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Autore: Sinnheim    04/11/2015    2 recensioni
Versione 2.0, modificata ed arricchita.
Primo volume della serie "A Dance of Light and Shadow".
Seguendo il consiglio della preside Faragonda, una Bloom adulta e segnata dagli eventi, decide di scrivere un diario sui fatti accaduti cinque anni prima, una tragedia che l'ha cambiata per sempre. La Bloom allegra e spensierata di una volta ormai non c'è più ma, attraverso la scrittura, riuscirà a trovare un po' di pace.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bloom, Daphne
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Dance of Light and Shadow'
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CAPITOLO 2: ASSEDIO

 

 

Un silenzio glaciale calò nella sala riunioni: perfino i quadri dei precedenti sovrani di Domino attaccati alle pareti parvero trattenere il fiato. Tutti rimasero immobili, con le orecchie ben aperte e i nervi tesi, mani sulle armi, cuori in fiamme per l'attesa.

«Griffin, sei assolutamente sicura di quello che dici?» chiese mio padre con tono grave, di chi è stato braccato nella tana del lupo.

«Io non riesco a capire, non riesco nemmeno a concepire come sia possibile, questa massa di energia è qui tra noi, la sento nitidamente».

Credo che non scorderò mai l'espressione di mia sorella in quel momento, così amara e senza speranza. Un déjà-vu terribile le stava straziando il cuore: potevo quasi vedere nei suoi occhi le streghe che attaccavano Domino, che le strappavano via la vita, che distruggevano la nostra casa.

Non osai nemmeno immaginare il terrore che stava provando, così mi limitai a stringerle la mano e riportarla alla realtà, lontano da quei mostri del passato: non avrei mai pensato che quel presente fosse un inferno ben peggiore.

«Diavolo. D'accordo, tutti pronti a difendervi!» urlò mio padre con veemenza.

Le guardie reali arrivarono in gran fretta, posizionandosi davanti le entrate e le finestre con le armi sguainate, mentre noi, al centro della stanza, ci preparammo a combattere.

«Rimanete tutti nel castello! È protetto da una forte e antica magia: fin quando non capiamo che cosa stiamo affrontando, non correremo nessun rischio inutile!»

La voce del re era tonante e autoritaria. Annuimmo tutti e restammo in attesa di qualunque cosa, immagino.

La Griffin, nel frattempo, non si dava pace: fredda e calcolatrice, non aveva mai sbagliato niente nelle sue ricerche in anni di servizio. A ogni domanda trova sempre risposta, più è contorto e oscuro il problema, più ci si appassiona. Eppure, quella volta, tutti i suoi sforzi e tutto il suo acume vennero annientati come niente, non poteva sopportare il fallimento.

«È colpa mia, tutto questo è colpa mia, non ho previsto, non sono stata abbastanza attenta...» mugolò la strega torturandosi la mente. Si teneva la testa con le mani come per reggere un peso insostenibile.

«Amica mia, ora basta, sei troppo dura con te stessa! Hai fatto tutto quello che potevi!» cercò di consolarla Faragonda accarezzando la sua spalla con tocco gentile, ma la dura preside di Torrenuvola non poteva perdonarsi e, per qualche tempo, non la perdonai nemmeno io.

Ero troppo annebbiata dalla rabbia per poter essere tollerante. La Griffin ha indubbiamente sbagliato nel corso della sua vita, ma la comprensione dovrebbe essere una qualità fondamentale per le fate. Già... le fate…

Passarono i minuti. Se è vero che il tempo è relativo, dal mio punto di vista sembrarono ore. Non volava una mosca, potevo sentire il cuore martellante di ognuno dei presenti, il filo delle spade che sfiorava il fodero, ho pensato di impazzire diverse volte. A spezzare il silenzio ci pensò la preside di Torrenuvola che, dopo un terribile rimuginare, era finalmente arrivata all'epifania. Inutile dirlo, ci spaventò tutti a morte.

«Ma certo!» esclamò battendo il pugno sul tavolo.

