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Autore: theseeker64    28/12/2015    1 recensioni
Il cavaliere Lautrec si è imbattuto in una terribile rivelazione: Lordran è intrappolata in un ciclo di eroi "Prescelti". Ora il suo obiettivo è trovare un modo di mettere fine a questa follia con l'aiuto di Quelana, Madre della Piromanzia, Patches la Iena e altri per risolvere questo eterno conflitto - e rompere il Ciclo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6

Quando il corvo finalmente atterrò sul suo nido, in alto sopra il Santuario del Legame del Fuoco, con lei e il cavaliere in uno degli artigli, Patches e i ragazzi nell’altro, Quelana non solo vide i cambiamenti di Lordran, ma li avvertì. Il freddo che si era impadronito del Rifugio da cui erano scappati aveva raggiunto anche il santuario. Raffiche ghiacciate scuotevano le sue vesti nere mentre il corvo li lasciava andare, e scoprì che il nido dell’animale era ricoperto di neve, dove prima non ce n’era. Sotto la torre, il mondo era stato avvolto in una coperta di bianco purissimo. Quelana alzò lo sguardo verso i ponti e le fortezze che stavano come sentinelle all’orizzonte e anche loro erano state sepolte dalla neve. Si chiese che inferno di ghiaccio avesse scatenato il folle cavaliere su quel mondo, e se la sua stretta gelata avesse raggiunto persino Izalith; avesse raggiunto le sue sorelle.

Si dimenò nella sua stretta, guardandosi dietro le spalle. “Lasciami andare. Siamo atterrati.”

“Questo è…impossibile,” mormorò Lautrec; i suoi occhi grigi persi nella vista della nuova Lordran dietro le ciocche disordinate dei suoi sporchi capelli biondi. “Nessuna tormenta potrebbe fare questo così velocemente.”

“Volevi il tuo adorato ‘cambiamento’. L’hai avuto. Ora lasciami andare,” ripeté Quelana, cercando di divincolarsi dalle sue braccia.

“Zitta,” ordinò il cavaliere sottovoce. Il suo volto si era improvvisamente irrigidito.

“Lautrec…” sussurrò Patches dall’altro lato del nido, gli occhi spalancati e preoccupati.

“Lo vedo,” gli bisbigliò in risposta il cavaliere.

Quelana allungò il collo in avanti per guardare giù verso il santuario. Là, dietro a un gruppo di pilastri di pietra, lo vide. “Quali altre atrocità hai risvegliato, folle dorato?” Quelana riusciva a intravedere solo pelliccia, zanne e zoccoli mentre qualsiasi mostro li aspettasse sotto passava dietro ai pilastri; un’enorme ascia lasciava una scia sulla neve dietro di lui, trascinata dalla bestia, graffiando e scavando nella terra. Il demone grugnì e si scosse la neve dalle spalle pelose prima di sparire dietro a un muro di pietra vicino al falò spento.

“Il Demone Toro,” mormorò Lautrec. “Non dovrebbe trovarsi qui.”

“Nemmeno noi,” sibilò Quelana da dentro le sue vesti e quasi contemporaneamente una raffica fredda si alzò sul nido del corvo, spingendo rametti e ciottoli giù dal bordo, una trentina di metri più in giù.

“Che succede?” piagnucolò Abby, la giovane monaca. Sia lei che il ragazzo, Benjamin, erano inginocchiati affianco a Patches, fissando l’orrore più in basso con espressioni di terrore sui loro giovani volti. “Che cos’è quella cosa?”

“Non m’importa,” disse Benjamin e afferrò il suo arco. Estrasse una freccia dalla faretra e la incoccò, prendendo la mira. “Mi serve solo un colpo preciso.”

“Mettilo giù, ragazzo,” lo ammonì Lautrec. “Scatenerai solo la furia del demone.”

“Gliela pianterò tra gli occhi,” disse Ben, tendendo l’arco. “Per accecarlo.”

“È un bersaglio troppo piccolo. Lo mancherai. Mettilo giù. Subito,” ordinò Lautrec.

Ben, lo guardò, vide la severa espressione sul volto del cavaliere, e abbassò l’arco. Abby strisciò fino all’orlo del nido, con i soffici boccoli dei suoi capelli castani già pieni di neve, e si strinse le mani al petto, guardando verso il basso. “Forse…non ci vuole fare alcun male.”

Patches sbuffò con una risata. “Forse dovremmo mandarti giù a chiederglielo, ragazza. Perché non…provi a saltare? Eh?”

“Se fossi sicura di sopravvivere alla caduta , lo farei,” rispose seriamente Abby. Quelana notò che la ragazza non si era accorta di essere presa in giro.

“Zitti tutti,” disse Lautrec. “Aspetteremo. Se ne andrà, prima o poi.”

“E se non lo fa?” Chiese Patches.

“Lo farà.”

E così aspettarono. Il demone camminò avanti e indietro, s’intravedeva la sua scura pelliccia mentre passava tra i pilastri. A un tratto, la bestia piantò la sua ascia in terra, ruggendo, ma qualsiasi cosa l’avesse agitata, se n’era andata; estrasse l’ascia e continuò a vagare senza meta. Il demone arrivò fino al falò e lo annusò.

“No…” mormorò Lautrec. “Il fuoco è…spento.”

Quelana non se n’era accorta prima, ma il cavaliere aveva ragione. Nemmeno la più piccola brace brillava tra le ceneri del falò. Si voltò verso il cavaliere. “O la tua povera vittima muta si è liberata dalla propria prigione…o è già morta.”

Una miriade di emozioni attraversò il volto di Lautrec mentre fissava il falò. Alla fine, sussurrò, “Non è morta…non ancora.

