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Autore: j a r t    30/12/2015    4 recensioni
Dal primo capitolo:
L'espressione di Michael si addolcì.
«Sì, lui guadagna bene. Noi viviamo insieme, ma io non volio stare a sue spese... non so se tu capisce cosa voglio dire» riprese, mentre con uno straccio asciugava il bancone.
«Capisco.»
Federico sorrise.
«Sei un bravo ragazzo, Michael.»
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Fedez, Morgan, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- 1 -
 
Michael e Federico si erano conosciuti al bar in cui lavorava il riccio. Era un piccolo locale in un vicolo di Milano, non troppo conosciuto e abbastanza tranquillo. Federico ci era andato solo due volte e parecchi anni prima, solamente perché alcuni suoi amici avevano insistito per offrirgli da bere per il loro compleanno.
 
Quella sera Federico era seduto al bancone di legno su uno sgabello così alto che non gli permetteva di toccare terra coi piedi. Così, mentre dondolava le gambe avanti e indietro, guardava la birra scura nel suo boccale massiccio di vetro. Accanto a lui era seduto un grassone dai capelli grigi che non seppe dire se fosse ancora vivo o meno, dal momento che aveva la testa buttata sul bancone già da dieci minuti buoni. Davanti a lui Michael continuava a muoversi freneticamente dietro il bancone per accontentare l'uno e l'altro cliente in tempi record. Federico ogni tanto lo fissava e pensava che quello sconosciuto ragazzo dovesse essere un gran lavoratore. Fu quando il locale si svuotò che il grassone riprese vita: alzò la testa dal bancone e richiamò Michael con due occhi piccoli che sul suo largo viso sembravano quasi sproporzionati.
«Ehi, tu».
Michael si girò verso quella voce che tentava di sovrastare la leggera confusione del locale e si avvicinò all'uomo.
«Dica» rispose il riccio.
«Spillami un'altra birra.»
Dopodiché l'uomo tornò a posare la testa sul bancone - con un rumore che a Federico fece quasi pensare di essersela rotta. Ma Michael guardava quell'uomo preoccupato, forse perché sembrava allo stremo, oppure era già nervoso per la probabile reazione alle sue prossime parole. Si passò una mano tra i capelli per sistemarseli, ma Federico vide comunque ricadere sulla sua fronte alcuni ricci disordinati. Il timore sul suo volto era palese.
«Mi dispiace» cominciò, «ma il titolarre mi ha deto il numero massimo di bire che posso dare a un cliente. Sa, per evitare guai. Non poso dargliene un'altra, mi dispiacce
Federico notò solo allora il suo marcato accento straniero, forse perché quella sera il riccio era stato tanto impegnato da parlare davvero poco. Il grassone tornò a prendere vita e lo guardò spazientito.
«Non me ne frega niente. Spillami un'altra bionda, ricciolino.»
«Le ho deto che non poso, davve-»
Ma non lo lasciò terminare, perché il ciccione, invece di ripiombare con la testa sul bancone, si era sporto verso Michael e l'aveva brutalmente afferrato per la camicia bianca che il riccio indossava. Michael stava tremando.
Federico smise di sorseggiare la sua birra e si bloccò.
«Devo ripeterlo?» strascicò il grassone.
«Ehi, lascialo stare. Ti ha detto che non può.»
