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Autore: _Pulse_    16/10/2015    2 recensioni
La bambina sorrise contenta e una volta agganciata al sedile aspettò che il suo papà facesse di nuovo il giro per mettersi al volante. Aveva appena acceso il motore, quando esclamò: «È da un po’ che non vedo lo zio Steve, gli chiedi se vuole venire con noi?».
La sorpresa fu tanta che nel giro di tre secondi rivisse nuovamente tutto ciò che aveva provato il giorno in cui – una settimana prima, ormai – aveva scoperto che Steve se n’era andato. Lo shock, la rabbia, la delusione, la paura… Tutte quelle sensazioni lo travolsero con la stessa potenza devastante di un’onda anomala, impedendogli di rispondere prontamente a sua figlia. Dovette sforzarsi per recuperare il controllo di sé, per ristabilire quel precario equilibrio che aveva impiegato giorni a trovare.
«No piccola», rispose alla fine, schiarendosi la gola. «Steve è partito».
«È andato in vacanza?».
[McDanno - Spoiler! 2x20 & 2x21]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Danny Williams, Steve McGarrett
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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VI

SOLLIEVO

 

Dopo l’ennesima estenuante indagine portata a termine con successo dai Five-0 – grazie alla quale aveva anche collezionato una nuova cicatrice sulla fronte – Danny era così cotto che l’unica cosa che desiderava era un letto, un divano, una brandina oppure, spinto dalla disperazione, persino un sacco a pelo.
Chiamò Rachel per chiederle se per lei andava bene che il giorno seguente passasse a prendere Grace intorno alle dieci e dopo aver ritirato in tintoria un paio di camicie andò direttamente a casa McGarrett. Era anche casa sua ormai, dato che nelle ultime settimane aveva trascorso più tempo lì che nel proprio squallido appartamento.
Percorse il vialetto per quella che gli sembrò un’eternità, come se la porta non fosse altro che un miraggio, e quando finalmente ci arrivò infilò le chiavi nella toppa. Girò e rigirò, ma non sentì mai la serratura scattare: con un brivido realizzò che era aperta.
In un attimo tutti i suoi riflessi si ridestarono e lasciò cadere a terra gli ometti con le camicie per estrarre la pistola dalla fondina. Si spostò di lato per avere la copertura migliore e con un piede spinse avanti la porta, poi si palesò nell’ingresso con le braccia tese e gli occhi vigili. Non notando nulla di strano, avanzò come se si trattasse di una normale perquisizione, angolo dopo angolo, fino a quando non si rese conto che le porte finestre che davano sulla spiaggia privata di Steve erano aperte. Era certo di averle chiuse prima di uscire quella mattina, e come per la porta d’ingresso non c’erano segni di scasso.
Un movimento improvviso gli fece rialzare la pistola verso l’oceano, ma quasi non gli scivolò dalle dita quando scorse una mano penzolare dal bracciolo della sdraio. Saldamente ancorata a quella mano c’era una bottiglia di birra mezza vuota, la cui ombra si allungava sulla sabbia tinta dell’arancione del tramonto.
Uscì con cautela sul lanai e i suoi passi attirarono l’attenzione della persona seduta sulla sdraio. Danny aveva la pistola abbassata, già conscio che non si trattasse di una minaccia; o, meglio, che non l’avrebbe ucciso in quel momento.
Sentì il proprio cuore fare un triplo salto mortale quando l’uomo si alzò per andargli incontro e allo stesso tempo le sue dita strinsero più forte il calcio della pistola. Si trovava ad un bivio: non riusciva a decidere se voleva sparargli per fargliela pagare oppure aspettare che fosse abbastanza vicino per afferrarlo per la nuca e baciarlo. Proprio così, baciarlo.
«Ciao, Danno», lo salutò dolcemente Steve, gli occhi sorridenti tanto quanto le sue labbra.
Non era mai stato così combattuto in tutta la sua vita.

