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Autore: releuse    16/03/2009    5 recensioni
C'era qualcosa che Ken Wakashimazu aveva perso. Qualcosa che gli impediva di giocare, qualcosa che il principe di vetro possedeva. "Incatenato nelle braccia e nelle gambe, avevo l’impressione di essere uno schiavo privo di qualsiasi facoltà di decisione, ormai rassegnato alla sconfitta e annichilito nell’animo, dominato da un potere troppo sacro per essere abbattuto. Atterrito dai suoi occhi decisi." Fanfiction interamente rivista, corretta e modificata. La trama di base è la stessa, ma arricchita con nuovi dialoghi, descrizioni e situazioni.
Genere: Romantico, Sportivo, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Jun Misugi/Julian Ross
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi qui con il nuovo capitolo...è stato un lavoraccio questo, soprattutto l’ultima parte...Diciamo che il discorso è diverso dalla scorsa versione, ma il sunto rimane quelloXDD Solo che allora era affrontato nel primo capitolo e mi sembrava troppo presto...^_^  Vabbè, tanto per molte è la prima volta, quindi no problemXDD! Allooooora...Grazie millissime a tutte voi che mi seguite e consigliate!

Grazie a Berlinene e Melanto, sono stracontenta che la ff vi piaccia!! i vostri consigli li ho applicati in questo capitolo...spero vadano meglio! Aaah Jun che gran uomo*_* la sua versione Yaoi lo rende molto più interessanteXDD

Cara oneechan, grazie che mi segui sempre >////< Ormai ti ammorbo con sta ff, poveraXD

4haley4: tranquilla, non devi scusarti >__< la In fatto di impegni ti capisco benissimo ç__ç Mi fa piacere che noti le parti aggiunte, in effetti prima era troppo scarna e quindi mi sono dedicata a riapprofondire bene i pg, Ken soprattutto! Era assurdo che mancasse il karaté! Il prossimo è il capitolo che attendi...vediamo che ne verrà fuori! Hii nella scorsa risposta non mi sono spiegata bene..intendevo che Yayoi è di un noioso, non il capitoloXDDD quello lo dovete giudicare voi ;)

Grazie ancora a tutte, vi auguro una buonissima lettura con il 3 capitolo!!

Il cuore e il pallone
III parte

Di  Releuse



La corsa che feci per raggiungere la pensione sembrò la più lunga della mia vita. Era come se in quegli istanti il tempo si fosse distorto, come se io e Misugi continuassimo a correre all’infinito, non raggiungendo mai la meta, mentre l'acqua scivolava sui nostri vestiti ormai impregnati, senza però lavare via quell'odore intenso eppure dolce che sentivo ormai parte del corpo. L'odore di Jun sulla mia pelle. La pioggia non riusciva a spegnere neppure quel calore elettrizzante che continuava a pulsarmi nel sangue, senza placarsi.

Raggiunta la pensione, all’improvviso, il tempo sembrò tornare a scorrere normalmente. Io e Misugi eravamo ognuno davanti alla propria porta ed entrambi esitavamo ad aprire, rimanendo fermi come se una sorta di muro ci impedisse qualsiasi movimento.

“Senti” Credo che in quel momento Misugi avesse raccolto tutta la forza e la volontà di cui disponesse, per poter continuare a parlare “Ci vediamo per pranzare, ok?”

Ammirai ancora una volta il suo autocontrollo, quella capacità di mantenere fermezza e lucido distacco in ogni situazione. Eppure, mi era sembrato che la sua voce tremasse.

“Ok...” Riuscii solamente a ripetere, prima che Misugi aprisse meccanicamente la porta per rinchiudersi dentro la sua stanza. E, stavolta, non vidi alcuna ombra poggiarsi su di essa.

Improvvisamente fui invaso da un forte senso di vuoto, come se una voragine si fosse aperta sotto i miei piedi, separandomi irreparabilmente da quella camera. Sfinito da una sensazione simile all’amarezza, entrai nella mia stanza, mentre, nell’aria, il rumore di un tuono rimbombò per tutta la pensione, facendo tremare i vetri delle finestre.

Con le ultime forze rimaste mi precipitai nella doccia sotto un getto d’acqua fredda che irrigidì di colpo il mio corpo, facendomi stringere i denti con forza. Era una tortura, ma ne avevo bisogno. Poi, lentamente, miscelai l’acqua in modo che diventasse più tiepida, liberando nello stesso istante i respiri trattenuti nella gola. Potevo sentire i battiti del cuore diminuire, finalmente, dato che fino a quel momento avevano rimbombato violentemente nel mio petto. Anche la mente cominciava a schiarirsi... mi rilassai quei pochi attimi non pensando a nulla. Silenziosamente infilai l’accappatoio e uscii dal bagno, avanzando verso la finestra, sui vetri della quale si imbattevano imperterrite le gocce di pioggia. Incrociai così le mani sulle braccia per asciugarmi, ma non appena le sfregai sul panno annaspai, quasi spaventato.