Federico si pentì immediatamente di essere intervenuto. Ma perché diavolo si stava impicciando? Quel grassone era quasi il doppio di lui in altezza e il suo triplo in larghezza. Era vero che neanche si reggeva in piedi, ma se gli fosse anche solo piombato addosso di peso Federico ne sarebbe morto schiacciato. Che morte stupida sarebbe stata.
«Ma che vuoi, nanetto? Non sto parlando con te.»
Lo sguardo viscido del ciccione si posò su Federico e, fortunatamente, mollò la presa dalla camicia di Michael, che sembrava ancora scosso da quanto accaduto appena prima.
Il grassone si alzò barcollante dal suo sgabello - il quale poté tornare a respirare, finalmente - e si avvicinò ulteriormente al nanetto in questione.
«Cerchi rogne?» Gli domandò guardandolo fisso negli occhi.
«Ti ho detto solo di lasciarlo in pace. Non può darti un'altra birra, lo capisci?»
Federico dubitava che lo capisse, conciato com'era. A quell'affermazione - come un bambino che aveva appena realizzato di non poter davvero avere il suo giocattolo preferito - il grassone si arrabbiò e sbraitò qualcosa di incomprensibile. A Federico sembrò tanto Bowser, il cattivo di Super Mario. Si costrinse a non pensare a quella cosa proprio adesso, mentre il ciccione lo afferrava per la maglietta e lo sbatteva con la schiena contro il bancone di legno massiccio. Gli sformò tutta la maglietta e gli fece abbastanza male, ma tentò di non scomporsi. Non sapendo come altro difendersi - ma chi gliel'aveva fatto fare di intervenire? - diede una forte spinta al ciccione, che barcollò e poi cadde all'indietro, piombando sul pavimento con la schiena. Federico stava già pensando alla prossima mossa, ma quando si rese conto che il tizio non si alzava, si preoccupò seriamente di averlo fatto secco. Si avvicinò e notò che per fortuna non era così: il grassone emise qualche mugolio strozzato e si mosse appena, ma evidentemente era uno sforzo troppo grande alzarsi da terra. Federico ne approfittò e fece cenno ai due ragazzi seduti ad un tavolino accanto alla porta di aiutarlo a buttare quell’uomo fuori dal locale.
Michael si era morso  le labbra per tutto il tempo, rischiando seriamente di farle sanguinare. Aveva ancora paura per la reazione del grassone che si era avventato su di lui, ma aveva avuto anche più paura quando questo aveva cominciato a prendersela con il tatuato.
Poco dopo i tre ragazzi tornarono nel locale.
«Non ti preoccupare, è andato» cominciò Federico, ma si spiegò subito meglio quando vide il riccio sgranare all'inverosimile i suoi occhi dorati.
«No, nel senso che l’abbiamo portato lontano, non tornerà qui per stasera» minimizzò con il gesto della mano. Poi tornò a sedersi al bancone e sperò vivamente di potersi bere in pace ciò che restava della sua birra scura.
Anche Michael tornò al suo posto dietro al bancone, deciso a darsi una mossa nel continuare a lavare tazzine e bicchieri.
«Grazie» sussurrò al tatuato, «io non sapeva cosa fare, in realtà.»
A Federico venne da sorridere per la tenerezza con cui lo disse.
«Non ringraziarmi» alzò le spalle, mentre nella sua testa gongolava per non aver fatto una figura di merda colossale nello scontro con il grassone.
Anche Michael sorrise, mentre era concentrato ad asciugare alcune tazzine da caffè.
«Scusa, non mi sono neanche presentato. Federico.»
Michael rinsavì e posò il suo sguardo su quello del ragazzo che gli stava porgendo la mano destra.
«Michael» gli strinse la mano sorridendo, poi tornò ad occuparsi delle tazzine.
 
