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Autore: _armida    05/10/2015    5 recensioni
“Sono stupito, non credevo che un bel faccino riuscisse anche a maneggiare un’arma con tale bravura”, disse il Conte.
Elettra provò a tirarsi su, ma finì per andare ad urtare contro la lama della spada, ferendosi leggermente uno zigomo.
“Dovete stare attenta, non volete di certo rovinare tutta questa bellezza così”, aggiunse allontanando la spada dalla faccia della ragazza. Doveva dargliene atto, era davvero bella. Non lo aveva notato prima, quando Grunwald l’aveva portata all’accampamento priva di sensi, era troppo preso dal chiedere al garzone di Da Vinci dove si trovasse la chiave.
Fece cenno a due guardie svizzere di tenerla ferma, mentre lui la perquisiva in cerca di altre armi nascoste. Non ne trovò, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa che la ragazza teneva nella tasca sinistra dei pantaloni: si trattava del suo blocco da disegno. Quando fece per sfogliarlo, una moneta, contenuta al suo interno cadde a terra; non si trattava di una moneta comune, era in oro e presentava sulla sua superficie la faccia di un dio pagano. La raccolse e la osservò accuratamente.
“Cosa sapete riguardo ai Figli di Mitra?”
VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA SU WATTPAD
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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Capitolo XVIII: Innocenti, parte II

24 ore prima della sentenza...

Elettra si trovava nuovamente davanti alla porta dello studio di Lorenzo de Medici. Dopo i fatti successi la sera precedente, Giuliano aveva provato a convincere il fratello a riprendere la caccia alla spia, ma il Magnifico non aveva voluto sentire ragioni; toccava a lei, ora, provare a farlo ragionare.
Bussò timorosa. "Lorenzo, posso entrare?"
Ci fu una lunga pausa, prima di ottenere il permesso.
Elettra entrò quasi impaurita, nella grande stanza. Si sentì fortemente in imbarazzo quando vide che vi era anche Lucrezia Donati. Di certo non era lì per un'innocente chiaccherata.
"Scusate per l'interruzione... se volete posso tornare più tardi", farfugliò.
"Ormai siete qui, quindi parlate", disse seccato Lorenzo.
Elettra guardò titubante l'amante del Magnifico; non era certa di poter parlare con lì lei. "Possiamo fidarci di Lucrezia", parlò il Magnifico dando voce ai pensieri della ragazza.
"Certo". Sul volto della bionda comparve un sorriso nervoso. "Vorrei parlarvi di mio zio..."
"Non ho alcuna intenzione di ascoltare", sbottò il de Medici alzando la voce. Elettra ne fu intimorita.
"Vi prego", sussurrò. Doveva farcela. Doveva assolutamente farcela, per Gentile Becchi. "Lorenzo lo so che non dovrei parlare di questo... insomma io in questa faccenda ci sono coinvolta dal punto di vista affettivo e quindi il mio giudizio è senz'altro offuscato e..."
Il Magnifico fece per interromperla ma Lucrezia riuscì a convincerlo a fare continuare la ragazza. Lucrezia non le era mai andata completamente a genio però, in seguito agli eventi degli ultimi giorni, stava cambiando idea su di lei.
"Giuliano mi ha raccontato cosa è successo ieri sera a cena", mentì Elettra, "Non potete ignorare un simile evento. Voi non potete mandare a morte un uomo quando sapete benissimo che è innocente"
"Lorenzo, Elettra ha ragione", disse la Donati. In un qualche modo lo stava convincendo a collaboare con la ragazza. Un altro punto a suo favore.
"Cosa volete chiedermi, dunque?", chiese il de Medici.
"Di far perquisire nuovamente il palazzo alle guardie della notte". Il tono di voce della bionda era sicuro, come non lo era più da tempo ormai.
Il Magnifico soppesò per un po' le sue parole, indeciso sul da farsi: una parte di lui non aveva mai creduto a quelle accuse, eppure le prove erano schiaccianti. "Domani mattina darò l'ordine di cercare nuovamente qualcosa"
Elettra fece per ribattere che il tempo era davvero poco, ma Lorenzo non la lasciò palare. "E non provate a ribattere che dovrei mettere i miei uomini subito all'opera... potrei anche cambiare idea e non dare l'ordine neanche domani mattina", disse con tono duro.
"Va benissimo così", ribattè Elettra con un largo sorriso. "Grazie mille, Lorenzo", fece prima di congedarsi.

