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Autore: lazybones    05/10/2015    3 recensioni
"Morire di apnea con come ultimo pensiero una scena porno-lesbo in testa sarebbe stato di quella giusta dose di squallore che Gerard di per sé costituiva."
Seguito di: "Until My Heart Explodes" a sua volta seguito di "I'll be your detonator!"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Bob Bryar, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come smepre (e certo) tempi di attesa molto brevi. Nel frattempo ho giusto fatto in tempo a fare la maturità e iniziare l'università... per dirne due......... ma non preoccupatevi, la prossima sarà la vostra ultima straziante attesa. Penso di riuscire a concluderla nel prossimo capitolo. Sono fusa, ma penso di farcela.
Come sempre mi auguro che vi piaccia e chiedo scusa se da qualche parte ho lasciato pezzi che non c'entrano ma c'ho messo due giorni a rileggere tutto perchè per l'appunto sono fusa e ho cambiato come sempre cazzatine e ora non voglio passarci altri due giorni (e certo, direte, mesi di attesa e manco controlla che cazzo ha scritto. S c u s a t e.)
Sucate anche la carenza di coerenza e filo logico. ( non so se apprezzare di più il sucate involontario o la rima altrettanto involontaria..... ci dormirò su )
Passate belle giornate,

lazybones
(vedete, mica scherzavo, sono proprio lazy)


 
16. The Muppet Show



C'era un'atmosfera bizzarra. Sembravano tre coinquilini (due sani e uno morente), ed era così terribilmente sbagliato, ma allo stesso tempo così facile da gestire che nemmeno aveva voglia di pensarci più di tanto. Era seduto sul divano, a prudente distanza da Frank, con la televisione accesa e guardava Lindsey mettere a posto la cucina in silenzio attraverso uno scorcio lasciato da una fortunata combinazione di mobili e mura. Spostando lo sguardo un altro po' a destra trovò Frank, che lo guardava senza ritegno ma con un briciolo di lucidità in più rispetto a mezz'ora prima, quando aveva detto una cosa strana su Gerard che per questione di culo si era esaurita lì, nella sua incomprensibilità. 
- Che situazione. - gli sussurrò Gerard.
Frank annuì una sola volta, e Gerard si chiese se avesse anche solo capito di essere al mondo. Sospirò e tornò ad osservare Lindsey, provando sensazioni che spaziavano dal senso di colpa all'affetto passando per un briciolo di istinto suicida. Perchè sì, c'è chi ha l'istinto di sopravvivenza e chi ce l'ha di autodistruzione. Gerard rientrava nella seconda categoria, e avrebbe meritato una pacca sulla spalla da Dio in persona per essere ancora in circolazione. Per una serie di associazioni si ricordò dell'esistenza di Jamia e a quel punto della sua vita provò pena addirittura per lei, quindi si alzò dal divano e fece per andare in cucina. Ma notò qualcosa di sospetto negli occhi di Frank che lo seguivano dappertutto quindi si prese un attimo per mettere le cose in chiaro.
Si portò un indice sulle labbra. - Shhh. -, gli fece segno con aria minacciosa.
- Nel senso sexy? - . Cosa?
- Nel senso che ti faccio a brandelli se dici qualcos'altro su di me. -
Frank corrugò la fronte, confuso. - Nel senso sexy? - ripeté dopo qualche istante.
- Che diavolo vuol dire? - borbottò, - Cerca di calmarti. - 
- Scusami tanto se i 39 gradi mi stanno accaldando. - disse, rinvigorito dall'improvvisa irritazione che Gerard gli aveva provocato. Poi, come spegnendosi all'improvviso, chiuse gli occhi senza dire nulla. Probabilmente aveva deciso di dormire.
Gerard sbuffò, esasperato dal nonsense di cui Frank era capace non appena gli veniva l'influenza. Era anche peggio di quando era ubriaco. Entrò in cucina e si fermò dietro Lindsey, che stava sistemando i piatti puliti.
- Ehi. -
Lindsey sobbalzò e lo colpì allo stomaco con il gomito, ma in realtà non fece molto male. - Mio Dio. Da quando hai il passo così leggero? -
- Non lo so, però considerando il mio peso mi sembra un buon traguardo. - . La baciò e gli parve di sentire qualcosa cadere in salotto. Quello stronzo nemmeno stava dormendo. Gli avrebbe lanciato la lavastoviglie. Fece per allontanarsi ma Lindsey posò la testa sul suo petto e lo imprigionò in un abbraccio. All'inizio perse tempo a chiedersi se l'avesse fatto per fare ingelosire Frank prima di ricordare che si trattava di Lindsey, e che Lindsey non avrebbe mai fatto nulla di simile. L'abbraccio non si scioglieva e immaginò di essersi perso qualcosa. Forse un qualche lutto familiare? Si sentì pervadere dalla tristezza. 
- Va tutto bene? - chiese a bassa voce.
Si sentirono altri movimenti dal salotto.
Lindsey si scostò e si sistemò i capelli tenendo gli occhi bassi. - Non ne voglio parlare adesso. -
- E' grave? -
Sollevò mestamente gli occhi castani. - Non insistere. - 
- Okay. - borbottò e si tirò su i pantaloni nervosamente, non sapendo che dire.
- Come mai qui? Immagino che tu non sia venuto per i piatti. - . La cucina continuava ad essere pervasa da un silenzio sordo, non importava quanto parlassero. Sembrava che qualcosa avesse smesso di fare rumore dopo un'intera vita di ronzio. Stava avendo uno dei suoi momenti metafisici. Forse c'era così dentro da stare con un piede già nell'aldilà.
- Ger- -
Riscivolò nel mondo reale con brutale velocità. - Ti spiace avvisare Jamia della condizione di Frank? Quell'altro è troppo incosciente per occuparsene. - disse accennando con la testa al salotto, - Sarà- sarà preoccupata. - 
Lindsey guardò in direzione del salotto senza dire nulla. Forse si stava facendo pure lei un giretto nel mondo metafisico.
