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Autore: HarleyHearts    12/01/2016    1 recensioni
Lyla ha sempre avuto una vita normale, come tante sue coetanee ventitreenni.
Viveva con la madre e la sorellina minore, in una piccola casetta a schiera a Washington, e divideva le sue giornate tra l’Università e i migliori amici Rebekka e Robert. Andava tutto bene nella sua quotidiana monotonia.
Almeno, era così prima di incontrare in ospedale il nuovo medico pediatra Ciel O’Konnor; 27 anni di pure bellezza canadese, e un passato traumatico alle spalle.
Da quel giorno, da quel lieve sfioramento di mani, tutto è cambiato drasticamente.
L’esistenza di un mondo che credeva impossibile, una guerra sanguinosa che durava da decenni, creature straordinarie... persino Alpha; tutte cose che travolgeranno la sua vita, come un fiume in piena.
Prima storia della serie “Diversi, Simili ed Uguali”
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3
Svenimenti e appuntamenti

 

Lyla rimase palesemente sconvolta nel ritrovarsi davanti il dottor Ciel O’Konnor, nel minimarket vicino a casa sua.

”Che cosa diavolo ci fa qui?” pensò lei confusa, ritraendo la mano come scottata da quel fugace contatto.

C’era qualcosa che non quadrava in quella scena. Lui doveva trovarsi in ospedale. Che fosse uscito prima? No, non poteva essere. E anche se fosse… come aveva fatto ad arrivare nell’alimentari del vecchio Peter, così velocemente?

Lyla faceva fatica a spiegarselo.

- Dottor O’Konnor, che sorpresa trovarla qui – constatò la corvina, infilandosi la mano in tasca.

Meno c’erano opportunità per possibili sfioramenti, e meglio era per lei.

L’uomo si lasciò sfuggire un’espressione di lieve disagio, dopo le sue parole.

- Puoi darmi tranquillamente del “Tu”, non ci sono problemi. Non siamo in ospedale, e siamo pressoché coetanei. È parecchio strano darsi del “Lei” tra persone della stessa età, non trovi? – ridacchiò il dottore, cercando di alleggerire l’aria pesante che si era andata a creare tra loro due.

Già. Sarebbe risultato un filo strano farlo, ma Lyla… aveva quasi sentito la necessità di usarlo, come per mettere una sottile barriera in mezzo. O meglio, per auto-mettersi una sottile barriera.

Per quale assurda ragione le stavano tornando alla mente le parole dei suoi amici?

- Ti chiami Lyla, giusto? –

La ragazza sobbalzò, sentendo pronunciare il suo nome, ed alzò fulminea gli occhi sul viso del dottore.

Letto l’improvviso timore nelle sue iridi verdi, Ciel O’Konnor si affrettò ad aggiungere – Me l’ha detto tua madre oggi, quando è venuta a portare tua sorella alla visita –

Ah. Sua madre e la visita, giusto.

Lyla si limitò a mormorare un lieve “Sì”, per poi stringersi nelle spalle. Era fortemente a disagio.

E lei odiava, come tutti a questo mondo, sentirsi in tale maniera.

Stava pregustando la sua imminente fuga, quando l’uomo riprese a parlare.

- È stata una bella coincidenza trovarci qui, no? –

- Sì… bellissima –

C’era un lato positivo in tutta quella situazione: Lyla non sembrava essere l’unica a disagio, lì.

Anche Ciel stava iniziando a mostrare evidenti segni di turbamento, e persino la ragazza se ne accorse nel modo in cui iniziò a passarsi la mano sul retro del collo.

Il dottore era agitato quasi quanto lei, se non di più, e ancora una volta Lyla non riusciva a spiegarsi il perché.

Dopotutto, erano due completi sconosciuti. Non c’era bisogno di essere così a disagio, alla fine dei conti.

Ma anche se erano due completi sconosciuti, Lyla era quasi… felice di averlo rivisto. Il che era un’enorme contraddizione per se stessa.