I due ragazzi che prima occupavano il tavolo vicino alla porta andarono via, salutando il tatuato e il barman, il quale ringraziò anche loro per essersi sbarazzati dell'ubriacone. Quando il tintinnio del campanellino sulla porta si fermò, il silenzio che calò nel bar sembrò quasi imbarazzante, e fu interrotto poco dopo solo dal getto d'acqua con cui Michael stava lavando i bicchieri. Il tatuato fissava la poca birra rimasta sul fondo del boccale, mentre il riccio era particolarmente concentrato sul vetro dei bicchieri da asciugare. Il risultato era un'imbarazzante tensione palpabile. Chissà perché poi, ma entrambi avrebbero preferito scappare a gambe levate dal locale. Ma Michael aveva i suoi bicchieri da lavare e Federico la sua birra da bere, che per qualche oscura ragione non riusciva a buttare giù in nessun modo.
Il silenzio fu interrotto da Michael, il quale decise che parlare sarebbe stato mille volte meglio.
«Alora... come mai sei venuto da solo qui al bar?»
Poco dopo avrebbe preferito non avere la lingua piuttosto che fare quella cazzo di domanda inutile e stupida.
Federico lo guardò perché la domanda risuonò così flebile che per un attimo pensò fosse rivolta al bicchiere che il riccio rigirava tra le mani.
Ma quando gli occhi ambrati di Michael si volsero su di lui, non ci furono più dubbi.
«Avevo invitato la mia ragazza a cena per farmi perdonare per un litigio. Ma abbiamo litigato di nuovo ed eccomi qui da solo» tagliò corto.
Giulia era così ossessionata dal credere che Federico la tradisse che non si rendeva conto di quanto invece lui l'amasse.
«Mi dispiace» fu l'unica e stupida cosa che l'altro riuscì a rispondere.
«Tu non sei di qui, invece. Perché sei in Italia?»
La domanda era sinceramente curiosa, ma per qualche strana ragione Michael arrossì appena e tornò a concentrarsi sui bicchieri che stava asciugando.
«Sono inglese, anche se in realtà sono nato a Beirut» ormai Michael aveva perso il conto delle volte in cui aveva raccontato la sua storia. «A Londra ho conosciutto un... amico italiano e l'ho seguito qui.»
Federico sorrise. Michael doveva essere completamente pazzo per abbandonare Londra e venire a Milano.
«Secondo me tu sei matto. C’è gente che pagherebbe tutto quello che ha per fare l'inverso del tuo itinerario.»
Il riccio non lo guardò, ma le sue guance si imporporarono lievemente.
«Davvero» continuò il tatuato. «Per un amico io non lo farei mai. Lo farei solo se fossi perdutamente innamorato di una ragazza» ridacchiò.
Poi pensò che per Giulia avrebbe fatto quello e altro, l’avrebbe seguita fino in capo al mondo. Improvvisamente, notando il silenzio del riccio, si rese conto di aver toccato un punto debole. E, come un'illuminazione, forse capì anche quale.
«Oh. Non è solo un amico, vero? È il tuo... ragazzo?»
La domanda sfumò nel vuoto mentre il riccio puntava rapidamente gli occhi sul tatuato, sbarrandoli leggermente. Federico si sentì molto stupido.
Dal canto suo Michael era sempre timoroso di incontrare qualcuno intollerante sulla sua sessualità, dato che gli era già capitato spesso - forse troppo - di essere picchiato per quel motivo anche da perfetti sconosciuti.
«Beh, non c'è problema» Federico tornò a guardare nel suo bicchiere. «Per me ognuno può stare con chi vuole» alzò le spalle e, finalmente, mandò giù l'ultimo sorso di birra scura. Adesso non aveva realmente più nessun motivo per restare in quel bar che si avviava alla chiusura.
Michael si sbloccò dall'immobilità che lo aveva colto e interiormente tirò un sospiro di sollievo, quindi gli sorrise dolcemente; poi prese il boccale ormai vuoto di Federico e lavò anche quello. Il tatuato si alzò dallo sgabello con un saltino e adocchiò il bagno.
«Penso di dover andare a pisciare. Seriamente.»
Michael ridacchiò per la spontaneità con cui l'altro l'aveva dichiarato, mentre Federico si dirigeva verso il bagno.
Quando tornò Michael stava pulendo il bancone di legno consumato. Stava per dirgli che sarebbe andato via, ma Michael lo intrattenne con un'altra domanda.
«Come si chiama la tua ragaza?» Gli domandò.
Federico era un po' spaesato, ma si riavvicinò al bancone e si sedette nuovamente sullo sgabello. Pensò che forse il riccio aveva solo bisogno di parlare con qualcuno, quella sera. E a lui stava bene così, nonostante l’ora fosse molto tarda e il locale deserto.
«Giulia. Si chiama Giulia. Studia all'università. Lei ha la testa a posto, a differenza mia» ridacchiò. «E il tuo ragazzo?»
«Daniele. Lui fa il giornalissta, perciò era a Londra. Per un articolo.»
Federico scosse la testa e non riuscì a trattenersi dal dire la sua opinione.
«Giornalisti... non mi sono mai piaciuti. Hai presente il film Prima Pagina*? Ecco, io me li immagino tutti così. Rigidi e senza scrupoli, venderebbero anche l'anima per uno scoop da prima pagina.»
Il tatuato si rese conto solo dopo di aver esagerato, quando guardò la faccia imbronciata di Michael, visibilmente contrariato.
«Danny non è così. Lui è dolce e sensibile. Scrive articoli di mussica
Le sue parole erano dure e non ammettevano repliche. Quindi Federico non poté che scusarsi.
«Ma sì, scusami, in fondo io non lo conosco neanche... dicevo tanto per. Solo che... se è così il tuo ragazzo deve avere un sacco di soldi. Com'è che tu lavori qui?»
L'espressione di Michael si addolcì.
«Sì, lui guadagna bene. Noi viviamo insieme, ma io non volio stare a sue spese... non so se tu capisce cosa voglio dire» riprese, mentre con uno straccio asciugava il bancone.
«Capisco.»
Federico sorrise.
«Sei un bravo ragazzo, Michael.»
 
