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Autore: Amantea    16/12/2015    7 recensioni
"Un uomo legge il giornale seduto all'interno della sua automobile, ogni mattina.
Una donna anziana non mette mai il cappotto, nemmeno nelle mattine d'inverno più fredde.
Mia madre mi tiene per mano mentre camminiamo spedite, è presto, ma non poi così presto, me lo ripete, dolcemente, mentre mi tira un po', lungo la salita, che è faticosa per le mie gambette muscolose ma corte, rispetto alle sue. Mia madre ha lunghe gambe, dalla falcata decisa, e un poco nervosa.
Salutiamo i passanti, pochi in verità, perché qui, a Neverville, come le sento ripetere spesso, ci sono poche anime, e quasi tutte perdute."
Un'avventura negli spazi infiniti, una missione da compiere, narrata dalla voce della protagonista, che non è quello che sembra, ricordando la propria infanzia, temendo quello che sarà ...
La mia prima storia originale, prendendo a prestito la fantascienza per scavare nell'animo dei protagonisti.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-8-
NEVERVILLE


-8-


Mi hanno sottratto all'acqua contro la mia volontà, forse mi hanno dovuto sedare per riuscirci.

Perché quando mi sono accorta che le loro mani entravano nella vasca, per tirarmi fuori, ho iniziato a dibattermi, come un animale in trappola.
Solo allora ho sentito qualcosa sotto pelle, forse aghi, o altro, non saprei, e ho notato una matassa di tubicini bianchi immersi insieme a me, che i miei movimenti scomposti stavano aggrovigliando sempre di più.
Non provavo dolore, no, ma ho visto qualcosa sciogliersi nell'acqua, dopo che uno di quei cosi si era staccato dal mio braccio. Non era sangue.
Conosco il colore del sangue, è rosso scuro, spesso mi sono sbucciata le ginocchia, ho perso buona parte dei denti da latte... conosco il colore del sangue, e quella scia vischiosa che si spandeva, a stento rosata, non poteva proprio essere uscita dal mio corpo...

Giaccio nuda su un letto, ho freddo, appena un brusio confuso le voci che sento muoversi intorno a me.
Respiro, lentamente, con il naso, a pieni polmoni, mi guardo attorno fin dove riesco, le persone vestite di bianco mi osservano, qualcuna sorride, dicono cose sottovoce che io non capisco, o forse sono io che non sento bene, ho la testa ovattata e un poco confusa.
Si avvicina una donna, ha i capelli nerissimi e lisci, gli occhi dal taglio sottile, mi lascia una carezza, vedo le sue labbra che si muovono e una voce che rimbomba di lontano, e altre che si sovrappongono: "Come ti senti?", "I livelli sono stati stabilizzati", "Un risultato eccezionale", "Avvertite il comando centrale che la bambina di Neverville è stata riadattata con successo".

Mi metto seduta, non ho più nulla che esce dal mio corpo, non sono ferita, non ho congegni attaccati, non ho tubi, nulla. Solo pelle, che trema.
Non ho nemmeno più i miei capelli lunghi, me li devono aver tagliati, penso, altrimenti sarebbero stati d'intralcio in quella piccola vasca dove mi avevano messo.
"Ricordi il tuo nome?" mi chiede ancora la donna di prima, è una dottoressa, scoprirò poi, ma non ci vuole molta immaginazione per rendersi conto che sono tutti dottori, o scienziati, e che mi trovo in una specie di laboratorio o ospedale. Tiene in mano un indumento, bianco, e mi aiuta, perché ci infili dentro il braccio.
"Dov'è la mia mamma?" chiedo, raccogliendo la voce dal pozzo profondo in cui sembra caduta.
Prima che possa vestirmi del tutto un ragazzino si affaccia sull'uscio, dietro di lui altri musetti curiosi. Mi blocco stupita, un braccio ancora a mezz'asta.
Mi fissa a bocca aperta, ha un ciuffo di capelli più rossi che biondi sulla fronte, gli occhi grandi, è alto e magrissimo, e non ho idea di quanti anni abbia. Ha indosso anche lui una camiciola bianca che gli copre a malapena le ginocchia ossute, e come lui sono vestiti i ragazzini che si sporgono per guardarmi da dietro la sua schiena.
La dottoressa coglie il mio sguardo sbarrato, si gira verso la porta, e le parte un grido.
Il ragazzino ride, fa una specie di buffo sberleffo con la lingua, mi guarda ancora un attimo, sorridendo, e poi scappa, gli altri dietro, inseguiti da qualcuno che li sta richiamando senza successo. Colgo solo un nome, Jody, e lo registro nella mia mente.
"Dov'è la mia mamma?" ripeto, la camiciola ancora aperta sul petto.
"Sei l'unica sopravvissuta alla distruzione di Neverville", mi informa, la voce piatta e ferma. "Allora, vuoi dirmi come ti chiami, tesoro?".
L'unica sopravvissuta. Serro le labbra, inghiotto le lacrime che sento bucarmi gli occhi, e non proferisco più parola.
Giuro a me stessa che non sentiranno più la mia voce. Che non parlerò più. E manterrò la promessa, per molto tempo da allora.