- Mi occupo io dei piatti. - la incoraggiò con un bacetto sulla guancia.
Lei riprese a guardarlo. Gli toccò i capelli, tirandoli piano. - Sei bello coi capelli rossi. Però fatteli crescere che così sembri quello del Muppet Show. -
- Beaker? -
- Gli somigli. -
- Grazie di cuore. - 
Lindsey rise e ritirò la mano. - Vado a chiamare Jamia. -
Gerard la seguì con lo sguardo mentre usciva dalla cucina e come in un film horror riuscì a distinguere nell'oscurità il volto di Frank, che lo stava fissando dalla sua zona in penombra.
Non sapendo bene come reagire, si ritrovò a fargli il dito medio. 
Frank ricambiò e la loro breve interazione finì lì.
Sistemò i piatti e non capendo se la cucina fosse pulita o meno, passò uno straccio su tutte le superfici piane che non fossero il pavimento e poi tornò in salotto, abbastanza soddisfatto.
- Come va? - chiese a Frank.
Frank si strinse nelle spalle.
Gerard sospirò di fronte alla consapevolezza che, per la prima volta, era il meno depresso della situazione.
Guardò Frank ignorarlo e pensò che se non ci fosse stata Lindsey nella stessa casa si sarebbe rannicchiato vicino a lui e gli avrebbe baciato le guance per tutta la sera. Abbassò lo sguardo sulla fede che si era rimesso e ci giocherellò spingendola avanti e indietro sull'anulare. 
- Lindsey sta chiamando Jamia. - gli comunicò dopo qualche secondo di silenzio.
- Ho sentito. - 
- A proposito, non mi piace essere osservato mentre sto con mia moglie. - 
- A me non piace tua moglie. - 
Non dissero nulla per un po'. A Gerard veniva continuamente da ridere istericamente.
Lindsey scese le scale, con uno dei suoi pigiami con i pupazzi di neve e le ghiande nonostante fossero ad aprile. - Ho chiamato Jamia. -
Frank la ringraziò, appallottolato nell'angolo del divano.
- Ti manda tanto amore e quelle cose lì. - . Fece per sedersi sul divano fra loro due, ma Gerard la cinse con un braccio e la fece sedere sulle sue gambe. Lindsey si sistemò di lato, leggermente a disagio. - Sono le due, non avete sonno? Mi si chiudono gli occhi da soli. -. A tal proposito, si esibì in un impressionante sbadiglio al quale Frank assistette apaticamente, come assisteva a tutto, del resto. L'influenza sembrava cancellargli per qualche giorno buona parte di anima, coscienza o in qualsiasi modo la si voglia chiamare.
- Sì, già, credo sia meglio che io- - Frank si alzò dal divano e si fermò in piedi, ad occhi chiusi, con le braccia tese come un'equilibrista. Gli scivolò la coperta dalle spalle e riaprì gli occhi. - La co- -
- Lascia stare, faccio io. Riesci a salire le scale da solo? - chiese Lindsey, allarmata.
- Sì, ho solo avuto un attimo di- buona notte, ragazzi. -
- Dai, accompagnalo. - borbottò Lindsey, rialzandosi.
Gerard arrossì. Lindsey stava forse scherzando? Com'era passata dall'ottenebrante gelosia a questo
Prese Frank per il polso e questo, delirante, riuscì a prendergli la mano ancor prima che arrivassero alle scale. Nel corridoio gli mollò la mano per togliersi la maglietta. 
- Ho caldo. - si lamentò, facendo per buttarla a terra.
Gerard la prese al volo e lo rimproverò in un borbottio confuso.
Frank si lasciò cadere sul letto con l'ennesimo lamento. - Penso di avere tutte le ossa sbriciolate. Mi gira la testa. -
- Vuoi che ti porti su dell'acqua? -
- Sì, e apri la finestra. - 
- Dopo ti viene freddo e stai ancora peggio. Fatti una doccia piuttosto. - 
- Ho sonno, lasciami stare. - 
Sbuffò e scese al piano di sotto a prendere una bottiglia d'acqua e un bicchiere di plastica (Frank sarebbe stato in grado di rompere quello di vetro ancor prima di prendere un singolo sorso). Glieli lasciò sul comodino.
Frank stava già più o meno dormendo nella stessa posizione in cui si era ritrovato lanciandosi sul letto. Era quasi fuori dalla stanza e aveva giusto giusto appena spento la luce quando Frank lo fermò con un verso primitivo. 
- Lasciala accesa. -
Gerard borbottò spazientito.
- Gli incubi. - aggiunse Frank, prima di tornare ad addormentarsi.
Si fermò a guardarlo per qualche istante, impietosito, finchè Lindsey non passò a trascinarlo via con un abbraccio.

L'indomani, intorno alle dieci di mattina, si accorsero che le scorte di pastiglie e sciroppo si stavano riducendo pericolosamente e Gerard ebbe l'accortezza di andare in farmacia a fare rifornimenti dopo aver goffamente consultato Jamia per venire a conoscenza di eventuali allergie.
Guidando verso casa con la sportina di medicinali che sembrava scuotersi da sola ad ogni minima fermata si augurò che l'intera faccenda finisse presto. Probabilmente si era ammalato a sua volta ma era così sotto pressione da non accorgersene nemmeno. 
Toccò il fondo non con un singolo dito ma con ogni singola cellula che lo componeva quando, aperta la porta, trovò Frank addormentato sulla spalla di Lindsey. Fu come vedere un supereroe della Marvel in fumetto firmato dalla DC. Insostenibile. Incredibile.
Lindsey gli rivolse un sorrisetto colpevole. Come se fosse lei quella che tradiva il marito con Frank. Un attimo. E se...? Va bene. No. 