“E tu come faresti a saperlo?”

“Lo so,” rispose Lautrec, e non disse altro.

“O mio…” urlò Abby. “Guardate!”

Sotto di loro, ora che il demone aveva dato loro le spalle, la deformità del mostro, come quella del Demone del Rifugio prima di lui, era chiaramente visibile. Una seconda testa penzolava dalle spalle della creatura, vicino al gomito, da un collo sottile, dondolando da un alto all’altro ad ogni passo della creatura. La bocca della testa deforme era piena di zanne ancora più affilate della sua testa principale, e Quelana riusciva a vedere la lingua rosea catturare i fiocchi di neve, appesa quasi sottosopra.

Tu sei il responsabile per tutto questo,” sussurrò Quelana dietro le sue spalle al cavaliere. “Hai scatenato l’inferno su Lordran nella tua folle ricerca del cambiamento. Qualunque Dio crudele vegliasse su di noi…ora ci ha sicuramente abbandonati.”

“Tieni a freno la lingua, strega,” la ammonì Patches dall’altro lato del nido.

“No, ha ragione,” ammise Lautrec. “Mi assumo tutta la responsabilità. Volevo spezzare l’eterno, esasperante ciclo di questo mondo e l’ho fatto. Non ho mai pensato che non ci sarebbero state conseguenze. Se dobbiamo ammazzare un paio di demoni deformi…e sia.”

“E questo freddo?” Chiese Quelana. “E se non finisse? E se peggiorasse e basta? E se-”

La mano di Lautrec le chiuse la bocca. “Siamo stati scoperti,” disse, guardando in basso.

Quelana seguì il suo sguardo e vide ciò che lui aveva visto: la seconda testa del demone aveva due piccoli e luccicanti occhi rossi nelle luminose orbite sotto la sua fronte sporgente. Guardavano in alto, fissando il nido del corvo mentre dondolava da una parte all’altra. La sua bocca fece una smorfia e la cosa emise un urlo acuto e penetrante che sembrava il canto di un uccello ferito a morte. La testa principale del demone si voltò, puntando anche i suoi occhi sul gruppo nel nido, e ruggì, piantando l’ascia nella terra e battendosi il petto con la mano libera.

“Beh, merda,” imprecò Patches, estraendo una spada corta dal fodero che portava in vita. “Sapete, speravo davvero che non dovessimo affrontare il demone gigante con due teste oggi.”

Quelana allontanò la testa dalla mano del cavaliere. “Slegami, folle! Incenerirò quella bestia.”

Tu scapperai verso la Città Infame non appena ne avrai l’occasione,” disse Lautrec, alzandosi e sguainando i suoi due shotel.

“Anche se fosse, metterei fine alle sofferenze del mostro,” insistette Quelana, girandosi sulla schiena e stringendo i pugni. “Ora slegami. Hai bisogno di me.”

Sotto di loro, il Demone Toro ruggì ancora, stavolta più vicino, e Quelana sentì la costruzione di pietra sulla quale erano accucciati tremare come fosse stata colpita con forza. Lautrec guardò lei, poi l’orlo del precipizio, poi di nuovo lei. Si leccò le labbra e sospirò. “D’accordo, strega. Non farmene pentire,” la ammonì, s’inginocchiò e slegò il nodo che le stringeva il torso e le spalle.

Il demone ruggì nuovamente e l’edificio tremò.

Quelana strattonò la corda rimastale attorno ai polsi. “Liberami le mani.”

“Non esagerare,” disse Lautrec, afferrandola per il gomito e tirandola su in piedi. Raccolse la corda che pendeva dai suoi polsi e la lanciò ad Abby. “Tienila stretta. Se cerca di scappare, trattienila, intesi?”

Il volto della ragazza si riempì di confusione. “C-cosa? Perché io? Io non-”

“Cos’altro sai fare?” chiese Lautrec.

Abby aprì la bocca per replicare, capì cosa intendeva, e la richiuse. “…va bene.”

“Lo prenderò di lato!” disse Ben, avvicinandosi al cavaliere ed estraendo dal fodero un pugnale. “Sono bravo a rimanere nascosto. Io-”

“Resta qui,” lo interruppe Lautrec. “E se il demone sembra avere la meglio su me e Patches, colpiscilo con una freccia per distrarlo.”

Benjamin si accigliò. “Sì, ma se-”

“Non era una richiesta,” disse Lautrec. Si voltò verso Patches. “Sarai il primo a scendere. Anche se non sembra, il demone è veloce e la sua ascia ha un raggio considerevole, quindi ti suggerirei di atterrare in corsa.”

L’uomo calvo non sembrò contento, ma al contrario degli altri due, non contestò l’ordine del cavaliere. Strinse la spada, invece, e si avvicinò al bordo dell’edificio, dove lo aspettava la corda che avevano usato per salire, e la afferrò. “Non farmi aspettare troppo,” disse con un occhiolino, un sorriso e un salto di alto, con la corda in mano.

L’edificio tremò ancora, stavolta abbastanza forte da spezzare il pavimento di pietra nell’angolo e far precipitare una lastra di roccia traballante. Lautrec raccolse la corda e la strinse nelle mani di Quelana. “Ricorda che ti ho dato la mia parola di riportarti alla Città Infame, strega. Tienilo a mente, prima di bruciare ciò che non dovresti, laggiù.”

“Non so a cosa o a chi tu ti stia riferendo,” disse Quelana, alzando le mani vicino al volto del cavaliere e facendo danzare una fiammella sulla punta delle dita.