Avevo sentito il tocco della mano di Misugi vagare per il corpo, come poco prima al campo. Deglutii, tornando a respirare... era una sensazione eccessivamente reale, troppo vibrante, che si insinuava nel profondo della mia carne.

La sentivo ormai parte di me.

Spalancai di colpo gli occhi, sconvolto dalla reazione che il mio corpo aveva avuto nell’immaginarsi quel contatto.

“Non... non è possibile.” Sussurai fra i denti, travolto dalla violenza di quei sentimenti ignoti, qualcosa come un misto di rabbia e vergogna, ma anche di confusione e di impotenza. Per alcuni istanti mi coprii il viso, quasi con disperazione, poi, portandomi le mani sulla fronte e tirando indietro i capelli, cominciai a ridere, con amarezza.

Ormai conscio di essermi mostrato per ciò che ero veramente e che avevo sempre temuto.

‘Io ho certe tendenze?’ Avevo pensato fino alla notte prima, negando a me stesso la verità, perché ciò che dovevo veramente domandarmi era se avessi ancora quel tipo di tendenze.

Già. Ero convinto che quello fosse un capitolo chiuso del mio passato, un semplice turbamento dell’adolescenza che avevo vissuto come qualcosa di passeggero e da dimenticare. A suo tempo mi ero ripromesso di cancellare quelle sensazioni e per aiutarmi ero uscito con diverse ragazze.

Evidentemente non era così.

Per quanto avessi tentato di negare, tutto era tornato prepotentemente al punto di partenza. Tutto per colpa di lui, Jun Misugi. Nel giro di un giorno, il principe di vetro era riuscito a mandare in fumo gli sforzi di tutti quegli anni e ciò aveva iniziato a sconvolgermi non poco, soprattutto perché c’era qualcosa di diverso rispetto alle sensazioni provate anni addietro osservando nell’ombra quella persona. A quei tempi era solo il mio corpo di ragazzino a reagire, a desiderare, mentre, adesso, la differenza stava in quella sensazione caustica che mi bruciava il petto: sentivo come se il mio cuore pompasse lava incandescente al posto del sangue. E cominciava a farmi tremendamente male.

Ancora un tuono, all’improvviso, stavolta più lontano.

Inoltre, c’era qualcos’altro che mi aveva sorpreso. Con lo sguardo cercai i guantoni poggiati su un mobiletto all’entrata e, dopo averli osservati, poggiai lo sguardo sulle mie mani. Non riuscivo a spiegarmi da dove fosse nato il desiderio di giocare che poco prima mi aveva colto. Mentre osservavo Misugi un impulso irrefrenabile si era propagato per tutto il corpo, invogliandomi a giocare. Era... era qualcosa che non provavo da mesi e della quale non riuscivo a capacitarmi.

Era strano, Jun Misugi prima mi batteva sul campo, sfidandomi con i suoi occhi decisi, amplificando i miei dubbi, mandando in frantumi l’orgoglio di cui ero sempre andato fiero, poi, invece, alimentava in me il desiderio della sfida, sempre con lo stesso sguardo. Sembrava giocasse con le mie debolezze, confondendomi. Perché io di fronte a lui oscillavo fra sentimenti contrastanti, fra l’invidia e l’ammirazione*. Questa era l’ambivalenza che provavo verso Misugi.

Che cosa mi hai trasmesso, principe di vetro?

Strinsi le mani in un pugno, abbassandole; non mi ero mai sentito così confuso e turbato nella vita, mai. Jun Misugi stava spazzando via le mie certezze ad una velocità pazzesca e non sapevo se lui stesso se ne stesse rendendo conto. Era troppo... enigmatico. Per quanto mi sforzassi di riuscire a capirlo, la cosa non mi riusciva affatto. Ricordavo bene il suo controllato distacco al mio bacio, quello era stato un evidente rifiuto. Eppure sul campo mi aveva baciato in quel modo... passionale. Che mi avesse preso in giro?

Mi sarebbe piaciuto poterne avere le prove, sarebbe stata un’ottima scusa, dato che la verità avevo il timore di ammetterla. Infatti, avevo come l’impressione che Misugi avesse portato avanti la mia stessa battaglia in quegli anni.

Una lotta contro i propri istinti.

