Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: Porsche    25/09/2015    2 recensioni
"Ok, ti dirò quello che ho capito di te dopo la discussione con tua madre. Ma se ci azzecco, allora devi essere sincera e dirmelo, d'accordo?".
Feci cenno di si con la testa, curiosa di sapere che cosa avrebbe detto riguardo la sottoscritta.
"Ho capito che sei una persona introversa, che difende il suo mondo interiore attraverso una corazza. Che preferisce restare nell'ombra, invisibile agli occhi degli altri, come se fossi soltanto anima e non corpo. Che non ha dei sogni nel cassetto per cui impiegare tutte le proprie forze, ma che si lascia trasportare dalla vita, come se non le appartenesse... E credo... di aver intravisto una ferita di molti anni fa che la corazza non è riuscita a rimarginare, ma che è ancora lì, ad attendere di essere guarita".
Non mi girai a guardarlo nemmeno una volta.
Ero stata sconfitta e ciò era umiliante.
Ma quello che volevo nascondere erano le lacrime che continuavano a scendere senza che niente e nessuno potesse fermarle.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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DAUS cap 6




Dietro ad un sorriso

Capitolo 6 – Life’s a Choice

 

 


 

Uno, due, tre minuti – o forse anche dieci – chi sapeva quanto tempo era passato, quanti secondi avevano scandito il ritmo del duello che stava avendo luogo in quel momento. Non era certo un combattimento all’ultimo sangue, ma entrambi i contendenti potevano giudicarsi testardi, risoluti e fermi sulla loro posizione.
L’incontro vedeva alle due estremità: me stessa, seduta placidamente sulla poltrona del salotto – Vs. – libro di Michael, posato sul tavolino di fronte, esposto alla vista della sottoscritta.
Non l’avevo più aperto dopo aver letto la dedica, e non perché non morissi dalla curiosità di farlo, piuttosto quelle parole, quel pensiero, risuonavano nella mia testa come un grande e irrisolto “perché?”. Era un punto di domanda che non riuscivo ad ignorare, seppure avessi cercato di farlo. Non mi capacitavo di un tale gesto, di avermi fatto un regalo per Natale, di essere stata nei suoi pensieri.

Di fianco al libro, invece, c’era la lettera dell’Università, ed anche lì un grande punto interrogativo mi affliggeva. Ero stata invitata a prendere parte ad un corso di specializzazione sugli animali esotici. Ai tempi in cui mi laureai ero riuscita a classificarmi tra le più brave della mia facoltà e ricevevo spesso quei tipi di inviti. Il più delle volte erano corsi di approfondimento che in realtà non aggiungevano nulla di nuovo al percorso di studio già intrapreso. Questa volta però si trattava di studiare un campo di cui ero da sempre rimasta affascinata, ed era un’occasione d’oro per approcciarsi ad una realtà non sempre accolta dai veterinari comuni, lo studio di altre specie di animali. Certo anche io amavo cani e gatti, ma non volevo fermarmi solo a quello.
Tuttavia il corso si teneva in Florida, dall’altra parte degli Stati Uniti, in un centro specializzato nella cura di animali non considerati domestici, e si sarebbe concluso in cinque mesi, verso la fine della primavera.
L’idea di lasciare Los Angeles, gli affetti e la sicurezza della mia casa per tutto quel tempo, mi faceva desistere dall’accettare.
Non sapevo proprio che decisione prendere e l’essere indecisa per natura non mi aiutava per niente.