- Si addormenta in continuazione. -
Gli faceva venire la nausea. Non riusciva a capire se sembravano di più una coppia o madre e figlio, il che era infinitamente peggio considerando le cose che faceva con entrambi. Provò il forte bisogno di mettersi le dita nei capelli e urlare una qualche vocale prendendo a calci il muro e cercò di dissimulare lo stress togliendosi con movimenti meccanici la giacca. La strinse forte o perlomeno nella misura che gli era consentito senza spezzarsi le dita o farsi saltare le unghie in aria; sorrise alla donna che si era preso la briga di sposare attingendo a doti recitative inesistenti ma preoccupantemente efficaci e la appese all'attaccapanni come un vecchietto qualsiasi. Cercò con pacata disperazione qualcosa che contenesse caffeina con lo sguardo ma Lindsey interruppe la sua ricerca.
- Ci è scaduta l'assicurazione della macchina. - disse tetramente, diligente nel mantenere un tono di voce basso. 
Gerard smise di respirare e la guardò, immobile e inespressivo.
- Okay, non giocare a fare il cadavere. Vado io. So che preferisci Frank a quelli dell'ufficio assicurazioni. - 
Turbato, andò in cucina ad aprire la confezione di cioccolatini al cocco che aveva conservato per due mesi con il proposito di aprirla nei momenti importanti. Adorava troppo i cioccolatini al cocco per consumarli in un momento qualsiasi e, come c'era da aspettarsi, i suoi propositi erano andati a farsi fottere, per mano di Lindsey e con un pizzico di Frank, che riusciva a creare casini o comunque rompere le palle pure mentre dormiva. 
Non aiutò Lindsey a levarsi Frank di torno senza svegliarlo, perchè per quanto riguardava Gerard, Frank poteva anche svegliarsi e beccarsi qualche parola da Beaker in persona. Era anche colpa sua se quella confezione era finita aperta in un martedì qualunque. 
Tornò in salotto con i cioccolatini, consapevole del fatto che Lindsey avrebbe commentato la faccenda. 
Difatti, nel cercare la borsa posò gli occhi sulla scatola scoperchiata che Gerard teneva silenziosamente in grembo e spalancò la bocca, indignata. Sollevò l'indice accusatorio, assottigliando lo sguardo. - Avevi detto che erano per le occasioni importanti. Pensavo che- -
- Lo pensavo anch'io. - . Avrebbe potuto sussurrarle che aveva quindici giorni di tempo per rinnovare l'assicurazione dalla sua scadenza ma se lo tenne per se. In ogni caso, probabilmente Lindsey lo sapeva e aveva semplicemente scelto quel momento per allontanarsi da quel cadaverino di Frank. 
Lindsey prese un cioccolatino e baciò Gerard sulle labbra. 
- Mi fermo a comprare qualcosa di già pronto per pranzo? -
- Io ho voglia di kebab. Cosa diamo da mangiare a Frank? - . Proprio come se fosse un cane. Se Frank non si fosse di nuovo addormentato sul bracciolo, avrebbe con ogni probabilità addirittura apprezzato lo scambio di battute. 
- Gli compro altra zuppa vegetale. -
- E delle patatine fritte. Non si sa mai. -
- E burger di quinoa. Non ce la faccio più a sussurrare, me ne vado. - disse buffamente, senza l'ombra di un sorriso. Gerard si chiese di nuovo che gli stesse nascondendo.
- Va bene, ciao. - la salutò rovistando languidamente fra i cioccolatini prima di afferrarne un altro mentre Lindsey chiudeva piano la porta. Dopo il rumore irritante della Mini di merda calò il silenzio, lievemente spezzato dal suono musicale che le narici tappate di Frank emettevano. Per un attimo si perse a pensare a quella volta che un'amica poco attraente di Ray nel raccontare qualcosa si era confusa e si era giustificata con un "Scusate, mi ero intasata." definendosi da sola un cesso. Al momento dell'accaduto nessuno aveva osato ridere ma Gerard si era quasi rotto una costola nel cercare di non emettere suoni mentre rideva silenziosamente contro la schiena di Frank. 
Lasciò le risatine fluire e poi sospirò vergognosamente felice con un "aaah" liberatorio. Non fu abbastanza per riportare Frank nel mondo dei vivi, quindi gli scrollò svogliatamente una spalla. - Oh, Frank. - 
- Che c'è? - grugnì, muovendosi freneticamente sotto le coperte. 
- Prima hai dormito su mia moglie. -
- Cosa? - 
Posò la scatola di cioccolatini sul tavolo e si avvicino a Frank a carponi. - Ti sei addormentato addosso a Lindsey. - gli sussurrò violentemente, entrandogli praticamente nell'orecchio. 
Frank si allontanò rabbrividendo e si portò le mani all'orecchio. - Gerard. - si lamentò, strofinandoselo. 
Si avvicinò di nuovo e dopo un primo momento di terrificato rifiuto da parte di Frank riuscì a posargli le labbra sulla fronte calda. - Ma quando cazzo guarisci? - 
- Conoscevo una ragazza che ha avuto la febbre per mesi. - 
- Sei serio? -
- Questo è ciò che mi diceva. - . Si sistemò meglio e si sedette con la schiena appoggiata al bracciolo del divano. Spostò le coperte con un'espressione sofferente. - Penso di avere caldo. - spiegò borbottando. Allargò le braccia in attesa e Gerard lo abbracciò. - La febbre mi rende emotivo. Non stringermi, mi fanno male le ossa. -
- Non credo sia possibile. -
- Beh, allora i muscoli. - 
Si voltò appena e gli morse il collo.
- Perchè? - domandò stancamente Frank, cercando invano di scacciarlo. 
- Ho letto da qualche parte che la dolcezza o tenerezza ispira anche violenza. Sai, tipo quando vedi un cane carino e dici di volerlo stritolare... magari lo dici sorridendo però lo intendi davvero. - . Si allontanò per assicurarsi che Frank fosse ancora vivo.