 

*

 

Aveva avuto modo di pensare molto in quelle lunghe cinque settimane senza Steve e aveva raggiunto conclusioni a dir poco inaspettate.
Finalmente aveva realizzato in che misura il SEAL avesse influenzato il suo modo di vivere e quanto la sua presenza fosse ormai indispensabile per la propria serenità. Semplicemente troppo, rispetto a quello che avrebbe dovuto essere.
Insomma, erano partner sul lavoro, amici fuori... Okay, più che amici – quasi fratelli. Ma ciò che si era scoperto a provare prima che la squadra si imbattesse in Dracul Comescu, quando si era voluto togliere un sassolino che si teneva dentro la scarpa da un po’, andava ben oltre il legame che così faticosamente aveva cercato di delimitare da quando l’aveva conosciuto. Le emozioni che sentiva ogniqualvolta pensasse al capitano sconfinavano di diverse miglia e temeva di non avere tanto nastro giallo – proprio quello delle scene del crimine – per contenerle.

 
«Posso chiederti una cosa, scimmietta?».
Grace sollevò gli occhi dalla propria tazza di macedonia ed annuì col capo, facendo dondolare i codini che le aveva fatto quando erano tornati dalla spiaggia.
«Perché lo chiami
zio Steve?».
Ecco, gliel’aveva chiesto. Danny si alzò fingendo di dover mettere a bagno i piatti della cena, quando in realtà non voleva farle capire che era arrossito, imbarazzato dalla sua stessa domanda.
«Me l’ha detto lui che potevo», rispose la bambina, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«E quando sarebbe successo, esattamente?».
«Non mi ricordo, papà. Però una volta ho sentito che ti chiamava
fratello e ho pensato che allora avrei dovuto chiamarlo zio, come zio Matt».
«Tesoro, anche Kamekona mi chiama
fratello – lo fanno quasi tutti, su quest’isola – eppure non lo chiami di certo zio!».
«Mmh, tu e Kamekona non sembrate fratelli».
Danny si voltò di scatto, fregandosene del calore che sentiva salirgli su per il collo. «Stai dicendo che invece io e Steve sembriamo fratelli?».
Grace si strinse nelle spalle ed annuì ancora una volta, per poi spiegare candidamente: «Voi due siete sempre insieme e vi guardate in un modo…».
«
In un modo? Che modo?», domandò nervosamente, la voce fuori controllo che si era alzata di qualche ottava.
«Si capisce che vi volete bene, che c’è qualcosa di speciale tra voi».
Il detective si ritrovò a bocca aperta, insolitamente incapace di articolare una qualsiasi frase di senso compiuto. Proprio lui, senza parole. Se solo Steve l’avesse visto…
«Allora ho chiesto a Steve se potevo chiamarlo
zio e lui ha detto di sì. Ha detto che io e te facciamo parte della sua ohana».
Grace sorrideva contenta, tanto che se solo avesse avuto una coda avrebbe iniziato a scodinzolare.
Danny non rispose, si limitò a ringraziare la bambina per avergli tolto quella curiosità, poi le diede il permesso di alzarsi da tavola per andare a guardare la TV.

 
Aveva continuato a rimuginarci su per parecchio tempo, anche dopo che Stan e Rachel erano passati a prendere Grace perché salissero sull’aereo che li avrebbe portati sul continente, fino a quando non aveva cercato di allontanare i pensieri scomodi che gli affollavano il cervello. E quale modo migliore, se non scervellarsi sugli indizi che il padre di Steve gli aveva lasciato in eredità?
Aveva avuto giusto il tempo di capire che probabilmente Steve era andato in Giappone per cercare Shelburne e avvisare Chin della scoperta, quando aveva ricevuto la chiamata del Governatore, quella che aveva dato il via al caso che se non fosse stato risolto in fretta avrebbe avuto la conseguenza forse più disastrosa che avessero mai affrontato: un’epidemia di vaiolo emorragico in grado di sterminare la maggior parte della popolazione terrestre.
Ovviamente aveva tenuto informato Steve, aggiornandolo sugli sviluppi dell’indagine ogni volta che poteva. Aveva avuto persino la prontezza di spirito di fare qualche battuta, quando aveva scoperto che doveva una bistecca all’agente Hanna del NCIS – «Ecco perché ti sei dato alla macchia, sei il solito tirchio!», gli aveva detto.
Ma niente, nemmeno il fatto che aveva rischiato di venire infettato dal virus più di una volta lo aveva convinto a richiamarlo.
Una sola, maledetta chiamata. Era tutto ciò che chiedeva.

