Serie TV > Once Upon a Time
Ricorda la storia  |       
Autore: martaparrilla    19/01/2016    8 recensioni
Henry ha 8 anni e non parla più da diciotto mesi. Sua madre, Regina, è convinta che quella sia la giusta condanna per non essere riuscita a proteggerlo dal dolore per la perdita del padre. Un giorno, le loro vite incrociano quelle di Emma che, cauta e silenziosa, riuscirà a conquistare la fiducia del piccolo Henry.
E forse, anche quella di sua madre.
Basterà questo a farlo parlare di nuovo? Henry odia davvero sua madre come essa afferma?
Anche stavolta ho dovuto alternare il punto di vista dell'una e dell'altra, è una cosa che non riesco a evitare per riuscire a spiegare al meglio le decisioni prese da entrambe e come queste influenzino positivamente la crescita del rapporto dei tre protagonisti.
La storia è puramente frutto della mia fantasia, nonostante si tocchino argomenti che troppo spesso le donne sono costrette ad affrontare da sole e in silenzio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Peggy, Wolf, Shila, Red e Sally. Ok, ci sono tutti.

I loro guinzagli sono divisi tra la mia mano destra e quella sinistra e tirano fino a strozzarsi. Mi sono sempre piaciuti gli animali ma non ho mai trovato un lavoro adatto a questa mia passione. Poi finalmente mi sono decisa: dopo essere stata licenziata dalla caffetteria dove lavoravo da cinque anni ho dovuto ricrearmi un'attività da zero. Il mio grande cortile mi permette di tenere anche dieci cani a distanza di sicurezza e con un po' di volantini distribuiti negli studi veterinari e nei canili ho trovato tre clienti. Umani ovviamente. Non è molto ma per iniziare devo accontentarmi. E così mi ritrovo a dover portare in giro per tre ore al giorno Peggy, pechinese color miele, Wolf, pastore tedesco tenero quanto un neonato, Shila, labrador terribile e Red e Sally, una coppia di vecchi bassotti.

E' divertente badare a loro.

No, non è divertente.

Lo è per l'età che ho adesso ma non potrò portare cani a spasso per la vita. Per questo mi sto muovendo per creare una sorta di “campeggio per animali”, una casa dove chi vuole, può lasciare le loro bestiole in caso di partenze o impegni inderogabili. Il tutto ovviamente a prezzi modici. Questo è un qualcosa di più stabile anche se serviranno tanti soldi per metterlo in atto.

Mi siedo sulla panchina al parco, avendo cura di legare per bene due dei cinque cani che mi hanno affidato. Slegarli tutti insieme sarebbe come andare a cercare la morte volontariamente e ancora non sono pronta per morire.

Non a 25 anni.

Come al solito ci sono mamme e papà con i propri figli, mentre io sono con i miei cani. Anzi non sono nemmeno miei. Diciamo che i cani sono un ottimo inizio per prendersi la responsabilità di un altro essere vivente, avrei fatto pratica nell'attesa che in me si insinuasse anche solo il lontano desiderio di diventare madre. Prima di conoscere Elisabeth volevo veramente avere dei figli, al momento giusto, con una casa, un lavoro stabile e via dicendo. Lei era riuscita a farmi odiare anche questo.

Elisabeth è la mia ex fidanzata, una persona che ancora non so se sistemare tra il gruppo di quelli da dimenticare o ricordare per sempre. So solo che non le perdonerò mai di avere insistito tanto sul volere un figlio visto che ora non ne voglio nemmeno sentire parlare. E' un capitolo chiuso ormai e tale deve rimanere.

Solitamente è la mia amica Ruby ad accompagnarmi nel pomeriggio ma oggi è rimasta nella mia ex caffetteria col mio ex capo e i miei ex clienti che ancora si chiedono se sono rinchiusa in qualche ospedale psichiatrico. Diciamo che il mio arrivederci dalla caffetteria non è stato propriamente tranquillo. Se il mio capo pretende che i clienti siano liberi di palpeggiarmi senza che io rompa loro il naso si sbaglia di grosso: le mani si tengono in tasca e non mi interessa se alzare le mani a esseri umani poco rispettosi tolga prestigio al locale. E così mi ha sbattuta fuori, mentre Ruby, decisamente più libertina da questo punto di vista, è ancora lì, e quel pomeriggio è di turno fino alle 20.

Sospiro prima di colpire Shila sulla testa. E' il mio tormento, riesce sempre a creare litigi con altri cani, è tremenda.

«Tu la devi smettere di agitarti, sono stata chiara?» la guardo severa, col dito indice poggiato sul mio naso. Lei si accuccia sotto la panchina, offesa.