"Allora, gli occhi da cerbiatto impaurito hanno funzionato?", le chiese Giuliano appena la vide uscire dallo studio del fratello.
"Gli occhi da cerbiatto non falliscono mai", rispose Elettra sorridente. "Tuttavia Lorenzo non farà nulla prima di domani mattina"
"Sempre meglio di niente", ribattè il giovane de Medici. 
"Più tardi andrò a comunicarlo a Riario, così potrà avvisare la sua spia"

***

18 ore prima della sentenza...

Elettra svoltò per l'ennesimo corridoio, arrivando finalmente davanti alla sua meta. Avrebbe voluto parlare prima con il Conte Riario ma il lavoro non le aveva dato un attimo di tregua; vista l'ora, sperava solo di non disturbare. Indugiò alcuni secondi, osservando il paesaggio al di fuori della finestra: la luna era alta nel cielo, circondata da una miriade di stelle luminose.
Fece qualche passo avanti, portandosi proprio davanti alla porta dell'appartamento di Riario. Timorosa, bussò delicatamente. "Conte Riario, sono Elettra", disse semplicemente.
Sul volto di Girolamo si formò un sorriso, mentre andava ad aprire. 
Inizialmente il sentir bussare l'aveva disturbato ma quando capì che era lei, la stanchezza passò subito. "Posso chiedervi cosa ci fate qui, madonna?", le chiese tornado alla solita apatia.
Eletttra si guardò intorno, per controllare che non ci fossero occhi e orecchie indiscrete. Riario capì quello che le stava passando per la testa. "Cosa ne dite se ne parliamo dentro?", le disse.
Elettra era un po' titubante ma il Conte aveva ragione: non erano questioni di cui discutere in pubblico. "Ci sto", rispose entrando. Si sedette sul divanetto, che era ormai diventato il suo posto.
"Bicchiere della staffa?", le chiese Riario andando verso un piccolo mobiletto, da dove estrasse una bottiglia di liquore e due bicchierini.
La ragazza lo guardò un po' imbarazzata: l'aspettavano al Cane Abbaiante. E lei non aveva alcuna intenzione di tornare a casa sobria, quella notte. Non voleva pensare a suo zio, almeno per poche ore. Non voleva pensare a niente, in realtà. "Ehm... non porprio", disse abbassando lo sguardo.
Il Conte la guardò con quella che poteva quasi chiamarsi preoccupazione ma si impose di non fare domande al riguardo; aveva paura della risposta di lei. "Cosa volevate comunicarmi, madonna?", le chiese appoggiando i due bicchierini sul tavolino e sedendosi sulla poltrona di fronte a lei.
"Dovete avvertire la vostra spia", disse Elettra portandosi il bicchierino alla labbra, "Lorenzo farà perquisire nuovamente il palazzo, domani mattina"
"Era ora", rispose leggermente seccato. "Siete stata voi, a fare cambiare idea al Magnifico?"
"Si. Dopo che Lorenzo ha sbattuto la porta in faccia a suo fratello, Giuliano ha mandato me a convincerlo"