Qualunque fosse la sua verità, non avevo comunque alcuna intenzione di rivelargli la mia. Quello era un capitolo chiuso della mia vita e mai avrei voluto riaprirlo, vivendo ancora le angosce che allora mi avevano divorato. Rinforzato da un moto di coraggio e di orgoglio, decretai che quella situazione non sarebbe andata oltre, né si sarebbe più riproposta. Alzandomi e cominciando a vestirmi, decisi che avrei parlato con Misugi, spiegandogli che il mio era stato solo un attimo di debolezza, nulla di più. Ed ero certo che dato il suo carattere non avrebbe indagato oltre.


Forte di quella sicurezza, mi trovai in pochi secondi davanti alla porta della sua stanza. “Misugi, sono io!” Chiamai, mentre bussavo con decisione.

“Ah, Wakashimazu! Sono quasi pronto, entra!” Altrettanta prontezza sembrava aspettarmi al di là della porta.

Feci un profondo respiro prima di abbassare la maniglia, ormai deciso ad affrontare subito il discorso e mettere la parola fine a quella situazione una volta per tutte. In quel poco tempo passato con lui avevo capito che Jun Misugi era una persona schietta ed acuta, con il quale non si poteva girare intorno ai discorsi.

Non avevo avuto alcuna esitazione, nessun dubbio fino a quel momento... fino a quando aprii la porta, varcandola ed entrando in quella dimensione capace di mandare in frantumi tutte le mie convinzioni. In un attimo, come polvere al vento.

La prima cosa che sentii fu il delicato profumo che avvolgeva l’intera stanza, un misto di bagnoschiuma e balsamo che inebriava le narici, ma fu ciò che mi si presentò davanti agli occhi a togliermi il fiato. Immobilizzato da chissà quali forze sovrannaturali, osservavo Misugi infilarsi delicatamente la maglietta, scuotere poi la testa, dove i suoi bellissimi capelli ancora bagnati gli sfioravano il viso, infastidendolo, mentre delle gocce d'acqua colavano sensuali sul collo. Il suo corpo, di fronte alla finestra, veniva baciato dai primi raggi di sole che segnavano la fine della pioggia, illuminando la pelle candida.

Il mio campo visivo non registrava altro dentro quella stanza insonorizzata, estranea alla realtà là fuori: c’erano solo Jun Misugi e il suo bellissimo corpo.

Deglutii, riprendendo a respirare, anche se l’aria sembrò essere diventata improvvisamente di piombo.

“Ehi” Fece lui, rivolgendomi lo sguardo per la prima volta. E per me fu come essere di fronte all’attore di un film muto che improvvisamente esce dallo schermo e si rivolge proprio a te, sconvolgendoti.

“Non stare sulla porta, entra” Misugi sorrideva, come se nulla fosse. Ancora una volta stava indossando quella maschera di imperturbabilità e sicurezza, lo stava facendo con me e questo mi provocò un groviglio doloroso nello stomaco.

O era il cuore?

“Sei più svelto di quanto pensassi... eh, eh, devo ricredermi” Aggiunse, scherzando.
Ed io decisi allora di stare al suo gioco, tornando alla mia maschera strafottente ed orgogliosa, era questo che volevamo entrambi, no?
“Pfiù, cosa pensi, che sia uno di quelli che perde tempo a prepararsi?” Domandai, fra l’ironico e l’eccessivamente cinico. C’era qualcosa che mi stava violentemente dilaniando dentro, come se fossero le fauci di una bestia delirante.

“Sì, in effetti lo credevo! Ma mi sono reso conto che sono tante le cose di te che ‘credevo’ e che non erano tali, sei sempre una sorpresa per me, Wakashimazu!”

Le sue parole furono una sorpresa e placarono la rabbia irrazionale che pochi istanti prima mi aveva colto. Mi diedi mille volte dello stupido per aver dubitato di Misugi, lui non avrebbe mai negato qualcosa, perché era sempre pronto ad affrontarla. Il capitano della Musashi rise, dopo aver pronunciato quelle parole e nella sua voce lessi un desiderio di smorzare la tensione ed anche una punta di imbarazzo.

Mi piaceva così tanto vederlo sorridere... mi faceva stare bene...

Questa fu l’ultima cosa che pensai, prima che i ricordi ed i pensieri elaborati nella mia stanza tornassero incalzanti nella testa. Dovevo smettere di contemplare Misugi, me lo ripetei più e più volte durante quei lunghi attimi, mentre cercavo di riacquistare un minimo di lucidità e convinzione.

Con uno scatto mi avvicinai a lui, tirandolo bruscamente su per un braccio, mentre si allacciava una scarpa.

“Ma che...Wakashimazu!” Uno sguardo impreciso, il suo.