«Griffin, ma ti pare il modo?!» urlò Saladin, ormai diventato un fascio di tendini e nervi dalla forma umana.

«Scusatemi tutti, ma ci sono arrivata! Tutte le altre fonti energetiche erano solo una trappola! Avevo ipotizzato che non avessero nessun senso: erano troppo scollegate tra loro, uno specchio per le allodole. Ora siamo qui, intrappolati tutti nello stesso punto, troppo intenti a concentrarci su quelle tracce lontane per rivolgere l'attenzione su ciò che avevamo sotto il nostro naso. Acuto, mossa molta astuta...»

La strega iniziò a camminare avanti e indietro per la sala, nervosa.

«È perfettamente plausibile, ma chi farebbe una cosa del genere? E per quale scopo?» domandò Flora. Daphne si irrigidì ancora di più e le rispose durissima.

«Qualcuno che vuole vendetta. Celando il proprio potere e agendo indisturbato, tale essere potrebbe aver fatto qualunque cosa e noi non ne siamo al corrente. Potremmo essere già tutti morti, per quanto ne sappiamo».

Sky cercò immediatamente il mio sguardo, non sapeva cosa fare né cosa pensare; Thoren, invece, si alzò di scatto dal suo posto, bianco in volto.

«Amore mio, non credi di esagerare? Insomma, non siamo nemmeno sicur-»

Un boato gigantesco fece tremare la terra all'improvviso, tanto che cademmo tutti al suolo come frutti maturi. Cercai immediatamente Daphne con le mani e, una volta individuata, la avvolsi tra le mie braccia per proteggerla dai detriti che cadevano dal soffitto. Le guardie si rimisero in posizione subito, mentre noi facevamo fatica ad alzarci; quella stanza si riempì di grida, non si capiva nulla di quello che mio padre stava dicendo, era il caos più assoluto.

Volevo rimettermi in piedi e urlare, urlare più forte di tutti per farmi ascoltare e per riportare un minimo di ordine, quando si fece buio. Piombò di nuovo un silenzio glaciale; i nostri respiri affannosi facevano fin troppo rumore, era così denso che potevo quasi vederlo.

“È… calata la notte?” pensai tremando, una goccia di sudore freddo mi segnò la guancia.

Con estrema cautela ci avvicinammo alle finestre per capire cosa diavolo stesse succedendo, pronti a reagire a tutto. Buttai l'occhio furtivamente fuori dalle vetrate: tutto era di un nero così cupo da dar fastidio alla vista. Sbirciai per qualche secondo, incapace di comprendere, poi mi resi conto: quella massa si muoveva e stava ricoprendo tutto il castello.

Stavo per chiamare mio padre, quando le finestre esplosero davanti a noi, come se stessero venendo compresse. I muri cominciarono a sgretolarsi, così come le strutture in marmo color pastello: quella cosa ci stava letteralmente stritolando. Le schegge mi tagliarono superficialmente le braccia con le quali mi ero protetta, ero illesa ma sanguinavo parecchio. Sky corse immediatamente verso di me con gli occhi pieni di terrore, era disperato.

«Sto bene, non ti preoccupare!»

Mi aiutò ad alzarmi quando, alta e terribilmente forte, una voce echeggiò per tutta la struttura.

«Sono Marion, regina di Domino ed ex custode della Fiamma del Drago. In mio nome, vi ordino di uscire dal castello con le mani ben in vista, o morirete tutti».

Il tono di mia madre era così innaturale: era rotto dalla sofferenza ma fermo, come una roccia. Mi rifiutai categoricamente anche solo di ipotizzare che fosse coinvolta in quella follia, doveva esserci qualcosa sotto per forza.

«Amore mio, cosa stai facendo?» sussurrò spezzato mio padre. Daphne era diventata un blocco di ghiaccio.

Ci guardammo tutti con aria affranta, non avevamo molta scelta. A denti stretti e con il cuore gonfio di terrore uscimmo uno dopo l'altro, con le mani in alto, disarmati e vulnerabili.