Lautrec si allontanò dal fuoco e si accigliò. Disse, “Chi può sapere quali orrori ti aspettano ora nella Città Infame? Potresti avere bisogno di un cavaliere come me per un viaggio sicuro,” poi, rivolto ad Abby, “Tienila vicina.”

Quelana si voltò verso la ragazza e strinse gli occhi. Le guance di Abby avvamparono e lei abbassò lo sguardo. Quelana scosse la testa, strinse più forte la corda, e si calò oltre il bordo per raggiungere il suolo. La discesa fu breve e abbastanza facile e poi i suoi piedi toccarono la terra innevata di Lordran. Patches non si vedeva da nessuna parte e, fortunatamente, nemmeno il demone. Quelana sollevò ancora una volta le mani e maledisse il cavaliere per averle lasciate legate. Abby fu dietro di lei un attimo dopo, il capo libero della corda di Quelana in mano. Quando Quelana la fissò nuovamente, la ragazza deglutì e alzò le braccia per difendersi. “S-sto solo eseguendo gli ordini del cavaliere. Ti prego, non…non voglio essere bruciata.”

“Non ho intenzione di bruciarti,” le disse Quelana, e per un attimo pensò di avvicinarsi alla ragazza e sussurrarle un incantesimo all’orecchio, ma Lautrec si calò subito accanto a loro.

“Che cosa stai facendo?” Sussurrò ad Abby, gli shotel stretti nei guanti dorati. “Prendila e muoviti. Dobbiamo dividerci e accerchiare la creatura.”

“Oh, sì,” disse Abby, scuotendo la testa e mordendosi il labbro. Si voltò verso Quelana, deglutì e tirò nervosamente la corda.

Se la ragazza non fosse stata così dannatamente spaventata, Quelana avrebbe potuto fare un po’ di resistenza, ma era già abbastanza nervosa, così la seguì diligentemente. Lautrec li sorpassò di corsa, gli shotel vicino ai fianchi, accucciato furtivamente. Strisciò lungo un muro di pietra, alzando la neve dietro ai suoi stivali dorati. Abby la condusse nell’altra direzione con passi lenti e prudenti, fermandosi ogni due secondi sentendo il demone ruggire lì vicino. Quelana restò in silenzio, permettendo alla ragazza di allontanarsi sempre più dagli altri, ma lei aveva un’altra idea. Da qualche parte dietro il muro, Patches urlò e il demone ruggì. Sentì scoccare una freccia dall’alto e il ragazzo, Benjamin, urlare “Ora!”. Il suono della pietra che si sbriciolava rimbombò tutto attorno a loro e Abby sussultò, portando una mano tremante alle labbra.

Si stavano avvicinando all’angolo del muro che li avrebbe portati allo spiazzo principale del falò, e Quelana vide la sua opportunità svanire. Si fermò, e quando Abby finì la corda, lo strattone improvviso la fece quasi scivolare. Si voltò indietro, con gli occhi sgranati e confusi, e tirò gentilmente la corda. “Dai! Dobbiamo-”

“Vieni qui, ragazza,” la interruppe Quelana, avvicinandosi e prendendo la corda in mano, cosicché si accorciasse sempre di più mentre camminava. “Lascia che ti dica una cosa.”

“Che stai facendo?” sussurrò Abby, alzando il sopracciglio. “Vuoi…farmi del male?”

“No, dolcezza, niente del genere,” la rassicurò Quelana, e quando ebbe raccolto tutta la corda, tirò a sé la ragazza e premette le labbra sull’orecchio di Abby. Nemmeno Quelana poteva comprendere veramente le parole che pronunciò. Erano parole antiche, parole arcane, e quando le bisbigliò, sembrava come se qualcosa di altrettanto antico ed arcano parlasse attraverso di lei, muovendo la sua lingua, manipolando l’aria. Sentì la ragazza irrigidirsi accanto a lei e poi afflosciarsi improvvisamente. Quelana la prese tra le braccia e la distese sulla neve, appoggiandola al muro.

“Slega i nodi che mi bloccano le mani,” ordinò Quelana, tendendo i polsi alla ragazza.

“Mmm,” gemette Abby, ruotando gli occhi. “Io…Io…”

“Sei sotto il mio incantesimo ora,” disse Quelana, perdendo la pazienza. “Adesso slega il nodo.”

Gli occhi di Abby fissarono concentrati il nodo, poi, però, distolse lo sguardo. “Pe…perché?”

Quelana restò a bocca aperta. Aveva usato l’incantesimo dell’Ammaliamento Non Morti da quando aveva memoria. L’aveva usato sui suoi alunni, sui nemici, persino su sua sorella stessa, una volta. Nessuno aveva mai fatto resistenza. “Mi hai sentito? Ti ho detto di-”

“No,” disse Abby, scuotendo la testa. Era intontita, fiacca, eppure da qualche parte dentro di lei, la sua coscienza rimaneva la stessa.

Quelana si alzò, stupefatta, e fissò la ragazza. Oltre il muro, un uomo (Quelana non riuscì a capire se Patches o Lautrec) urlò ancora, e il terreno vibrò con un colpo potente. Non aveva tempo di rimuginare sull’anomalia che le stava di fronte. Prese la corda nelle sue mani ancora legate e si avvicinò all’angolo della parete. Prima di andarsene, si voltò verso la ragazza e disse, “Resta dove sei. Sarai al sicuro,” e scattò velocemente nello stretto passaggio.

