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apitolo I
Il
Destino è come una ruota che gira
per poi fermarsi sempre nello stesso punto…
Un
lampo.
Il
mondo sembrò
fermarsi udendo il rimbombo del tuono.
Eppure
il
fulmine non poteva nulla, ora. Non poteva entrare in quella stanza, non
poteva
sentirli, non poteva fermarli. La pioggia imperversava fuori dalla
finestra, ma
il Generale Jarjayes non poteva vederla, la schiena appoggiata contro i
vetri.
«Badate»
La voce
di André lo pietrificò, lasciandolo con il
braccio sollevato. «Sono pronto a
sparare.»
La pistola comparve dal nulla, e lui non poté fare altro che
restare immobile a
osservarla; lo guardava inchiodando i suoi occhi, impedendogli di
sollevarli
per vedere la reazione di Oscar.
Ma
era ancora
lì?
«Non
vi
muovete, perché io, ora, andrò via insieme a
Oscar.»
A
quelle parole
il Generale Jarjayes trovò la forza di guardarlo. C'era una
tristezza infinita
nei suoi occhi.
Ma non poteva restare senza dire niente. Non poteva permettergli di
andarsene.
«Che
cosa? Tu
vorresti scappare con Oscar?»
«Sì.»
E
a
un tratto,
tutto fu chiaro: crescere insieme, unirli, affiancarli... Ogni giorno
trascorso
a guardarsi, ogni giorno sostegno uno dell'altro, senza tregua. Senza
freni.
Legati da una catena invisibile che proprio lui, il Generale, aveva
posto.
«E
magari
vorresti anche sposarla, non è vero?»
«Sì.»
Perché
non lo
aveva capito? Era sempre stato così chiaro... Un sentimento
germogliato davanti
ai suoi occhi, davanti agli occhi di tutti.
Eppure era stato cieco.
Aveva curato, coltivato, incentivato quel sentimento; l'unico colpevole
era
lui.
«No»
disse il
Generale, abbassando lo sguardo. «Sarebbe una grossa
sciocchezza, perché
la differenza di rango che esiste tra voi non si cancellerebbe
mai.»
«Permettetemi una domanda: che cosa significa rango? Non
siamo tutti uguali,
forse?»
«Un
nobile
prima di sposare deve chiedere il permesso a sua maestà il
Re!»
«Sì,
lo so. Ma
se sua maestà il Re si innamora di una donna, deve forse
chiedere a qualcuno il
permesso di sposarla?»
«Basta, André!» Il Generale
gridò. Alzò il pugno e lo colpì dritto
in viso. «Mi
dispiace, non posso perdonarvi.»
Sollevò
la
spada, pronto a fare il suo dovere.
Oscar
era in
piedi, dietro André, e lo guardava come se non fosse in
grado di accettare
quanto stava per avvenire. Eppure le sue braccia erano abbandonate
lungo i
fianchi, il suo corpo sembrava essersi arreso. Perché i suoi
occhi no?
Perché
sembrava
delusa... Perché non riusciva a capire?
Se
ci
fosse
stata un'altra scelta, non avrebbe compiuto quel gesto. Ma non c'era.
La verità
era che non c'era scelta...
Solo la speranza, il tentativo di salvare l'onore. Nient'altro.
André
si mise
in ginocchio davanti a lui, e il Generale pensò che fosse
pronto a barattare la
propria vita per quella di Oscar, a implorare di risparmiarla o, forse,
a
chiedergli di uccidere anche lui.
Ma si ritrovò di nuovo con la pistola puntata contro, mentre
osservava André
rimettersi in piedi.
«Fate
un passo
indietro, Generale.»
«Cos'hai
intenzione di fare? Sei solo un servo, non puoi portarla via.»
André indietreggiò di qualche passo, cercando con
la mano sinistra il braccio
di Oscar.
«Ora noi ce ne andiamo.»
«Non puoi...» insistette il Generale.