Era vivo, e scioccato. - E' tutto vero. - 
- Dove hai lasciato la chitarra? - 
- Nella camera dove ho dormito, contro una delle quattro pareti, non so... perchè? - 
- Vado a prenderla. - disse, scendendo dal divano, - Ah, cioccolatini? - gli chiese, indicandogli il tavolino dove li aveva lasciati mentre saliva le scale. 
Frank emise un verso che a Gerard ricordò Jurassic Park. Trovata la chitarra, aprì le finestre della sua stanza che sapeva di morto e Vicks e poi scese le scale di corsa.
Frank stranamente non si era appisolato e lo guardava con i suoi occhi lucidi e strani.
Si sedette e cercò di impugnare la chitarra come si deve sotto lo sguardo poco concentrato di Frank, il quale iniziò presto ad avere un attacco di tosse.
Gerard rimase immobile ad aspettare che si placasse e non appena ritornò il silenzio riposizionò le dita sulla chitarra. - Guarisci. - disse accompagnando l'ordine con un accordo a caso. 
Frank ridacchiò piano. - Che cosa vorresti suonare? -
- La cosa più scontata di sempre. Cosa suonerebbe un adolescente del cazzo con la sua prima chitarra? -
- Wonderwall. -
- Prima e unica canzone che io abbia mai completamente imparato. - confermò.
- Perchè vuoi metterti a suonare? - chiese Frank, confuso, massaggiandosi le palpebre abbassate.
- Il piano di copertura era che venivi qui con scopi musicali, cantiamoci almeno due stronzate. - 
Suonò Wonderwall in maniera umiliante e la cantò in maniera altrettanto penosa ma fu divertente per entrambi. Così divertente che la suonarono altre due volte, cantando ancora peggio. Frank in un growl poco professionale, Gerard con tremendi acuti purtroppo non sempre intenzionali. Senza pensare alle parole, senza sguardi malinconici al rallentatore e pioggia che batteva  metaforicamente sulla finestra. Fu divertente.
Terminato il mini concertino, Gerard infilò il termometro sotto l'ascella di Frank fingendo di pugnalarlo. 
- Perchè devi sempre spaventarmi? - domandò Frank, abbandonandosi stancamente contro il divano.
- Per migliorarti la circolazione sanguigna. -
- Non ha senso. - 
- Conosci la sigla di The Saddle Club? - chiese accompagnando la domanda con un altro accordo.
Frank lo guardò con una smorfia.
- Andiamo, Frank. - lo incalzò con un accordo impertinente. Batté il ritmo e poi iniziò a suonarla andando ad orecchio. Lasciò presto perdere e si limitò a cantarla.
Frank aveva rovesciato la testa indietro ridendo. - Ahia. - disse, raddrizzandosi per poi riprendere a ridacchiare come un ritardato. 
- Vuoi da bere? - gli chiese, riponendo la chitarra per alzarsi in piedi.
- No, grazie. Mi basta lo sciroppo zuccherato per la tosse. - 
Passando per la cucina accese lo stereo sull'ultimo album inserito e nel versarsi la Coca Cola scoprì che si trattava dei Placebo. Riconobbe presto il cd e nel tornare in salotto cercò la sua traccia preferita. My Sweet Prince.
Riprese la chitarra e cercò di seguire la canzone. Anni prima era riuscito a impararla quasi decentemente.
Frank si accorse di che canzone si trattasse relativamente tardi, intorno alla fine della prima strofa. Non appena lo fece si gettò su Gerard.
- No, ti prego, questo no. - si lamentò, appoggiandosi instabilmente al divano e al ginocchio sinistro di Gerard.
- Ma sono i Pla- -
- Ma si tratta del mio- di me. - 
Gerard sorrise della titubanza con cui Frank si riferiva al "cuore" come fonte di sentimenti. Gerard, analogalmente, preferiva citarlo come organo vitale e nulla di più, ma lui per primo spesso cadeva nella rete sentimentale dei cuoricini rossi e rosa svolazzanti.
Gli baciò l'angolo della bocca e Frank, nel tentativo forse di abbracciarlo, lasciò cadere il termometro a terra. 
Gerard lo raccolse, sorpreso. - Non aveva ancora finito di misurarti la temperatura da prima? -
- La stavo misurando una seconda volta. Segnava trentanove e mezzo e volevo ricontrollare. - abbassò gli occhi gonfi sul termometro, - Okay, quaranta. - disse pacato.
- Oh, cazzo. Come stai? -  si preoccupò l'altro, cercando di appiattirgli i capelli arruffati.
- Meglio. Prima di scendere sale. - 
Gerard gli prese bruscamente il termometro per accertare la diagnosi, - Stai morendo! - 
- Mi hai visto in faccia? Sto bene. Dammi mezzora e giuro che mi raffreddo. -
- Sì, fino a diventare un cadavere. Confortante. Grazie, Frank. Morire sul mio divano sarebbe proprio l'ultima pigna in culo. - 
Frank gli sorrise affettuosamente. Trascinò il sedere più in avanti e ripose mollemente le mani sul petto lasciandole pendere verso il basso, in una rappresentazione a metà fra un ordinario adulto gay e una mantide religiosa.
Avrebbe voluto chiedergli che diamine stavano combinando le sue mani ma poi ci passò sopra. Dopotutto aveva la febbre a quaranta. 
- Sicuro di stare bene? - domandò guardandolo di sottecchi.
- Sì. Non pensi che essere attratto da una celebrità mentre stai insieme a un'altra persona è tradimento? -
- Stai parlando di me? - 
- Cosa? Oh, già, wow, tecnicamente sei una celebrità. Più o meno... - .
Gerard lo guardò, sconcertato e un po' offeso, ma non disse nulla.