Sbirciando verso lo spiazzo del falò, non vedeva nessun uomo o demone, solo la bianca coperta di neve che sembrava aver avvolto tutta Lordran nel suo abbraccio. Nel cielo azzurro pallido, il guscio vuoto del sole guardava la neve cadere sul mondo. Persino il grande fuoco nel cielo si spegne, pensò Quelana. Madre Izalith salvaci. E con questo pensiero, fece uno scattò verso le scale a chiocciola che l’avrebbero riportata a casa.

Il corpo di Patches in volo la distrasse. L’uomo calvo sbatté a terra, scivolando nello spesso strato di neve contro una vicina costruzione di pietra, urlando di dolore. La spalla sanguinava. Il Demone Toro lo seguì con passo pesante da dietro gli archi del santuario, trascinando l’ascia dietro di sé. Da terra, Quelana trovò il mostro persino più terrificante. Svettava nel cielo, alto quattro metri e mezzo, e la sua bocca irta di pugnali azzannava l’aria mentre avanzava di corsa. Alzò l’ascia, piegandosi sulle ginocchia, pronto a saltare.

Anche Lautrec uscì dagli archi, le dita in mezzo alle labbra, e fischiò. La testa deforme e floscia del demone urlò, e l’altra testa si voltò ad affrontare il cavaliere dorato. Lautrec estrasse dal fodero il suo secondo shotel e si spostò velocemente dietro al mostro, distogliendo la sua attenzione da Patches. Gli occhi della bestia si fissarono su di lui e la bocca azzannò la neve che cadeva tra loro due. Anche da dove si trovava, a una decina di metri di distanza, Quelana poteva sentire l’odore di decomposizione nell’alito della creatura avvelenare l’aria. Stai perdendo tempo, si disse e si voltò per scappare.

Il suo piede si era appena posato sul primo gradino quando si fermò. Sei fuggita altre volte, Quelana, pensò, e tutto ciò che ti sei lasciata alle spalle è stato distrutto. Si voltò indietro appena in tempo per vedere il cavaliere schivare un’ampia spazzata dell’ascia del demone. Non gli doveva alcuna fedeltà né a lui, né al resto del gruppo. Era loro prigioniera dopotutto, ma il pensiero di scappare ancora, la vigliaccheria del suo abbandono, non le stava bene.

Lautrec, con un grido di battaglia, balzò verso il demone con entrambi gli shotel stretti nei suoi guanti di metallo, alti sopra la testa. Le lame squarciarono la coscia della bestia, spruzzando sangue quasi nero dalla ferita e causando un penetrante guaito di dolore dalla cosa, prima che colpisse di rimando il cavaliere. Lautrec barcollò all’indietro, riprese l’equilibrio e si alzò in piedi. Urlò ancora e si mosse in avanti, ma ci deve essere stata una roccia nascosta sotto la neve, perché Quelana lo vide inciampare e cadere su un ginocchio. Il Demone Toro colse l’opportunità e abbassò l’ascia, la spinse in avanti e verso l’alto. La superficie piatta della sua lama d’acciaio colpì Lautrec al petto e lo scagliò indietro verso l’alto. Volò all’indietro, colpendo il suolo e strisciando nella neve sulla schiena. I suoi occhi si chiusero di scatto e strinse i denti, inspirando. Il demone gli si avvicinò.

Quelana guardò lo scontro e poi la scalinata. Non avrebbe mai dovuto prendere la dolorosa decisione di fuggire da Izalith mentre le sue sorelle venivano deformate dal caos che la distrusse…ma poteva certamente evitare altri rimpianti in futuro. Il Demone Toro sollevò la sua enorme ascia e corse in avanti-

-e Quelana scattò per fermarlo. Gli occhi della bestia andarono dal corpo disteso di Lautrec a lei, e il demone cambiò direzione. Lei sollevò le mani all’altezza delle spalle e le aprì verso la bestia, con le dita ben aperte. Il mostro ruggì, calò l’ascia sopra di lei, e-

-fiamme eruttarono dalle sue mani, dando vita a un cerchio caotico di ardente, impetuosa distruzione rossa e arancione. Il fuoco divampò in un ampio cerchio, facendo sia da scudo contro il colpo del demone sia da contrattacco vero e proprio. La bestia guaì e indietreggiò per sfuggire al calore, ma le fiamme avvamparono in avanti, avvolgendo il suo corpo in una colonna di fuoco. La pelliccia della cosa s’incendiò, e quando le fiamme della strega si furono spente, il demone aveva dato origine alle proprie fiamme sulle spalle, la schiena e le gambe. Alzò la testa e urlò al cielo prima di lanciarsi a terra, rotolandosi su se stesso, cercando disperatamente di domare le fiamme sulla sua pelliccia.

Lautrec si rialzò a fatica. Guardò il demone, poi lei, annuì in segno di ringraziamento e si avvicinò per attaccare la bestia, stringendo gli shotel. Il demone si alzò, spento il fuoco, con la pelliccia nera e ricoperta di cenere.

Non li hai abbandonati. Hai aiutato. Ora corri, si disse Quelana e si voltò per farlo.

Strega!” Le urlò dietro Lautrec. “Rimani e combatti! Ho bisogno-”

Ma le sue parole vennero interrotte quando l’artiglio del demone per poco non gli strappò la testa dagli spallacci dorati. Quelana corse oltre l’angolo, scendendo la scalinata a chiocciola due gradini alla volta, e scattò oltre la caverna vuota con le sbarre, verso la seconda scalinata che l’avrebbe condotta all’ascensore…e a casa.

L’aveva quasi raggiunta quando la figura torreggiante del Demone Toro oscurò il cielo. Quelana guardò, spaventata e con gli occhi spalancati, verso l’alto e che la cosa era balzata giù dalla parte superiore e stava cercando di colpirla con l’ascia. Si gettò di lato mentre l’ascia staccava da terra un enorme pezzo di fango e neve dal suolo. Il demone atterrò con un assordante tonfo e ruggì.