Seguirono alcuni attimi di silenzio durante i quali, schiacciati da un’aria immobile e gelida, l’uno di fronte all’altro, ci guardavamo decisi negli occhi e Misugi attendeva che parlassi. Ed io ero ormai deciso a farlo, a mettere la parola fine...

... e la fine arrivò.  

“Fallo ancora...”

Furono le uniche parole che riuscii a dire, contro la mia volontà, l’ apparente volontà, perché la verità prese possesso del mio corpo condensandosi nella voce.

“... baciami come hai fatto prima...” Continuai con languore, ormai privato della capacità di pensare.

Misugi, colto da un forte stupore, schiuse le labbra come per dire qualcosa, ma non disse poi nulla, perché parve capire. Guardandomi con occhi gentili, accennò un sorriso, mentre la sua mano si poggiava dolce sulla mia guancia accarezzandola. Socchiusi gli occhi e chinai la testa per sentire di più il suo tocco caldo.

“Jun ...” Sussurrai.

Avvertii il brivido che scosse il corpo di Misugi, quando ne pronunciai il nome. D’improvviso, Jun mi afferrò la testa, sbilanciandomi verso di sé per unire le nostre labbra, mentre io lo avvolgevo con le braccia, ricambiando il bacio con passione. Aprii la bocca e subito sentii la lingua di Misugi cercare la mia; non appena si trovarono, i due muscoli si invasero con avidità, cominciando un duello senza sosta dove era impedito prendere respiro.

Avrei dovuto scacciarlo, allontanare la pericolosa presenza del suo corpo, era quello che avrei dovuto fare... ma non più ciò che volevo.  In quel momento non mi importava più di nulla, non volevo pensare, perché ciò che desideravo era solo Misugi, la sua bocca, il suo corpo.

Jun sembrava un’altra persona, il suo invidiato autocontrollo era totalmente scomparso, annullato dalla passionalità e dalla foga che lo dominavano in quegli istanti e che lo portarono a spingermi sul futon, dove ci chinammo, l‘uno sull’altro. Sentii d’improvviso la mano decisa di Misugi che si faceva spazio sotto la mia maglietta ed io solo per quel primo tocco mi contrassi,  catturato dall’acuta sensazione di piacere trasmessa da ogni sua carezza. Poi quei gesti non gli bastarono più, cosicché il principe del calcio strinse i bordi della mia maglia sollevandola con forza, riuscendo a sfilarmela, lasciando scoperto il torace. La pelle del mio petto arse nel sentire le sue labbra alternare baci e giochi con la lingua su di essa, dove poi mi mordeva dolcemente. Sentii una vampata di calore accendersi nel sangue, propagandosi per tutto il corpo, concentrandosi poi nel ventre, creando un formicolio che iniziava a crescere d’intensità.

Mi sentivo legato, impossibilitato a reagire, in balia di lui e sull’orlo della pazzia. Jun aveva messo fine a tutta la mia lucida volontà.

Ormai sedotto ed ammaliato da quel gioco erotico, cominciai a prenderne attivamente parte, iniziando a spogliare a mia volta Misugi.  Nel momento in cui riprese a baciarmi, portai le mani sui suoi fianchi, alzandogli la maglietta per sfilarla completamente; con un colpo di reni alzai il bacino di scatto e baciai il suo petto, sempre più intensamente.

“Ah, Ken!”

Era la prima volta che mi chiamava per nome e la sua voce, mescolata al gemito che non trattenne, amplificarono improvvisamente il mio piacere tanto che, facendo forza, ribaltai le posizioni costringendolo a sdraiarsi. Già sopra di lui, cominciai a baciarlo sotto l'ombelico e trassi godimento nel sentirlo tremare e poi gemere forte, quando gli passai la lingua sulla pelle segnando il confine dei suoi pantaloncini. In breve glieli sfilai, insieme ai boxer, lasciandolo nudo di fronte a me. Era davvero splendido. Stavo per fare un ulteriore movimento, quando Jun mi afferrò il braccio, bloccandomi: guardandomi negli occhi con determinazione, si dimostrò più che mai deciso ad andare fino in fondo.

“Spogliati anche tu” Fu l’ordine che fuoriuscì dalle sue labbra, mentre stringeva il mio braccio, sancendo il suo potere con quella presa. Mi trovai ad obbedire ciecamente ai suoi ordini e in pochi istanti anche io ero completamente nudo di fronte a lui. Jun sollevò la mano e, lentamente, prese a vagare sul mio torace, accarezzando i fianchi, scendendo giù sulle cosce, seguendo quel movimento con gli occhi; sembrava mi stesse studiando minuziosamente e quel suo atteggiamento finì per inibirmi, generando una sensazione molto simile all’imbarazzo.