Riario sorrise tra sè e sè. "Per voi sarà stato un gioco da ragazzi"
"Ho dovuto faticare parecchio anche io"
"Mi risulta difficile crederlo", le disse perdendosi nei suoi grandi occhi azzurri, "Voi potreste ottenere qualsiasi cosa desideriate semplicemente con uno sguardo"
Ok, forse questo era più imbarazzante dell'esser presa per un'alcolizzata.Non aveva fatto gli occhi dolci a Lorenzo! Cosa gli era passato per la testa a Riario, per pensare ad una simile trovata? "Ho semplicemente usato un po' di diplomazia", disse Elettra, cercando di non apparire alterata; se non fosse stata una persona orgogliosa, avrebbe anche accennato all'aiuto di Lucrezia. "Cosa completamente sconosciuta a Giuliano", aggiunse. Prese la bottiglia di liquore e si riempì nuovamente il bicchierino, cercando di non fare caso alla faccia contrariata del suo interlocutore. "Cosa pensavate che avessi fatto per convincere Lorenzo?", dal suo tono di voce appariva offesa. 
Riario si alzò, sedendosi poi sul divanetto, di fianco a lei. "Mi stavo chiedendo come mai Lorenzo abbia scelto Lucrezia Donati e non voi, come sua amante"
Elettra scoppiò a ridere. "Allora anche voi sapete fare un po' d'umorismo, mio signore"
"Io sono serio, mia diletta".
'Mia diletta'. Ecco, l'aveva detto. Elettra non riusciva proprio a non arrossire, quando Girolamo la chiamava così. In poco tempo le sue guance si colorarono di rosso vermiglio. "Conosco Lorenzo da sempre, siamo praticamente cresciuti insieme. Per me è come un fratello maggiore", disse sempre tra le risate.
"Questo non avrebbe di sicuro fermato il Magnifico". Il suo tono di voce era sempre serio.
"Ma avete mai visto Lucrezia? Se noi sorvolassimo sul piccolo particolare che vi ho fatto notare e prendessimo per vera la vostra ipotesi, ci sarebbe comunque da dire che la Donati è molto più bella di me e poi è una dama con la d maiuscola", quel discorso non le piaceva ma, comunque, non l'avrebbe mai data vinta a Riario. "Io sono disordinata, anticonformista e faccio cose che nessuna donna rispettabile farebbe mai in vita sua. Lucrezia è nettemante superiore a me" 
"Io non credo", le disse prendendole una mano tra le sue. "Se io fossi stato in Lorenzo, non avrei esisato neanche per un attimo, a scegliere voi come mia amante"
Quel discorso stava cominciando a diventare strano, molto strano. Ed Elettra cominciava a preoccuparsi; Riario non diceva mai niente per il semplice gusti di farlo. Dove voleva andare a parare, questa volta? Non lo voleva sapere. "Devo andare", disse alzandosi improvvisamente, "Leonardo mi aspetta"
Riario apparve parecchio contrariato, da qualla brusca interruzione. Avrebbe preferito continuare quel discorso.
"Buonanotte, Conte", disse Elettra uscendo. 
Non gli aveva neanche dato il tempo di replicare.
 