Quelana si girò sulla schiena, con difficoltà, viste le mani legate, e affrontò il demone. Sollevò le mani e cercò di scatenare un’altra fiammata, ma non ci riuscì. Aveva speso troppo del suo fuoco interiore per stregare la ragazza prima e attaccando il demone poi e aveva bisogno di tempo per riprendersi. Tempo che non aveva.

Lautrec saltò giù dietro al demone, cercando di piantare i suoi shotel nella schiena della creatura, ma la piccola testa deforme che gli pendeva dalle spalle la avvisò con un urlo; il Demone Toro si voltò e sollevò il suo enorme artiglio. Lautrec fu preso nella stretta del demone, scosso come una bambola, e poi gettato a terra. Giacque inerte, ferito e forse morto accanto alla gabbia dove, ironicamente, aveva ucciso innumerevoli volte la donna al suo interno. Il demone grugnì soddisfatto, si voltò verso Quelana e sollevò la sua ascia.

Lei riusciva a vedere Benjamin scoccare freccia dopo freccia contro il mostro dal nido del corvo, ma metà mancavano il bersaglio, l’altra metà rimbalzavano semplicemente sulle dure spalle della creatura. Lautrec era privo di sensi, e Quelana capì che era finita. Mentre il demone si avvicinava, abbassò le mani e si costrinse a fissare il mostro che veniva a finirla. Perdonatemi sorelle mie, pensò. Che possiate trovare misericordia.

“Fermo!”

Abby arrivò con passo incerto dalla scalinata dietro al demone, appoggiandosi al muro per mantenere l’equilibrio mentre si avvicinava. “Fermo,” disse nuovamente, portandosi una mano alla fronte e scuotendosi la neve dai capelli.

“Che stai facendo, sciocca ragazza?!” Urlò Quelana. “Ti avevo detto di stare ferma! Ora ci ucciderà entrambe!”

“No,” disse lei, scuotendo la testa, e poi parlò dolcemente al demone, “Tu non ferirai più nessuno.”

Il Demone Toro si voltò a guardarla, piegando la testa di lato e socchiudendo i piccoli occhi su di lei. La studiò solo per qualche secondo prima di emettere un forte ruggito, alzando l’enorme ascia sopra la testa, scuotendola nell’aria furiosamente.

“Basta,” disse lei, facendo un passo in avanti, le mani sui fianchi.

“Folle ragazza,” sussurrò Quelana, scuotendo la testa. Controllò la propria fiamma interiore, ma non la trovò abbastanza forte da bruciare di nuovo. Non poteva fare nulla tranne guardare la ragazza avvicinarsi sempre di più e il demone diventare sempre più furioso. Appena fu a tiro, però, l’ascia della bestia si abbassò leggermente, e mentre Abby gli andava persino più vicino, il demone sembrò confuso.

“Placa la tua ira, bestia,” ordinò Abby. “Non vogliamo farti altro male e non ce ne aspettiamo altro da te.”

Miracolosamente, l’ascia del demone gli cadde di mano. I suoi occhi guardavano la ragazza alta nemmeno la metà di lui appoggiargli una mano sulla gamba. “Abbassati, cosicché ti possa guardare negli occhi,” disse Abby dolcemente.

Quelana era senza parola guardando l’enorme mostro che aveva appena scagliato due uomini e l’aveva quasi decapitata abbassarsi in ginocchio e fissare la ragazza di fronte a lui. Abby sorrise e portò una mano al collo peloso della creatura. “Non ci credo…” sussurrò Quelana, alzandosi in piedi e avvicinandosi all’incredibile scena che aveva davanti. Guardò il calmo demone dall’aria quasi serena e poi Abby. Prima la ragazza aveva opposto resistenza al suo incantesimo, e ora questo. “Cosa sei tu?” Chiese Quelana.

Abby stava ancora sorridendo mentre le sue mani accarezzavano la pelliccia del demone. “La Prescelta, no? O almeno, questo è quello che tutti voi mi avete detto.”

“No, ragazza…” Disse Quelana, deglutendo, la gola improvvisamente secca. “Tu sei…qualcos’altro.”

Lautrec era di nuovo in piedi, ma piegato verso il buco nella parete con le sbarre. I suoi pugni erano stretti attorno alle sbarre e ansimava. Quando si voltò di nuovo verso l’insolita vista di Abby e del demone inginocchiato, il suo volto era paonazzo e furioso. I suoi shotel erano di nuovo nelle sue mani. Si avvicinò.

“No,” gli disse Quelana, spostandosi velocemente dietro al demone per bloccargli la strada. “Non vedi che la ragazza ha sottomesso la bestia? Non devi-”

La spinse lontano da lui. “Sei scappata. Non hai più voce in capitolo.”

“Ti ho salvato la vita!” Protestò Quelana inciampando all’indietro e cadendo nella neve.

“Solo per abbandonarmi subito dopo,” disse Lautrec camminando verso il demone.

Non ti ho abbandonato!” Scattò Quelana.

Lautrec la ignorò e si avvicinò ad Abby, fissando il demone con uno sguardo di meraviglia e odio stampato sul volto.

“Ti prego,” lo implorò Abby. “La lotta è nella natura di questa creatura. Non è colpa sua se ci ha attaccati. Devi-”

Lautrec spinse via anche lei, e senza altre parole, conficcò il suo shotel nella giugulare del demone, con uno spruzzo di sangue scuro a tingergli i guanti dorati di morte. Abby urlò, gli occhi pieni di lacrime, ma la furia si era impossessata del cavaliere e iniziò a piantare gli shotel nella gola della creatura in una rapida, furiosa successione. Eppure, il demone non contrattaccò. Cadde solo su un fianco e soffocò sul suo stesso sangue mentre il cavaliere gli scavava nella gola.