La corvina si sentiva come divisa a metà. Da una parte voleva scappare a gambe levate, tornare a casa e far finta che non fosse successo niente. Dall’altra, era tentata di rimanere e parlare un po’ con lui, per sapere qualcosina in più sul suo conto.

Un pensiero davvero stupido, se ne rendeva conto, per questo scelse la fuga.

Non fece però nemmeno in tempo a muovere mezzo passo nella parte opposta, che Ciel bloccò ogni sua intenzione riprendendo a parlare.

- So che forse ti risulterò troppo diritto, ma… ti andrebbe di prendere un caffè insieme, uno di questi giorni? –

Lyla tentennò.

Ciel O’Konnor le stava davvero chiedendo d’uscire, davanti al reparto della carne del minimarket del vecchio Peter?

Era una scena quasi… surreale, oltre che parecchio stramba.

Non poteva uscire con il pediatra di sua sorella. O poteva?

I suoi amici, su questo ne era sicurissima, l’avrebbero spinta con un calcio nel sedere ad accettare l’invito. Ma lei?

Anche se si trattava solo di un semplice caffè, doveva declinare l’offerta. Era giusto così, per lei.

- Sì –

Peccato solo che il cervello e il resto del suo corpo, non la pensassero esattamente come lei.

Si stava andando a ficcare in un casino di dimensioni titaniche…

 

 

Lyla uscì dall’alimentari a passo di marcia, stringendo con forza le buste della spesa tra le mani e borbottando parole sconnesse.

Il numero.

Aveva dato il suo numero di telefono a Ciel O’Konnor, come se nulla fosse.

Visto che sarebbero usciti, era stato quasi d’obbligo scambiarsi i recapiti telefonici. Sarebbe stato parecchio difficile organizzare qualcosa senza sapere le disponibilità dell’altro, però…

Lyla non sapeva darsi un “però”. Se non avesse davvero voluto dargli il proprio numero, non l’avrebbe fatto, e se era successo il motivo era chiaro.

Lei, o una parte di lei, voleva uscire con Ciel O’Konnor.

Era un desiderio sbagliato il suo? D’altronde non lo conosceva affatto, e non sapeva niente di lui se non poche cose. Poteva essere una persona orribile, come no, questo non poteva saperlo.

La corvina si fermò sull’uscio di casa sua, ed iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore.

Da quando non usciva con qualcuno? Mesi, forse. Faceva persino fatica a ricordarsi con precisione quando fosse avvenuto l’ultimo.

Rob e Beki avevano cercato di proporle qualche uscita, con amici di amici, ma lei aveva quasi sempre rifiutato. Lei semplicemente non era molto ragazza d’appuntamenti, ecco.

Si annoiava con una facilità disarmante, e faticava parecchio a trovare qualcuno con cui trascorrere una piacevole serata.

Da quel punto di vista era sempre stata non poco sfigata.

Magari con il dottor O’Konnor… sarebbe stato diverso.

 

 

La mattina seguente Lyla si svegliò più fiacca rispetto al solito. Aveva uno strano senso di nausea che le chiudeva la bocca dello stomaco, ed un lievissimo cerchio alla testa che non le aveva permesso di riposare come avrebbe dovuto la notte prima.

Non era esattamente il modo migliore per iniziare una giornata, che avrebbe trascorso tra lezioni e studio in biblioteca.

No, non lo era per niente.

Lanciò un occhio al display del telefonino che teneva sul comodino vicino al letto, per controllare l’orario, e fece un rapido conto mentale.

Aveva pochissimo tempo per prepararsi ed uscire di casa. Sfortuna voleva poi, che lei quel giorno fosse pure senza macchina.

Sua madre le aveva ricordato solo la sera prima che avrebbe preso la sua amatissima macchinina rossa, regalatele il giorno del suo diciannovesimo compleanno, per portarla dal meccanico per il suo annuale cambio delle ruote invernali.

E Lyla non aveva proprio questa gran voglia di prendersi la metropolitana, nello stato in cui era, per arrivare puntuale a lezione. Era cosa risaputa che non esisteva niente di più letale di un mezzo pubblico nella mattina di un giorno lavorativo. Niente.