Slego Red e Sally che scodinzolando vanno ad annusare qualunque essere vivente sotto il metro e venti che incontrano sulla loro strada, facendo loro gli occhi dolci per avere una carezza. Una cosa è certa, le ottengono sempre.

Mentre tengo d'occhio quelle due pesti e carezzo Wolf che beatamente dorme, apro la borsa per prendere un sorso d'acqua. In quel momento, qualcuno si siede accanto a me. Mi volto lentamente e vedo un bambino che può avere si e no dieci anni, col fiatone, che si guarda intorno con aria spaventata. Vago con lo sguardo intorno a noi, come per assicurarmi che qualcuno non lo stia inseguendo, ma non vedo nessuno.

Shila, vedendo il nuovo arrivato, si avvicina a lui prima annusandolo e poi mettendosi sulle zampe posteriori per arrivare alle sue mani. Il bambino prende ad accarezzarla e sembra tutto a un tratto calmarsi.

«Shila non importunarlo» dico io in tono severo, ma come al solito non mi ascolta. I baffetti del cane solleticano la mano del bambino che prende a ridere.

Lui si blocca un secondo quando sente la mia voce prima di ridacchiare e giocare ancora con lei. Sembra più rilassato tanto che si volta guardarmi. Mi guarda intensamente negli occhi senza proferire una parola e poi imbarazzato torna a concentrarsi su Shila.

«Ciao ragazzino» dico in tono gentile. Al suono della mia voce inizia a dondolare avanti e indietro sulla panchina.

«Ti senti bene?» aggiungo poco dopo. Cerco di scorgere nel suo corpo qualcosa che possa farmi capire se avesse deficit di qualche genere. Non è sordo visto che si è voltato quando ha sentito la mia voce. Magari un handicap intellettivo che non gli permette di interagire col mondo esterno.

«Ok non vuoi parlare. Sai capita anche a me a volte di non avere voglia di parlare, le persone sono noiose. Meglio i cani, almeno loro stanno zitti» annuisco per auto convincermi delle mie parole.

«Puoi continuare a giocare con Shila se vuoi, io mi metto a leggere e non ti disturbo più».

Ora che tutti gli animali sono sistemati decido di rilassarmi un pochino col libro che ho portato con me. Sono settimane che voglio iniziarlo ma per un motivo o per l'altro non sono mai riuscita a prenderlo in mano seriamente. Non ho una vita per niente movimentata ma ultimamente un po' per la perdita del lavoro, un po' per amici che non possono propriamente definirsi tali e ex fidanzate poco tranquille, la mia testa ha uno stress non indifferente da sopportare e i libri sono gli ultimi dei miei problemi.

Sfoglio le prime pagine mentre ogni tanto volto lo sguardo verso il bambino che continua a giocherellare con Shila. Alla fine del primo capitolo una vocina interrompe la mia concentrazione.

«E' tuo questo cane?» chiede inginocchiandosi per guardarla da vicino, con voce flebile e lo sguardo basso su di lei. Senza scompormi troppo, rispondo.

«Più o meno, li porto in giro tutti i giorni a fare le passeggiate». Improvvisamente Shila si mette su due zampe e lo butta giù. Il bambino scoppia a ridere e io con lui.

«Credo che tu gli piaccia» tiro il guinzaglio per permettergli di rialzarsi. Dalla tasca del giubbotto prende delle salviette e con cautela ne estrae una. Si accomoda di nuovo e si pulisce dalla polvere. Si concentra minuziosamente su ogni dito, palmo, dorso e anche sotto le unghie. Sembra voglia ripulirsi da qualcosa di ben più sporco di un po' di polvere. Si allontana a buttarlo.

«Sei solo qui?» chiedo incuriosita.

«Più o meno» il suo viso cambia d'espressione.

«Come ti chiami?» cerco di cambiare argomento.

«Henry, mi chiamo Henry» voce timida, sguardo sempre basso.

«Oh piacere Henry, io sono Emma» gli porgo la mano per stringergliela e lui riprende a accarezzare il cane. Imbarazzata la ritraggo.

«Puoi farmi un favore? Hai voglia di farle fare un giro? Così magari la smette di essere su di giri e a te magari spunta un sorriso» al suono delle mie parole per la seconda volta mi guarda negli occhi. E' stato un attimo prima di veder incresparsi un debole sorriso tra le sue labbra.

«Ok però guarda facciamo una cosa» infilo i due indici in bocca e facendo un po' di pressione con la lingua, emetto un fischio.