***  

Ora x...

Elettra si guardò intorno irrequieta. Il Palazzo di Giustizia era gremito di gente. E l'ora della verità era finalmente arrivata. Peccato che gli aveva colti impreparati: Lorenzo aveva dato l'ordine di perquisire nuovamente Palazzo della Signoria solo in tarda mattinata e, alle tre del pomeriggio, non era ancora stato ritrovato niente di compromettente. Il tempo era ormai scaduto. No, doveva farsi forza. Strinse forte le mani di Aramis e Giuliano mentre con lo sguardo cercava una figura sempre vestita di nero e impassibile come una sfinge. I suoi occhi incontrarono presto quelli color nocciola del Conte Riario, seduto alcuni banchi più indietro, nell'altra navata. Per un attimo la sua solita espressione apatica si trasformò in un sorriso di rassicurazione. 'Andrà tutto bene, mia diletta', sembrava volesse dirle. Il Capitano Grunwald era al suo fianco ed entrambi non indossavano la loro solita divisa, indossavano abiti... civili? 'Civili', venne da pensare ad Elettra. Ovviamente erano su dei toni molto scuri, non si sarebbe di certo aspettata abiti dai colori sgargianti, da quei due.
Distolse lo sguardo da Riario, andando a guardare davanti a sè: Gentile Becchi la stava osservando. La nipote cercò di sorridergli ma, nonostante ci avesse provato con tutte le sue forze, esso non era neanche la metà dei suoi sorrisi soliti.
"Sappi che ho puntato dieci fiorini sull'innocenza di Gentile Becchi", le disse Zo alle sue spalle, distraendola dallo scambio di sguardi con suo zio. "Spero che tu e il tuo amichetto", indicò il Conte Riario, "non vogliate farmi perdere la scommessa". Il tono della sua voce era ironico, per farle alzare un po' il morale.
Finalmente il giudice entrò. Aveva il volto scuro e l'aria parecchio tesa. 
Elettra sentì la mano di Aramis mollare la presa. Guardò in basso e vide che il fratello teneva in mano una lunga collana formata da tanti grani; nel frattempo bisbigliava qualcosa fra sè e sè. La ragazza fece cenno di no con la testa: non era possibile che in un momento come quello Aramis si mettesse a dire un rosario! L'avrebbe voluto insultare, ma non lo fece. Se il suo modo di reagire alla tensione del momento era quello, lo avrebbe lasciato fare. Anche se ne era molto contrariata.
Il giudice battè il martelletto sul proprio banco, intimando la folla di fare silenzio. Stava per emettere la sentenza.
 "Dopo lunghe analisi l'imputato è stato considerato colpevole di alto tradimento nei confronti della repubblica di Firenze", disse secco.
Ora il tempo era veramente scaduto. Elettra si rese conto che avevano fallito. Gli occhi cominciarono a pizzicarle. "Mi dispiace tanto, zio Gentile", sussurrò quasi come se lui potesse sentirla. Giuliano lasciò la stretta sulla sua mano e, con la strinse forte a sè cingendole la vita con un braccio. Era stato tutto inutile. Tradire Firenze era stato inutile.
Il giudice stava per dire quale sarebbe stata la pena e quando essa sarebbe stata eseguita, quando nell'aula di tribunale fece irruzione il Capitano Dragonetti, seguito a ruota da Lorenzo e altre guardie della notte. Il Magnifico teneva in mano alcune carte e aveva l'aria parecchio affannata. "Fermi tutti!", disse con il fiato corto facendo sventolare in aria alcuni fogli, "Vostro Onore, c'è una questione di cui vorrei parlarvi in privato"
Il giudice, con un espressione a metà tra il seccato (per essere stato interrotto) e lo sconvolto, gli fece cenno di seguirlo nella stanza adiacente all'aula. Presto scomparvero entrambi dalla vista di Elettra.
 
***
 
Un'ora più tardi...

