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Autore: WrongHysteria    28/02/2009    5 recensioni
Se ne stava nella sua stanza, Amy, in silenzio. Era come al solito seduta sul davanzale della finestra e scrutava il cielo nero, illuminato solo dalla luna piena. Il vento le scompigliava l'ampia gonna e i lunghi capelli neri e viola, simili a piume di corvo. Era bello guardare il mondo addormentato, a tarda notte. Sapere che era l'unica sveglia, l'unica viva. La faceva sentire normale. Era quello l'unico momento in cui Amy si sentiva davvero felice. Quando era sola. Perché con gli altri doveva sempre nascondere quelle cose che nessuno avrebbe mai visto.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Amy aveva trascorso una tra le serate più rilassanti della sua vita. Sua madre, alla fine, aveva optato per una pizza fatta in casa, ed era uscita buonissima. L'avevano mangiata davanti a un buon film, il preferito di sua madre, Titanic. Amy non riusciva proprio ad apprezzarlo, ma fece lo sforzo di vederlo comunque, per rendere Rachel felice.
Purtroppo i suoi buoni propositi non ebbero effetto e si addormentò dopo pochi minuti.
Come al solito non fu un sonno ristoratore: fece di nuovo quegli inquietanti incubi. Ombre, sussurri, e rosso sangue.
Si svegliò di soprassalto mentre i titoli di coda scorrevano sullo schermo. Si guardò intorno e incontrò gli occhi sorridenti di sua madre. Dopo qualche esitazione, ricambiò il sorriso: voleva solo andarsene a letto. - Mà, sono stanca, ci vediamo domani - disse, alzandosi dal vecchio divano rosso; e in pochi secondi, uscì dalla stanza.
Salendo le scale si sentì pervadere da un grande senso di stanchezza. Possibile che un semplice incubo ripetuto potesse ridurla così?
Entrò in camera e, chiudendosi la porta alle spalle con un calcio, si buttò pesantemente sul morbido piumone verde, che attutì il colpo. Aveva paura di chiudere gli occhi. Per quanto potesse sembrare stupido, Amy aveva ormai paura di quegli incubi. Sapeva che non erano solo sogni. Sapeva che c'era qualcosa sotto. Ma cosa?
Come faceva sempre in momenti come quelli, Amy pensò a suo padre. Si sforzò di pensare che forse era lui. Che forse era vivo e cercava di contattarla. Combatté contro il pensiero che fosse qualcos'altro, di ben più feroce e cattivo.
Non sapeva che in realtà erano entrambe le cose.

***

La ragazza aprì gli occhi e non vide nulla. Capì che era ancora buio.
Amy si stropicciò gli occhi e si toccò le gote fredde: si era addormentata, chissà come, mentre era sdraiata sul letto. E per fortuna, non aveva fatto il solito sogno che la perseguitava da quasi un mese.
Aveva sonno. Non si preoccupò nemmeno di mettersi il pigiama: si tolse la felpa e lasciò cadere le pantofole, poi scivolò direttamente sotto le coperte calde, rabbrividendo. Perché aveva così freddo?
Sentì un fruscio. Alzò gli occhi verso la finestra e si accorse che era aperta. Il vento gelido scivolava nella sua camera, gonfiava le tende bianche e si infilava sotto le coperte senza alcuna pietà per lei. La costrinse ad alzarsi per chiudere la finestra.
Leggermente irritata, ma intenzionata a proseguire il suo sonno, Amy si rassegnò a doversi alzare dal suo comodo letto. Prima di chiudere guardò fuori. Il cielo blu scuro era costellato da un'infinità di stelle luccicanti, ma la luna piena era già passata.
Amy sospirò, chiudendo le tende, e tornò al suo comodo letto.
Forse era troppo stanca per accorgersi di quei due occhi color rosso sangue che la stavano fissando.

