Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |       
Autore: fairyelly83    07/01/2016    4 recensioni
Quanto coraggio serve per tornare indietro ed affrontare il proprio passato? Può questo essere un nuovo inizio per una strega che non ha più niente da perdere.
Sirius Black non ha un rapporto semplice con il suo passato. Ma quello con il suo presente forse è ancora peggio. Riuscirà a scacciare i fantasmi e a fare i conti con i suoi sensi di colpa?
Dal capitolo 1
Mi raddrizzo un po’ sulla sedia e lo faccio. Glielo chiedo. Gli chiedo l’unica cosa che realmente voglio
sapere.
«Remus hai più avuto notizie di Elizabeth? Sai che fine abbia fatto?» Chiedo con studiata noncuranza,
come se fosse una domanda qualsiasi, come se non fosse la cosa che più mi sta a cuore.
Remus si agita un po’ sul divano, prende un respiro prima di parlare. Brutto segno.
«Sapevo che prima o poi me lo avresti chiesto. L’ultima volta che l’ho vista è stato dopo la morte di Lily
e James. Lei... era sconvolta. Continuava a sostenere che potevi essere il peggior bastardo sulla faccia
della terra, ma che non avresti mai tradito i tuoi amici.»
«Mi credeva innocente?» La mia voce è appena un sussurro, devo essere impallidito.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Sirius Black
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sirius Black: passato, presente e...'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota dell’autrice:

Questa storia era ferma da moltissimo tempo... approfittando del fatto ch ho un po' di tempo libero sto provando a riprenderla in mano...

Oltre a pubblicare nuovi capitoli sto anche cercando di rivedere e correggere quelli vecchi. Incrociamo le dita... magari è la volta buona che riesco a finirla!

Qualsiasi vostra opinione, critica o commento è più che benvenuto. Vi prego di farmi sapere cosa ne pensate di questa storia.

Devo avvisare che la trama prende le mosse dagli avvenimenti del quinto libro, ma poi prende una piega decisamente diversa rispetto alla storia originale. Anche alcuni personaggi potrebbero risultare OOC.

Se come me siete segretamente innamorat* di Sirius Black, questa è la storia che fa per voi.

 

 

Ritorno al passato

 

Capitolo 1

 

 