Cominciavano tutti a spazientirsi. Nessuno aveva più notizie sulla sorte di Gentile Becchi da quando Lorenzo e il giudice si erano ritirati nella camera di consiglio. Elettra aveva estratto il suo blocco da disegno e, per allentare l'ansia dell'attesa, aveva cominciato a raffigurare compulsivamente qualsiasi cosa le venisse in mente. Ormai le sue mani erano sporche di matita e, passandosi una mano sulla faccia, fece apparire anche su di essa una bella riga nera. Anche Leonardo era immerso nei suoi pensieri. Aramis continuava incessantemente a ripetere quel rosario, accompagnato da Vanessa. Quella litania sempre uguale a sè stessa dava alla bionda sempre di più sui nervi . Giuliano, come Piero Da Vinci, camminava nervosamente avanti e indietro. Machiavelli cercava inutilemente di avere qualche informazione dalle guardie della notte messe di guardia alla porta. Zoroastro e Nico, invece, cercavano di allentare la tensione con continue battute di spirito mentre il povero Andrea cercava invano di zittirli. L'unico che, in tutto quel trambusto sembrasse apparire calmo era il Conte Riario. E anche Gentile Becchi, paradossalmente, sembrava relativamente tranquillo. Certamente era messo meglio di altri elementi.
"Ora basta!", esplose il Verrocchio dopo l'ennesima presa in giro di Zoroastro; si girarono tutti, ad osservare Andrea dare un coppino sul collo a Zo e Nico. Quel piccolo spettacolo attirò anche l'attenzione di Elettra che, girandosi nella loro direzione, si mise a ridere.
Quel momento di rilassatezza durò poco: Lorenzo e il giudice rientrano in aula; dalle loro facce non traspariva la benchè minima emozione. Era impossibile capire cosa li passasse per la testa.
Mentre il giudice riportava di nuovo tutti all'ordine, Lorenzo si dipose in uno dei banchi della prima fila.
"Sono giunti alla mia attenzione nuovi elementi di prova", disse il giudice, "E, da una nuova ed attenta analisi del caso, dichiaro l'imputato..."
C'era ancora speranza, tutto sommato. Doveva esserci ancora speranza.
"... prosciolto da tutte le accuse"
Elettra non riusciva quasi a crederci. Lorenzo si girò verso di lei, confermandole il tutto con un cenno della testa. Era tutto vero. Suo zio era di nuovo un uomo libero. Tutto quello che avevano fatto non era stato vano. Si lasciò andare ad un liberatorio grido di gioia. Chissenefrega se era in un aula di tribunale. Chissenefrega se le buone maniere le dicevano di contenersi. Suo zio non sarebbe finito sulla ruota! Solo di questo le importava in quel momento. Eppure, c'era una piccola parte di lei che non riusciva a gioire: se era riuscita a prosciogliere un innocente, un altro sarebbe stato condannato al suo posto. Si sforzò per zittire la propria coscenza.
Il giudice uscì in fretta dalla sala, lasciando che il clima di felicità e gioia la riempisse completamente, facendola sprofondare in un piacevole caos.
Presa dalla foga del momento, Elettra saltò letteralmente in braccio a Giuliano, che la strinse forte a sè, facendole fare una giravolta. Dopodichè la ragazza corse ad abbracciare gli altri.Suo fratello, Vanessa, Leonardo, Nico, Zo, Andrea... Tutti, quasi tutti quelli che le passavano davanti finivano per essere abbracciati. Anche Lorenzo, finì per essere abbracciato.
La frenesia del momento le fece dimenticare anche che Roma era nemica di Firenze: senza quasi rendersene conto si ritrovò ad abbracciare il Capitano Grunwald  e poi il Conte Riario, che si stupì (e non poco) del gesto avventato della ragazza. Elettra si staccò quasi subito, imbarazzata, mentre le sue guance cominciarono a prendere colore.
L'abbraccio più commovente, come ovvio che fosse, fu quello con Gentile Becchi. Suo zio. La persona più importante della sua vita. Sulla sua spalla pianse parecchie lacrime di gioia, cullata dalla sua stretta paterna, mentre una mano le accarezzava dolcemente la testa. Non si dissero niente. Non c'erano parole da dire, in quel momento.

***
 
Due ore più tardi...

