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Autore: themightyginger    26/01/2016    2 recensioni
[Dal testo]:
" D'improvviso, tutta la sorpresa divenne stupore accompagnato da un crescente senso di inquietudine.
La giovane non era vissuta prima d'ora in quel mondo di delinquenza e di pericolo, ma /quel/ nome era maledettamente famoso perfino in Inghilterra, perfino a Londra.
James Flint.
Il terrore dei sette mari.
Il pirata più temuto dalla corona inglese, autore di efferatezze ignominiose.
Un fuorilegge, un bugiardo, un ladro.. un assassino. "
Per tutti gli amanti del mondo pirata, una fanfiction ispirata alla fantastica serie tv prodotta dalla Starz, "Black Sails".
L'avventura di un personaggio originale che intreccerà le proprie vicende con quelle della vita del famigerato porto di Nassau e dei personaggi di ogni genere che vi ruotano attorno.
(Sono presenti riferimenti a scene particolari tratte direttamente dalla serie tv, opportunamente revisionate secondo le esigenze di trama.)
Genere: Avventura, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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«Avanti, signori, solo un paio di sveltine e fra un'ora farete bene a farvi trovare tutti di nuovo su questa spiaggia!»

Una voce ruvida, gretta e cacofonica -quanto solo una voce può esserlo di prima mattina- spezzò la sinfonia ridondante delle onde come un colpo di falce, infrangendosi contro la scogliera e i faraglioni dalla forma frastagliata, che conferivano alla distesa del mare l'aspetto di una grande bocca acquosa tempestata di denti aguzzi e marci.
L'eco prodotto rimbombò rauco e terribilmente pietroso, roba da suscitare l'istinto di tapparsi le orecchie.

Quando un brivido ruppe il suo sonno, mentre qualcuno - forse un titano- impartiva ordini categorici, la giovane si ritrovò con metà della faccia riversa nella sabbia, piatta e rilucente come un grosso manto perlato. 
Come presa da un senso di soffocamento, si rizzò a sedere di colpo, sorreggendosi con un braccio al tronco della palma ai cui piedi si era addormentata, indecentemente accasciata, quasi alla stregua di un cane randagio. 
Migliaia di puntini neri le volteggiarono davanti agli occhi ancora collosi, ma -passato il momento- fu lieta di constatare che il senso di vertigine, che nella notte precedente l'aveva dominata finchè non era scivolata in uno stato di profonda ed assoluta quiete, era svanito senza lasciarsi dietro strascichi significativi. 
Al suo posto, in compenso, era sopraggiunto un senso di fame così ottundente, che l'aveva letteralmente inchiodata a terra, la schiena addossata alla corteccia del tronco rigido e le mani a reggersi il ventre, come se quel gesto potesse, in qualche miracoloso modo, attenuarle le fitte di dolore dovute alle contrazioni del suo stomaco. 
Avrebbe ingurgitato un cinghiale intero, ma considerando gli atroci crampi ed il senso di nausea, era certa che -se avesse osato mandar giù anche soltanto un bicchier d'acqua- l'avrebbe immediatamente vomitato proprio come un indemoniato espelle il diavolo dal proprio corpo, una volta terminato l'esorcismo. 
Inspirò a fondo e si lasciò cullare per qualche altro istante da quella sensazione di piacevole ovattamento dei sensi, tipica del risveglio da un lungo sonno. 
Non poteva sapere con esattezza se il suo riposo fosse stato lungo, ma di sicuro era stato profondo.
Sbadigliò quasi con sofferenza, come se tutto il peso del mondo le gravasse sulle spalle, e si tappò la bocca con il dorso di una mano insabbiata, facendo sì che una manciata di granelli le finisse sulle labbra screpolate a causa dell'aria satura di sale; sputacchiò disgustata dal gusto amaro come la vita, e cercò -con scarso risultato- di ripulirsi il viso ed evitare il contatto tra l'occhio e la maledetta sabbia.