Avevo lottato per andarmene da questo posto, per lasciarmelo alle spalle e dimenticare che un tempo ero stato costretto a considerarlo casa mia. Mi ero trovato una nuova casa ed una nuova famiglia, fatta di amici veri. Ma poi tutto era finito…
Ed eccomi di nuovo al punto di partenza. Dopo tutto quello che ho fatto per scappare da qui, sono di nuovo in questa casa, carcerato qui dentro per mia stessa scelta. Odio le pareti scure ed i mobili pesanti, l’aria di chiuso mi soffoca, ma soprattutto odio il ritratto di mia madre e l’arazzo con l’albero genealogico di famiglia. Mi ricordano come nella mia infanzia non ci sia stato poi molto di buono. Per quanto io e Remus abbiamo provato, non c’è stato modo di staccare quei quadri dal muro, né con le buone, né con le cattive. Il massimo che abbiamo potuto fare è stato coprire con delle tende il ritratto della mia “venerabile signora madre”.
Penso troppo da quando sono rinchiuso in questo mio personale inferno. Non faccio altro che pensare e rimuginare sulle stesse cose tutto il giorno. Vorrei uscire e fare qualcosa, qualsiasi cosa. L’immobilità, l'inattività non fanno per me. Non sono mai stato un tipo riflessivo, è sempre stato Remus la mente del gruppo.
Eccolo lì, sprofondato nel divano, con il giornale tra le mani. È un po’ troppo magro, il completo di velluto a coste marrone che indossa è liso e mostra i segni di diversi rammendi. Ha qualche piccola ruga in più intorno agli occhi, ma ad essere più evidenti sono le nuove cicatrici che gli segnano il volto. Le sue notti di luna piena in questi anni non devono essere state facili come ai tempi della scuola.
Sembra immerso nella lettura, ma so che in realtà mi sta studiando. Mi tiene d’occhio. È preoccupato per me e lo capisco. Anch’io sono preoccupato per me. Ho paura di impazzire chiuso qui dentro.
«Allora Remus, raccontami qualcosa. Cosa mi sono perso di interessante durante la mia villeggiatura ad Azkaban?» Incredibile, ormai riesco quasi a scherzarci sopra.
Lui mi guarda col suo migliore sguardo indagatore, raddrizza un po' la schiena e chiude il giornale. Mi sta studiando, immagino che si chieda cosa mi passi per la testa realmente dietro questa maschera di finta tranquillità domestica
«Che tipo di notizie vuoi? Politica? Sport? Cronaca? Non chiedermi la cronaca rosa però! Lo sai che non è proprio il mio campo.» Sorride. Cerca sempre di distrarmi.
«Non lo so Moony. Quello che vuoi. I miei gusti li conosci.» Non mi interessa qualcosa in particolare, era tanto per fare due chiacchiere.
In realtà ci sarebbe una cosa che vorrei chiedere, ma fino ad ora non ne ho avuto il coraggio. Ho paura che la risposta possa non piacermi. Sono giorni che ci giro intorno senza mai arrivare al punto. Ho chiesto spesso a Remus di aggiornarmi su quello che era successo nel mondo durante la mia prigionia, gli ho chiesto di qualche vecchia conoscenza dei tempi della scuola, ho cercato di arrivarci per vie indirette, ma fino ad ora non ho ottenuto nulla. Credo che Remus sospetti quale sia la cosa che realmente vorrei chiedergli, ma a quanto pare dovrò fargli una domanda esplicita o non toccherà l’argomento di sua volontà.
Io non sono ancora sicuro di voler sapere. Finché non so nulla di certo posso immaginare quello che voglio. Posso immaginare che lei viva felice da qualche parte, magari si è anche fatta una famiglia. No, questo pensiero decisamente non è il mio preferito. Lei che vive felice da qualche parte, ma possibilmente sola. Ecco, questo è un pensiero decisamente migliore! Sono un bastardo egoista. Ecco cosa sono.
Durante gli anni di prigionia ad Azkaban il pensiero di lei era uno dei miei preferiti, uno dei pochi che riusciva a mandarmi avanti in tutta quella desolazione.
Come sarà cambiata in questi 14 anni? Io la ricorderò sempre come l’ho vista l’ultima volta: con le guance arrossate dal freddo, gli occhi scuri, grandi e lucenti, con i lunghi capelli castani incollati al volto dalla pioggia. Bellissima. Bellissima e disperata dopo quello che le avevo detto.
Remus mi guarda in silenzio, mi stava dicendo qualcosa a proposito del Ministro Caramel, ma ha capito che non lo stavo più ascoltando.
Mi raddrizzo un po’ sulla sedia e lo faccio. Glielo chiedo. Gli chiedo l’unica cosa che realmente voglio sapere.
«Remus hai più avuto notizie di Elizabeth? Sai che fine abbia fatto?» Chiedo con studiata noncuranza, come se fosse una domanda qualsiasi, come se non fosse la cosa che più mi sta a cuore.
Remus si agita un po’ sul divano, prende un respiro prima di parlare. Brutto segno.
«Sapevo che prima o poi me lo avresti chiesto. L’ultima volta che l’ho vista è stato dopo la morte di Lily e James. Lei… era sconvolta. Continuava a sostenere che potevi essere il peggior bastardo sulla faccia della terra, ma che non avresti mai tradito i tuoi amici.»
«Mi credeva innocente?» La mia voce è appena un sussurro, devo essere impallidito.