- Din Don –

   << Arrivo! >>.
Spalancai la porta accogliendo il sorriso sornione di Jay. Portava un cappellino di lana che ricopriva i riccioli dorati di cui era provvisto e un giubbotto di piumino per ripararsi dal freddo. Non era mai stato molto attento a quella che si definiva “moda” ma non era un punto che andava a suo sfavore, anzi. Molte ragazze mi avevano confidato di trovarlo bello e affascinante, nonché capace di far divertire in qualsiasi momento con la sua naturale allegria. Io le ascoltavo e sorridevo, perché cercavo di aiutarlo a trovare la sua anima gemella, di renderlo felice, ma lui rifiutava ogni avance sempre con risoluta determinazione. Allora mi rabbuiavo, incapace di capirlo, chiedendogli il motivo di tanta riluttanza, lui che non aveva problemi a socializzare e che avrebbe potuto avere qualsiasi donna ai suoi piedi.
Solo una volta mi diede una sottospecie di risposta; una sera, seduti soli sul dondolo davanti casa, ne approfittai per iniziare il discorso. Mi disse solo: “sto aspettando una persona”, ed io non indagai oltre.
   << Ehi, buon Natale, Santa Claus! >>, lo presi in giro.
Storse il naso, non molto divertito.
   << A proposito di questo, come mai quest’anno non sei venuta a sederti sulle mie gambe ad esprimere il tuo desiderio? Anzi non mi hai proprio degnato di uno sguardo. Non si fa così, cara Bee >>.
Mosse il dito facendo segno negativo, tenendo l’altra mano nascosta dietro la schiena.
   << Oh avanti, sembra quasi che tu sia geloso >>, misi le braccia conserte e provai a stuzzicarlo.
   << Forse lo sono >>.
Rimasi a guardarlo cercando qualche indizio che mi facesse capire che stesse scherzando.
Non ne trovai.
   << Andiamo Jay, sai già quanto fossi scossa quel giorno. Magari avevo la testa da tutt’altra parte, non farne un caso drammatico. E poi, geloso di cosa? >>.
Attesi la risposta. Alla fine scosse la testa.
   << Di nulla. Buon Natale, Bee >>.
Mi porse un cofanetto di forma rettangolare, formato da un tessuto vellutato color rubino. Aveva l’aspetto formale ed elegante, già pregustavo quale magnifico oggetto avessi ricevuto in regalo.
   << Che cos’è? >>, chiesi mentre lo studiavo con gli occhi.
   << Dai aprilo >>. Mi apparse impaziente, come mai lo avevo visto.
Spostava continuamente il peso del corpo da un piede all’altro in una danza scomposta e disordinata.
   << E va bene, va bene! Dammi un attimo >>.
Tolsi il fiocco di seta che avvolgeva il velluto, e lo aprii.
   << Che te ne pare? >>, mi chiese, non appena posai gli occhi sull’oggetto contenuto.
Mi presi del tempo prima di rispondere. La sorpresa di ritrovarmi quel bellissimo regalo tra le mani mi lasciò senza fiato.
Era un bracciale, probabilmente d’oro, formato da una maglia fine come una catenina, nella quale era appeso un charm: una piccola ape con le ali spiegate, e il nero e il giallo del dorso ben in vista.
   << È bellissimo Jay! È stupendo, grazie >>.
Lo abbracciai d’istinto, senza remore o incertezze, con lui era un gesto che mi veniva spontaneo come respirare.
   << Beh, quale altro modo per onorare il tuo soprannome se non regalandoti il significato di esso? Non sei d’accordo, piccola Bee*? >>.
Gli diedi un buffetto sulla spalla, cercando di sdrammatizzare per non lasciarmi coinvolgere dall’emozione del momento. Mi piaceva il mio soprannome e mi piaceva il fatto che solo lui mi chiamasse così.