«Red, Sally, venite qui!» i due cagnetti si avvicinano scodinzolanti circondando Henry che non sa più come accarezzarli. Con difficoltà li lego ai rispettivi guinzagli prima di liberare Peggy e Wolf, decisamente i più calmi tra i cinque.

«Ora puoi andare» dico soddisfatta.

«Ok».

Si alza lentamente, sistema con precisione la sua giacca e inizia a camminare.

«Ti chiamo io quando dovrò riportarli a casa» gli dico mentre lo guardo allontanarsi.

«Vieni Shila, vieni!» intima lui quasi sottovoce mentre il cane scodinzola felice di avere un po' di attenzioni tutte per sé.

Stringo ancora il mio libro tra le mani ma il comportamento del bambino mi ha quasi rapita. Passeggia lentamente, avendo cura di non fare passi troppo diversi gli uni dagli altri. Fissa sempre il lastricato di pietre su cui cammina con Shila accanto e ogni volta che trova ostacoli nel suo cammino, che siano persone o animali lui si ferma fino a che l'ostacolo non si sia spostato. Non vuole perdere il ritmo o il conto. Ogni tanto si ferma, si guarda indietro, fa dei calcoli con le mani che solo lui conosce e prosegue. Il parco ha un percorso di pietra ovalare, per cui a un certo punto lo perdo di vista dietro alcuni alberi e lo vedo ricomparire dalla parte opposta poco dopo. Shila è stranamente tranquilla con lui accanto, solitamente strattona il portatore di guinzaglio come se non ci fosse un domani, invece lo segue nei movimenti, nelle pause e mai una volta ha abbaiato o tirato più del dovuto. Non sembra nemmeno lei. E' come se si comprendessero a vicenda.

Gambe accavallate, capo poggiato sulla mano che a sua volta poggia sul ginocchio. La mia posizione non mi permette di vedere a destra e a sinistra del mio sguardo e completamente persa nell'osservare quello stranissimo bambino, non mi accorgo che qualcuno da lontano continua a fissarmi. Non ci faccio subito caso, ma, un po' per l'insistenza del suo sguardo, un po' per la mise abbastanza appariscente, quella donna ha attirato la mia attenzione. Se ne sta poggiata a un albero all'ingresso del parco, avendo cura di nascondersi quando Henry le passa accanto, non riesco a capire se sia lei ad aver paura di lui o il contrario. Ha di certo capito che sono interessata a quel bambino almeno quanto lei e, nel momento in cui Henry sparisce dietro gli alberi, nel punto più lontano dalla mia panchina, la vedo avvicinarsi a me.

Passo sicuro, dècolletè nero impeccabile, tailleur grigio con scollatura asimmetrica, avvolge il suo corpo decisamente perfetto. Se prima ero incuriosita dalla sua postazione ora lo sono di certo dalle sue gambe. Caschetto nero impeccabile, occhi marrone scuro, soprabito beige. Il colpo di grazia me lo danno le sue labbra ricoperte di un colore rosso acceso. Le fisso intensamente.

«Salve» mi dice con finta cordialità. Il suo tono controllato, la voce assolutamente paradisiaca mi destano dallo stato di trance in cui sono involontariamente caduta. Rimango esattamente nella mia posizione, la testa piegata verso l'alto a incrociare il suo sguardo e lei a due passi da me, mentre tristemente tiene una borsa tra le dita della mano destra.

«Buonasera» dico in tono sinceramente cordiale, al contrario di lei.

«Vedo che conosce mio figlio» azzarda alzando il tono di voce. Il sole sta calando praticamente dietro di lei e quella luce non mi permette di affrontarla nel modo giusto. Appoggio la schiena alla panchina strizzando gli occhi.

«Come scusi? Ci conosciamo?» azzardo su due piedi. Certo mi sarebbe piaciuto conoscerla ma francamente non ho idea di cosa stia parlando. Poi mi ricordo di Henry, volto lo sguardo per cercarlo e lo trovo seduto su una panchina col muso di Shila poggiato sulle sue gambe e silenziosamente la accarezza. Lui fissa un punto imprecisato nel vuoto. La testa della donna segue il mio sguardo e quando capisco a chi si riferisce tiro un sospiro.

«Lei è la madre di Henry?».

Stizzita, mette le mani sui fianchi.

«Come diavolo fa a conoscere anche il suo nome?».

Aggrotto la fronte, spaesata.

«Gliel'ho chiesto e me l'ha detto, tutto qui». Le sue mani si abbandonano di nuovo lungo i suoi fianchi e la borsa cade pesantemente a terra. Lei sembra non accorgersene così la raccolgo e tendo la mano per restituirgliela.

«Come prego?» aggiunge lei stupita.