«Siamo intesi? Solo un paio di sveltine, signori! Solo un paio di sveltine!»

Per la prima volta da che aveva aperto gli occhi di un'intensa tinta turchese, la giovane alzò lo sguardo verso la battigia, concentrando la propria attenzione sulla figura dalla quale proveniva la medesima voce greve che l'aveva privata del sonno, inaugurandole l'inizio della giornata.
Tirò su col naso, rassegnata, pensando a quanto fosse penoso quel buongiorno che un uomo tarchiato e calvo le aveva inconsapevolmente offerto.
Reclinò la testa da un lato, rapita dalla scena che le stava scorrendo di fronte: una moltitudine di uomini -presumibilmente pirati e presumibilmente membri dello stesso equipaggio- si affrettavano a saltare giù da traballanti lance sovraccariche e a disperdersi in mille direzioni, così come i  ragni fuggono da un'improvvisa fonte di luce.
L'uomo calvo con uno strano disegno geometrico sulla nuca -da lontano soltanto linee indistinte- gridava loro dietro con una certa foga e con un tono imperioso, quanto sgradevole, che però i marinai non sembravano neanche udire, forse già ottenebrati dall'idea del piacere che della soffice carne umana avrebbe procurato loro tra le lenzuola del bordello del porto.
La giovane si chiese per quale astruso motivo gli uomini percepissero l'istinto sessuale sempre e soltanto come un'impellenza necessaria, come una regina non possibile da sottomettere al proprio volere.. sempre che il volere non fosse esattamente quello di lasciarsi dominare senza freni da quella sovrana incontrastabile.
Da quell'ottica, gli uomini -quegli uomini- le parevano più tori imbizzarriti che esseri dotati di ragione.

E difatti, la ragione sembrava non esistere affatto in quel luogo così diverso, così libero e così trasgressivo; un luogo dove l'istinto e la barbarie facevano da padroni.
Ed era decisamente quello, l'unico lato che la giovane rimpiangeva del Vecchio Mondo e della civiltà. Infatti, per quanto la società e le convenzioni le risultassero ripugnanti, non poteva di certo negare di aver avuto modo di conoscere gentiluomini dall'intelligenza sopraffina e dalle maniere galanti: una merce che laggiù, tra vascelli, palme ed acqua cristallina, nessuno le avrebbe potuto vendere..  Nemmeno i pirati.

«Billy!»

L'uomo calvo gridò ancora, guardandosi attorno con fare concitato e contrariato. 
Il timbro della sua voce era davvero uno dei più crudi che la giovane avesse mai udito e che, mai nella vita, avrebbe voluto udire a seguito di un risveglio.
Era molto singolare: quel marinaio basso, non troppo smilzo e già avanti con l'età, non sarebbe mai stato il tipo di persona a cui lei avrebbe affibbiato tale ugola. 
Accennò ad un sorriso, dimenticando per un momento la miseria della propria condizione: era come se la voce fosse più imponente dell'uomo che ne era il possessore. 
Abbassò lo sguardo noncurante, come se lo spettacolo avesse perso di attrattiva, e spolverò via dai propri calzoni di tela dura sabbia e polvere. 
Quando tornò a fissare la spiaggia, il manipolo di marinai si era dissolto tra i nugoli di persone affaccendate in chissà quali affari.

«Se ne sono andati?»

Una figura dall'aspetto scaltro e vitale fece la propria apparizione dal nulla, fra la ricca vegetazione e i sassi che delineavano il limitare tra la spiaggia e i vicoli della città. 
La giovane si voltò di scatto, quasi sobbalzando, cercando poi di mascherare la sorpresa agli occhi del nuovo arrivato.
Si trattava di un ragazzo dalla pelle bronzata dal sole in netto contrasto con l'azzurro guizzante di due occhi dalla forma allungata, quasi felina. Dei riccioli neri quanto il carbone gli ricadevano su gran parte del viso, nascondendo la precisa fisionomia dei lineamenti. 
I suoi vestiti sembravano di buona provenienza, ma erano macchiati di una patina grigiastra che li rendeva come vecchi di anni.
Lo sconosciuto sguisciò fuori da alcuni rami dotati di foglie a palmo largo e si accucciò su un ginocchio, scrutando l'orizzonte e arricciando un naso porcino.