   << Come potrei non esserlo? Vieni dentro, forza, fuori fa freddo >>.
Riposi il cofanetto su uno scaffale della libreria e presi il regalo per Jay, rimasto tutto solo sotto l’albero.
   << E questo è per te >>, glielo porsi con molta soddisfazione. Adoravo fare regali, la felicità causata ad altri e nata da un proprio gesto è un’emozione incommensurabile, inebriante.
   << Vediamo un po’, deve essere un altro dei tuoi regali sui Beatles >>.
Il luccichio negli occhi era di riso e di un bonario rimprovero.
Non provai a contraddirlo perché si rivelò essere esattamente quello che aveva predetto. Mi ringraziò con un bacio sulla guancia e il momento dei regali si concluse con quel gesto.
   << Mi dispiace per non essere passato prima a farti gli auguri, ho avuto alcuni impegni da sbrigare, e poi mia madre mi ha sballottato a destra e a manca per andare a trovare parenti di cui nemmeno conoscevo l’esistenza. Insomma il solito inferno natalizio >>.
   << Beh, sei un uomo adulto, sei capace di dire di no? >>.
   << No – cioè sì – certo che ne sono capace, ma si da' il caso che ci siano due persone alle quali io non riesca a dire di no >>, rispose con un sorriso beffardo.
Lo imitai, lusingata, anche se incredula. Non credevo di avere un tale potere su di lui, difatti non capii se fosse uno scherzo o meno.
   << La vuoi una tazza di tè? Ne ho uno buonissimo dal sapore agrumato >>.
   << Accetto l’offerta >>.
Feci accomodare Jay sul divano e mi spostai in cucina a preparare la teiera.
Sentii accendere la televisione e passare da canale in canale, fino a fermarsi in quello che doveva essere un programma musicale. Sapevo già quanto fosse speranzoso di trovare una canzone dei Beatles ma le sue speranze furono vane perché dal rumore assordante che riuscivo a percepire quella musica doveva essere tutt’altro che del gruppo di Liverpool.
Aspettai quei pochi minuti necessari per la preparazione del tè e fui pronta per raggiungere Jay.
   << Il tè è pronto, vedrai quanto è buon- che fai? >>.
Mi fermai sotto l’arco che divideva cucina e salotto e osservai Jay tenere con una mano il libro regalatomi da Michael e con l’altra mano riposare velocemente in tasca quello che sembrava essere un piccolo biglietto.
   << Niente >>, fu la risposta repentina.
Non mi mossi, perché avevo lo strano presentimento che non fosse la verità.
   << Cos’era quel bigliettino? >>.
   << Questo? – cacciò fuori il pezzetto di carta e lo ripose immediatamente dopo – Non è niente, solo la lista della spesa che mi ha scritto mia madre >>.
Annuii, lenta.
Che stupida, non sapevo che cosa mi fosse preso. Mi ero lasciata ingannare dalla faccia sorpresa di Jay e dalla rapidità del movimento, sembrava lo avessi colto in flagrante quando in verità dovevo solo averlo spaventato.
   << Scusami, qualunque cosa sia non sono affari miei >>.
Mi avvicinai al tavolino e posai il vassoio con le due tazze .
   << Non dire così, sai che non è vero. Comunque, mi hai spaventato. Stavo leggendo la trama di questo libro, sembra interessante >>.
Guardai vagamente il disegno che ricopriva l’intera copertina. Lo conoscevo in ogni minuscolo dettaglio come una foto ricordo stampata direttamente all’interno della mia memoria.
   << Non saprei, ancora non ho iniziato a leggerlo, l’ho ricevuto in regalo solo ieri. >>.