Ironia della sorte, i predatori divennero le prede. Una volta fuori, fummo investiti dalla luce del sole e potemmo vedere l'orribile realtà che ci aspettava: una massa abnorme, nera come la pece e dalla forma tentacolare si era avvolta intorno al castello sbriciolandolo con furia, come un mostro degli abissi che affonda la nave.

Tremammo tutti come foglie: le difese magiche furono violate con una facilità disarmante. Avanzammo lentamente fino al cortile antecedente le porte della nostra casa e finalmente scoprimmo la verità: mia madre, la regina Marion, era lì davanti a noi, a mezz'aria, stritolata dagli stessi tentacoli neri che stavano distruggendo il castello.

«Mamma!» urlai a gran voce, lei mi guardò in lacrime.

«Perdonatemi, vi prego... vi avrebbero uccisi tutti se non vi avessi attirato fuori...»

«Chi? Dicci chi!»

«Noi».

Come fantasmi, dal nulla apparvero tre figure incappucciate. La loro presenza era opprimente, mi spezzava il fiato. Senza dire una parola, i tentacoli neri ci catturarono tanto rapidamente che non potei nemmeno vederne l'evocazione; eravamo tutti ancorati a terra e in trappola, mia madre venne portata vicino al resto del gruppo.

Sembrava un vero e proprio campo di esecuzione. Il mio spirito battagliero fu completamente annientato: sentivo una disperazione che non mi apparteneva, ero diventata spettatrice di un corpo che non era più il mio.

Avevano soffocato il mio fuoco e, con esso, la mia anima. Guardai Daphne: nei suoi occhi potevo vedere il puro terrore, ma anche la furia del drago. Del nostro drago. Come sarebbe finita non potevo saperlo ma, perlomeno, saremmo stati tutti insieme. O meglio, questa era la mia speranza. Speranza che morì molto, molto amaramente.

Una voce a me molto familiare ci intimò di non provare a ribellarci in nessun modo o saremmo tutti morti in un istante. Le tre si scoprirono il viso e, come avevamo immaginato, erano proprio loro: le Trix. Icy iniziò a parlare con tono calmo, quasi innaturale per una pazzoide come lei.

«Però, sono sorpresa. Non credevo potesse funzionare davvero».

«Questo perché non hai mai fiducia in noi!» rispose Stormy con voce acida. Darcy sghignazzava soddisfatta.

«Non sono poi brillanti come sembrano, vero?» disse la strega dell'oscurità.

Rivolse lo sguardo verso la sua orribile creazione, sorridendo come una bambina.

«Guardate che spettacolo! Il castello di Domino spezzato come un ramoscello! Nemmeno le Streghe Antenate erano state capaci di tanto!»

Icy scoppiò a ridere come suo solito, sentivo la furia montarmi in corpo. La Griffin diventò insofferente davanti a quel teatrino, aveva sete di conoscenza.

«Come? Come diavolo avete fatto ad uscire da quel limbo dimenticato dagli dei?!»

«Domanda lecita» rispose Darcy. Camminò allegramente intorno a noi, poi continuò: «Penso sappiate tutti cosa successe con l'albero del Bene e del Male. Nel momento in cui le Streghe Antenate stavano per essere distrutte da voi piccole fatine, riuscirono a trasferire un briciolo del loro antico e primordiale potere dentro di noi. Dopo che ci gettaste in quel posto maledetto, quel potere iniziò a crescere a dismisura, forse influenzato dall'assenza del tempo, chissà. Crebbe così tanto che disintegrò le sfere che ci tenevano prigioniere e riuscimmo a tornare nella Dimensione Magica!»

Rimanemmo tutti sconcertati da quelle rivelazioni: ci eravamo scavati la fossa da soli, la ruota del karma aveva girato anche per degli esseri orripilanti come loro. Quale ironia, vero? Stormy, poi, continuò la storia.