«Gliel'ho chiesto ovviamente, non leggo ancora nel pensiero» dato che lei sembra non vedere il mio braccio che regge la sua pesantissima borsa, la poggio sulla panchina accanto a me.

«E lui ha risposto?» la gamba destra avanza sulla sinistra, annullando la distanza tra lei e la panchina, per sedersi poi accanto a me. Il suo busto ruota verso di me, gli occhi lucidi, le labbra umide.

Emma Swan, fai lavorare il tuo autocontrollo per favore.

«Si certo che ha risposto» con la bocca aperta in una grande O torna a cercare quello che a quanto pare è suo figlio per poi tornare a fissare me.

«Come ha fatto a farlo parlare?».

«Ho aspettato che avesse voglia di rispondere alla mia domanda» che è quello che ho fatto davvero alla fine. Ho visto che non voleva parlare e mi sono fatta i fatti miei. Solo dopo mi ha rivolto la parola.

«Non apriva bocca da due anni, non...» la sua mano sinistra raggiunge in fretta la bocca, coprendola. Una lacrima scende sul suo viso e improvvisamente mi sento a disagio. Immensamente a disagio. Prendo un fazzoletto dalla mia borsa e glielo porgo.

«Grazie» risponde lei. Tampona delicatamente entrambi gli occhi per non far colare il trucco perfetto.

«Si è seduto accanto a me poco più di un'ora fa, era spaventato e uno dei miei cani si è avvicinato a lui per giocare. Ha accarezzato Shila, che è il cane che sta con lui adesso e ha sorriso. L'ho salutato e chiesto come stava ma nulla. Allora mi sono messa a leggere e dopo un quarto d'ora circa mi ha chiesto se questa banda canina fosse mia» mi sposto a indicare Red e Sally accanto a me «e sono riuscita a strappargli il suo nome. Poi gli ho chiesto se volesse portare in giro Shila e ha acconsentito». Abbozzo un sorriso verso di lei.

«Lei..lei non sa cosa significhi per me e Henry che abbia parlato».

«Probabilmente no ma la sua reazione me lo rende facilmente intuibile» inclina un po' la testa e sorride. E in quel momento una fitta al cuore mi fa perdere il respiro. E' immensamente bella. Porto una mano al petto cercando di ricompormi. Chiudo gli occhi e faccio un profondo respiro prima di spostare la mia attenzione di nuovo su di lei. Il suo sguardo vaga oltre tutto il parco fin dove Henry carezza Shila, ignaro di tutto. Lunghe e forti dita dalle unghie laccate di nero poggiano sulle ginocchia scoperte, stringendole, quasi aggrappandosi ad esse.

«Se vuole glielo chiamo, l'ho avvertito che mi sarei avvicinata io quando l'orario della passeggiata fosse terminato».

«No io» è titubante nel continuare «preferisco guardarlo ancora un pochino qui, da lontano. Forse per lui c'è ancora speranza di avere un contatto col mondo esterno. Passeggiavamo in un centro commerciale e l'ho perso di vista. Ultimamente scappa spesso».

Si inumidisce le labbra ogni volta che deve parlare.

«D'accordo e comunque capisco, anche io scappavo spesso alla sua età» in lontananza sento dei cani abbaiare e il mio dovere da dog sitter è allertato. Mi alzo e poggio la mano sulla fronte, come una visiera, così da permettermi di guardare lontano senza il fastidioso sole sugli occhi. In lontananza scorgo Wolf e Peggy con le zampe anteriori poggiate sul tronco di un albero. Hanno di certo scorto qualche animale da terrorizzare.

«Mi scusi un momento, i miei figli pelosi mi danno da fare» mi rivolgo a quella donna ancora senza un nome prima di afferrare i due guinzagli e raggiungerli con una corsetta.

«Voi due, giù, smettetela di abbaiare come due disperati!» li rimprovero severamente.

«Wolf, mi meraviglio di te, dovresti dare il buon esempio ma» alzo la testa prima di scorgere un gatto grigio dallo sguardo tutt'altro che simpatico «comprendo la tua rabbia tesoro, i gatti urtano anche il mio sistema nervoso». Sembra capire le mie parole perché si siede e, scodinzolante, emette un breve guaito di approvazione. Afferro il collare per agganciare il guinzaglio e subito dopo faccio la stessa cosa con Peggy, un po' contrariata per averle tolto il suo divertimento.

Un abbaio familiare si avvicina a noi e voltando lo sguardo vedo Henry con Shila, sempre stranamente calma e felice.

«Hey ragazzino, ti sei stancato di lei?». Mi raddrizzo con la schiena.

Lui, sempre silenzioso, si mette dietro di me e guarda quasi oltre la mia spalla, in direzione di quella donna.