Inutile dire che, dopo quella sera, Federico cominciò a frequentare sempre più assiduamente il bar. Trovava Michael una persona dolce e gentile, e gli piaceva molto restare a parlare con lui.
La relazione di Federico con Giulia, inoltre, stava nettamente migliorando; questo perché Michael dispensava un sacco di consigli utili per riconquistarla, come "devi regalarle dei cioccolatini per farti perdonare" oppure "i fiori sono sempre la soluzione migliore", o ancora "se fossi in lei sarei contento con un orso gigante di peluche." E sì, era vero che nei successivi tre mesi Federico aveva speso una fortuna, ma perlomeno Giulia sembrava felice: oramai non litigavano più perché lei si sentiva sempre piena delle sue attenzioni.
 
Stanchissimo a causa del lavoro, Michael tornò a casa verso le tre del mattino successivo. Entrò nel buio dell’attico e notò che solo la piccola abatjour della loro camera da letto era accesa, e quel taglio di luce si intravedeva dal corridoio. Gettò la tracolla da una parte sul divano e seguì la luce fino in camera da letto, dove Danny lo stava aspettando tra le coperte e con lo smartphone in mano. Non appena sentì le scarpe di Michael trascinarsi svogliatamente sul pavimento, alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise dolcemente, poi poggiò il telefono sul comodino per rivolgere tutta la sua attenzione al fidanzato. Michael si tolse la scarpe e senza neanche svestirsi si gettò tra le braccia di Danny. Questo divaricò le gambe per permettere al riccio di sedersi in mezzo e poggiare la schiena contro il suo petto e la nuca nell'incavo del suo collo.
Danny vide Michael chiudere gli occhi per la stanchezza, ma lo trovava così bello che non riuscì a trattenersi: cominciò a baciarlo sul collo mentre il riccio emetteva qualche mugolio. Credendo che lo stesse invogliando a continuare, Danny fece vagare le sue mani sul corpo di Michael, che però corrugò la fronte e allontanò il ragazzo da sé, con dolcezza. Riaprì gli occhi.
«Ti prego, Danny, sono stanco... volio solo dormire.»
Nonostante lo sguardo di Michael fosse sinceramente dispiaciuto, Danny non la prese bene. Il riccio piombò al suo fianco sul letto matrimoniale e chiuse gli occhi assaporando la morbidezza di quel cuscino. Finché non sentì il biondino replicare.
«Dici che sei sempre stanco. Ma ok, non fa niente. Non preoccuparti.»
Michael riaprì gli occhi di scatto e di malavoglia si alzò per guardare Danny.
«Non è colpa mia se lavoro fino a tardi! Tu mi sta dando questa colpa?»
Il riccio era sinceramente offeso. Lui amava davvero Danny e il fatto che lui lo mettesse in dubbio lo faceva stare male.
«E cosa dovrei pensare, sentiamo? Lavori anche se non ce n’è bisogno, lo sai benissimo.»
«Abiamo già afrontato questo argomento» lo interruppe il moro, che fu a sua volta interrotto.
