… - il sorriso di Sakura si accentuò, facendole formare due adorabili fossette sulle guance – Certo che riesco a vederli. Ancora ne possiedo io tre. Vorreste vedere i miei shugo chara?
Amu diventò scarlatta, abbassò la testa e poi annuì timidamente: quella ragazza sapeva come metterla in imbarazzo con un semplice sguardo.
- Sono dentro la mia borsa, in valigia. Non avrebbero mai passato i controlli. Sapete… dopo quello che è successo l’undici settembre, volare è diventato più complicato.
Continuando a chiacchierare, il gruppo uscì dal terminal e si diresse verso l’auto di famiglia Hotori.
- Lo immagino. – annuì comprensivo Tadase ma lui, come Amu, non aveva pensato alla possibilità di problemi durante i controlli al check-in in aeroporto.
Sakura, una volta fuori dal terminal, si stiracchiò sfinita ed osservò il panorama con un velo di malinconia sul volto.
- Sono passati secoli dall’ultima volta che ho visto questo cielo. – esclamò sovrappensiero.
- Sistemo il bagaglio in macchina, signorino Tadase? – domandò una voce maschile facendoli sobbalzare tutti.
- Sì, Chojiro, grazie. – sorrise di rimando Tadase.
- Un attimo per favore. – lo bloccò la giovane donna – Ho la necessità di prendere un oggetto dalla valigia. Intanto voi salite in macchina.
La macchina di Tadase era una grossa limousine che ospitò in tranquillità tutti i Guardiani.
Sakura aprì la propria valigia con un sospiro, poi si voltò verso il King’s Chair chiedendo:
- Amu sa che uno dei miei shugo chara assomiglia ad una persona per lei speciale?
- No. – la interruppe lui, un po’ troppo bruscamente – Ha visto solo la foto di Chibi, per le altre due non abbiamo avuto tempo.
- Oh… - mormorò arricciando le labbra – Sembri quasi geloso di lei, Tadase. – lo osservò.
- No, ecco… - arrossì – Non è vero.
- Forse non sei sicuro che Amu ricambi i tuoi sentimenti. – parlava da psicologa in quel momento – Sono qui per aiutarvi. Parlate con me. – lo osservò mandando la testa di lato, ma lui non aggiunse altro e lei si zittì continuando a cercare dentro la valigia la sua borsa porta uova.
Rincorrendo i propri pensieri, Sakura chiuse il porta bagagli dell’auto, facendo sobbalzare Tadase che non ti aspettava un simile rumore.
- Scusa, mi dispiace… io…
- Non è successo niente signorina Miraboshi, - arrossì abbassando la testa lui – ero sovrappensiero, tutto qua.
- Possiamo andare. – gli sorrise mostrando la borsa – sono pronta.
- Perfetto… - Tadase aprì la portiera e trovò i Guardiani comodamente seduti nei sedili dell’auto intenti a mangiare e giocare con i rispettivi spiriti.
- Finalmente!!! – esclamò Sakura dopo essersi accomodata – Yoru; Ran, Suu; Miki; Kiseki; Kusukusu; Ritmo; Temari; Daichi; Pepe; e la formidabile Dia… - gli occhi azzurri brillavano – Che bello potervi conoscere! – con un sospiro, la giovane donna aprì la propria borsa dicendo – Le mie piccoline vorranno uscire…
- Come fai a conoscere i nomi di tutti i nostri shugo chara? – domandò Yaya con la bocca piena di patatine e gli occhi sgranati.
- Perché è mio compito di Custode ed ex Guardiana, Yaya. – spiegò – Ma adesso sono molto stanca, vorrei rispondere alle vostre domande domani. Ora continuiamo con le presentazioni… - sorrise e tutti annuirono.