D’improvviso mi vergognai, non sapendo più come comportarmi.

Misugi se ne accorse ed ebbi la sensazione che si compiacesse di quella mia titubanza. Sapeva di essere ancora una volta lui il dominatore, in quella situazione così come sul campo e quindi non tentennò: dopo avermi dato un rapido bacio sulle labbra e svanito dal mio campo visivo, lo sentii respirare all’altezza dell’inguine. D’improvviso tutto divenne di fuoco: l’aria, come se, ormai satura di gas, qualcuno avesse acceso una fiamma; il futon, che mi ustionava la schiena; il sudore che bruciante scivolava sul mio corpo; infine le labbra di Jun, che avvolgevano il mio sesso.

“Aaah, Jun!” Ansimai, perdendomi nel piacere. La sua lingua vagava ostinata su e giù, infiltrandosi nell’interno coscia, facendomi impazzire.
Iniziai a muovermi convulsamente inarcando la schiena, inondato da un'intensa estasi; ormai a guidare i miei movimenti erano solamente quelle sensazioni e gli istinti che fino a quel giorno avevo cercato di nascondere e placare. Con la mente offuscata dal piacere, non appena Jun si sollevò sulle ginocchia, gli afferrai i fianchi, spingendoli fra le mie gambe prontamente allargate. Un gemito uscì dalla bocca di entrambi non appena i nostri inguini si sfregarono l’uno contro l’altro e Jun comprese subito il significato di quel gesto, visto che, lottando per riacquistare un minimo di razionalità, si bloccò, cercando il mio sguardo.

“Hey, Ken... sei... sicuro?” Sentivo il suo respiro affannato sulle guance.  “Non voglio che faccia le cose contro la tua volontà...” Mentre pronunciava quelle parole, Jun mi accarezzava il viso con tanta dolcezza, nei suoi occhi potevo leggere una sincera comprensione e grande rispetto nei miei confronti.

Socchiusi un attimo gli occhi, cercando di rilassarmi. Ascoltavo i battiti del cuore, ancora veloci ed incalzanti, i respiri ansanti e le sensazioni del corpo. Mi resi conto che non m’importava più di niente, che non riuscivo ad avere altri pensieri se non un unico, intenso, desiderio.

“Prendimi, Jun.” Sussurrai, aprendo nuovamente gli occhi, perché leggesse nel mio sguardo la piena convinzione.

Misugi raccolse la mia totale resa baciandomi nuovamente con passione, sdraiandosi su di me con il suo corpo bollente. Potevo leggere l’emozione nei suoi movimenti, la percepivo anche dai battiti del cuore che si erano improvvisamente amplificati. Dopo aver lubrificato il proprio sesso con la saliva, si posizionò fra le mie gambe poggiandole sulle sue spalle, mentre la sua mano sinistra s’intrecciava alla mia.

Strinsi gli occhi e i denti, aspettando impaziente e quasi soffocando per i battiti del cuore che,  esplodendo nel petto, mi tagliavano il respiro. Un attimo dopo gridai, come se fossi stato invaso da mille aghi.  


All’inizio fu un dolore devastante e credei davvero di non poter resistere oltre, sentivo Jun sprofondare lentamente dentro il mio corpo scatenandomi delle fitte dolorose. Ma, dopo brevi istanti, un denso calore cominciò a farsi strada nel mio corpo che smetteva di contrarsi,  provocando inizialmente moti di brividi ed infine di piacere. Jun aveva cominciato a muoversi, lo sentivo dentro di me, ne udivo il respiro affannato, i gemiti, il mio nome sussurrato fra quelle labbra. Teneva gli occhi chiusi ed il suo viso era rivolto verso l’alto e nel guardarlo mi rendevo conto di quanto fosse bello e di come lo desiderassi. Ogni sua spinta dentro il mio corpo era una scarica di piacere totalizzante ed a poco a poco cominciai a muovermi insieme a lui, mentre gli accarezzavo il petto, i fianchi, fino a stringere forte il suo sedere fra le mani; mi sentivo come ubriaco, ebbro del piacere che Jun sapeva donarmi.

Improvvisamente lo sentii contrarsi, quindi mi aggrappai alle sue braccia, stringendole con forza. Urlò il mio nome quando venne dentro di me ed io feci lo stesso, mentre mi svuotavo sul suo corpo.

Jun mi crollò addosso, sentivo le gambe che ancora gli tremavano; eravamo entrambi esausti e rimanemmo immobili per alcuni istanti, durante i quali, l’uno avvinghiato all’altro, ci inebriavamo dell’estasi che ancora ci solleticava.