 
Era già stato beccato due volte a telefono con Grace dall’agente Blye e dall’agente Deeks, perciò quella volta andò a farsi una passeggiata sul molo. Nonostante l’impazienza, aspettò che si attivasse la segreteria e poi iniziò a parlare a raffica, infervorato: «Dannazione, Steve, ti sembra il modo? Non solo sparisci dalla faccia della terra senza dire niente a nessuno, ma addirittura non ti interessi minimamente di quelli che sono rimasti indietro e stanno rischiando la pelle! Saremmo io e Chin, per la cronaca».
Riprese fiato e si guardò le scarpe per trovare il coraggio di confessargli ciò che voleva dirgli.
Ora o mai più, si disse.
«Se questo è il mio ultimo giorno, voglio che tu sappia la verità. Sto parlando seriamente, perciò quando ascolterai questo messaggio – se mai lo ascolterai – voglio che tu non rida, né sorrida, né faccia una delle tue facce. Ci siamo capiti? Bene».
Si umettò le labbra e socchiuse gli occhi, respirando profondamente un’ultima volta.
Ne era davvero sicuro? continuava a chiedersi. Non sarebbe più potuto tornare indietro, una volta fatto quel passo. Sapeva la risposta: le circostanze erano drammatiche, non poteva sottrarsi.
«Grace mi ha raccontato di quello che le hai detto, che io e lei facciamo parte della tua
ohana. Anche tu fai parte della mia, mi dispiace di non avertelo mai detto prima. Tu hai ridato un senso alla mia vita, mi hai tirato fuori dal buco che mi ero scavato con le mie stesse mani, mi hai ricordato cosa vuol dire gioire delle piccole cose. Hai reso sopportabili le Hawaii! E non ti ho mai ringraziato a dovere per questo. Grazie, Steve. Chissà dove sarei, se non ti avessi incontrato. Quello che so per certo è che non ti chiamerò mai fratello. Tu sei… Dio, ho già fatto una conversazione simile ad una segreteria telefonica e ti posso assicurare che è una sensazione orribile». Sospirò, passandosi di nuovo la lingua tra le labbra. «Steve, io…».
«Ehi, Danny!».
Il detective si voltò di scatto, trasalendo, e vide Chin accennare una corsetta per raggiungerlo.
«Che c’è?», gli chiese posandosi il cellulare sullo sterno.
«Ci sono novità, devi venire».
«Okay, un secondo!».
Aspettò che il collega si fosse voltato e si riportò il telefono all’orecchio: «Devo andare, devo impedire la fine del mondo. Se dovesse succedermi qualcosa, voglio che ti occupi di Grace come se fosse tua figlia, intesi? Devi promettermelo, Steve. Prendo il tuo silenzio come un sì».
Stava per chiudere la conversazione, quando ci ripensò e aggiunse frettolosamente, sentendosi avvampare: «Mi manchi».