Elettra, dopo l'udienza era tornata a casa, si era fatta un bagno caldo e si era preparata: suo zio avrebbe dato una piccola cena, a casa, per festeggiare il proscioglimento da tutte le accuse. La ragazza aveva optato per un lungo ed elegante abito di broccato rosso, con la gonna ampia, ma non eccessiva. L'abito aveva un corsetto molto stretto ma, per una volta, cercò di non farci troppo caso. Si truccò e acconciò i capelli in uno chignon basso, appena sopra la nuca.
Prima di andare a casa dello zio, dovette passare dal proprio ufficio per prendere alcune carte, visto che  il giorno dopo si sarebbe data certamente malata: una volta finita la cena sarebbe andata a festeggiare al Cane Abbaiante.
Già che era a Palazzo della Signoria decise di andare a trovare il Conte Riario: le sembrava di non averlo ringraziato a dovere, prima, in tribunale. Doveva assolutamente ringraziarlo. Poche parole di cortesia e poi se ne sarebbe andata.
Arrivò davanti alla sua porta e, mentre con una mano bussava delicatamente, con l'altra stringeva al proprio petto la cartelletta contenente quei documenti importanti.
Al sentire i colpi alla porta, Riario si stupì. Non aspettava visite. Quasi seccato, lasciò cadere la camicia nera sul letto. Aveva appena finito di fare un bagno e si stava rivestendo. Aveva avuto giusto il tempo di indossare i pantaloni e gli stivali. Automaticamente si tolse le due collane che portava al collo: un rosario d'argento e la seconda chiave per aprire la volta celeste, nascondendole in un cassetto. Dopodichè andò ad aprire la porta. "Salve", disse sorpreso, mentre faceva cenno ad Elettra di entrare. 
"Salve, Conte", rispose lei facendo qualche passo dentro la stanza. Indugiò per un tempo che considerò troppo lungo sugli addominali scolpiti del Conte. Arrossì imbarazzata, abbassando lo sguardo. Potevano fare invidia a quelli delle statue di età classica, pensò, arrossendo ulteriormente.
"Posso chiedervo come mai siete qui?"
"Volevo ringraziarvi, per tutto quello che avete fatto per me e per mio zio", gli rispose lei con un largo sorriso. Tuttavia non riusciva a guardarlo, era ancora troppo imbarazzata. Guardava ovunque per le stanza tranne che nei suoi occhi. E non sapeva spiegarsi il perchè. Ne aveva visti a decine, di modelli, decisamente meno vestiti del Conte, anzi, non vestiti affatto, eppure non si era mai sentita in imbarazzo con loro.
Riario parve felice di sentire quelle parole,  ma la sua faccia si fece improvvisamente seria. "C'è una questione di cui vorrei parlarvi, madonna. Riguarda il vostro debito nei miei confronti. Avreste un po' di tempo da dedicarmi?". Visto come fosse elegante, aveva di certo un impegno.
Elettra indugiò un po'. Non era certa di volerlo ascoltare. Doveva inventarsi una scusa plausibile. "Posso concedervi dieci minuti"
Riario ridacchiò. "Avete esitato a rispondere quindi ditemi, quanto tempo avete in realtà?"
Un'ora? No,non poteva di certo dirgli così. Era davvero troppo tempo. "Come fate a sapere che sto mentendo?"
Le sorrise, con quel suo solito sorriso tagliente. "Sto molto attento a voi. Avete dimostrato più volte di essere ben più pericolosa di quanto possiate apparire. Quindi non mi fido di voi"
Elettra sembrò offesa, cosa che divertì il Conte ancora di più. "Perchè, voi di me vi fidate?", le chiese ironico.
Lei aprì la bocca per parlare, ma da essa non uscì nulla. Lui aveva ragione, ma le sembrava davvero poco carino dirlo. "Come immaginavo", disse Riario. "Appurato che non potete mentirmi senza che io me ne accorga, quanto tempo potete dedicarmi?"
Non le restava che dire la verità. "Alle sette e mezza ho una cena da mio zio...ma contavo di andare la in anticipo"
Il Conte si mise a ridere. Forse era la prima volta che Elettra lo sentiva ridere di gusto. La sua risata era strana, ma piacevole da udire. Senz'altro era meglio di quel suo solito ghigno da presa per i fondelli. "Neanche il Divino con un miracolo riuscirebbe a farvi arrivare in anticipo ad un appuntamento!"