Per diversi minuti regnò solo un morbido e complice silenzio.

“Non... non ho più forze” Con un filo di voce Misugi si rannicchiò al mio fianco. Spontaneamente lo cinsi con un braccio riavvicinandolo e lui sorrise sorpreso.

“Se il mio cuore ha retto a questo, credo che non avrò più problemi” Scherzò poi, ancora ansimante.
“Scemo!” Risposi, trattenendo una risata. “Ma cosa vai a pensare!”
“Bè, qualsiasi cosa per guarire il mio povero cuore malato!” Si prese in giro Misugi ed io stavolta risi sul serio. Poi avvicinai la mano al suo viso, scostandogli i capelli sudati dagli occhi.


“Mi hai fatto impazzire” Gli confidai, stavolta totalmente serio.
“Mi fa piacere.” Rispose Jun, sorridendo.

Rimasi appoggiato a lui in silenzio, sentivo il suo respiro rilassarsi, il corpo che si intiepidiva dissolvendo il calore assorbito in quel momento di passione. Poi il principe cercò il mio sguardo voltandosi leggermente.

“... è stato molto bello, Wakashimazu” Ammise con sincerità e senza alcun pudore.

Io rimasi senza parole e per alcuni secondi non dissi nulla. Sapevo che ormai non potevo più negare, che non mi sarei più potuto nascondere dietro una maschera di menzogne. Feci quindi un bel respiro ed ascoltai le sensazioni ancora vive nel mio corpo.

“Anche per me...” Sospirai, ammettendo i miei reali pensieri. “... e poi, mi hai sorpreso. Non credevo che...” Tossicchiai, guardandomi intorno.
“... che cosa?” Misugi divenne improvvisamente curioso di sentire il resto della frase. Allora lo guardai con un velo di malizia.
“... che ci sapessi fare così!” Esclamai, ridendo.

La cosa più incredibile fu la fulminea reazione di Misugi, il quale, a quella constatazione, arrossì di colpo. Mi venne da sorridere pensando che, dopo quello che era successo fra di noi, si potesse imbarazzare in quel modo. Dopo aver sbuffato, Misugi si mise seduto, incrociando le braccia.

“Eh, sai,  il principe del calcio è il migliore in tutto!” Rispose, annuendo con la testa.
“Ah!” Esclamai scherzoso. “Non ti facevo così sicuro di te!”
“Io sono sempre sicuro di me” Continuò Misugi, con quel fare fintamente saccente.

Io lo guardai per alcuni istanti, soffermandomi sul fatto che lui riuscisse sempre a gestire ogni situazione, qualsiasi essa fosse, trovando le giuste parole e il corretto atteggiamento. Come se ogni volta fosse in grado di guardarsi dal di fuori.

“Lo so” Sospirai, attirando l’attenzione di Misugi su quel discorso che stava assumendo toni seri. “Anche io... ma pecco d’impulsività e a volte non so scendere a compromessi. Tu, invece, mantieni sempre la giusta freddezza e distacco nell'affrontare le situazioni. A volte ho pensato che fossi  più temibile di Hyuga!” Scherzai infine.

“Che intendi?” Domandò Misugi, non perdendo il senso delle mie parole.

“È strano da spiegare... in questi due giorni ho conosciuto un Jun Misugi diverso, più spontaneo, questo è vero. Mi sono chiesto più volte come facessi ad essere però sempre così sicuro ed imperturbabile. Ho come l’impressione che tu usi molto la razionalità e cerchi di tenere sotto controllo le situazioni e le emozioni, evitando di lasciarti coinvolgere da esse. Sembra paradossale... ma è come  se fossi davvero di vetro. Nel senso che guardi le cose come se fossi nascosto dietro un vetro dal quale osservi la realtà, ma nella quale non  vuoi essere coinvolto. La tua lucidità è sempre costante, mai un moto di rabbia o un’espressione di turbamento, mai. Questo perché studi sempre le situazioni ed ogni possibile reazione o controreazione ad esse.”

Ancora una volta riflettevo sul comportamento di Misugi. Quell’atteggiamento che ammiravo e che odiavo allo stesso tempo.

Inizialmente, non mi ero accorto che Jun fosse rimasto senza parole, mentre parlavo fissava il vuoto davanti a lui, seguendo tutto il discorso, senza perdersi alcuna parola. Mi parve sorpreso da ciò che stavo dicendo, anche se non potevo vedere l’espressione del suo viso.

“... mi hai davvero studiato in questi due giorni...” Disse, continuando a guardare davanti a sé ed io credei stesse scherzando.