 

*

 

«Beh, non dici niente?».
Danny stava seriamente prendendo in considerazione l’idea di sparargli. Almeno si sarebbe tolto una soddisfazione.
«Perché stai sorridendo? C’è qualcosa di divertente? Ti è appena venuta in mente una barzelletta, per caso?», gli domandò a raffica col suo tono di voce più serio, il viso accartocciato in un’espressione astiosa. Tutto ciò convinse Steve a far sparire quel mezzo ghigno che era così tanto mancato a Danny.
Senza dargli il tempo di rispondere, il biondo sollevò un dito per intimargli di fare silenzio e gli chiese ancora: «Perché sei tornato?».
Quella domanda ebbe il potere di sorprendere il SEAL, un evento più unico che raro che Danny avrebbe dovuto filmare per i posteri.
Steve aprì la bocca, ma non emise un suono, come se stesse prendendo tempo. Alla fine si schiarì la gola e con la stessa serietà del biondo rispose: «Ho capito che ti stavo perdendo, che stavo cercando le risposte sbagliate. Mio padre è morto e trovare Shelburne non cambierà le cose».
Preso alla sprovvista, Danny balbettò: «Tu hai… hai ascoltato i miei messaggi?».
Ed eccolo lì, il sorrisino di McGarrett, quello tanto irritante e al contempo capace di fargli mancare un battito.
«Quali messaggi?», gli domandò, avanzando di un passo.
Ora erano così vicini che Danny riusciva a sentire il suo profumo e a scorgere la scintilla di malizia dentro i suoi occhi cangianti per via della luce del sole: a volte erano blu, a volte verdi, ma sempre e comunque mozzafiato.
Il detective sapeva che cosa stava facendo, ma non gliel’avrebbe data vinta: non gli avrebbe ripetuto in faccia ciò che nel corso di quelle settimane aveva lasciato intendere più volte, non avrebbe concluso la frase che era rimasta in sospeso prima che andasse a salvare il mondo dall’epidemia di vaiolo. Non ancora, perlomeno.
Si era sentito sollevato di non averlo fatto, quando tutto era finito e la popolazione mondiale non era più a rischio d’estinzione, e si era pentito di essersi lasciato sfuggire altre cose: aveva avuto paura di aver messo a rischio il loro delicato rapporto, di aver tratto conclusioni frettolose e dalle conseguenze possibilmente catastrofiche – rimanendo in tema.
Se ciò che provava per Steve andava davvero oltre all’amicizia, al bene fraterno, come avrebbe fatto a spiegarlo a Grace, a Rachel, a Gabby? Come avrebbe fatto a guardare in faccia Chin e Kono senza sentirsi giudicato? Come avrebbe fatto a lavorare ancora al suo fianco con la costante paura di perderlo?
«Perciò hai semplicemente abbandonato la missione e sei tornato qui?», gli chiese alla fine, ignorandolo.
Steve si portò le mani sui fianchi e scrollò leggermente le spalle, guardando di lato. «Quando hai smesso di chiamarmi, una settimana fa, ho realizzato che ti stavi dimenticando di me. Non potevo di certo permettere che accadesse, no?».
Danny trattenne a stento una risata e non collegò il cervello alla lingua prima di dire: «Se dovessi prendere una botta in testa tanto forte da farmi perdere la memoria – anche una auto-inflitta – sono sicuro che con la fortuna che ho tu saresti l’unica persona di cui mi ricorderei».
Quando si accorse di aver fatto l’ennesimo passo fuori dal nastro giallo era ormai troppo tardi. Steve lo stava guardando con dolcezza, ma quella volta non c’era alcuna traccia di derisione nei suoi occhi sorridenti.
Danny deglutì nervosamente quando lo vide alzare una mano per posargliela al lato del viso ed accarezzargli il cerotto sulla fronte. A quel tocco gentile il detective chiuse gli occhi, abbandonandosi ad un sospiro di sollievo: non era un sogno, Steve era davvero lì con lui. Spinto dal desiderio di accertarsene al cento percento, annullò la distanza tra di loro per stringerlo in un abbraccio.