Non mi chiedere da chi …
Non mi chiedere da chi …
Non mi chiedere da chi …

   << Da chi? >>.
Perché mi sentissi a disagio nel rispondere a quella domanda non avrei saputo davvero dirlo. 
   << Non mi crederesti mai >>.
   << Provami >>, rispose, con la solita faccia da schiaffi, ormai appurata negli anni e divenuta suo marchio di fabbrica.
Mi accomodai sulla poltrona vicino al divano, lo feci con una lentezza che doveva per forza di cose risultare esasperante per il mio interlocutore, ma mi serviva per tenere sotto controllo il nervosismo che quella rivelazione avrebbe provocato.
Misi lo zucchero nelle tazze – un cucchiaino per Jay e due per me, che amavo assaporare la dolcezza di ogni bevanda calda – mescolai con cura e quando gli porsi la sua tazza, Jay era già pronto ad accoglierla, lo sguardo fisso e attento su di me.
   << Me l’ha regalato Michael >>, mi spostai una ciocca di capelli, tesa.
Jay non fece una piega. << Cioè, intendo Michael Jackson >>, aggiunsi infine, per togliere ogni dubbio e aspettando paziente le mille domande che di lì in poi mi sarebbero piombate addosso.
Così non avvenne. La sua espressione non mutò se non di uno stupore che sembrava ostentato più che spontaneo, come quel “wow” che gli sentii pronunciare qualche secondo dopo. Era solo un’esclamazione fine a se stessa.
Per qualche strano motivo facevo fatica a respirare, avevo la sensazione che non ci fosse abbastanza ossigeno in quella stanza.
Blaterai giusto un fievole “già” e poi calò il silenzio.
Bevemmo solitari il nostro tè, ascoltando per nulla interessati la voce della televisione che divulgava l’ennesima notizia sulla politica.
   << Cavolo, è fantastico, eh? Michael Jackson che ti manda un regalo >>.
Avrei detto incredibile più che fantastico ma non era il caso di puntualizzare.
Esordii con un altro dei miei “già”, attirando l’attenzione di Jay.
   << C’è qualcosa che dovrei sapere? >>, chiese in tono neutro.
   << Certo che no, nulla di importante. Abbiamo solo parlato per un po’ di tempo, nient’altro >>.
L’avrei definita una mezza verità, non completamente sincera ma neanche il contrario.
   << E comunque è solo un regalo Jay, per cui tranquillo, so che sei entrato in modalità “fratello protettivo”. Pensa che l’ho trovato imbucato nella cassetta della posta, con una semplice dedica all’interno e basta, né un indizio né un numero di telefono per ringraziarlo. È un gesto carino, ma finisce qua >>.
Rise freddamente girandosi a guardare la televisione, scuotendo la testa.
   << Come sei ingenua >>.
Aspettai di sentire altro che spiegasse quella frase improvvisa e rimasi per poco tempo a guardargli il profilo adulto, la fronte coperta da pochi ciuffi dorati e il naso pronunciato a seguire una linea dritta. Non parlò più ed io mi sentii offesa, perché tra tutte le verità che avrebbe potuto dire quella aveva un suono sarcastico.
Mi ero innervosita, non capivo metà dei suoi comportamenti quella sera.
Presi le nostre due tazze e le posai sul vassoio per andare a posarle in cucina ed uscire da quella stanza.
   << Aspetta >>, la voce di Jay mi fermò, così come la sua mano che ora indicava un punto preciso dinanzi a sé.
Seguii la sua direzione trovando le immagini televisive di una bellissima casa vista dall’alto di un elicottero, circondata da un grandissimo prato verde.
Si vedeva in lontananza un parco giochi e lunghi sentieri contornati da fiori di ogni colore.
L’avevo già vista altre volte su foto di giornali e in televisione, ma non ricordavo in quale occasione.
Il luogo di per sé trasmetteva calma e serenità ma la notizia che seguì mi gelò sul posto.

   “Sembrerebbe essere questo il declino di una Star nata sotto i riflettori e che ci incollava ai teleschermi per ballare con la sua orda di zombie ballerini. Un decennio dopo, il King of Pop, Michael Jackson, si ritrova con una recente accusa di pedofilia enunciata dal padre del piccolo Jordan Chandler, ma non solo. Dallo staff manageriale del signor Jackson ci arrivano notizie che la Star avrebbe da poco lasciato la sua abitazione di Neverland, nella contea di Santa Barbara, per alloggiare fino a tempo indefinito in un centro di riabilitazione per la disintossicazione da farmaci antidolorifici. Un’altra battaglia attende ora il King of Pop, ma ci chiediamo se alla fine ne verrà fuori un po’ di luce o se questo non sia altro che l’inizio della fine per Jacko.”

L’ultima immagine era il fotogramma di un sorriso limpido e dalle labbra distese che ricordavo molto bene. Anche gli occhi erano gli stessi, non guardavano nella telecamera, non l’avevano mai fatto durante l’intero servizio, nei vari stralci presi dalla sua vita quotidiana.
Pensai che doveva essere uno scherzo o una bufala inventata dalla rete televisiva, il che era assurdo, considerando che fino a qualche giorno fa non avrei mai obiettato sulle cose dette sul suo conto, anzi avrei rincarato la dose.
Però stavolta lo feci, perché sperai soprattutto che non stesse così male. La foglia tremolante sembrava pronta per atterrare e non nel migliore dei modi. E se non ce l’avesse fatta a proteggersi a dovere? Avrebbe rischiato di veder rompere i suoi filamenti e divenire secca, dimenticata e abbandonata.
Ma era possibile per uno come lui? 