Remus annuisce. «Era la sola a farlo e… io, invece, ero così arrabbiato con te che non volevo nemmeno starla a sentire. Abbiamo avuto una brutta discussione.»
Lo dici come se volessi scusarti. «Avevi tutte le ragioni per odiarmi, non te ne faccio una colpa Remus.»
Abbassi lo sguardo con aria sconsolata. «Ora mi pento delle cose che le ho detto quella sera. Ma all’epoca ero troppo arrabbiato e il dolore per la loro perdita era ancora troppo recente. Non potevo sopportare che ti credesse innocente. Credo che fosse venuta da me per parlare con un amico che potesse capire e condividere il dolore per la perdita di Lily e James ed invece io l’ho scacciata in malo modo.» Scuoti la testa. Ti senti colpevole. Ma lei ti ha sicuramente perdonato Remus, lo sai. Eravate buoni amici, lei teneva a te. Perché continui a tenere lo sguardo basso con quell’aria colpevole? Cosa non mi hai ancora detto?
«Poi solo un paio di giorni più tardi…ho letto il suo nome sulla Gazzetta del Profeta. Era… nella lista delle persone scomparse.»
Il mio cuore si è fermato. Lo sento. Si è fermato. «Scomparse... Cosa vuoi dire?» La mia voce trema.
«Un giorno non si è presentata al lavoro al San Mungo e nessuno l’ha più vista. Succedeva spesso in quel periodo che la gente sparisse così nel nulla e il Ministero aveva troppo da fare per fare delle ricerche accurate... probabilmente è…» Ma non finisci la frase. Resti li a guardarmi preoccupato ed addolorato, così la finisco io per te.
«Morta…» Ecco ora ho di nuovo la consapevolezza di avere un cuore nel petto. E fa male. Dio se fa male. Mi alzo e me ne vado verso le scale.
«Sirius...» Fai per alzarti e seguirmi ma ti fermo con un gesto della mano. Non riesco a parlare adesso. Voglio solo stare solo.
Salgo le scale a due e due e mi rifugio nella mia stanza di corsa, prima che il dolore dilaghi e le lacrime inizino a rigarmi il volto.
Avevo pensato spesso a cosa poteva esserle successo. Era il mio pensiero preferito, quello che mi tirava su nei momenti tristi: immaginarmela da qualche parte che faceva qualcosa, anche qualcosa di banale. La immaginavo soffiare distrattamente sulla sua immancabile tazza di caffè, mentre sfogliava il giornale. O magari mentre sorrideva per qualcuna delle nostre sciocchezze da malandrini. Il suo sorriso dolce….
Mi piaceva pensare che avesse terminato il corso da guaritrice come aveva sempre sognato. Magari lavorava al San Mungo e di sicuro era brava nel suo lavoro. Aiutare gli altri era qualcosa che le veniva spontaneo, senza sforzi. In alcuni momenti di pura follia avevo persino pensato di andarla a cercare. Avevo sperato di trovarla e di poterle dire che non l’avevo mai dimenticata, che lei era stata nei miei pensieri in ogni singolo istante. Avevo sperato di poterle dire che l’amavo, che l’avevo sempre amata. Ma mai, nemmeno nei miei incubi peggiori avevo pensato ad una cosa del genere.
Morta. Lei è morta. La mia Beth è morta. Allora non era servito a niente farle del male e farne a me, allontanandola. Tutto dolore inutile. Lei non ha avuto comunque la vita che speravo potesse avere lontano da me. Lei non ha avuto una vita. È morta. La consapevolezza mi colpisce come uno schiaffo. Mi accascio sul pavimento della mia camera e mi prendo la testa tra le mani.
Con il dolore arriva anche il senso di colpa. Perché io ce l’ho una colpa. Io l’ho lasciata sola. Lo capisco solo adesso, non me ne ero mai reso conto prima. Allontanandola da me io l’ho abbandonata a se stessa. Poco tempo dopo aveva perso i contatti anche con Lily che era sempre stata la sua migliore amica.
Lily doveva nascondersi con James ed Harry, erano tutti in pericolo, ma lei voleva trovare un modo per poter mantenere i contatti con Elizabeth, fosse stato anche solo via gufo. Ma io e James ci eravamo opposti. Troppo pericoloso, sia per loro che dovevano restare nascosti, sia per Beth. Se qualcuna di quelle lettere fosse stata intercettata avrebbero sospettato che lei potesse sapere dove si nascondevano i Potter. Già l’essere stata loro amica in passato poteva metterla in pericolo. L’unica soluzione era tagliare tutti i rapporti. Lily aveva pianto, si era disperata e alla fine si era arresa al fatto che noi avevamo ragione. Così la loro amicizia era finita ed Elizabeth era rimasta sola. Completamente sola. Era morta da sola, perché mentre cercavo di proteggerla, l’avevo condannata.
Sto piangendo come un ragazzino, ma non me ne vergogno. Ora non riuscirò più a pensare a te come facevo prima Elizabeth. Non riuscirò più ad immaginarti sorridere, felice e spensierata come sei sempre stata. Ho perso anche questo ultimo conforto. Cosa mi rimane adesso?
Ma sono sempre il solito bastardo egoista. Tu sei morta ed io mi preoccupo di me stesso. Mi consolo all’idea che forse ora sei con Lily e James, forse ora sei in un posto migliore. È una magra consolazione, ma ho bisogno di aggrapparmi a qualcosa o il vuoto che adesso sento dentro finirà per divorarmi.

