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Autore: Amantea    29/11/2015    10 recensioni
"Un uomo legge il giornale seduto all'interno della sua automobile, ogni mattina.
Una donna anziana non mette mai il cappotto, nemmeno nelle mattine d'inverno più fredde.
Mia madre mi tiene per mano mentre camminiamo spedite, è presto, ma non poi così presto, me lo ripete, dolcemente, mentre mi tira un po', lungo la salita, che è faticosa per le mie gambette muscolose ma corte, rispetto alle sue. Mia madre ha lunghe gambe, dalla falcata decisa, e un poco nervosa.
Salutiamo i passanti, pochi in verità, perché qui, a Neverville, come le sento ripetere spesso, ci sono poche anime, e quasi tutte perdute."
Un'avventura negli spazi infiniti, una missione da compiere, narrata dalla voce della protagonista, che non è quello che sembra, ricordando la propria infanzia, temendo quello che sarà ...
La mia prima storia originale, prendendo a prestito la fantascienza per scavare nell'animo dei protagonisti.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-5-
NEVERVILLE


-5-
Tutto quello che sono



E' una mattina come le altre, a Neverville.
Io e mia madre siamo uscite presto, come al solito, per procurarci qualche provvista. C'è uno spaccio di generi alimentari, in paese.
Con qualche buona contrattazione si può ottenere del latte e del pane. Mamma di solito baratta cose della sua vecchia vita, come dice lei. Forse altre, più particolari, se le procura in città. Abiti, o piccole cose inutili che invece alla gente di qui sembrano interessare parecchio.
I giornali, ad esempio. Poiché non ne stampano più, e da molti decenni, sembrano valere un patrimonio.
Non so perché questi vecchi devono essere così attaccati a cose che non hanno più valore.
Forse è proprio la loro età a renderli così?
A farli restare ostinatamente ancorati a qualunque cosa ricordi loro ciò che erano, o ciò che è stato.
Chissà come sarò io, da vecchia. E se mai ci arriverò.

Mia madre è riuscita ad entrare nel cuore degli abitanti di questo posto sperduto.
Credo lo abbia fatto con smisurata pazienza, e un'infinita accorta gentilezza.
Li aiuta, se può e come può. E poiché i bambini riscuotono gran simpatia, di solito, il fatto di avere me attira ancor più benevolenza.
Per questo non è raro che qualcosa ci venga anche regalato, da mangiare.
E allora, in casa, è festa grande.

Una mattina fra tante.
Un sole pallido, in pieno inverno, poche foglie rinsecchite sui rami.
Un vento insistente e freddo, che sibila appena dietro ai vetri delle finestre.
Mamma non è scesa in città.
La vedo un po' nervosa, da qualche giorno. Scruta con noncuranza il cielo, ma lo fa troppe volte e troppo ravvicinate perché sia solo curiosità.
Sobbalza se faccio cadere qualcosa... e tiene i giacconi sulle spalliere delle sedie, come dovessero essere a portata di mano... per cosa, mamma?

Se ci ripenso, provo ancora una grande angoscia.
L'attimo in cui udimmo un tonfo sordo, e squassante, come quando c'è il maremoto. E poi tutto cominciò a tremare.
E mia madre in un lampo fu su di me, "Devi scappare, Mina", e mentre anche io tremavo di paura e di lacrime, incapace di chiederle cosa, cosa stesse succedendo, lei mi aveva già infilato gli stivali, e la giacca, senza che nemmeno me ne accorgessi.
Ricordo solo i suoi occhi, febbricitanti, le labbra strette tra i denti, e le mani veloci anche se rigide, e tutta la disperazione di una madre, che deve salvare sua figlia.
"Vai, corri, alla fonte, Mina, vai alla vasca, e non voltarti indietro... io ti seguo, ma tu corri, hai capito? Corri!"


E' un ordine, e non si discute.
Il Capitano ha il viso indurito da anni di autorità e di decisioni scomode. I tratti sovrapposti dall'età e dall'esperienza, dalle cose che ha visto e che ha ordinato di eseguire. Il corpo disegnato, allenato alla fermezza. Eppure quelle piccole increspature intorno agli occhi indicano che cede spesso al sorriso, se non proprio con le labbra.
Si passa una mano tra i capelli, corti e screziati di ciocche bionde, quasi bianche. Un filo di barba che gli incornicia il volto... sembrerebbe più giovane senza, forse è per questo che se la fa crescere. Direi che mancano ancora diversi anni, ai suoi cinquanta. O per lo meno, i dottori che si sono occupati di me, e che avevano quell'età, sembravano più vecchi di lui.
I suoi occhi scuri mi scrutano, si appendono ad una domanda, che mi raggiunge senza severità.
-Dimmi che ti succede, Mina-.
Mi spiazza, però. Sposto il peso del corpo su una gamba, incrocio le braccia al petto.
-Niente-, rispondo.
Non sono affatto convincente. E se glielo dicessi, mi aiuterebbe? Se gli dicessi che comincio a vacillare, se gli dicessi che non erano previsti coinvolgimenti sentimentali, e che questo rende tutto più difficile, mi aiuterebbe?
E d'un tratto quelle voci che avevo cercato di ignorare rimbombano con forza nelle mie orecchie.