«Le tre vecchie volevano usarci come catalizzatori, impossessarsi dei nostri corpi per tornare in vita. Ma, sapete, eravamo fin troppo furiose in quella prigione, una rabbia che non potete nemmeno sognare. La loro volontà era troppo debole per sovrastare la nostra coscienza, così le abbiamo abbindolate al nostro volere e ci siamo impadronite completamente del loro potere».

Infine, Icy si parò proprio davanti a noi con espressione rilassata, di chi aveva perfettamente la situazione sotto controllo.

«Abbiamo acquisito tanti poteri nel corso della nostra vita. Il Sirenix, la Magia Selvaggia... tutte abilità che non ci appartenevano, difficili da utilizzare al loro massimo potenziale. Nonostante il nostro impegno, non vi abbiamo sconfitto, mai. Ora, mie care fatine, è tutto diverso. Quei poteri, i vostri poteri, impallidiscono tutti davanti a questo. Un potere antico, così primordiale da poter essere definito selvaggio, in effetti. Ora possiamo sentire tutto, energie sia bianche che oscure. E la cosa divertente sapete qual è? Ce lo avete donato voi. Forgiato dallo stesso limbo in cui ci avete gettato via, come immondizia».

Era davvero rimorso quello che stavo provando? Pietà? D'altronde, la prigionia se l'erano largamente meritata, erano pericolose per tutti, una minaccia per tutto l'Universo. Continuò a parlare, ogni sua parola mi feriva l'udito.

«Per quanto potenti fossimo diventate, non potevamo di certo affrontarvi così, a viso aperto. Siete scarafaggi, ma siete davvero tanti. Eravamo furiose ma, se volevamo spuntarla, dovevamo studiare un piano, uno di quelli fatti bene».

Darcy rise beffarda, orgogliosa del suo operato.

«Ho avuto questa idea malsana. Mi sono chiesta 'chissà se sono così stupidi da cascarci?’. Non potevo credere a quello che percepivo: le più grandi fonti energetiche dell'Universo che si stavano radunando su Domino! Ho riso così tanto da farmi venire il mal di pancia!»

Non avevo ancora assimilato del tutto quelle informazioni, quando sentii la presa dei tentacoli diminuire, fino a lasciarmi libera; mi massaggiai le braccia doloranti, poi notai che anche Daphne era stata rilasciata. Nemmeno nel più terribile dei miei incubi avrei potuto immaginare cosa sarebbe successo dopo.

Stormy ci si avvicinò e iniziò a parlare: «Ascoltatemi bene e nessuno si farà del male. I vostri compagni sono tutti bloccati con dei tentacoli d'ombra, li vedete, no? Fate qualcosa di stupido e io farò passare delle scariche elettriche così forti nei loro corpi che non si accorgeranno nemmeno di essere morti, parola mia».

Io e mia sorella le guardammo inorridite, tanto era il dolore che ci fu promesso dalla strega. Il pensiero di vederli tutti morire era inconcepibile, così decidemmo di stare al loro gioco. Beh, in effetti non avevamo nessuna scelta, erano diventati loro ostaggi.

«Avete ottenuto questo teatrino. Brave, ve ne do atto. Adesso, cosa diavolo volete? Perché non ci uccidete e basta?» dissi a denti stretti.

Mascheravo il mio terrore con una finta arroganza che non sortì l'effetto sperato, tanto che Icy non cambiò minimamente atteggiamento.

«Siamo qui per prendere una cosa che vi appartiene e che ci serve. Certo, potremmo fare quel che dobbiamo e andarcene per la nostra strada, ma... non sarebbe divertente. Ci avete fatto soffrire le pene dell'inferno, non possiamo certo andarcene senza aver ripagato il favore. Riusciremo dove le nostre antenate fallirono. Prenderemo la Fiamma del Drago».

Io e Daphne ci guardammo con il gelo nel sangue, quelle parole significavano solo una cosa: qualcuno sarebbe morto di sicuro. Eravamo entrambe convinte che ci avrebbero ucciso davanti ai nostri compagni, trafugato i nostri poteri e poi si sarebbero liberate degli altri.