Ma come si permetteva?! Elettra prese un lungo respiro. "Visto che ho tempo, parlate dunque", disse sarcastica.
"Era proprio quello che volevo sentirvi dire", disse Riario andando alla porta.
Lei dava le spalle all'entrata e non aveva alcuna intenzione di girarsi. Si guardava ovunque intorno, cercando di evitare con lo sguardo i pettorali del Conte. Lo sentì dare due giri di chiave alla porta. In un certo era come essere in trappola. Dovette sforzarsi, per resistere all'impulso di scappare. 
Lui si dispose proprio dietro di lei. Elettra poteva sentire il suo respiro sul proprio collo e il suo corpo quasi sfiorare il suo. Il suo cuore cominciò a battere sempre più forte.
"Immagino che vorrete informazioni sul Libro delle Lamine", sussurrò timorosa.
Lui rise. Rise sulla sua pelle. "Non è quello a cui stavo pensando", le disse dandole un piccolo bacio tra la scapola e l'attaccatura del collo.
Elettra si irrigidì ancora di più, a quel contatto inaspettato, mentre un brivido le attraversava la schiena. "Di cosa si tratta, allora?". Temeva di saperlo, ma voleva comunque una conferma.
Girolamo si umettò le labbra,  in cerca delle parole giuste da dire. "Mettiamola così: quando saremo in compagnia di altre persone io sarò il freddo e apatico Conte di Imola e Forlì e voi l'affabile collaboratrice dei Medici che dispensa sorrisi a chiunque ne abbia bisogno", fece una pausa, per amplificare il significato delle sue successive parole, "Ma quando saremo soli... sarò tutt'altro che freddo con voi". Detto questo la fece girare, in modo da poterla guardare negli occhi e, senza pensarci due volte, la baciò con tutto l'ardore e la passione di cui era capace. Non sapeva neanche lui, come aveva fatto fino a quel momento a resistere a quella tentazione; o forse lo sapeva: gli piaceva giocare, con le sue prede. E poi era un ottimo, giocatore. E lei era il trofeo più ambito.
Elettra era rimasta impietrita, da quelle parole. Ma non aveva neanche avuto il tempo di riprendersi che si era ritrovata schiacciata contro il suo petto, mentre la lingua impaziente del Conte cercava la sua. Il suo cervello le diceva a gran voce di scappare mentre il cuore era andato completamente in tilt. Provò a divincolarsi ma non ci riuscì. In preda al panico gli morse in modo non molto delicato il labbro, nel tentativo di farlo desistere, ma ottenne esattamente l'opposto: Girolamo rafforzò con un braccio la stretta ai finchi della ragazza, facendo aderire ancora di più i loro corpi, mentre l'altro si posò sulla sua nuca, intensificando il bacio. Dopodichè cominciò a disfarle lo chignon. 'Deve avere un problema con i capelli legati', pensò Elettra.
"Siete molto più bella con i capelli sciolti, mia diletta", le disse quasi leggendole nel pensiero, mentre si staccava per un attimo da lei. Avevano entrambi il fiato corto.
Cercando di mantere per più tempo possibile il contatto tra i loro occhi, Girolamo si spostò dietro di lei cominciando a slacciarle lentamente il corsetto. "Rilassatevi", le sussurrò ad un orecchio tra un bacio e l'altro sul suo collo di porcellana. "Lasciatevi andare Elettra". In effetti era più tesa della corda di un arco che sta per scoccare una frecccia ma no, non ce l'avrebbe fatta a rilassarsi. Non era mai arrivata fino a quel punto. Con nessuno.
La ragazza sussultò quando, al posto dell'ennesimo bacio, Girolamo le diede un piccolo morso. 
Dopo aver aperto completamente il corsetto, il Cinte con gesto secco tirò l'ampio vestito verso il basso. L'abito scivolò lungo le forme di Elettra, cadendole poi ai piedi. Con un sorriso soddisfatto Riario si staccò da lei e, con occhiate tutt'altro che  innocenti, le camminò intorno, studiandola.
"Non ho nessun Leonardo Da Vinci sulla mia pelle, questa volta", disse ironicamente la ragazza, per allentare un po' la tensione. Ora era ancora più in imbarazzo di prima.
Lui le sorrise. "Ve l'ho già detto che siete bellissima, mia diletta?"