Nonostante il malditesta, divenuto all’improvviso più martellante, la corvina riuscì a tirarsi su dal letto e ad acchiappare qualche indumento da poter indossare nel minor tempo possibile. Dei pantaloni elasticizzati neri ed un golfino beige dal collo rotondo, le sembrarono la scelta migliore.

Preparò con cura la borsa con le proprie cose, ed uscì di casa senza nemmeno far colazione. La nausea non le avrebbe permesso di avvicinarsi ad un pezzo di cibo neanche da lontano, figurarsi ingerirlo.

Quel giorno il Karma non sembrava proprio sorriderle.

Corse verso la stazione metro vicina, il più velocemente possibile, ma una volta arrivata quasi in prossimità dell’entrata dovette bloccarsi, aggrappandosi con una mano ad una inferriata di una villetta che si trovava lì.

Lyla non si sentiva affatto bene. Il fiatone per la corsa sembrava essere insostenibile, e mai si era ritrovata prima d’allora a respirare così male; nemmeno dopo la più disperata delle corse.

Aveva anche iniziato a girarle la testa, tanto da doversi aggrappare con più forza al cancello con la paura di cadere da un momento all’altro.

Che i suoi precedenti sintomi fossero stati peggiorati dal fatto che avesse saltato la colazione?

Non lo credeva molto possibile. Aveva saltato mille colazioni prima, anche in momenti in cui la sua saluta non era delle migliori, ma mai si era ritrovata a stare così male.

La corvina pensò che il suo fosse un malore passeggiero, e che potesse risolversi tutto nel giro di pochi minuti di riposo. Così non fu.

Il respiro era ancora spezzato, lo stomaco sembrava essersele ribaltato quasi completamente e la vista le si era fatta leggermente più opaca.

I rumori le arrivavano alle orecchie ovattati, ma era troppo presa da quello che le stava succedendo per potersi accorgere anche del mondo circostante.

Le persone le passavano affianco, incuranti del suo malessere, come se vedere una ragazza giovane come lei stare male fosse la cosa più normale possibile. 

- Lyla! –

Un suono ovattato le arrivò più forte, rispetto agli altri, ma lei sembrò curarsene poco.

La vista le si abbassò completamente di colpo, e lei crollò a terra come una bambola di pezza.

 

 

Lyla aprì gli occhi a fatica, non riuscendo a capire subito dove si trovasse.

Era sdraiata su quello che era un lettino per le visite mediche, in quello che sembrava essere un piccolo studio ospedaliero dalle pareti anonime e alquanto tristi.

Che cosa era successo? La ragazza ricordava solo che era stata male, poco prima di scendere in metropolitana per andare a lezione. Poi… vuoto. Non ricordava niente.

- Ti sei svegliata, vedo –

La figura di Ciel O’Konnor apparve al fianco del suo lettino, e la corvina si sorprese nel vederlo.

Sembrava quasi un’altra persona, rispetto alla prima volta che l’aveva visto in ospedale solo una settimana prima.

Nessuna felpa o jeans scolorito, solo un semplice maglioncino a collo altro nero ed un jeans blu scuro sotto.

I capelli neri erano sempre tirati indietro, ma la barba era stata accorciata di qualche centimetro, per sommo dispiacere della ragazza.

Aveva sempre avuto un debole per i ragazzi con una bella barba, fin da ragazzina.

- Come ti senti? – le domandò, con una leggera nota preoccupata nella voce.

O forse se l’era immaginata solo lei, non sapeva dirlo con certezza.

- Bene… credo – rispose, guardandosi intorno per non incrociare il suo sguardo – Che è successo? –

- Sei svenuta – le spiegò – Penso tu abbia avuto un abbassamento di pressione improvviso. Hai per caso qualche sintomo particolare? Nausea, giramenti di testa… -

Lyla scosse lievemente la testa. I malori di quella mattina le sembravano un ricordo lontano, e si sentiva quasi nuova.