‘Cosa poteva esserci di peggio’, pensai. Oh, quanto mi sbagliavo...

Come se ci avesse letto il pensiero, Darcy fece una smorfia infastidita.

«Oh no, no, no, no, non avete capito proprio niente. Noi non alzeremo un dito. Ci siederemo qui, a goderci lo spettacolo. Ci serve una sola Fiamma del Drago, sta a voi decidere quale prenderemo».

Risero, risero forte, ma io non sentii assolutamente nulla: intorno a me i suoni si fecero ovattati e lontani. Non poteva essere reale quello che stavo vivendo, non stava succedendo davvero. Incrociai lo sguardo di Daphne e vidi il dolore sconfinato di una donna che aveva appena riassaporato la vita: abbassò gli occhi e pianse silenziosamente. Non ci stavo. Non potevo.

«Daphne, ascoltami! Non posso, non possiamo! Cerchiamo di pensare ad un'altra soluzione, io non... ti prego...»

Soffocai i singhiozzi a fatica mentre cercavo di mettere insieme delle frasi di senso compiuto. Lei camminò piano verso di me, mi accarezzò il viso e sorrise, per poi abbracciarmi e sussurrarmi poche parole: «Bloom, sorellina mia. Non abbiamo scelta, o moriranno tutti. Già una volta ho dato la mia vita per te, tesoro mio. Lo rifarei altre mille volte, e lo farò adesso. Sarà difficile, quasi impossibile per te, lo so, ma devi trovare la forza di... uccidermi».

Una furia incandescente iniziò a divampare nel mio petto: avevo ritrovato mia sorella da così poco tempo, non era giusto, non volevo.

«No… no, no, ti sei sacrificata già una volta, ora tocca a me! Non posso, non posso fare quello che mi chiedi, non posso, è troppo...»

Mi afferrò per le spalle con ferrea determinazione e mi guardò con occhi di fuoco, quegli stessi occhi che, spesso, ho avuto anche io.

«Mi strapperei la Fiamma del Drago da sola ma non posso, ok? Quelle vogliono vederci combattere a vicenda, se non lo facciamo uccideranno tutti! I nostri genitori, i nostri amori, i nostri amici! Se loro muoiono, se tutti noi moriamo, chi le fermerà? Prenderanno la nostra Fiamma del Drago e distruggeranno tutto! Miliardi e miliardi di vite! Davvero vuoi portare questo peso sulla coscienza?»

Aveva ragione. Stava cercando di far leva sul mio senso del dovere in modo palese ma, chiamatemi pure egoista, ma io non riuscii comunque a muovere nemmeno un muscolo.

«Io non posso, Daphne...»

A quel punto, successe una cosa che non saprei descrivere a parole: lei si allontanò da me con un'espressione che mai le avevo visto in volto, quasi folle, totalmente in balia della disperazione. Si voltò e caricò due sfere infuocate in entrambe le mani, pronta ad attaccarmi.

Dopo che la nostra missione per salvare gli animali magici fu conclusa, restituimmo il potere Butterflix e Tynix tornando al Bloomix, quindi i nostri attacchi erano potenzialmente letali; anche se non era ancora trasformata, quelle masse incandescenti potevano tranquillamente mandarmi all'altro mondo.

«Bloom... non mi sono sacrificata per poi doverti uccidere. Si vede che questo è il mio destino. Il mio posto non è su questa terra».

Sorrise amaramente mentre pronunciava quelle parole, mi si spezzò il cuore.

«Combatti, sorella. Coraggio

Senza lasciarmi il tempo di ribattere mi lasciò una di quelle sfere, la quale evitai con facilità.

«Daphne, smettila!»

Quella, però, continuò a lasciare i suoi attacchi, senza cercare di colpirmi veramente: mi stava provocando, cercava di farmi innervosire per spingermi ad ingaggiare il combattimento. Sarà anche passato poco tempo da quando eravamo di nuovo insieme, ma è stata in grado di capirmi fin da subito, come un libro aperto.

Poi… ah, maledizione... maledizione.

 

  
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