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Autore: athazagorafobia    03/11/2015    0 recensioni
"A volte è molto difficile, in questo gioco del gatto con il topo, capire chi sia il gatto e chi sia il topo."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO 1


Iniziò a sciogliere i lunghi capelli scuri da una cipolla che la sera prima aveva improvvisato, naturalmente erano tutti intrecciati, ma avevano quell’effetto ondulato che lei amava tanto, qualcosa di casuale, non ovvio.
Riguardò il cellulare, ma le uniche cose che vide furono le continue pubblicità che ti mandano via mail e un messaggio di sua madre che le diceva che non sarebbe tornata a pranzo, “lavoro”, ma lo sapevano entrambe che era solo una scusa.
Quelle persone, “i suoi genitori” come potevano essere ritenuti tali?
Come potevano “i suoi amici”, essere ritenuti tali?
E lei, come poteva essere ritenuta una persona, se per gli altri non esisteva?
Un fantasma di qualcuno che non è mai nato, il fantasma di una persona che gli altri non conoscono.
Come puoi esistere se gli altri non lo sanno? In base a cosa sei sicuro di esistere?
Il dolore.
Emma non conosceva nient’altro che il dolore e Matteo.
Matteo era l’unico che la facesse sentire viva, perché semplicemente non la faceva sentire; nei momenti in cui lei era con lui non riusciva a pensare, non rifletteva , non le sembrava neanche di vivere, perché il suo vivere non era vivere, e con lui viveva davvero.
Ci teneva lei a Matteo, ma era un po’ come la volpe e l’uva, quando non sei sicuro di raggiungere la meta, fai finta di non volerci arrivare, per non soffrire s’intende, per non morirci dietro.
Ne conosceva di casi simili, di persone che smettono di vivere per altri. E lui era l’unica speranza in cui lei riponeva. Non voleva se ne andasse anche lui.
- sto di merda – rinunciò al suo orgoglio e gli scrisse. Tre parole in croce.
Lo vide diventare online e aspettò cinque minuti, sapendo che lui non le avrebbe risposto subito, perché sarebbe stato un po’ come ammettere che avesse aspettato anche lui che lei gli scrivesse. Oppure erano le fisime mentali che si faceva lei e a lui non fregava una minchia di risponderle.
Bip.
- io non so se ce la faccio – non ce la faccio a fare cosa?
- io non ce la faccio di sicuro senza di te – al volo, non importava più in quel singolo momento chi fosse il più forte tra i due. Per lei perlomeno .
- non ce la fai di sicuro se ti prendi tutto il mondo sulle spalle, facendo finta di essere Atlante, che poi anche lui un po’ di fatica ne faceva- sarcastico lui, ma la fece sorridere e incazzare.
- quindi? Dai dimmi la soluzione che io non la capisco. Mr sapientone, so tutto io, sorprendimi-
Silenzio.
Ed Emma sbuffò. “ Parli tanto poi che fai, tagli corto e te ne vai?” lui non capiva un’emerita mazza. E buttò il cellulare in aria.
Che si rompesse pure! Per cosa avrebbe dovuto utilizzarlo del resto? Per parlare con il muro?
Ma lo riacchiappò al volo.
Era il suo migliore amico del resto.
 
E poi via di nuovo col silenzio.
Troppo silenzio. Il loro rapporto non si era compensato. Un mese di no alla fine. L’ultimo mese in Italia senza il suo migliore amico. Perché lui doveva sempre comportarsi così ? Perché alla fine la faceva sempre soffrire?
Non te ne accorgi che stai per partire. Che il tempo passa, e che tu sei lì ,solo, che lo guardi andare avanti senza di te.
Forse avrebbe dovuto scrivergli prima dell’ultima settimana e non far finta di niente, che il niente alla fine non si riempe. Rimane lì immobile, e tu pensi che qualcosa possa cambiare da sola anche se non fai niente. Non succede niente se non si fa niente.
“ mi manchi”
Se ne era accorta da sola che loro due non erano solo amici. Doveva farlo? Doveva dirgli che per lei lui era più che indispensabile? Quel mese senza di lui era stato inferno. E non solo perché era estate e i 40° sembravano aver fatto vacanza in quelle piccole colline campagnole.
 
- Tu non ti rendi conto di cosa mi hai fatto. Io ti odio. E ti amo. E ti odio. E non so più quale tra questi due sentimenti è più forte dell’altro. Perché tutto ciò che ti riguarda, mi fa sentire confusa. Non so più neanche cosa provo. Tutto ciò che è te, per me è strano. Non è il mio terreno e sono insicura. Divento timida e arrossisco.
E poi tu a volte mi ignori totalmente ed io m’incazzo e decido di non parlarti più per il resto della vita; ma basta che un giorno a caso tu mi sorrida e io non riesco ad odiarti. Io amo il tuo sorriso, il tuo naso grosso e il tuo stile mezzo trasandato. E ti assicuro che se conoscessi un altro vestito come te mi vergognerei a morte e farei finta di non conoscerlo. Invece di te non mi vergogno per niente. Ti starei appiccicata tutta la vita per dimostrare agli altri che tu sei mio e non ti scambierei per nessun altro. Perché adesso ogni volta che guardo un ragazzo penso a te, e a quanto poco ti somigli.
E lo so che non ci crederai mai ma ho smesso di mangiare per paura di non poterti piacere, e di dormire per essere sicura di non morire nel sonno e non poterti più vedere.
E forse adesso penserai che sono una pazza e psicopatica e hai ragione. –
Matteo non mosse un muscolo del viso e Emma si era aperta troppo per restare lì a fissarlo immobile dopo aver sorriso aspramente . Fece per tendersi verso di lui e baciarlo. Aveva bisogno di baciarlo in quel momento, ma non lo fece alla fine. Si era aperta troppo per avvicinasi anche. E lui non reagiva e lei aveva paura. Per una volta aveva paura. Non ci sarebbero stati ne se ne ma, nessuna incomprensione questa volta. C’erano lui e lei. E basta.
E lei era lì, ma lui sembrava non esserci.
E forse quel foro che lei aveva aperto faceva entrare troppo freddo per stare lì fuori.
E lui non si mosse neanche a quel punto. Nemmeno quando lei iniziò a raccogliere silenziosamente le sue cose, da quel pavimento troppo rosso e troppo sporco, nemmeno quando freddamente lei si asciugò la piccola lacrima che le era scorsa sulla sua gota destra.
Non si mosse proprio infondo.
Ma non gli sarebbe costato niente, prenderle il braccio prima che lei iniziasse a correre, o proprio quando correva rincorrerla. Dopotutto le sue gambe erano molto più lunghe.
Oppure ancora prima, baciarla.
 
Si svegliò di colpo. Tutta sudata e rossa in viso.
Certo che di sogni strani ne faceva sempre..

 
                                                                                                                                                                                      
 
 
 
  
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