“Eh?” Mi sentii messo improvvisamente alle strette e scoperto. “No, beh, dai, esagero... sto facendo troppa filosofia!” Stavo per ridere, ma mi resi conto che Jun non stava affatto scherzando, né voleva mettermi consapevolmente in difficoltà, anzi, nel voltarsi, finalmente, vidi la sua espressione turbata.

“Non... non giustificarti, hai centrato perfettamente.” Disse con una sorta d'amarezza nella voce. “... é che la malattia al cuore mi ha portato anche a questo. Senza la lucidità, il controllo, non avrei potuto andare avanti. Se mi fossi lasciato andare alla paura, alla disperazione o, peggio, al timore di non farcela, sarei impazzito. Io amo il calcio. E ho troppa paura di non poter giocare a lungo. Il mio tempo in campo diminuisce sempre più. E io voglio godermi il gioco, assaporarne ogni minimo secondo, non perdere tempo con la disperazione... la malattia mi frena, ma non uccide la mia passione per il calcio. Giocherò fino all'ultimo minuto che mi è consentito, a costo di morire sul campo...”

Jun strinse i pugni guardandomi negli occhi deciso.

“Hei!” Mi sollevai di scatto, mettendomi seduto. “Non devi mica morire!” Esclamai, guardando severamente il capitano della Musashi.

“Eh, eh, dicevo per dire...” Sorrise Misugi, accarezzandomi i capelli.
“Eh? Ah, ok...” Arrossii, per le sue parole e per quel gesto di premura; con Jun ero davvero troppo impulsivo e, come diceva lui stesso, prevenuto.

Possibile che mi stesse così a cuore?

Poi, improvvisamente, mi rivolse quella domanda. Fredda, decisa, un fulmine a ciel sereno.

“E tu? Perché non vuoi più giocare?”

Non risposi subito. Non che non mi aspettassi quella domanda, ma non ero davvero preparato dopo ciò che era successo. Sapevo che Jun era stato sincero con me e stavolta non avrei potuto eclissare, evitando di parlarne. Presi così tutto il coraggio che avevo e mi confidai.

“Vedi, Misugi... ultimamente mi domando spesso se giocare a calcio è quello che voglio veramente, se vale la pena continuare. A volte penso che potrei fare tante altre cose, anche il karaté sta diventando una possibile opzione.. .che ironia...” Sorrisi con dispiacere.
“Credevo che il calcio ti piacesse...” Mi interruppe Misugi, aggrottando la fronte.
“Ma... non è che non mi piace. È che sono tormentato dai dubbi. E dal peso della differenza.”
“Ancora questa storia di Genzo?” Il suo tono si fece improvvisamente serio e critico.

“Esatto, ne abbiamo già parlato...” Continuai, non afferrando la severità della sua domanda. “Ho sempre giocato per superarlo, il mio scopo è sempre stato quello d’essere migliore di lui. Ma troppe volte questa  ossessione mi ha fatto commettere errori sul campo. L'ultimo campionato ne è la prova...” Nervoso, stringevo i pugni con forza “Non supererò mai Genzo Wakabayashi! Sarà sempre lui il migliore”

“Balle!” Esordì Misugi, sbuffando. “Smettila di nasconderti dietro un motivo così stupido...”

Cercai di replicare, confuso dal suo atteggiamento quasi aggressivo, ma Misugi non me ne diede il tempo. “Te l’ho già detto ieri sera, il voler battere Wakabayashi non è un buon motivo per giocare a calcio. Né il sentirsi inferiore è quello per poterlo mollare. Perché, se così fosse, faresti davvero meglio a ritirarti, credimi.”

Le sue dure parole mi squarciarono e mi fecero male, non era certo quello che mi aspettavo di sentirgli dire. Possibile che Misugi fosse arrabbiato per quel mio atteggiamento?

“Io penso che sia un altro il tuo problema, portiere...” Disse, rivolgendomi un’occhiata ancora più dura.

“E... quale... sarebbe?” Balbettai, confuso ed inquieto come un paziente che attende la diagnosi del medico.

“Vuoi sapere la risposta alla tua domanda: ‘Mi vuoi dire perché ti ostini a giocare a calcio, nonostante rischi di morire?”

Il cuore mi salì in gola, pulsando agitato.

Le labbra di Misugi si incresparono in un accennato sorriso quasi rassegnato.

“... è la passione...” Sospirò, abbassando le spalle in segno di resa, sfinito dalla mia testardaggine.

“Il calcio è passione, Wakashimazu...”

Jun parlava come se stesse dicendo la cosa più ovvia e semplice che esistesse. Infatti sembrò una cosa talmente banale che pensai mi stesse trattando come un bambino ingenuo, al quale bisogna insegnare le cose più elementari.