Morì molto prima che Lautrec smettesse di colpirlo.

Abby era inginocchiata nella neve, il volto tra le mani, singhiozzando piano. Quelana si avvicinò, s’inginocchiò, e appoggiò le mani sulla spalla della ragazza. Patches era apparso sopra di loro, sull’orlo di terra che dava sulla gabbia e si grattò la testa calva. “Che diavolo…” mormorò.

Lautrec liberò gli shotel dalla gola del demone morto. I suoi guanti e la sua cotta erano ricoperti dal sangue della cosa e gocciolavano mentre lui stava fermo, ansimando per riprendere fiato. Quelana lo guardò scuotendo la testa e accarezzando la spalla di Abby. “Non eri così furioso verso il demone. La tua furia non si è risvegliata finché non hai guardato in quella gabbia vuota dove di solito si trova la tua ‘vittima’,” disse. Lui non la guardò, né rispose, così lei continuò. “Ci sono solo due cose che ho visto risvegliare una tale emozione negli uomini. Quindi dimmi, cavaliere dorato, perché continui ad uccidere quella povera guardiana del fuoco? Per odio…o per amore?”

Lautrec stette in silenzio a lungo, e proprio quando Quelana pensava che non avrebbe avuto risposta, mormorò, “Entrambi,” e rinfoderò le sue lame.

Mentre il pallido cerchio di luce che un tempo sarebbe potuto essere il sole si abbassava sotto il lontano orizzonte e la notte scendeva su Lordran, si accamparono al santuario del legame del fuoco. Lautrec aveva mandato Patches e Benjamin a raccogliere legna sufficiente dalla zona circostante, e poi l’aveva fatta accendere a Quelana prima di allontanarla dal fuoco verso un vicino pilastro di pietra. La sua ricompensa per avergli salvato la vita fu di essere legata e messa a sedere per la notte. Per il suo tentativo di stregare Abby, le rimise il bavaglio in bocca e poi fu lasciata, zitta e sola, mentre il resto di loro si stringeva attorno al fuoco.

“Ho un taglio,” grugnì Patches, osservandosi la spalla insanguinata mentre strisciava verso il falò e gettava un bastoncino tra le fiamme. “Dannatissimo bastardo di un demone…brutto pure, hihi.”

“Posso chiudere la ferita con ferro e fuoco,” gli disse Lautrec, “ma non ho modo di fermare qualsiasi infezione possa essersi formata.”

Patches sospirò, sembrò avere un dibattito interiore, e poi si voltò verso Benjamin, che sembrava pallido e malato. “C’è un sacco nascosto di otri di vino da quella parte,” indicò, “sotto una pila di tre pietre bianche. Vai a prenderle, ragazzo.”

“Sto male,” protestò Ben, e a dire la verità, ne aveva l’aspetto.

“Non me ne frega un accidente, sto sanguinando! Datti da fare, merdina,” urlò Patches, prendendo un sasso e lanciandoglielo.

“Te lo prendo io il tuo dannato vino,” disse Lautrec, lanciando i guanti vicino al fuoco e alzandosi. “Anche se avremo una piccola discussione sulle altre ‘scorte’ che potresti avere nei paraggi.” Alzò gli occhi al cielo, verso la neve. “Sperando sia ancora là. Abbiamo cambiato un bel po’ di cose in questo mondo maledetto.”

Patches aggrottò la fronte. “Oh, non sarebbe proprio una sfortuna? Non la mia piccola amata scorta di vino, che quegli déi maledetti congelino tutto il mondo, ma per carità lasciatemi il vino!

Lautrec sparì dietro agli archi di pietra che conducevano al cimitero che Quelana aveva visto dal nido del corvo e tornò un attimo dopo, portando con sé un sacco marrone. Patches lo vide e un sorriso sbilenco gli illuminò il volto. “Ah, ma allora è vero che gli Dei esistono ancora! Fantastico! Hihi.”

La risata dell’uomo calvo scomparve in fretta e fu sostituita da gemiti di dolore qualche secondo dopo non appena Lautrec bagnò con il vino la sua spalla ferita. Patches dovette stringere una cintura tra i denti mentre Benjamin lo teneva fermo quando il cavaliere scaldò la lama del suo shotel sopra il falò e la premette contro la ferita, chiudendola. Quando ebbe fatto, e Patches ebbe finito di grugnire e lamentarsi, i tre iniziarono a passarsi un otre tra loro. Abby stava seduta, stringendosi le ginocchia, fissando silenziosa nel fuoco e ignorandoli la maggior parte del tempo finché Ben si voltò verso di lei e le offrì il vino.

“Ha fatto star meglio me,” disse.

“No, grazie,” disse sottovoce Abby e appoggiò il mento sulle ginocchia.

“Ce l’hai con me, ragazza?” chiese Lautrec, sedendosi dall’altra parte del falò. “Per aver ucciso il tuo povero, dolce, demone.”

Abby non disse nulla, l’unica certezza che l’avesse sentito era la sua fronte corrucciata.

Lautrec rise e prese un altro sorso dall’otre. “La domanda è,” continuò lui, leccandosi le labbra. “Cos’è cambiato in questo mondo maledetto per far sì che accadesse una cosa simile? Era la bestia deforme in sé…o sei tu a essere speciale?”

Abby si strinse nelle spalle. “Tu mi hai detto che ero speciale. Che ero…Prescelta.”