   << Alla fine le fragilità vengono sempre a galla, ci si deve fare i conti prima o poi >>.
Spostai gli occhi su Jay rimasto a guardare immobile come una statua lo scorrere delle immagini che ora raccontavano un’altra notizia. 
   << Il Re sta per abdicare >>, concluse.
Se prima avevo un peso, adesso sentivo un macigno.
La crudeltà di quelle parole mi scosse, ne avvertii l’amara veridicità ma per qualche ragione mi imposi di non creder loro.
Mi era impossibile pensare a quell’uomo e vederlo schiacciato dai suoi stessi incubi, anche se centinaia di possibilità mi balenavano in testa senza che io potessi fermarle: alcune avevano un lieto fine e possedevano la capacità di farmi respirare; altre scivolavano come veleno e io ne sentivo gli effetti paralizzanti lungo tutto il corpo, avevo paura e non per me.
Eppure riuscii a spezzare l’evoluzione di quei pensieri, non era la fine, anzi era l’inizio di una salita.
Michael ne stava percorrendo i primi passi, e la fragilità non aveva scampo contro l’altra parte della sua personalità.
Sperai con tutta me stessa che mettesse in campo la determinazione e la tenacia che in qualche angolo si intravedeva nella sua natura; e che quel luogo segreto dietro il quale si nascondeva e che stava quasi per essermi svelato, riuscisse a proteggerlo a dovere per renderlo più forte.
Lo sperai così tanto che alla fine divenne una certezza.
Ce l’avrebbe fatta, ne ero sicura. Era un atto di coraggio il suo, non un gesto arrendevole.
Jay me lo lesse negli occhi ancora prima che io aprissi bocca.
   << Ti sbagli. Non sta abdicando, sta lottando per rimanere sul trono >>.

 

***

 

Presi finalmente una decisione quando una sera, dopo aver ascoltato l’ennesima notizia sul suo presunto declino artistico ed umano, spensi il televisore con assoluta calma ed andai in camera a preparare le valigie.
Avevo vissuto in quella settimana preda di un subbuglio emozionale che mi prendeva all’altezza dello stomaco, un malessere che andava poi ad espandersi sul resto del corpo.
Eppure mentre cercavo le cose che mi sarebbero servite per abitare in Florida, ero quieta e leggera, privata di qualsiasi timore. Un po’ ansiosa, quello sì, ma anche stranamente eccitata.
Era bello dopo tanto tempo darsi una possibilità. Avrei dovuto farlo più spesso, anche io ero in grado di scacciare i miei incubi, lo sapevo e ci credevo.
Le uniche persone che salutai furono le mie colleghe nello studio privato nel quale lavoravamo come veterinarie.
A mia madre una telefonata, breve ma intrisa di mille sentimenti, di un augurio speranzoso offerto con un tono guidato dall’orgoglio.
Aspettai prima di chiamare Jay, dopo quella sera non ci eravamo visti né sentiti, e telefonargli avrebbe fatto tremare un po’ della mia determinazione, che mai si era separata dalla sua presenza.
Partii che era pomeriggio inoltrato, due valigie e una borsa in spalla.
La prima decisione della mia vita, il primo faticoso passo a scalare la montagna.
Non mi sentivo altro se non felice, mentre in aeroporto annunciavano la partenza del mio volo.
Mi alzai sicura verso la mia meta, accompagnata dalla voglia di farcela, da un’ape d’oro pronta a spiccare in alto e da un libro che aveva osato sfidarmi.

 

 

* Spazio autrice:

Dico subito una cosa … dal prossimo capitolo torna Michael, promesso! XD
Per quanto riguarda il soprannome di Isabella invece, già lo saprete ma - onde evitare confusione - Bee è anche una parola inglese che significa “ape”. Da qui ecco fornita la spiegazione al regalo di Jay.
Inoltre vorrei ringraziare chi ha aggiunto questa storia tra le preferite e le seguite, mi sono accorta di non averlo mai fatto, quindi cerco di rimediare ora.
Mi riempite davvero di gioia.
Un abbraccio di cuore,
Martina.

  
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