- No, parlavo di Jamia. L'altro giorno mi ha detto cose su Leonardo Di Caprio e per carità, sono d'accordo, ma da come ne parla... sai... sembrerebbe che ci farebbe volentieri cose... capisci cosa intendo? Quindi, metti che un giorno mi suona al campanello Leonardo Di Caprio. Anzi, metti che suona mentre io sono fuori con i cani e trova Jamia da sola. Quella se lo porterebbe a letto. Garantito. E non sarebbe sorprendente- voglio dire, ne è attratta, giusto? Se sei attratto da qualcuno significa che te lo scoperesti, e non è dunque rilevante confessare al proprio ragazzo l'attrazione per un qualche attore sexy? Cioè, quell'attore è una persona, perchè dovrebbe essere meno importante di uno di noi, al contrario è una persona di un certo spessore- cioè, anche se fosse una sedia fai comunque pensieri sporchi su roba che non è il tuo fidanzato- -
- Frank... ti rendi conto che noi andiamo a letto insieme in continuazione dal primo giorno in cui ti sei messo insieme a Jamia? - . Era sinceramente orgoglioso del fatto di essere riuscito a seguire il filo folle e inconcludente del discorso di Frank.
- Sì, lo so... c'ero anch'io quando facevamo sesso. Stavo solo pensando a un controattacco. - 
- Cosa? Nel caso in cui Jamia ci scopra? -
- Tecnicamente l'ha già fatto... sto parlando di quando le verrà in mente di parlarne. O di attaccarmi. -  
- Frank, devi stressarci? Abbiamo la febbre a quaranta. Cioè, tu ce l'hai. - aggiunse dopo un'occhiata confusa di Frank. - Mi hai almeno detto come stai? Fra una stronzata su Leonardo Di Caprio e l'altra? -
- Avevo risposto che sì, sto bene. Ti sono caduti gli occhi? Non riesci a valutare a occhio e croce il mio stato? -
- So solo che fino a mezz'ora fa sembravi uscito dal Centro di Salute Mentale  e adesso che hai la febbre a quaranta pensi di sentirti addirittura meglio. -
- Sei realisticamente tre volte peggio di mia madre. - 
- Da segnare sulla pagina che consulti quando pensi che io sia uno stronzo per convincerti del contrario. -
- Non ho nulla del genere ma penso sia il caso di rimediare. Ultimamente mi fai venire molti dubbi e mi prudono le mani dalla voglia di picchiarti. - 
- Si da il caso che "ultimamente" mi sia preso cura di te, stupida merdina. -
- Intendevo tutte le cose che hai fatto prima. Ho la febbre a quaranta, lasciami in pace. - 
- Ti consiglio di stare zitto e aiutarmi a mettere in ordine il tuo campo di battaglia batterica. - 
- Ho detto che ho la febbre a quaranta. -
- Avevi anche detto di stare benone. Sta notte ti butto in una vasca di ghiaccio così ritorni docile e demente. - 
Frank si scosse dal suo torpore mentale. - Non pensarci nemmeno. Ho già avuto la mia dose. - 
L'altro gli mostrò il dito medio e si avvicinò rapidamente con la lingua di fuori nel tentativo di disgustarlo e farlo allontanare, invece Frank si lasciò leccare la guancia. Assodata l'inefficacia del suo piano di azione abbandonò il divano senza trovare resistenza da parte di Frank e si mise al lavoro mentre l'altro si distendeva semplicemente per smanettare il cellulare con noncuranza.
Gerard gettò via i suoi fazzoletti sporchi e ripiegò le coperte che in passato Frank, forte della sua temperatura elevata, aveva snobbato. Il tutto canticchiando My Sweet Prince, alla faccia di Frank. Si chinò vicino a lui per raccogliere un foglio illustrativo spiegazzato e il più piccolo lo trattenne prendendolo per la maglietta. Gli stampò un bacio sulle labbra. 
- Il bacio della morte. -
Gerard sorrise e lo baciò di nuovo. Abbastanza a lungo da fare cadere il telefono dalle dita di Frank, che atterrò con un tonfo sul suo petto.
Gerard finì di raccogliere la cartaccia e gettò il tutto nel cestino in cucina. Si lavò le mani un paio di volte, come se ormai avesse fatto una qualche differenza. 
In salotto rifece il pieno di microbi con un abbraccio di Frank.
- Sai, nonostante tutto... non ti sono grato per avermi buttato in mare. - concluse ridacchiando. Dirottò appena il viso dalla faccia di Gerard per tossire oltre la sua spalla, che finì per essere colpita ripetutamente dal mento di Frank con la stessa delicatezza di una scarica di proiettili. 
- Stai diventato piuttosto coerente. - si complimentò Gerard, ruotando la spalla per controllare che fosse ancora attaccata.
- Già... attenzione. -  aggiunse allegramente.
- Il nostro rapporto si fonda sull'incoerenza. -
- Esatto. Domani torno in New Jersey, chi s'è visto s'è visto. - . Fece un respiro profondo e mollò Gerard per rimettersi sul divano. - Se ricevo telefonate solo quando hai le tue crisi adolescenziali cambio numero. - 
- Che c'è, dovrei chiamarti per parlarti dell'insalata che ho comprato al supermercato? -
- No, per chiedermi come sto. -
- Mi pare che anche tu non l'abbia mai fatto con me. - 
- E' diverso. - 
- Solo quando ti pare. -
- Sì. -
- Avverto un filino di incoerenza. - 
- Ci tiene in vita, non dovresti lamentarti. - 
Gerard scosse la testa e sorrise abbassando lo sguardo.
Rimasero in silenzio per un po', in un'insolita atmosfera distaccata, anche se Gerard non riusciva a spiegarsi con precisione il motivo. Certe cose accadono e basta, probabilmente. 
- Dai, ti faccio vedere quanto bene sto. - decise Frank, sembrando una maestra dell'asilo che acconsente a dare l'ennesima caramella a un bambino. Riposizionò il termometro sotto il suo braccio.
- Se ciò che sostieni è vero, sei guarito piuttosto in fretta. - asserì Gerard, fissando come incantato la bottiglietta marrone di sciroppo sul tavolino.
- Il mio fisico fa così. Forse per compensare l'eternità che mi ci vuole per guarire emotivamente. 