Il marinaio impiegò qualche secondo per ricambiare, colto forse alla sprovvista (due volte nel giro di pochi minuti!), e quando gli avvolse le forti braccia intorno alla schiena Danny sentì il proprio cuore scalpitare nella gabbia toracica, come se fosse ben determinato ad uscirgli dal petto per fondersi con quello di Steve.
«Mi sei mancato anche tu», gli sussurrò McGarrett all’orecchio e quella fu la scossa che servì al detective per tornare lucido e scostarsi, mostrando un autocontrollo di cui si stupì lui stesso. La verità era che, se solo avesse potuto, sarebbe rimasto tutto il giorno nell’abbraccio rassicurante del collega.
Col volto in fiamme, si schiarì la gola cercando di evitare lo sguardo ancora intriso di dolcezza di Steve.
«Bene, ora che sei tornato puoi riprendere il tuo ruolo di capo dispotico nella task-force. Non pensavo che l’avrei mai detto, ma non potrei esserne più felice». Gli diede una pacca sulla spalla e si voltò per tornare in salotto, ma il SEAL gli chiese con un velo di preoccupazione sul viso: «Che cosa vorresti dire?».
Danny si girò di tre quarti per rivolgergli un ghigno divertito. «Ti consiglio solo di arrivare in anticipo, lunedì. Cinque settimane di scartoffie arretrate non si compilano da sole».
«Pensavo te ne fossi occupato tu!», urlò il capitano, sconvolto dalla notizia.
Danny scosse il capo, schioccando più volte le labbra. «Non sono mica la tua segretaria, Steven».
Il marinaio lo guardò attraversare il salotto per dirigersi verso la porta d’ingresso e non poté evitare di sorridere. Dopotutto gliel’aveva detto chiaro e tondo, più volte, che gliel’avrebbe fatta pagare per essere partito lasciandosi dietro solo una lettera.
Pensava che fosse già uscito, quando lo sentì gridare: «Un’ultima cosa, Steve!».
«Dimmi».
«Domani mattina io e Grace andiamo in spiaggia. Le ho detto che eri in vacanza, perciò assicurati di portarle un souvenir».
Danny sentì il SEAL ridere sommessamente mentre gli assicurava che avrebbe provveduto e con riluttanza si chiuse la porta alle spalle.
Mentre attraversava il vialetto per tornare alla Camaro, il detective non poté fare a meno di sentirsi sollevato che, nonostante fosse riuscito ad aspettarlo per cinque settimane, quella volta avrebbe dovuto attendere solo la durata di una notte prima di rivederlo. Ma che senso aveva aspettare, se poteva averlo al suo fianco sin da subito?
Tornò indietro e non fece in tempo ad afferrare il pomello che Steve aprì la porta, sorridendo soddisfatto.
«Dato che tutto ciò che c’è in frigorifero l’ho pagato di tasca mia, ti dispiace se rimango?», gli domandò, conoscendo già la sua risposta. Steve si limitò a spostarsi e a fargli cenno di entrare.
«Mi sono persino abituato al rumore delle onde, sai?».
Il SEAL lo lasciò parlare a ruota libera, senza confessargli che invece lui non si era affatto abituato al silenzio della sua assenza; al contrario, se non avesse intasato di messaggi la sua segreteria telefonica sarebbe come minimo impazzito. Danny l’aveva salvato tanto quanto lui – se non di più – e avevano tutto il tempo del mondo per dimostrarselo.

 

 

THE END

__________________________________________________________________

 

Ebbene, siamo giunti alla conclusione!
Mi è piaciuto davvero molto scrivere questa FF e temo proprio - per voi, si intende - che non sarà l'ultima in questo fandom! *^*
Spero che vi sia piaciuta, che i personaggi siano rimasti abbastanza IC e che vi abbiano trasmesso qualcosina.
Un grazie a tutti coloro che hanno letto e a Red lady che ha commentato ogni singolo capitolo, rendendomi molto felice :)
Un bacio e alla prossima!

Vostra,

_Pulse_

   
 
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