Appoggio la nuca e le spalle contro il bordo della vasca, c'è ancora silenzio nella stanza.
Un brusio indistinto, lontano. Opaca la superficie dinanzi a me, come un velo di latte, o uno specchio di luna . Creo piccole increspature, soffiando piano, cerchi rapidi che si espandono e poi scompaiono.
Galleggio senza peso, in una bolla d'acqua che viaggia nello spazio più profondo.
Quanto vale la mia vita, grumo infinitesimale nell'universo?

Ormai sarà mattina, forse sono già iniziate le operazioni di sbarco, e non ho nessuna intenzione di unirmi ai compagni.
Non sono mai stata in una stazione di rifornimento spaziale. Ma la curiosità di scendere a Innertown non è abbastanza forte. Non abbastanza, almeno, rispetto al desiderio di restarmene nascosta, qui.

D'un tratto un senso di pericolo mi attanaglia le viscere.
Non saprei descriverlo. Ho i sensi in allerta, tutti. Sgrano gli occhi, il cuore rallenta.
Dò l'ordine alla tuta di ricostruirsi sul mio corpo, non mi sento più sicura, nuda, adesso.
Aspetto trattenendo il respiro che qualcosa - ma cosa?- accada.

La porta si apre. Non so come sia possibile, perché è stata predisposta per reagire al mio solo comando tattile, a meno di essere tecnici e possedere l'autorizzazione a modificare le impostazioni di sicurezza, dietro a un preciso ordine del Capitano.
Eppure è proprio un tecnico quello che entra ridendo nella stanza, seguito da un collega. Li riconosco dal colore dell'uniforme, di un giallo tenue (1).
Il personale addetto alla manutenzione alloggia e lavora al livello 1 (2) e non lascia mai la propria postazione.
Mi immergo di più, lasciando fuori la testa quel tanto che basta  per ascoltare cosa si stanno dicendo.
Non mi hanno ancora visto, sono soddisfatti di aver compiuto una bravata, che reputano innocente. Hanno pensato che l'astronave fosse deserta, che tutti i soldati fossero scesi, e hanno voluto approfittare di questa vasca rilassante. Un tuffo in piscina, praticamente, correndo tuttavia il rischio, altissimo, di essere scoperti e puniti.
Ogni singolo membro dell'equipaggio sa che questa vasca serve a me, nessun altro la usa, non è previsto. Devono aver pensato che fossi scesa assieme agli altri.
E invece nell'acqua ci sono io. E avverto ancora addosso una sensazione inquietante.
In ogni caso, si accorgeranno presto che sono qui. E io ho paura.


[In attesa delle operazioni di sbarco... ]
Jody ha incoraggiato Pete a raggiungere Mina, e ora si sforza di attendere in buon ordine che il portellone del lato ovest della nave si apra.
Il fisico slanciato, asciutto e muscoloso, tradisce un'innegabile tensione, per come i muscoli della schiena e delle cosce guizzano contratti e tesi.
E' eccitato, difficile nasconderlo. Gli occhi, di un raro grigio screziato di azzurro e giallo (sì, quasi gli occhi di un gatto, direbbe Mina), si muovono curiosi tra i soldati che gli sostano al fianco e le piccole luci rosse che si illuminano in sequenza di fronte a lui.
Uno sbarco offre molteplici possibilità. Un luogo mai visto, cose nuove da provare, e soprattutto facce diverse da quelle che ormai conosce a memoria. Si passa una mano tra i capelli, sistemandosi alla bell'e meglio quel ciuffo biondo ribelle che gli ricade sempre sugli occhi, e si guarda intorno, con fare distratto.
E' stato un annuncio inaspettato quello, senza dubbio. Un rifornimento, a metà strada, non era necessario. Non per astronavi di quel tipo.
I soldati devono obbedire agli ordini, e non è previsto che si interroghino sulle motivazioni. Però... chissà, magari riuscirà a scoprire qualcosa di interessante, parlando con i soldati degli altri equipaggi. Qualcosa che potrà essere utile al piano che sta elaborando con Pete sin dal primo giorno che sono stati arruolati per la missione. Un piano per provare a salvare Mina dal suo destino.