Ciel, dopo che la ragazza gli spiegò come stesse, sembrò rilassarsi di colpo. Sicuramente si doveva essere spaventato nel vedere una ragazza svenirgli davanti, così all’improvviso. Chiunque nella sua situazione lo avrebbe fatto, pensò la ragazza.

La ragazza si tirò delicatamente su, e cercò con lo sguardo la borsa con le proprie cose, fallendo.

- Scusami, sai dirmi che ore sono e dov’è la mia tracolla? –

- Sono da poco passate le nove e un quarto, e la tua borsa è qua –

Ciel tirò fuori la sua tracolla azzurra da sotto il lettino su cui era seduta, e Lyla si sentì un poco sciocca quando lo ringraziò dopo averla stretta tra le mani. Era proprio nel luogo più stupido della stanzetta in cui si trovavano, e lei non ci aveva nemmeno pensato di controllare lì sotto.

La ragazza fissò la stoffa chiara per qualcosa secondo, indecisa sul da farsi.

Ormai le lezioni erano già iniziate da più di un’ora, e non aveva tanto senso per la corvina farsi tutta la strada dall’ospedale alla sua Università per poter assistere a soli pochi minuti. No, non aveva affatto molto senso.

- Ti ringrazio davvero per avermi aiutata, e… scusa per il disturbo – disse la ragazza, scendendo dal lettino.

Ciel scosse la testa, lievemente.

- Tranquilla, nessun problema. È il mio lavoro alla fine –

Era stata una fortuna che O’Konnor si trovasse nei paraggi, nel momento del malore della ragazza. Nella sfiga della situazione Lyla era stata parecchio fortunata.

Con non poco imbarazzo, la corvina fece per salutare il dottore ed andarsene, quando questo la bloccò dicendo – Lyla, senti… -

La ragazza si fermò, attendendo che continuasse la sua frase.

Dato quel tacito via libera, Ciel riprese.

- Hai qualche impegno adesso? – le domandò.

- In realtà, no – rispose di getto – Perché? –

- Volevo chiederti se ti andasse di andare a prendere qualcosa, in un bar qua vicino. Sempre se ti va, ovviamente –

Rimase sorpresa, e faticò a credere a ciò che aveva appena sentito. Il dottore le aveva appena chiesto d’uscire.

Uscire insieme.

Non riusciva a trovarlo… incredibile. Non trovava altre parole per descriverlo.

Quell’invito voleva significare che l’uomo provava dell’interesse nei suoi confronti; in lei.

Non che fosse una ragazza non abituata a ricevere inviti da persone interessate nella sua persona. Non era di certo una latin lover, questo lo riconosceva, ma aveva collezionato le sue uscite negli anni.

Sapere però di essere riuscita a destare l’interesse di un uomo come Ciel O’Konnor, le faceva uno strano effetto. Che cosa avesse visto in lei, di così speciale, lo sapeva solo lui.

Lyla valutò accuratamente la proposta del corvino, prima di pensare una risposta decisiva.

Un caffè non si poteva di certo negare a nessuno, e lei necessitava di bere qualcosa di zuccherato al più presto. Perciò, per quale motivo non cogliere la palla al balzo?

- Sì. Mi farebbe molto piacere –

 

 

 

 

ANGOLO DELLA MENTE MALATA:

Sapete quando avete il desiderio impellente di fare qualcosa, e non riuscite proprio a distogliere la mente da quel pensiero là? Ecco. Io mi sento esattamente così con la revisione di Diversi.

La scrittura dei capitoli nuovi (che tu sia dannato cap. 39) sta andando molto a rilento, e sento il bisogno di sistemare… i problemi, i numerosi problemi, dei vecchi capitoli. Spero possiate comprendere questa povera volpe casinista.

Siamo solo al capitolo tre, e la situazione deve ancora scaldarsi a dovere. Sinceramente non vedo l’ora di mettermi all’opera :3

Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo! Il vostro feedback è sempre molto importante per me.

Io vi porgo i miei omaggi

-Harley

   
 
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