“Passione, certo...” Ripetei, quasi stizzito. “La fai facile tu che schiatteresti in campo pur di giocare a calcio. Anche Ozoora mi parlerebbe di passione. Hyuga no, lui gioca per vincere e basta. Ma io non sono come te, come loro! Non riesco ad esserlo, io...” Non sapevo più dove andare a parare e me ne rendevo conto. In verità, le parole di Misugi mi avevano colpito più di quanto potessi immaginare. Che avesse davvero centrato la verità?

Forse cominciavo a capire...

Misugi lasciò scorrere la mia rabbia, assumendo un’espressione di conforto. Mi poggiò poi una mano sulla spalla.

“Non è questione del ‘calcio’ in sé, Ken. Per me magari è così e tu l’hai capito bene. Per Tsubasa e per Hyuga è lo stesso, anche loro preferirebbero morire piuttosto che lasciare il campo.” Disse, sorridendo sulle ultime parole. “Ma per te? Cosa c’è d’importante? Se non è il calcio, ci sarà qualcos’altro? Per passione intendo qualcosa che ti coinvolga a prescindere dai motivi. La passione è passione e basta.  Se hai questa allora potrai affrontare la rivalità con Wakabayashi e tutto il resto, ma senza quella non andrai da nessuna parte.”

Jun mi guardava e i suoi occhi chiedevano se stessi capendo, se avessi afferrato il senso delle sue parole. E purtroppo sì, avevo amaramente compreso e non potevo più negarlo.

Ciò che avevo perso era davvero la passione per il calcio.

“Quando avrai trovato qualcosa a cui dedicarti senza un motivo specifico che non sia la passione, allora ti sentirai forte come me. Magari sarà il calcio, o qualsiasi altra cosa. L’importante è che tu ci metta passione!” Jun sorrideva, perché sapeva che avevo capito.

“Oppure dai, devi trovare un altro buon motivo per dedicarti al calcio, no?” Scherzò, prendendomi un po’ in giro ed io cominciai a sorridere per come, con quella battuta, Jun avesse alleggerito la tensione.

Anche il suo tono, dopo quelle ultime parole, si rilassò.

“Pensa a Hyuga, anche lui l'ha capito, nonostante tutto. Non è sbagliato voler essere i migliori, ma non dobbiamo ossessionarci per questo. Altrimenti perdiamo di vista lo scopo del calcio, perdendo l'entusiasmo se qualcosa va storto.”

Con un movimento inatteso Jun mi prese la mano, intrecciando le dita, poi strinse con forza, trasmettendomi sicurezza.

“La gente vuole giocare contro di te e ti sfida in quanto Ken Wakashimazu. Non si sofferma sul fatto che tu sia migliore o meno di Genzo Wakabayashi, mettitelo in testa. Devi essere te stesso sul campo, impegnandoti senza assurdi condizionamenti. Se ami il calcio...”

Jun si appoggiò al mio petto ed io lo avvolsi con un braccio, volevo sentirlo vicino. In silenzio, mentre sentivo il suo respiro solleticare il collo, pensai che non avevo ancora delle risposte, né sapevo come avrei gestito la cosa, né se avrei continuato a giocare a calcio. Eppure le parole di Jun mi colpirono, regalandomi un soffio di quella tranquillità che da tempo avevo smarrito da qualche parte nel mio cuore, perché finalmente sapevo su cosa avrei dovuto riflettere.

In silenzio chinai il mio viso su quello di Jun, cercando le sue labbra per baciarle.

“Ken...” Disse improvvisamente Jun, interrompendo quel bacio che stava diventando sempre più passionale.
“Mh...” Mugolai con disappunto.
“Non che mi dispiaccia stare qui, però... sono le quattro e non abbiamo ancora pranzato!”

Improvvisamente notai il mio stomaco brontolare da chissà quanto tempo. “Uh, in effetti...” Constatai imbarazzato.

“Bè, si vede che avevamo di meglio da fare...” Scherzò Misugi con malizia, facendomi arrossire di colpo.
“Sei assurdo!” Brontolai, mentre ci alzavamo dal futon, ridendo e dandoci piccoli spintoni.


Oppure dai, devi trovare un altro buon motivo per dedicarti al calcio, no?

Era una battuta, eppure mi ci sarebbe voluto ancora del tempo per comprenderne il significato. Quel giorno erano successe davvero tante cose, forse troppe. Dovevo ancora rendermene conto.

Fine III parte






* ahi ahi oneechan, le mie fisse tornano anche quiXD Chi conosce Carnival sa di che parlo...ma tranquilli, qui non vi ammorberò con discorsi sull’invidia ammirazione...XDDDD
  
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