 

***

 

Soffio distrattamente sulla mia tazza di caffè bollente mentre un pallido sole mattutino rischiara i pochi metri quadrati della mia cucina. Questa volta ho veramente esagerato con il risparmio, questo appartamento è troppo piccolo, il quartiere è rumoroso e troppo trafficato. Avrei dovuto visitare qualche casa in più prima di decidere di prendere questa, ma gli affitti a New York sono altissimi e il mio budget è quello che è. Non ci resterò comunque per molto. Per ora il mio record di permanenza nello stesso posto sono i due anni a Boston. La mia incapacità di mettere radici da qualche parte ormai è patologica, ho viaggiato in lungo e largo per gli Stati Uniti negli ultimi 14 anni, ma non sento di appartenere a nessun luogo e così continuo a cambiare città, casa, lavoro.
La prossima volta che mi trasferisco forse dovrei provare qualche cittadina di provincia, con degli affitti decisamente meno cari.
Il mio turno in ospedale inizia tra 20 minuti ed io sono ancora qui a gingillarmi con il caffè. Finirò per fare tardi. Bevo velocemente gli ultimi sorsi della mia tazza e mi controllo velocemente allo specchio prima di uscire.
L’unico pregio del mio appartamento è che è abbastanza vicino all’ospedale da permettermi di andare al lavoro a piedi.
Appena arrivata indosso la mia divisa da infermiera e mi dirigo velocemente al mio reparto, il pronto soccorso.
«Buon giorno Elizabeth, tutto bene?» Meg è la mia collega di turno oggi. È brava nel suo lavoro ed è un tipo simpatico ed alla mano.
«Alla grande, tu?» Quanto sono diventata brava a fingere una normale tranquillità che in realtà non ho? Ho impostato una routine quotidiana che mi permette di vivere una normale e molto ordinaria vita da babbana. Lavoro, palestra, suono ancora il piano come passatempo. Talvolta accetto un invito delle colleghe per qualche serata fuori, ma di fatto non direi che sono delle amiche. Non ho più sentito l’esigenza di stringere rapporti più stretti. Sto benone per conto mio, o almeno me la cavo.
«Tutto ok. Il capo reparto voleva vederti quando hai un minuto.» Mi avvisa Meg.
«Grazie Meg. Controllo il codice verde che è appena arrivato e vado.» Il mio contratto è in scadenza. Mi avevano fatto un contratto di prova di 6 mesi e ora devono farmi sapere se vogliono rinnovarlo o meno. Non ho mai avuto problemi a tenermi un lavoro, visto il corso da guaritrice al San Mungo me la cavo bene come infermiera babbana, soprattutto perché posso contare su qualche incantesimo di guarigione quando non c’è nessuno nei paraggi. Il problema è che dopo un po’ che sto nella stessa città, mi assale quel terribile senso di non essere a “casa” e il mio unico istinto è fare la valigia ed andarmene. Continuo a spostarmi da un luogo all’altro senza mai trovarne uno a cui senta di appartenere, continuo a sentirmi fuori posto.
La mia paziente è una casalinga sulla cinquantina, vittima di un banale incidente domestico. Si è procurata una bella ferita sul palmo della mano tagliando l’arrosto per il pranzo della domenica.
«Non si preoccupi signora, è un taglio netto, guarirà velocemente.» Non serve nemmeno di inventarmi qualcosa per distrarla e lanciarle un incantesimo, è veramente una cosa da nulla. Finisco di applicarle la medicazione e la saluto uscendo dall’ambulatorio. Mi avvio verso l’ufficio del capo reparto. Se mi vogliono rinnovare il contratto che faccio? Questa volta resto o faccio di nuovo le valigie.

 

***

 

«Sirius… caffè o tè per colazione?» La voce di Remus mi riporta alla realtà. Alzo lo sguardo che era rimasto chissà quanto fisso sulle assi sconnesse del pavimento ed incontro il suo che mi osserva serio, appoggiato alla stipite della porta.
«Non ti ho sentito bussare.» Volevo suonare vagamente accusatorio, ma mi rendo conto di come la mia voce sia piatta e senza inflessioni.
«L’ho fatto… due volte, poi sono entrato. Iniziavo a preoccuparmi.» Ti avvicini e mi porgi una mano per aiutarmi ad alzarmi dal pavimento. Mi rendo conto di essere stato qui tutta la notte, seduto per terra, con la schiena appoggiata alla parete. Accetto la mano che mi porgi perché non ce la farei a rimettermi in piedi da solo adesso.
«Sirius… mi dispiace. Forse avrei dovuto dirtelo prima, ma… non sapevo come farlo.» Mi guardi con una tale preoccupazione che probabilmente immagini che stia per sgretolarmi in mille pezzi sotto i tuoi occhi.
«Lo so Moony, non preoccuparti. Io… farò i conti anche con questo, in qualche modo.» Tento di tranquillizzarti, ma dubito di riuscire ad essere molto convincente adesso.
«Allora, caffè o tè?» Domandi mentre inizi a scendere le scale verso il piano inferiore.
«Preferirei del whisky incendiario sinceramente…» Affermo ravviandomi all’indietro i capelli troppo lunghi che mi ricadono sugli occhi.
«Sono arrivati i Weasley. Non credo sia una grande idea ubriacarsi di prima mattina con Molly nei paraggi.» Rispondi con aria scettica.
Mi fermo un momento davanti alla porta della sala da pranzo da cui sento arrivare un baccano tale da confermare l’arrivo dei nostri ospiti. Prendo un respiro e cerco di ricompormi. Si va in scena. Facciamo finta anche oggi che la mia vita non sia un infermo. Mi metto sul volto la mia migliore espressione da malandrino strafottente e menefreghista ed entro.