[Intanto, nella vasca]
Esco lentamente dall'acqua. I due uomini stanno ancora ridacchiando. Uno si è piegato verso la vasca, per saggiarne la temperatura. Sono distante diversi metri da loro, non mi hanno ancora visto. Rasento la parete. Forse correndo potrei riuscire a raggiungere la porta.
Ma uno alza distrattamente la testa e mi vede.
Una sgradevole sensazione mi invade. Un brivido freddo dalla nuca mi corre lungo tutta la schiena.
Un sorriso obliquo gli si dipinge sulla faccia mentre con una mano strattona il braccio del compagno, perché gli presti attenzione.
- Ehi! -, dice il primo, dopo aver rivolto un'occhiata veloce all'altro.
Le loro intenzioni sono confuse, lo percepisco. Possono fare poco, in realtà. Se anche qualche idea abietta ha attraversato loro il cervello, non riesco ad immaginare come potrebbero metterla in pratica. Forse sono solo troppo ingenua. Ho ancora le viscere attorcigliate, e non mi fido affatto.
- Non vorrai già andartene -, grida il secondo, - l'acqua sembra invitante. Non ti va una nuotata in compagnia? -, aggiunge, muovendosi lento lungo il bordo. L'altro si sta muovendo nella direzione opposta. Vogliono accerchiarmi? E poi?
Non voglio stare lì, devo scappare. Hanno espressioni che non mi piacciono, e stanno provando emozioni che mi feriscono.
Stanno perdendo ogni barlume di ragionevolezza. Per cosa stanno rischiando così tanto? Non sarà difficile risalire ai loro nomi. Denunciarli al Capitano, radiarli, punirli. Io non capisco... non capisco l'insensatezza, non capisco la cattiveria, la sopraffazione, la brutalità.
Si stanno ancora muovendo. Uno sogghigna: - Tu sei Mina, giusto? -.
Certo, sai bene chi usa questa stanza. Solo io posso (potevo) farlo.
- Senti, bellezza, toglimi una curiosità... -, continua l'altro. - Ma tu sei ... sì, insomma, sei come le altre ragazze o no? Sai, me lo sono sempre chiesto... -.
Me lo sono sempre chiesto... provo un senso di nausea.
Respiro, immobile.
Continuano ad avanzare verso di me. E sento le loro stesse sensazioni.
D'improvviso provo una rabbia sconosciuta. La sento avanzare come la marea, montare come un'onda, crescere come un vento impetuoso, risalire dalla pancia verso la gola, irrompere senza freni e senza controllo, come una tempesta che si abbatte contro una spiaggia e la sovrasta, cancellandola il tempo della risacca.
Mi accorgo che quei due si sono fermati, anche senza vederli.
Non so cosa hanno di fronte. Io non posso vedermi da fuori, ma dentro ho qualcosa che non riesco più a trattenere.
Grido un no a denti stretti, due ali d'acqua si sollevano dalla vasca, e ricadono di schianto, e quei due sbattono contro le pareti, quasi sospinti da un'onda d'urto, così forte che sento appena un urlo rotto e un tonfo sordo.

Tremo, tremiti convulsi, di freddo, mi accascio, la testa fra le mani...
Dio mio, cos'ho fatto... cos'ho fatto... ?
Cosa sono... cosa sono, io, veramente?
Qualcosa di caldo scivola lungo le guance, l'acqua è immobile, adesso, come quei due corpi...
E non provo più nulla, se non un'immensa tristezza.

Qualcuno mi chiama, la porta è rimasta aperta, grida il mio nome, ho gli occhi chiusi e tremo ancora, conosco queste mani calde che mi afferrano il viso, conosco questa voce.






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(1) I soldati e il Capitano hanno invece l'uniforme di un colore blu scuro. Mina è l'unica che ha la tuta rossa.
(2) Cap. 6: la Motherhead è strutturata su tre livelli.



Mmm la storia si complica?
La parte iniziale, come in ogni capitolo, in corsivo, sono i ricordi di Mina bambina.
Avete riconosciuto la dottoressa?
Grazie di cuore a tutti coloro che mi seguono e leggono e lasciano la  loro traccia in questa storia.
Ci sono le vacanze all'orizzonte, ma non per me. Se non aggiornerò prima di Natale faccio gli auguri a tutti. A presto!!
Un abbraccio di cuore
Amantea



   
 
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