“Beh, lo siete entrambi,” la interruppe Patches, indicando Ben. “Ma l’unica cosa degna di nota che abbia fatto questo ragazzo qui è stato piantarti una freccia nel petto nel rifugio! Hihi.”

“Non volevo farlo,” si difese Ben, imbarazzato. “E potrei fare molto di più! Non è stata colpa mia se mi avete lasciato lassù con quello stupido corvo a guardare il combattimento. Avrei potuto aiutare…avrei potuto uccidere quello stupido coso, il demone, da solo.”

“Perché siete tutti così decisi a uccidere tutto?” protestò Abby, parlando finalmente più forte di un semplice sussurro. “Avremmo potuto salvarlo!”

“Salvarlo da cosa?” chiese Lautrec con un sorriso. “Era un demone. Esistono solo per portare dolore e distruzione. Si meritava la morte, ed è quello che gli ho dato.”

Tu perché esisti?” scattò di rimando Abby. “Tutto ciò che ho visto te fare è stato portare dolore e distruzione.”

Lautrec guardò Patches e i due risero. “È tutta arzilla ora che è un’ammaestra-demoni, eh?” disse Patches prendendo un sorso di vino.

“Ho freddo,” s’intromise Ben, stringendosi le braccia attorno al suo farsetto di pelle.

Lautrec sospirò. “Quali Dei buffoni e crudeli mi hanno affidato due Prescelti, una che vuole abbracciare i propri nemici fino alla sottomissione, e l’altro che non fa altro che lamentarsi e sbagliare tiri che avrebbe dovuto fare.”

La bocca di Ben si spalancò con indignazione. “Ehi, ho colpito con un sacco di quelle frecce.”

“E hai mancato con altrettanto,” aggiunse Patches.

“Hai del talento naturale, ma ti manca la disciplina di un arciere più esperto,” disse Lautrec al ragazzo. “Inarchi la schiena e pieghi i gomiti quando tendi l’arco. Devi migliorare queste cose.”

“Beh…mostrami,” disse Ben.

Lautrec bevve dall’otre e Quelana poteva vedere che il liquido al suo interno stava iniziando ad avere effetto su tutti e tre. Il cavaliere fece spallucce, si alzò in piedi, e condusse il ragazzo fino al bordo dell’accampamento. Patches si tirò su a fatica e barcollò dietro di loro, ridendo a una battuta di pessimo gusto riguardo alle ‘frecce nel tuo culo’. Quando fu sola, Abby si alzò, si avvolse il suo mantello da monaca più stretto attorno a sé e attraversò lo spiazzo, avvicinandosi a Quelana. Arrancò nella neve, salì pochi gradini di pietra, e le si fermò di fronte. Abby incrociò le braccia sul petto e la fissò. Quelana non poteva fare altro che fissarla a sua volta. Vicino al falò, Patches rise e Benjamin urlò qualcosa.

Abby li guardò, poi tornò su Quelana. “Se ti tolgo il bavaglio dalla bocca…cercherai di controllarmi ancora?”

Quelana scosse la testa, e lo pensava veramente. Non solo la ragazza le aveva salvato la vita, ma ora le era chiaro che ci fosse qualcosa di speciale in lei.

Abby si morse il labbro, si guardò un’ultima volta alle spalle, e si accucciò vicino a Quelana. Deglutì nervosamente mentre alzava il cappuccio del mantello nero dal volto di Quelana e tendeva le mani dietro la sua nuca per snodare il nodo del bavaglio. Cadde dalle sue labbra, e Quelana se le leccò. “Grazie” disse sottovoce alla ragazza.

Abby sorrise, annuì, e si sedette accanto a lei; guardandola e stringendosi di nuovo le ginocchia al petto. Ci fu un momento di silenzio, poi la ragazza chiese “Come hai fatto prima? Come mi sei…entrata nella mente in quel modo?”

“È un trucchetto molto antico,” disse Quelana, spostandosi quel tanto che le permettevano le corde attorno al corpo per stare più comoda. “La vera domanda è: come hai fatto tu a resistere? Non mi era mai successo prima.”

Abby alzò le spalle. “Io…non lo so” disse, e poi, pensandoci meglio “Non ho capito. Il cavaliere mi ha detto che sono la non morta ‘Prescelta’. Non dovrei essere in qualche modo speciale?”

Quelana annuì. “Sì, è solo che…sia io che quel cavaliere abbiamo vissuto molti cicli di eroi ‘Prescelti’. Nessuno è mai stato capace di fare ciò che hai fatto tu oggi.”

“Allora forse erano falsi eroi…” disse Abby facendo spallucce.

“Forse sì” ammise Quelana e poté evitare di sorridere. Le piaceva la ragazza. C’era qualcosa di…onesto nel modo in cui parlava, come se non avesse niente da nascondere o da perdere. Per quel che ne sapeva Quelana, forse era così. “Hai detto di venire da Vinheim?”

Abby annuì, e, quando lo fece, della neve le cadde dai capelli. “Sì. I miei genitori mi mandarono alla grande Scuola del Drago per stregoni e chierici laggiù. Però io…non ero particolarmente brava in nessuna delle due specialità.” Guardò il cielo con un sorriso nostalgico. “Avevo fatto così bene i test iniziali, ma quando si arrivò alla pratica…fare incantesimi e pregare e tutto il resto…non ero brava e basta. I miei genitori non erano né tristi né arrabbiati o cosa, ma…non si sono certo sforzati di nascondere la loro delusione.”

Quelana annuì. “Sì, molti uomini e donne che ho incontrato hanno trovato le arti superiori difficili da comprendere. Hanno a che fare con la tua mente, sono sicura che lo sai. La scuola ti deve essere servita a qualcosa, no?”