 

***

 

La proposta di rinnovo del contratto non è male. Seduta sul divano davanti alla televisione osservo il minuscolo salotto intorno a me. È tutto il resto che non mi convince. Questa città è troppo caotica, troppo grande. Forse devo veramente cercare un lavoro in qualche cittadina di provincia. Potrei provare la campagna magari, mi piacerebbe una casa col giardino. Oppure potrei spostarmi più a sud, mi piacerebbe un clima più caldo e soleggiato. Magari potrei cercare qualcosa in Florida, sul mare...
Il rumore di qualcosa che picchietta sul vetro della mia finestra mi fa trasalire. Mi volto di scatto per quella imprevista interruzione dei miei pensieri e resto ancora più sconvolta. Un gufo è appollaiato fuori dalla mia finestra. Resto immobile a guardarlo come se fosse un drago a tre teste. Che diavolo ci fa un gufo nel centro di New York? Come a voler rispondere alla mia muta domanda, l’animale picchietta di nuovo sul vetro con il becco. Non è un gufo qualsiasi… porta una lettera. Una lettera che certamente proviene da qualche mago o da una strega. Ma io non ho più contatti con il mondo magico da 14 anni. Chi diamine può sapere dove sono? E perché qualcuno dovrebbero mandarmi un gufo?
Mi sembra di essere in trance mentre mi avvicino alla finestra per lasciarlo entrare. Si appollaia sul tavolino accanto a me e vi deposita una busta di pergamena. C’è il mio nome sopra, scritto con una calligrafia ordinata e abbellita da qualche ricciolo. Devo essere rimasta li per un po’ a bocca aperta a fissare quello che mai avrei creduto di vedere di nuovo in vita mia. È il gufo a riportarmi alla realtà con il rumore delle sue ali mentre riprende il volo fuori dalla finestra.
Con cautela prendo la lettera come se potesse scottare e torno sul divano. È indirizzata proprio a me, Elizabeth Collins. La volto ed il sigillo in ceralacca che la chiude riporta ai miei occhi lo stemma di Hogwarts.
Ho l’impressione che le mie mani stiano tremando mentre spezzo la ceralacca per aprire la lettera. Che fine ha fatto tutta la mia parvenza di autocontrollo.
Quella che ho tra le mani è una lettera di Albus Percival Wulfric Brian Silente. Non è una lettera eccessivamente lunga. Il messaggio è scritto in modo chiaro e senza fronzoli inutili, ciononostante ho bisogno di leggerlo almeno altre due volte prima di essere sicura di averlo capito veramente.
Il Professor Silente mi informa che circa due mesi prima Lord Voldemort è tornato. Ha richiamato a se i suoi seguaci e da allora sono ricominciati gli attacchi contro i mezzosangue e i babbani. Silente ha messo in campo tutti i mezzi a sua disposizione per trovarmi perché sta ricostruendo l’Ordine della Fenice per contrastare il Signore Oscuro e vorrebbe che come ex membro tornassi a Londra e mi unissi alla causa anche io.
Se la lettera finisse qui, Silente si ritroverebbe tra le mani un mio biglietto in cui lo mando poco elegantemente a quel paese. Ma sono le ultime righe della lettera quelle da cui non riesco a staccare gli occhi. È quel nome che mi procura un brivido alla schiena. Harry Potter ha assistito al ritorno di Voldemort e ne è uscito vivo per miracolo. Ovviamente Harry è il primo obiettivo sulla lista del Signore Oscuro e servirà tutto l’aiuto possibile per proteggerlo. Anche il mio, quello della sua madrina.

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: fairyelly83