«E io ho detto che andava bene. Mi sta bene così. Ma sai cosa sto cominciando a pensare? Che mi stai solo sfruttando. Io ti sto aiutando con il tuo progetto musicale e tu invece non mi dimostri la minima riconoscenza. Abbiamo orari diversi e durante il giorno non ci vediamo mai. E l’unica volta in cui ci vediamo non mi dimostri mai che mi ami. Non hai mai voglia di fare niente, ti dà fastidio anche se ti bacio.»
Michael stava cominciando a tremare e avvertiva una sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco. Odiava litigare con le persone, ma odiava soprattutto litigare con Danny. In quel momento avrebbe solo voluto piangere. Non sarebbe stato tanto difficile, i suoi occhi erano già velati.
«Non è vero, Danny, io ti amo...» riuscì a spiccicare in un sussurro.
«Allora dimostramelo.»
Danny tornò al suo fianco e lo prese fra le braccia. Poi cominciò a baciargli nuovamente il collo e a marchiarglielo con un segno violaceo. Michael lasciò scivolare le sue mani sotto il maglione del biondo e  gli accarezzò il petto.
Anche se non ne aveva molta voglia, anche se era stanco e se non gli andava, Michael lo accontentò comunque e fecero sesso. Ma doveva dimostrargli che lo amava, in qualche modo, e quello era il modo che Danny preferiva.

 

NOTE: * "Prima Pagina" è una bellissima commedia di Billy Wilder. Personalmente l'adoro, esamina con estremo sarcasmo e critica il mondo del giornalismo e i giornalisti in generale che - come già detto - fanno davvero di tutto per uno scoop da prima pagina.

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ANGOLO AUTRICE 

Comincio col ringraziarvi se siete arrivati a leggere fin qui c: È la prima volta che scrivo in questo fandom anche se da anni scrivo un po' dappertutto sui miei artisti musicali preferiti o serie tv che seguo. Non so cosa uscirà fuori da questa ff, sul serio ahahah però posso dirvi che mi ci sto impegnando molto e che sarà moooolto lenta nella narrazione; sì, ok, capisco che vogliamo tutti le scene midez subito (aw) ma è nel mio stile far penare la gente la narrazione lenta, soprattutto per questo tipo di storia che voglio raccontare, dato che cerco di renderla il più realistico possibile. Spero anche che la lunghezza dei capitoli non vi annoi, in tal caso avete tutta la mia approvazione nello snobbare questa storia (Y). Per quanto riguarda l'aggiornamento (nonostante oggi sia mercoledì) cercherò di essere puntuale aggiornando ogni lunedì. Tuttavia sappiate che sono una studente universitaria in crisi, quindi capiterà sicuramente di saltare qualche aggiornamento (specialmente quando tornerò a seguire i corsi, ahimè). In tal caso vi chiedo perdono già da adesso ç.ç 
E niente, spero che a qualcuno piaccia, anche perché ho già scritto altri capitoli e se la storia non vi piace li posterò lo stesso per torturavi C:< AHAHAH ok, la smetto.
Se vi va recensite per farmi sapere cosa ne pensate! Le critiche costruttive e i consigli sono molto ben accetti <3
P.S.: se volete seguire la storia potete farlo anche su Wattpad.

Buone Feste e tanti unicorni a tutti <3

  
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