- Anima a pezzi, Frank? - domandò Gerard in tono confidenziale. Come quelli nelle pubblicità. Solo che loro subito dopo fingono di aver trovato una soluzione, pur di venderti qualcosa. Gerard non si spingeva così lontano.
Frank prese la bottiglia di sciroppo e la sollevò a mo' di brindisi. - Frantumata. - confermò prima di prendere un vittorioso sorso.
Risero piano. 
Riaccesero la tv che per qualche motivo si era spenta e aspettarono qualche manciata di secondi il familiare e irritante richiamo del termometro. Gli stava effettivamente scendendo la temperatura, e un'ora dopo fu in grado di mostrare a Lindsey il termometro fermo a un rassicurante trentacinque e nove. 
Chiamò Jamia al telefono dopo essersi fatto una doccia e Gerard assistette con un certo disappunto la vecchia noiosa normalità ricomporsi. 
Una volta la notte si svegliò e passò nella camera di Frank a controllare nulla di specifico e provò l'istinto di svegliarlo prima di capire che sarebbe stato parecchio sbagliato. Tuttavia non riuscì a fare a meno di scattargli una foto e inviarla a Mikey, senza nemmeno associare allo scatto una qualsiasi frase o spiegazione.

Il mattino dopo Frank dovette salutare Lindsey di fronte alla porta di casa dopo l'improvvisa decisione da parte di quest'ultima di restare lì e non accompagnare Frank in aereoporto insieme a Gerard.
Gerard la scrutò mentre abbracciava Frank e gli augurava buon viaggio e quando gli occhi di Lindsey incontrarono i suoi provò ad abbozzare un sorriso, esclusivamente per vedere se era dell'umore di ricambiarlo e barrare qualche opzione sull'incredibile gamma di emozioni umane disponibili nell'inventario di Lindsey. 
Lindsey strinse le labbra e ne sollevò appena gli angoli con un sospiro più simile a quel genere di respiri profondi che fai per calmarti. 
Spaventato dalla battaglia interiore che stava corrodendo Lindsey  e che avrebbe riguardato anche Gerard non appena si fossero liberati di Frank, si diresse alla macchina trascinandosi dietro la valigia del chitarrista. Si sentiva come se camminasse nell'aria, sospeso e separato dal suolo. Sarebbe potuto sembrare poetico se non avesse avuto l'impressione di stare sollevato da terra a causa di un cappio che gli stringeva il collo.
Chiuse il baule della Mini con un sospiro simile a quello emesso poco prima da Lindsey e nel voltarsi in direzione dell'ingresso si accorse che Frank doveva già essersi seduto in macchina. Oppure se l'era mangiato Lindsey. Non che stesse commentando le curve più pronunciate di Lindsey da quando era ritornata dal breve tour... 
Siccome ormai era di nuovo invischiato nello sguardo di Lindsey fece qualche passo veloce verso di lei, le baciò la guancia e le bisbigliò un "a dopo", pentendosi di quanto fosse sembrato un bambino di cinque anni. Salì in macchina, e afferrò il cambio accanto al silenzioso Frank. 
Frank guardò la sua mano e Gerard colse al volo a cosa stava pensando quella testolina calda ma per fortuna intorno ai sani 36 gradi Celsius. Avrebbe voluto ricordargli che c'era sua moglie a qualche metro da loro, ma decise di non metterlo in imbarazzo proprio l'ultimo giorno. L'ultimo giorno. Per quanto tempo? 
- Dicono che non si dovrebbe guidare con stati emotivi alterati. - buttò lì Gerard, trattenendo un altro sospiro. 
- Quando mai non hai uno stato emotivo alterato? - chiese Frank, invece che preoccuparsi dei sentimenti di Gerard come quest'ultimo si aspettava che avrebbe fatto. Pensò che conosceva Frank abbastanza da sapere che non era possibile conoscerlo davvero. Però era orgoglioso del 98% di trasparenza che costituiva agli occhi di Gerard. E che quanto appena pensato gli avesse distrattamente ricordato Socrate. 
Guidò fuori il viale di casa, sentendosi annegare. Rimasero in silenzio qualche minuto. 
Frank alternava occhiate alle unghie cortissime e alle ville costose che fiancheggiavano la via in cui abitavano Gerard e Lindsey.
- E' successo qualcosa con Lindsey? - fu la prima cosa che chiese, con voce un po' roca, dopo quel malinconico silenzio. Dalla leggera noncuranza con cui gli rivolse la domanda, Gerard capì che non era scaturita in alcun modo dal suo respiro corto e gesti nervosi. Gli era semplicemente passata per la mente.
- A mia insaputa, ma sicuramente. -
Frank annuì vistosamente in un gesto di sarcastica ammirazione. 
A Gerard irritava il sarcasmo nelle faccende serie. Sapeva di essere il primo a fare l'erroraccio di sparare bombe sarcastiche durante discussioni importanti ma questo non lo dissuadeva dall'odiare chiunque altro lo facesse... e anche se stesso.
Si grattò la testa e nel riportare le mani al volante notò qualcosa di rosso sotto le unghie. Poteva essere sangue... oppure tinta per capelli rimasta sulla cute. Si dimenticava continuamente di aver cambiato colore. Forse era quello che turbava così tanto Lindsey... no?
- In ogni caso, Lindsey è davvero a posto. Cioè, meravigliosa. Sei un ragazzo fortunato. - borbottò confusamente.
Si trattenne dal ringhiare un "ma che cazzo?" e si prese qualche attimo per tornare in se. - Anche tu sei un ragazzo fortunato, Frank. - disse con un lieve sospiro purificatorio.