Era sua figlia quella che aveva davanti, la figlia che aveva macchiato
il suo
onore, ma pur sempre il suo sangue.
«Lei
non verrà
mai con te.»
André
sembrò
scosso da un fremito; si voltò un istante a guardare Oscar e
parve arrendersi.
Abbassò la pistola.
«Padre...»
sussurrò lei. La vide stringere i pugni.
«È per i miei uomini se me ne vado.»
«Che cosa?»
«Come,
Oscar?
Davvero verresti con me?»
«Oscar!
Te lo
proibisco!»
Oscar chinò la testa di lato, senza avere la la forza di
guardarlo.
Dov'è
finito il
figlio che ho cresciuto, Oscar?
«Mi
dispiace,
padre. Darei la mia vita per voi e, vi giuro, quando questa storia
sarà finita,
tornerò. Potrete uccidermi, se vorrete. Non ve lo
impedirò.»
«Oscar» cominciò André, ma si
bloccò puntando ancora la pistola verso il
Generale.
«Hai disonorato il nome della nostra famiglia!»
«Vi
scongiuro
di perdonarmi, padre» Oscar lo guardò dritto negli
occhi. «Andiamo, André.»
Il
Generale li
vide avanzare verso la porta, l'ennesimo lampo illuminò i
capelli biondi di sua
figlia, e lui non poté fare a meno di chiedersi se mai
l'avrebbe rivista.
Sentì la chiave girare nella serratura e capì che
André lo aveva chiuso dentro.
Certo
che ti
rivedrò, Oscar. Hai giurato di tornare e io so che lo farai.
André
seguì
Oscar oltre la porta e, chiudendo a chiave la serratura, si accorse di
sua
nonna rannicchiata nell'angolo. Piangeva forte e lui provò
l'impulso di
stringerla.
«Nonna...»
Si accucciò accanto a lei liberandole il viso dalle mani.
«Non piangere, nonna.»
Ma
lei non
sembrava avere intenzione di smettere. Era persa nei suoi lamenti e
André capì
che sarebbe stato inutile cercare di consolarla.
Sentì tirare la maniglia, battere sulla porta: era il
Generale che cercava di
chiamare aiuto. Ma non c'era nessuno lì, non c'era nessuno
che potesse udirlo.
«Dobbiamo
andare, André.»
«Vengo, Oscar.»
Vengo
da te.
Scesero
le
scale in silenzio, senza correre. Se fosse comparso un servo non
avrebbe dovuto
sospettare niente.
«Prendiamo i cavalli» disse lei, dirigendosi verso
le scuderie. Non c'era
nessuno in giro.
Forse,
che
fosse opera del Generale?
André
si trovò
ad affrontare una marea di ricordi.
Era nelle stalle che lui e Oscar avevano misurato l'altezza da bambini,
era
nelle stalle che lei lo aveva sorpreso a dormire. E ancora, era nelle
stalle
che la donna che amava gli aveva annunciato di voler vivere come un
uomo.
Eppure, in quel momento, lei era lì insieme a lui. Voleva
fuggire al suo fianco,
forse era pronta a una vita da donna.
No,
ha giurato
di tornare.
«André,
che
fai? Non vieni?»
Sollevando gli occhi, la vide intenta a sellare il cavallo. Si
affrettò a
prendere il suo per coprirlo con coperta e agnellino, e sistemare la
sella.
Tirò giù le staffe e spiccò un salto
per salire.
Non
riuscì a
evitare di guardarla: sembrava calma mentre sistemava le redini, troppo
calma. Era come se fosse stato tutto normale, come se non sapesse di
dover
morire da lì a poco tempo.
Perché
André
era certo di questo: il Generale l’avrebbe uccisa, non
sarebbe riuscito a
perdonarla, non avrebbe mai messo sua figlia davanti al suo onore.
Il tuono sembrò avvertirlo che era ora di andare, che non
c’era tempo per
restare lì. Qualcuno avrebbe potuto raggiungerli.