-Cazzo, Jody, ma perché proprio lei... perché lei?! -
-Beh, la sua storia la sai... no? Te l'ha raccontata?-
-Sì, non credo mi abbia detto tutto... ma ne abbiamo parlato, sì -.
-E quindi? Che intenzioni hai, Pete?-
-Che intenzioni ho?... Io ci ho perso la testa, Jody, ecco che intenzioni ho -.
-Ha ha ha!  Sei innamorato marcio... beh, questo si vede... intendevo... -
-Togliti quel risolino dalla faccia, Jody... non è successo niente, qui... -
-Niente? Mmmh dall'espressione che avevate, tutte e due, non direi proprio... -

-Mina! -.
Mi stringo la testa fra le mani, non voglio sentire, non voglio... non così.
-Mina!!-.
Il capitano mi ha raggiunto con due rapide falcate, le sue dita strette intorno alle mie spalle, sono calde, le sento, mi scuote un poco. Sollevo lo sguardo, è preoccupato.
- Voglio sapere che cosa diavolo ti sta succedendo! -.
La sua voce è venata di tensione, chiudo gli occhi. E cedo.
- Io... io sento se qualcuno sta parlando... da una certa distanza, intendo. Io riesco a sentire le conversazioni... è un rumore continuo, costante, di sottofondo... -. Incontro di nuovo il guizzo delle sue iridi, alzando il mento. Inarca le sopracciglia, mi invita a proseguire.
- Non è sempre stato così ... Non era così quando sono salita a bordo -.
- E quand'è iniziata questa storia... sai dirmelo? Puoi ricordarlo? -.
Sospiro, mi sforzo di radunare le idee, di non ascoltare la voce accorata di Pete che si sovrappone a quella stranamente bassa di Jody ... Quanto tempo sarà. dunque? Quando è stata la prima volta che ho sobbalzato, e sono rimasta in ascolto, incredula, di qualcosa che non vedevo ma che mi arrivava dritta al cervello, come se l'avessi davanti agli occhi?
- Direi... sì, un paio di settimane... non di più... tempo terrestre, ovviamente. Un paio di settimane -.
Sì, mi sembra una valutazione corretta. Mi mordo le labbra, mentre fisso un punto imprecisato sul pavimento, tra le punte dei nostri stivali.
- Ne hai parlato con la dottoressa? -.
Con la dottoressa? No, nemmeno ci ho pensato, in verità.
- No... dovrei? -.
Esito, glielo chiedo francamente.
- Sai che tutto quello che ti riguarda deve essere tenuto sotto controllo, registrato, analizzato ... -, ribatte, la voce un poco più bassa.
Sì, lo so. Certo che lo so. Se non avessi quei ricordi che riaffiorano come scogli con la bassa marea, potrei quasi pensare che non ho fatto altro, nella mia vita, che farmi analizzare.
- Lo farò. Immediatamente -.
Il capitano annuisce, allenta la presa sulla mia pelle. Sembra riscuotersi da quel contatto, quasi fosse troppo intimo, e se ne torna rapido ad osservare i suoi schermi. Fremono i muscoli della schiena, non è affatto tranquillo. L'incontro è terminato. Lo saluto con una mano alla fronte, retaggio di antichi saluti militari, non importa se non mi vede, sa che è così che occorre accomiatarsi, e lascio la stanza, diretta verso l'infermeria.

Il mio corpo sta cambiando dunque. Non pensavo che sarebbe potuto accadere.

Pete è innamorato di me. Quel suo bacio dunque, quel suo modo di guardarmi... Non avrei voluto ascoltare quella conversazione.
C'è qualcosa di inviolabile, in ciascuno di noi.
Qualcosa che va al di là dei confini del corpo.
Un nucleo di pensieri, emozioni, sentimenti, che ognuno dovrebbe avere il diritto di tenere nascosto, o rivelare, ma solo a suo piacimento.

Io, invece, che cosa sono?

Ciao, mi chiamo Mina, ho 22 anni e sono nata sulla Terra.

Sono silenziosi i corridoi dell'astronave. Li conosco a memoria, ormai.
L'ammiraglia, il fiore all'occhiello dell'intera flotta astrale. In viaggio verso la base nemica, verso il Loro pianeta, con altre astronavi gemelle, per l'attacco finale, la resa dei conti, l'annientamento definitivo. Una macchina da guerra, la Motherhead: il miglior Capitano della Confederazione (1), i migliori piloti. E l'arma più potente mai creata, a bordo. Io.



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(1) Confederazione: Riunisce i Governi della Terra e delle Colonie nello spazio.

E così ora ne sapete un po' di più (!).
Grazie di cuore a chi è arrivato fin qui, a chi mi segue dall'inizio e a chi si aggiungerà strada facendo. Siamo appena all'inizio...
Un abbraccio,
Amantea





 
   
 
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