Abby si morse il labbro e sorrise prima di annuire. “Sì, intelletto per le stregonerie, fede per i miracoli.”

“Le menti degli stregoni sono fatte per comprendere la conoscenza e la logica molto nel profondo” disse Quelana. “Sfortunatamente, è qualcosa che non si può insegnare. Un mio alunno, tanto tempo fa, Salaman, me lo spiegò, una volta. Afferrano numeri e schemi meglio degli altri, e così riescono a vedere le antiche verità celate in questo mondo e utilizzarle nei loro incantesimi. I chierici…si  affidano agli Dei per ottenere forza. Quando fai un miracolo, tu non stai facendo nulla in realtà. Stai chiedendo un favore agli Dei. Che ti ascoltino o meno non sta a te…dipende tutto da quanto è forte la tua fede.” Fissò la ragazza con gli occhi azzurri e le lacere vesti da monaca. “Ma non mi sembri una donna molto pia, mi sbaglio?”

“No…non molto, immagino” ammise Abby.

Quelana annuì, fece una pausa affinché comprendesse le sue parole. “Ma esistono altre arti. Altre arti…più oscure.”

Abby era a bocca aperta. Un fiocco di neve le cadde sul labbro e lo leccò via. “Intendi…” fece un cenno con la testa alle mani di Quelana. “Come il tuo fuoco.”

“Sì” le disse Quelana. “Mentre gli stregoni cercano la conoscenza, e i chierici conducono una vita di servitù, i piromanti ne conducono una di controllo. Non chiedi un favore alle fiamme, ordini loro di fare come desideri.”

La ragazza aveva gli occhi sgranati, e Quelana colse l’occasione per far danzare una fiammella sulla mano, dal pollice al mignolo, prima di spegnerla. Abby deglutì e guardò di nuovo Quelana negli occhi. “E possono apprendere tutti la piromanzia? Ci proibivano di parlarne a scuola.”

Tutti” disse Quelana. “L’unica cosa importante è ricordarsi che tu controlli le fiamme,” disse dolcemente, e la sua mente andò per un attimo a Salaman, “ma devi anche temerle…o ti consumeranno.”

Il volto di Abby era acceso d’interesse, curiosità, timore, ed entusiasmo. Si morse il labbro e fissò le mani di Quelana. “Così…saresti disposta a prendermi come tua alunna?”

“Sì.”

Abby deglutì. “Quel cavaliere ha detto che non sei umana. Che sei…una strega. Che sei nata dal fuoco. È davvero così?”

“Sì.”

La ragazza corrugò la fronte, non aspettandosi chiaramente una risposta così schietta. “Oh…capisco.”

“Veniamo entrambe da anime oscure, ragazza” insistette Quelana. “Non possiamo essere tanto diverse.”

“Forse no” ammise Abby annuendo, e in quei suoi occhi azzurri si accese una scintilla di speranza.

“Che stai facendo là in fondo, ragazza?!” la voce di Patches giunse attraverso lo spiazzo. “Stai lontana dalla cagn-ehm, uhm, strega e portaci un altro otre di vino.”

Abby sospirò. “Non sono sicura di essere a mio agio con gli altri…sembrano così decisi a combattere tutto. E ora bevono quando potrebbero esserci pericoli appena oltre queste colline.”

“Sangue e vino” disse Quelana. “Due cose delle quali gli uomini saranno sempre bramosi.” Il suo sguardo si posò sul corpo della ragazza di fronte a lei. “E c’è una terza cosa che desiderano. Ti conviene stare all’erta per proteggerla, perché io non ti posso aiutare così legata.”

Abby ci pensò un attimo, poi comprese. “Oh” disse, con una smorfia, stringendosi ancor più le vesti addosso. “Io…cercherò di convincerli a liberarti. Se sarò una tua alunna, non possono trattarti così, no?”

Quelana sorrise. “Sei…molto dolce. Speriamo che tu abbia ragione.”

Abby ricambiò il sorriso. “D’accordo. La prima cosa che farò domani mattina sarà parlare col cavaliere.”

“Vacci piano con lui” la ammonì Quelana. “L’ego di un uomo è fragile e lui tende a ferire ciò che lo mette a rischio.”

Abby annuì, e sollevò il bavaglio, con un sorriso comprensivo. “Mi dispiace” disse, e si piegò in avanti per legarlo nuovamente attorno alla testa di Quelana.

“Un guanto,” disse Quelana prima di essere zittita di nuovo. “Una piromante ha bisogno di un guanto. Preoccupati di trovare uno.”

“Va bene” disse Abby e mise a posto il bavaglio. “Un guanto e la tua liberazione saranno le prime cose che chiederò domani mattina. E…grazie.”

Quelana annuì, la ragazza le abbassò di nuovo il cappuccio sul volto, e poi tornò al gruppo di uomini che scoccava frecce nel terreno il loro vino. C’era qualcosa nella ragazza che le aveva dato un senso di speranza che non provava da molto tempo. Forse sarebbe stata lei a portare finalmente la pace a Izalith e a liberare le sue sorelle dal loro destino crudele. Forse sarebbe stata lei a porre fine a questo ciclo di fallimenti che aveva distrutto Lordran.

Fu con questi pensieri di speranza che Quelana si addormentò.

Sognò del fuoco; sognò di un grande eroe che si levava da un lago di cenere per spazzare via con le fiamme tutti i mostri del mondo - uomini e demoni. L’eroe era basso e magro, ma determinato, e aveva dei bellissimi occhi azzurri.

   
 
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