Magari la giustizia del Re…
«Sei
pronta,
Oscar?»
Lo era. In sella al suo purosangue bianco, sembrava pronta a vivere un
giorno
come gli altri. André capì che stava pensando ai
suoi uomini.
Gettati in una cella, trattati come criminali, condannati a morte.
«Andiamo,
André.»
Affondò
i
talloni nei fianchi del cavallo e partì davanti a lui, senza
preoccuparsi della
pioggia battente.
La raggiunse con due cappe verdi, simili a quelle che avevano indossato
il
giorno in cui le campane di Notre-Dame avevano suonato per il delfino
di
Francia.
Oscar gli aveva sorriso, nonostante fosse morto il piccolo Joseph,
nonostante
la pioggia, che sembrava portare un messaggio di disgrazia per il Re.
Lei
gli aveva
sorriso, e per André non contava altro.
“Tu
vorresti
scappare con Oscar?”
Era
strano il
destino, giocava strani scherzi.
André aveva passato una vita a desiderare lei, e solo
adesso, solo ora che
stava per perderla, sembrava poter coronare il suo sogno.
“E
magari
vorresti anche sposarla, non è vero?”
Il
lampo gli
riempì gli occhi di luce, illuminò una figura a
cavallo che si stava
avvicinando al palazzo, e sembrò risvegliarlo da quel
torpore.
Con i talloni, incitò l’animale a seguire Oscar,
lo spinse al trotto per
raggiungerla, e finì con il coprirle la schiena con la cappa
verdastra.
«Dobbiamo
sbrigarci, Oscar. Arrivano dei cavalli al galoppo» disse,
mentre il suo baio
affiancava il purosangue.
Questa volta lei non gli sorrise, si limitò ad annuire.
Che
fossero gli
uomini del Re? Che fossero venuti a prendere anche lei, anche loro?
André non poteva permetterlo. Non voleva.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa
per impedirlo.
«Andiamo
a
Parigi» ordinò Oscar, voltando l’animale
verso la strada.
«No, Oscar» André afferrò le
redini di lei. «Non ancora. Dobbiamo nasconderci
adesso.»
Il
lampo
illuminò la furia negli occhi di Oscar.
«I
miei uomini,
André! Sono i miei uomini!»
«Lo
so, Oscar.
Lo so. Ma prendiamo tempo, non possiamo farci prendere
adesso.»
Con un colpo di mano, lei si liberò dalla sua stretta e
tirò le redini per far
voltare il cavallo.
«Non
c’è tempo»
spiegò Oscar voltando il capo verso la strada. «Li
giustizieranno.»
«E cosa vorresti fare? Se ti prendono adesso, tutto
è perduto. Loro sono
perduti.»
Si
scambiarono
un’occhiata, André capì che lei stava
pensando la stessa cosa. Ma era troppo
orgogliosa, troppo impaurita di perdere i suoi uomini. Di fare la cosa
sbagliata.
Maledetto
orgoglio…
Ma
poi André si
accorse dell’uomo che stava smontando da cavallo,
lì, nel loro cortile, dell’uomo
che li stava guardando.
Che li stava raggiungendo.
No.
Non poteva farla prendere.
Non ora.
«Corri,
Oscar!»
Lanciò
il
cavallo al galoppo e sentì il grido di lei, mentre incitava
il suo a seguirlo.
Si ritrovarono nel bosco, poi sulla strada fangosa che conduceva a
Parigi.
Non c’era tempo per preoccuparsi della pioggia,
dell’acqua che si infilava
sotto gli abiti, della cappa di Oscar che sembrava garrire nel vento.
Era
solo il
momento di fuggire.
«Aprite!»
Il Generale sentì il pianto fuori della porta.
Continuò a incitare chiunque ad
aprirgli, gridando e battendo i pugni sul legno di ciliegio.
Non riusciva ancora a crederci.
Oscar
e André.
Insieme.
Scappati, lontani da lui, dalla giustizia del Re, dalla sua
spada.