Lei arrossì ancora di più. 
Poi le si riavvicinò di nuovo, tornando a baciarla. Questa volta Elettra non potè fare a meno di rispondere a  quel bacio così passionale. Girolamo provò a spingerla delicatamente verso la camera da letto ma la ragazza inizialmente non comprese il perchè di quelle spinte; dopo una spinta più assestata, anche lei cominciò ad indietreggiare verso di essa. 
Ad un certo punto Elettra finì schiacciata tra la porta chiusa della camera e il corpo del Conte. Girolamo, mentre le loro lingue si sfioravano in una lenta guerra, andando a tentoni riuscì a trovare la maniglia e, abbasandola, riuscì ad aprire la porta. Peccato che la ragazza non se l'aspettasse e quando il sostegno dietro la sua schiena scomparve, ci mancò davvero poco che cadesse all'indietro; fortunatamente il Conte la prese al volo. Si misero entrambi a ridere, staccando per un attimo le labbra uno dall'altra. Avevano entrambi il fiato corto e il cuore che batteva all'impazzata. 
Le loro bocche si avvicinarono di nuovo, mentre continuavano a camminare verso il letto. 
Elettra doveva aver calcolato male la distanza tra loro e il letto, perchè ci cadde sopra si schiena, portando Girolamo con sè, che finì proprio sopra di lei. Si misero nuovamente a ridere.
Il Conte si staccò dalle sue labbra, cominciando lentamente a scendere, lasciando una piccola scia di baci. Il collo, il suo petto, la pancia... lì. Poi riprese a salire. Elettra, seppur tendando di contenersi, non riusciva a smettere di ridere. Girolamo lasciò per un attimo perdere quello che stava facendo e, appoggiando il mento sulla pancia della ragazza, si mise ad osservarla negli occhi. "Cosa vi fa ridere così tanto, mia diletta?", le chiese con un sorriso sulle labbra.
"Dovreste tagliarvi la barba, Conte", rispose lei ridendo, "Mi state facendo il solletico"
"Se vi da piacere, sarò lieto di farmela crescere ancora di più", disse lui ironico. Almeno da questo lato erano uguali: entrambi facevano tutto l'opposto di quello che gli veniva detto. Per dimostrarle che aveva compreso le sue parole si portò leggermente in avanti, strofinando quel leggero accenno di barba tra i seni di Elettra, mentre lei gli scompigliava i capelli. Le sue risate aumentarono di intensità. A Girolamo quella risata cristallina era sempre piaciuta tanto.
"Siete pronta, mia diletta?", le sussurrò dolcemente ad un orecchio, mentre con una mano si abbassava i pantaloni.
"Pronta per cosa, mio signore?", chiese lei maliziosamente. Lo sapeva bene, ma l'ironia era una sue delle caratteristiche più marcate.
Girolamo la fece sua in quel momento. 
Inizialmente Elettra si irrigidì: era una sensazione strana; ma poi su lasciò trasportare da un vortice di puro piacere.
Nel momento più intenso represse un gemito mordendo il labbro di lui.
Quando l'amplesso si concluse si spostò mettendosi di fianco a lei e stringendola forte a sè.
"E' stato piacevole, mia diletta?", le chiese ancora ansante.
"Potrebbe", rispose lei accarezzandogli delicatamente il petto scolpito. Non gliela avrebbe mai data vinta, ammettendolo. Ma il sorriso soddisfatto che le era comparso sul volto la tradiva. 
Seppur di mala voglia, Elettra si staccò da Girolamo. Raccolse i suoi vestiti, si rivestì, si risistemò il trucco e i capelli ed uscì, stando ben attenta a non farsi vedere da nessuno. Tanto per cambiare sarebbe arrivata da Gentile Brcchi in ritardo.

Mentre era per strada non fece a meno di pensare: un innocente era stato salvato ma, altri due, avevano perso la loro innocenza. Elettra ripensò a quel poveretto condannato al posto di suo zio: non aveva nessuna colpa eppure stava vivendo le pene dell'inferno. A lei non restava altro che sperare che il boia fosse misericordioso.


Nda
Colpo di scena , che in realtà non è un colpo di scena perchè ve lo aspettavate già.
Sono stata veloce a postarlo (e sono pure sopravvissuta al mio primo giorno da universitaria)
 
   
 
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