Amu notò che Sakura aveva una borsa simile alla propria, cambiava solo il colore. Quella di Sakura aveva una base color avorio con stampato un pentagramma e delle note musicali.
All’interno della borsetta, riposavano tre uova. Sakura girò la borsa verso i ragazzi, mostrando loro le proprie uova.
- Svegliatevi ragazze… - mormorò dolcemente – Siamo arrivate e qua… Mmmhh… Ci sono degli shugo chara molto curiosi di conoscervi…
Risvegliate dalla voce gentile di Sakura, le uova iniziarono a muoversi; Amu le osserva curiosa: c’era un uovo bianco con macchie marroni, il simbolo al centro era una moneta d’oro, il koban; il secondo uovo era molto colorato, la base era rosso-arancio ed era decorato da motivi batik, il simbolo al centro era uno stetoscopio; il terzo ed ultimo uovo ricordava molto la borsa di Sakura era avorio ed era decorato con note musicali, il simbolo al centro era una chiave di violino dello stesso colore degli occhi di Ikuto.
Le uova si aprirono ed uscirono le tre shugo chara ancora mezze addormentate.
Amu le osservò a bocca aperta, erano bellissime! La Maneki Neko era deliziosa, il dipinto non le rendeva granché giustizia; quella uscita dall’uovo batik aveva lunghi capelli castano ramato legati in una treccia laterale impreziositi da minuscole piume di pappagalli; indossava un paio di pantaloni lunghi ed una camicia, i piedini erano protetti dalle scarpe usate dai medici in ospedale, sopra aveva un camice lilla su cui spiccava lo stetoscopio color argento; la terza guardiana era meravigliosa, indossava un abito da sera blu scuro, aveva i lunghi capelli biondi acconciati in un severo chignon ai piedi indossava scarpine di cristallo come Cenerentola ed in mano aveva un violino; i suoi occhi avevano lo stesso colore di quelli di Ikuto.
- Oooohhhh… Wooooowww… - mormorarono i Guardiani ed i loro shugo chara in macchina osservando le nuove arrivate.
- Ben svegliate! – sorrise loro Sakura.
- Mmmh… - si stiracchiò Chobi – Perché ci guardano così?
- Perché non vi conoscono. – spiegò Tadase – E’ un piacere rivedervi.
- Tsukasa!!! – squittì la dottoressa arrossendo – Non sei cambiato per niente! Com’è possibile? – volò verso di lui per salutarlo.
- Piccola dottoressa. – la fece posare sulla propria mano sorridendo – Ben tornata in Giappone. Ma io non sono Tsukasa; ma suo nipote Tadase.
- Ooohhh… - mormorò lo spirito guardiano osservando curiosamente gli altri – Adesso ho capito… Comunque… Sei gentile, grazie…
- Miaaaaoowww… - sbuffò fingendosi annoiata Chobi – Forse è meglio che ci presentiamo… Qua non conosciamo nessuno.
- Hai ragione Chobi. – parlò la shugo chara vestita da sera, la sua voce era musica – Io sono Maki, la guardiana che rappresenta lo spirito musicale di Sakura ed il suo desiderio di diventare una brava musicista come il signor Aruto Tsukiyomi. - sorrise.
- Maki, fai la brava… - le sorrise con dolcezza quella che sembrava una dottoressa – Al momento opportuno, Sakura racconterà tutto… Piacere di conoscervi, io sono Aya e rappresento il sogno di Sakura di diventare veterinaria.
- Ed io sono lo shugo chara Maneki Neko, Chobi. Uno shugo chara molto raro… - sorrise e Yoru svolazzò verso di lei con gli occhi a cuore.
- Ooooh Chibi, sei bellissima!
- Miaow… - lo salutò lo spirito muovendo la coda – Ciao Yoru.

Il resto del viaggio lo fecero chiacchierando, Sakura sapeva molte cose sugli shugo chara e sulle uova del cuore; era interessante sentirla parlare, la sua voce sapeva rasserenare gli animi e ben presto anche Amu si rilassò contro lo schienale della macchina.
Arrivarono in città nel pomeriggio inoltrato, Sakura domandò all’autista di accompagnarla in un albergo; l’indomani si sarebbe messa in cerca di un appartamento tutto suo.
- Perché non viene a casa mia, signorina Miraboshi? – domandò Nagihiko con un sorriso.
- La sua proposta è interessante, signor Fujisaki. – sorrise sistemandosi gli occhiali sul naso –Ma sarò la vostra insegnante e non mi sembra etico che sia sua ospite.
- Forse ha ragione signorina. – annuì passandosi una mano sui capelli lunghi.
- Amu ha una stanza degli ospiti. – parlò Yaya portandosi un dito alla bocca – Sarebbe poco eti… eti.., uffa come si dice, etico, anche se andasse da una ragazza?
- In effetti no, signorina. – annuì la psicologa – Ma non vorrei approfittare né della signorina Himamori né di alcuno di voi.
L’autista fermò la macchina davanti ad un albergo nei pressi della scuola, si fermò e aiutò la signorina Miraboshi a scendere dall’auto.
- Arrivederci ragazzi. – li salutò muovendo la mano – Domani ci troveremo a scuola per le nostre prima lezioni.
Con un mormorio sommesso, i Guardiani salutarono Sakura e la osservarono salire in albergo: avevano molte domande da porle, chi era veramente; cosa significava essere una Custode. Ma fino all’indomani, non avrebbero ottenuto risposte.

   
 
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