Ma,
conoscendo
Oscar, era abbastanza sicuro che l’avrebbe rivista. Non era
possibile che
rifiutasse di tornare. L’aveva giurato, proprio
lì, davanti a lui.
Poi,
il suono
più inaspettato si infilò piano nel suo orecchio,
e il Generale pensò che mai,
mai si sarebbe aspettato di sentirsi così emozionato udendo
il chiavistello
girare nella serratura.
Si fiondò contro la porta, pronto a raggiungere i due
disgraziati che stavano
gettando l’onta sulla sua famiglia.
Disonore.
Corse
giù per
le scale con l’idea di strangolarli, prima André e
poi Oscar, di sgridarli come
quando erano bambini.
L’immagine di sua figlia, piccola, gli attraversò
la mente come in sogno.
Quanto era passato dall’ultima volta che aveva ricordato?
«Un
messaggio!»
gridò l’uomo davanti all’entrata.
Un uomo, di cui nemmeno si era accorto.
«Un
messaggio
da Versailles.»
Il
Generale non
si chiese nemmeno per un momento cosa potesse esserci scritto, lo
strappò dalle
mani del messaggero e ruppe il sigillo di ceralacca.
Il sigillo del Re.
La
pioggia
stava cessando.
André
si chiese
se fosse un buon segno. Che il cielo fosse dalla loro parte?
Forse qualcuno, lassù da qualche parte, li aveva perdonati.
Forse non avevano
più nulla da temere.
Vide
Oscar
abbassare il cappuccio della cappa, i capelli biondi bene in vista a
pochi
passi da lui.
Non riusciva a smettere di guardarla.
Mai, mai avrebbe pensato che, un giorno, Oscar sarebbe fuggita con lui.
«Guarda,
André:
Parigi.»
Parigi
era lì,
davanti a loro, e nonostante lui avesse appena chinato il capo per
dirle di sì,
per risponderle che l’aveva vista, continuava a guardare la
donna, ignorando la
città.
Aveva le due cose più belle del mondo davanti, e occhi solo
per lei.
Non riusciva a smettere di pensare che presto l’avrebbe vista
morta.
O
forse, se il
Generale fosse stato così generoso da ucciderlo prima di
Oscar, non avrebbe
visto il suo corpo inerme, ma avrebbe saputo.
Avrebbe continuato a sapere.
Fino a quando lei non fosse tornata a casa.
«Sei
pronto,
André?» gli chiese lei, come quando tutto andava
bene, come per avvertirlo che
presto sarebbe ripartita al galoppo.
Annuì,
ma la
mente era ancora altrove. A quel corpo che aveva visto una sera, tempo
prima,
quello stesso corpo che presto non avrebbe più avuto vita.
Oscar lanciò un grido prima di fiondarsi giù per
la collina, verso Parigi.
«Arrivo,
Oscar!»
André
pensò che
non lo avrebbe permesso. Né al Generale, né a
nessun altro.
Non potevano fare del male a Oscar.
Perché
lui
l’amava.
Note
dell’autrice:
Mi
sono sempre
chiesta cosa sarebbe successo se Oscar avesse accettato di fuggire con
André…
Cosa avrebbero fatto? Dove sarebbero andati? E cosa sarebbe accaduto
dopo?
Ho
voluto dare
una mia interpretazione della storia, ignorando completamente la sorte
tragica
che li attende, ignorando la malattia di Oscar e la cecità
di André.
I
capitoli
saranno brevi (almeno i primi), preferisco prendermela comoda e sondare
il
terreno per non rischiare di scrivere qualche sciocchezza.
Infatti, oltre a implorare un parere, vi chiedo di avvertirmi se ci
fosse
qualche incongruenza nella storia. È pur sempre il secondo
tentativo con una
fanfiction!
Per
chi fosse
curioso di leggere anche il primo (una one shot ambientata durante la
sera del
ballo), eccolo qui.
Spero di leggere le vostre impressioni, davvero!
Celtica