***

Era un bel mattino a Penrose. Per la prima volta dopo mesi, Amy sentiva gli uccellini cantare. O forse era la sua immaginazione?
La ragazza cercò le pantofole. E come al solito, trovò solo la destra.
Con la seria voglia di far fuori Midnight scese le scale, ma inciampò e per poco non cadde. Tenendosi alla ringhiera guardò dietro di sé, per vedere l'oggetto che aveva rischiato di farla rotolare a terra come un sacco di patate. Non era un oggetto, o meglio, era una palla di pelo.
"Pensi al diavolo..." sorrise Amy, prima di esclamare - Midnight! Che diamine ci fai qui? -
La palla di pelo non si mosse.
 - Midnight? - Amy si avvicinò cautamente. Sentì un debole miagolio... o forse era un ringhio?
 - Midnight! - la ragazza chiamò ancora.
Il gatto si alzò con aria ostile. Soffiò e poi sgattaiolò su per le scale, lasciando dietro di sé una Amy interdetta. La ragazza alzò le spalle. - Uhm, nervosetti oggi, eh? - gli disse, pur sapendo che non poteva sentirla. Contrasse il viso in una smorfia e continuò a scendere le scale. Improvvisamente sentì un rumore in cucina. Un rumore sospetto.
Amy drizzò le orecchie e, lentamente, entrò in cucina in punta di piedi. Sospirò di sollievo quando vide la madre trafficare con pentole e fornelli.
 - Mamma! Che ci fai a casa? - disse, sedendosi disinvolta su uno sgabello di cuoio rosso, a fianco del muretto.
 - E' sabato, è il mio giorno libero, non ricordi? - disse la madre con tono divertito. - Vieni, ti ho preparato la colazione.
"Mmm... frittelle! Finalmente una mamma degna di questo nome!" pensò Amy, rimboccandosi le maniche.
 - Perché sei già vestita? - chiese Rachel, sedendosi al tavolo e guardando la figlia con affetto.
 - Mi sono addormentata così, ieri sera, - rispose Amy a bocca piena. La madre si limitò ad annuire, continuando a fissarla amorevolmente.
Amy si sentì apprezzata ma anche stranamente a disagio. Rachel non l'aveva mai guardata così, mai riempita di attenzioni in quel modo.
Era troppo... da mamma, non da professoressa. Quegli occhi la scrutavano in modo inquietante.
 - Attenta, o farai finire i tuoi capelli nel piatto, - sentenziò la solita Rachel, allungando una mano verso di lei.
 - NO! - urlò Amy, ritraendosi. Avrebbe scoperto le orecchie.
Anche sua madre si ritrasse, come ferita. Amy si sentì un po' in colpa per averla respinta in quel modo, proprio ora che finalmente cominciava ad interessarsi a lei e ad essere affettuosa. Ma proprio non se la sentiva di mostrarle quelle orecchie, dopo tanti anni.
C'era stata una sola persona ad averle viste, Matt. Era il suo migliore amico quando entrambi avevano circa nove anni. Stavano giocando allo stregone cattivo e alla principessa. "Ah, ti trasformo in mostro!" aveva esclamato Matt, saltandole addosso. E aveva così scoperto le orecchie.
Era rimasto a bocca aperta, Amy se lo ricordava. E ricordava anche cosa gli aveva detto. "Non lo dire a nessuno, ma io sono un'umana speciale, sono una fata senza poteri...un'elfo!". Nessuno avrebbe mai potuto crederci, nessuno. Ma Matt sì.
E per la prima volta, Amy capì quanto era facile mentire.
Con sua madre non ce n'era mai stato bisogno. Quelle orecchie erano cresciute con lei, erano cambiate come cambia il corpo durante l'adolescenza. E dato che lei aveva imparato a prendersi cura di sé stessa fin da quando aveva cinque anni, non era sorto alcun problema né domanda sul perché portasse i capelli così lunghi e non li raccogliesse mai.
Amy aveva paura che un giorno quelle orecchie strane sarebbero cresciute ulteriormente, finché sarebbe stato impossibile nasconderle. Prima o poi avrebbe dovuto chiedere spiegazioni sulla loro provenienza alla madre.
Ma non ora.
 - Scusa, mamma, - disse allora, abbassando gli occhi. Poi le sorrise. - Sono solo un po' nervosa.
La madre sorrise di nuovo. - Tranquilla, tesoro. Ora vai che hai scuola.
Amy annuì, spazzolò in un lampo l'ultima frittella e corse di sopra a vestirsi. O meglio, a risolvere il dilemma del Cosa-mi-metto.
Lo risolse in pochi minuti, con il solito sistema: pescò a caso una gonna nera e un corpetto di seta dello stesso colore, infilò gli stivali, prese la tracolla di Nightmare Before Christmas e corse fuori, infilando al volo la giacca.
A scuola Amy si perse nei suoi pensieri fin dalla prima ora. Forse era troppo stanca per concentrarsi; non appena abbassava lo sguardo sul libro di storia, si sentiva girare la testa e le tornavano agli occhi tutte le immagini dell'incubo.
Alla terza ora era già completamente distrutta. Alzò la mano e chiese di andare in infermeria.
Uscì nel corridoio deserto. Le finestre erano aperte ed Amy poteva vedere il sole nascosto dietro le nuvole. Non era un bel clima, anzi, infondeva una profonda tristezza e trasformava i bellissimi occhi azzurro ghiaccio della ragazza in cupi occhi grigi.
Amy svoltò a destra e si trovò nel bagno delle ragazze. Aprì l'acqua del lavandino e si sciacquò il viso, attenta a non rovinare il trucco pesante sugli occhi. Chiuse l'acqua, si asciugò le mani sulla gonna e alzò gli occhi sullo specchio. Il suo volto si rifletté. Ma forse non era il suo volto.
Era strano. Aveva gli occhi rossi e luccicanti, e sorridendo notò che possedeva due lunghi canini bianchi e sporgenti.
Amy chiuse gli occhi e respirò a fondo: probabilmente era così stanca da avere le allucinazioni.
Quando li riaprì - prima uno, poi l'altro, con cautela - nello specchio c'era solo una ragazza pallida dall'aria stanca. Nessun vampiro.
Sospirò di sollievo ed uscì, ma non era ancora pronta a tornare in classe. E c'è forse qualcosa di meglio del sedersi su un davanzale e guardare fuori?
   
 
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