- Sì, lo so... era per dire... cioè, sai, ho sempre preferito detestarla. Era più semplice così, più comodo. Invece ripensandoci non mi ha mai fatto un singolo torto. Mi dispiace di aver pensato così male di lei, è... è una ragazza fantastica. Immagino che l'odio per le ragazze con cui ti frequenti mi parta di default da quando è apparsa in scena Eliza- -
- Cosa? Hai davvero deciso di nominare Eliza Cuts a questo punto della mia vita? Oh mio Dio... - esclamò, ancora più a corto di fiato, - Che ti avevo detto riguardo gli stati emotivi alterati? Cazzo? - 
- Scusa, hai bisogno di accostare? -
- Non lo so, in ogni caso sono io al volante, non puoi farlo al mio posto, quindi perchè chiedere? - . Le sue parole rimasero, forti, nel silenzio che si era creato. Si voltò a guardare Frank, mortificato, - Scusa... -
Frank allungò una mano a raddrizzare il volante che Gerard aveva accidentalmente spostato nel rivolgergli lo sguardo, e nel farlo gli baciò le labbra. 
Arrivarono in leggero anticipo quindi decisero di andare in un bar in aereoporto a fare una seconda colazione. 
Provando una certa tenerezza, guardò Frank mangiare la sua ciambella abbracciato alla chitarra per paura che qualcuno passando gliela rubasse mentre Gerard invece gli tutelava la valigia distendendoci le gambe sopra.
Condivisero una confezione di pastiglie per il mal di gola. A dire il vero la trachea di Gerard stava piuttosto bene però avevano un buon sapore. Gli ricordavano le caramelle che suo nonno teneva sempre in macchina. Forse non erano caramelle...
Quando arrivò il momento si salutarono con un abbraccio. 
- Immagino che ci rivedremo qui quando tornerò con Ray e Bob per registrare. - disse Frank, tenendo la voce bassa per non sforzare la gola dolorante. 
Gerard annuì e basta, masticando nervosamente una gomma.
- Non preoccuparti per Lindsey, scommetto che non è nulla... - borbottò. Era evidente che nemmeno lui riuscisse a credere alle proprie parole.
L'altro distolse lo sguardo scuotendo piano la testa. - Non penso. - . I suoi occhi vagarono alle spalle di Frank e si posarono sul tabellone, - Fra venti minuti chiude il gate. - annunciò in tono conclusivo. Gli prese il mento con una mano e gli baciò una guancia. - Buon viaggio. - 
Frank lo strinse in un altro abbraccio e infine si allontanò, trascinando debolmente il suo trolley con la chitarra fissata alla schiena.
Gerard fissò ossessivamente la sua figura fino a che non si disperse nella folla. Pensò a come quegli stupidi correvano con le loro valige senza accorgersi di avere Frank Iero a qualche metro, di avergli magari urtato la spalla... senza accorgersi di quanto fosse meraviglioso e speciale e ambiguamente buono.
Con un sospiro decise di raccogliere i pezzi del suo cuore spezzato ed uscire da lì. Si sentì vulnerabile, così solo, con quei capelli sgargianti, quindi tirò su adagio il cappuccio della felpa. Per qualche istante, la riflessione sui propri capelli deviò completamente i suoi pensieri dal piccolo inferno personale che lo attendeva a "casa", ma quando il forte presentimento gli si ripresentò ci andò giù decisamente pesante. Quasi si sentiva le vene svolazzare contro la manica della felpa nera tanto quanto il suo immediato futuro. 
Parcheggiando la macchina ancora da cambiare nel proprio giardino pensò a quanto fosse assurdo innervosirsi a tal punto per qualcuno che ti ha teoricamente promesso amore eterno a suon di fedi nuziali. Cercò di non pensare a quanto poco sul serio avesse preso lui stesso la decisione di sposarsi. Ma ovviamente fallì e si odiò improvvisamente a morte. Se aprendo la porta avesse trovato Lindsey con un coltello puntato al suo petto sarebbe decisamente corso ad abbracciarla per infilzarsi deliberatamente. Invece trovò la moglie seduta al tavolo in cucina e il set di coltelli al proprio posto, sul ripiano vicino al tostapane.
- Sono tornato. - annunciò inutilmente, sbattendo troppo forte la porta. Era sicuramente passato un po' di tempo dall'ultima volta che si era comportato così goffamente. Se sposarsi con una promessa di amore eterno significava vivere da lì in poi in costante terrore che questa venisse infranta, avrebbe iniziato una vera e propria campagna di scoraggiamento rivolta alla dissoluzione di qualsiasi forma di vita coniugale sul pianeta Terra.
Avvicinandosi al tavolo in cucina, tentò di indovinare se Lindsey avesse appena smesso di piangere o appena iniziato. Entrambi. 
Gerard cercò di ricordarsi che, in qualsiasi modo sarebbero andate le cose, rimaneva pur sempre un puntino del cazzo recentemente dipintosi il capo di rosso in un immenso universo infinitamente noncurante. A conti fatti, nulla importava davvero.
- Lindsey, per qualsiasi motivo tu stia piangendo, a meno che non si tratti di morte, sappi che è rimediabile. Non è così importante. - cercò di rassicurarla Gerard, posando le proprie mani sui suoi pugni stretti sul tavolo.
Lindsey ne sottrò e sciolse uno per coprirsi la faccia mentre piangeva più forte. 
Gerard si chiese se avesse paura di una sua eventuale reazione, e si sentì importante ma mortificato... ma importante. O forse era semplicemente dispiaciuta per qualcosa che era successo. Di sicuro era successo qualcosa di cui non voleva parlare in presenza di Frank, se aveva aspettato così a lungo per parlarne. Se si fosse trattato di una "semplice morte" (per fortuna non pensava ad alta voce) di un qualche parente gliene avrebbe già parlato prima.
- Ho fatto... - si interruppe per singhiozzare assordantemente, - Abbiamo fatto... - si corresse, continuamente ostacolata dai singhiozzi che le stavano facendo sobbalzare il petto, - Un terribile... terribile... - si prese la libertà di sottolineare, - Casino... -
Avevano ucciso qualcuno e per lo shock Gerard se l'era dimenticato? Era l'assicurazione della macchina? Le bollette? Chi pagava le bollette? Gerard non ci pensava mai, pensava che lo facesse Lindsey... 