«Tua madre è preoccupata». Si mette a dondolare avanti e indietro. Solo la vicinanza di Shila alla sua mano lo fa tornare da me. Nel mondo reale.

«Ti fa del male per caso?» chiedo preoccupata. Quella dea non mi sembra violenta ma l'esperienza insegna che l'apparenza inganna, sempre. Di nuovo quel lampo negli occhi, mi fissa qualche secondo per poi fare cenno di no con la testa, sicuro e convinto.

«Ok, allora che ne dici se andiamo da lei? Sai, non crede al fatto che mi abbia detto il tuo nome dato che non parli molto, o almeno, questo è quello che dice lei. Ma io preferisco chiederlo a te» vicino a me, Wolf e Peggy saltellano.

«Non ho molto da dire». Un altro flebile suono esce dalla sua bocca.

«Oh be non possiamo essere tutti dei grandi oratori, direi che dici l'indispensabile, sei una compagnia interessante per chi non vuole avere mal di testa» lui sorride quasi imbarazzato e trovo che nonostante il verde dei suoi occhi, abbia la stessa luce di quelli di sua madre. Non parla ma i suoi occhi mi dicono molte, molte cose.

«Senti ti propongo un affare, ti va di sentirlo?» ho attirato la sua curiosità. Alza entrambe le sopracciglia facendo increspare la sua fronte.

«Io vengo qui tutti i giorni e tutti e cinque mi fanno dannare, e se venissi tutti i giorni anche tu a darmi una mano? Sempre che ti faccia piacere». Infilo le mani in tasca e torno a osservare il suo corpo. Se non avesse parlato avrei dovuto capire da lì la sua risposta. Il suo sguardo passa da Wolf e Peggy a Shila, che con sguardo adorante aspetta l'ennesima carezza.

«Ok» dice con un tono un po' più alto del solito.

«Uhhh fantastico!» esclamo «Ora è arrivato il momento di andare via, andiamo insieme a dirlo a tua madre? Secondo me ci dirà di si, vero Shila? Pensaci tu a convincerla!» sorride di nuovo. Ogni volta che parlo ai cani come se fossero esseri umani, Henry sorride. E il suo sorriso è il suo ok per riavvicinarsi alla madre. Tutti e cinque percorriamo lentamente la distanza che ci separa dalla panchina dove quella donna è ancora seduta e aspetta il nostro ritorno e, probabilmente, aspetta anche di sentire la voce del figlio.

«Eccoci qui, ho ripreso i miei figli e anche il suo» dico cercando di smorzare la tensione.

«Ciao Henry» si alza dalla panchina. Il suo tentativo di approcciarsi al figlio non va a buon fine.

«Io, Henry e Shila abbiamo una proposta da farle» aggiungo io. «Io vengo qui tutti i giorni e non so quali siano gli impegni di Henry o i suoi ma mi farebbe piacere se Henry potesse venire a darmi una mano. Come può ben vedere Shila è pazza di lui!». Mi volto verso Henry che fissa il lastricato.

«Ho chiesto a Henry e mi ha detto che gli farebbe piacere, ma ovviamente dovevamo chiedere prima a lei» quella donna mi fissa spaesata, quasi come avesse paura di emettere qualunque risposta per condizionare Henry. Le faccio cenno di approvazione con la testa per incoraggiarla e solo dopo inizia a parlare.

«Credo che sia una buona idea, domani lo accompagnerò io stessa qui alle...a che ora arriva lei ogni giorno?» mi chiede col sorriso stampato sul volto.

«Sedici e trenta andrà benissimo! D'accordo Henry?».

Annuisce silenzioso.

«Shila, credo che dovrai chiedere ai tuoi padroni una paga più cospicua visto che avrai ben due persone che badano a te!» L'orologio sul mio polso segna le diciannove e trenta, devo proprio incamminarmi per riportare le bestie dai rispettivi padroni.

«Devo proprio andare ora, ci vediamo domani?» recupero i guinzagli di Red e Sally e subito dopo Henry mi consegna quello di Shila prima di posizionarsi accanto alla madre.

Ancora una volta mi guarda stupita ma è sparita dal suo sguardo quella strafottenza di chi pensa di sapere tutto.

«Arrivederci signora e ciao Henry, ci vediamo domani».

E di nuovo mi dirigo a casa, con le braccia indolenzite per la forza che devo mettere per tenere a bada quelle cinque bestie ma con una buona e nuova sensazione addosso. In qualche modo ho aiutato quel bambino e, sapere di aver fatto questa piccola cosa, mi da una carica inaspettata.

 

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: martaparrilla