- Oh mio Dio... - si lasciò sfuggire Gerard, sentendosi contagiato dal pianto incontrollabile di Lindsey.
- Sono così stupida. Non so perchè sto piangendo... meriterei delle grosse pedate in culo. - 
- Sul culo... - la corresse flebilmente Gerard, continuando a coprirle la mano con la propria mentre si sentiva il naso pizzicare preannunciando un imminente attacco di pianto.
- No, no, in... Non voglio girarci intorno, sono incinta. -  
Gerard spese qualche secondo a cercare di capire la battuta prima di realizzare che, a dire il vero, non si trattava proprio di una battuta. Gli si accapponò la pelle. Quasi sentì i propri capelli rizzarsi come sotto un improvvisa forza elettrostatica. Avvertì del sudore freddo formarsi sui propri polpastrelli. 
Si guardarono negli occhi. Lindsey tremava completamente e con il pollice aveva preso a torturare il dorso della mano di Gerard, scaricando un'altra volta in nervosismo su di lui. Gerard avrebbe avuto bisogno di ben più di nove mesi o quanti ne rimanevano per metabolizzare il tutto. Cercò di concentrarsi sulla situazione invece che su quanto non sarebbe riuscito a uscirne vivo e disse l'unica cosa inerente che gli passava per la mente. - Ma abbiamo sempre usato- -
Lindsey lo interruppe. - No. Non li abbiamo sempre usati. Non ho sempre preso la pillola quando avrei dovuto e... che cazzo, non è nemmeno quello il punto. Perchè mai dovrebbe importarci? Il punto è che non sono andata a letto solo con te, nell'ultimo periodo... -
Gerard non riusciva a farsi un'opinione. Non che importasse, si intende. Aveva la testa improvvisamente così piena di colpi di scena che a malapena riusciva a stare fermo. Aveva un forte bisogno di correre e scaricarsi. Pensò di capire perchè i criceti si rifugiassero dallo stress correndo all'impazzata nella loro ruota. Aspettò che Lindsey continuasse, confidando sul fatto che avesse almeno qualcos'altro da aggiungere prima di dargli la parola.
- Non so perchè l'ho fatto... cioè, perchè non ho sempre preso contraccettivi... forse per incastrarti in qualche modo? Per farmi notare? E non so nemmeno perchè non li abbia presi dopo essere andata a letto con... con... -
Ricatturò gli occhi di Gerard con quei singhiozzi. La curiosità era pungente e dolorosa. Più i secondi passavano più Gerard temeva che fosse andata a letto con Mikey... o addirittura con Frank, quella volta che Gerard si era assentato per andare in farmacia. In un qualsiasi altro momento avrebbe giudicato quelle ipotesi ridicole, ma ora come ora era pronto anche a credere di non essere mai nato. Si accorse di non tenere più la mano su quella di Lindsey. Ora l'aveva posata sopra il proprio ginocchio e serrata a pugno.
- Un ragazzo della troupe... che cazzo, nemmeno mi importa di lui. Non mi sto giustificando, anzi... Avrei preferito tradirti con qualcuno per cui ne sarebbe valsa la pena. Ma non ho nessuno. E tu nemmeno hai il diritto di rinfacciarmelo. - . Gli si ruppe la voce e riprese a piangere forte.
"Non ho nessuno. E tu nemmeno hai il diritto di rinfacciarmelo.". Gerard si sentiva terribilmente in colpa, perchè era vero... e Lindsey l'aveva capito. Si alzò dalla sedia e andò al suo fianco. Si inginocchiò a terra e le tolse con delicatezza i gomiti dalle cosce per farsi spazio e abbracciarle la vita.
Lindsey gli abbracciò le spalle chiudendosi su di lui.
Gerard si accorse, all'improvviso, di avere l'orecchio premuto contro il suo potenziale figlio. Doveva essersi a malapena formato perchè la pancia di Lindsey era ancora relativamente piatta, ma poco importava. Si accorse che nulla di quello di cui stavano discutendo importava. Non importava con chi Lindsey l'aveva tradito, non importava chi cazzo era il padre effettivo, non importava quanto tempo fa era successo... nulla importava davvero se non il fatto che si stesse plasmando una forma di vita nell'utero di sua moglie. Un esserino che un giorno avrebbe avuto un nome, dei capelli... sempre che Lindsey non avesse già deciso di stroncarlo. Di certo Gerard non sarebbe stato pronto ad affrontare anche questo. 
- Sono così stupida. - disse Lindsey quando i singhiozzi le diedero la possibilità di farlo.
- Non è assolutamente vero. - . Le prese le mani e la guardò negli occhi. Qualcuno, passando, avrebbe potuto pensare che Gerard le stesse per chiedere di sposarlo. Ironico come la realtà delle cose vertesse sul senso completamente opposto. Gerard nemmeno le aveva chiesto di sposarlo in ginocchio... possibile che la loro separazione fosse più romantica della loro unione?
- Sì, invece... non ci posso credere di averlo fatto. Non era così che volevo finire. - 
- Lindsey, non è una condanna... tutt'altro. Tecnicamente, hai ancora il controllo della situazione- -
- Voglio tenerlo. - disse subito Lindsey, abbracciandosi il ventre con aria protettiva. 
Gerard chiuse gli occhi e sospirò profondamente, sollevato. Le strinse più forte le mani, guardandola infinitamente intenerito dai suoi occhi arrossati. - Lindsey, diventerai una madre e questo bambino o bambina che sia avrà bisogno di un padre, e tu di un aiuto. E se per te va bene, posso esserlo io. Indipendentemente dal codice genetico del bambino. O bambina. - si corresse con un lieve sorriso.
Lindsey scoppiò di nuovo a piangere, ma sta volta con una specie di sorriso esasperato.
Gerard la abbracciò e aspettò di nuovo che si calmasse.



 

  
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