«D-Dici a me?» farfugliò la giovane con vaga perplessità, guardandosi attorno come alla ricerca di un'ulteriore presenza.
Si sentì la lingua maledettamente pesante ed impastata, la gola invasa da un acre retrogusto di sidro.

«Se ne sono andati?» ripetè di nuovo il ragazzo, assumendo un'espressione corrucciata.

«Ma di chi diamine stai parlando?» replicò la giovane, scostandosi dal tronco della palma che torreggiava alle sue spalle.

«Gli uomini...»

«Se intendi quel branco di invasati che si sono lanciati giù dalle scialuppe, credo che li troverai impegnati a svuotare le proprie tasche e a riempire quelle di molte puttane--»

«Ne sei certa?» il ragazzo pareva distratto, ma quando si voltò, la fissò con un'estrema urgenza, quasi che dalla risposta a quell'insensato quesito ne valesse della sua vita o della sua morte.

La giovane annuì, convenendo col suo primo pensiero che quel tizio non avesse affatto un'aria raccomandabile. 
Non che fosse uno dei soliti brutti ceffi che si potevano osservare sui ponti delle navi -in effetti non aveva troppo l'aria di un uomo di mare, né era volgare nelle fattezze- eppure qualcosa in lui non la convinse pienamente. 
Forse, quell'atteggiamento furtivo degno di non pochi sospetti. 
Le balenò alla mente che potesse trattarsi di un criminale, anche se a Nassau era difficile additare chi non lo fosse.

«Direi di sì. Il loro capitano ha reso più volte chiaro il concetto gridando come un ossesso.»

Il ragazzo imprecò a bassa voce e i suoi riccioli si scossero, seguendo i movimenti scattosi del capo.

«Perché? È importante?» nemmeno la giovane si riuscì a spiegare cos'era stato a spingerla a porre quella domanda. 
Di certo non l'interesse, perchè non le interessava affatto.

«Tutto quello che succede su questa spiaggia è importante.. È una lezione che bisogna imparare presto.» il ragazzo squadrò freneticamente la riva e poi le navi ormeggiate a largo, fremendo impaziente per chissà che cosa.

La giovane provò a seguire la traiettoria degli sguardi di quel tale così ambiguo, ma non riuscì a notare niente che fosse degno di particolare rilievo e che giustificasse quel comportamento alquanto bizzarro, quasi snervante.
«Conosci quegli uomini?»

«Non.. Esattamente. Ma loro conoscono me e questo è più che sufficiente.»

«Già, e tu saresti?»

Il ragazzo si voltò nuovamente verso di lei e stavolta sorrise, allegro, scoprendo una chiostra di denti di un luminoso bianco latte che gli conferivano un certo candore sul suo volto di ragazzo.
La giovane ipotizzò che quel tizio non dovesse poi avere molti più anni di lei.

«Il mio nome è John Silver, sono un cuoco.»

Le porse la mano e la giovane la strinse con diffidenza, mentre il suo sguardo si andò a posare su una tasca interna che la giacca sbottonata del cuoco lasciava intravedere.
Un oggetto allungato spuntava fuori quasi con timidezza e, per un attimo, la giovane credette che si trattasse dell'impugnatura di un coltello.
Con un crescente senso di timore, lasciò andare la mano calda di Silver, senza distogliere, neanche per un momento, la concentrazione da quello che sembrava essere un oggetto da custodire gelosamente alla vista altrui, e che non doveva evidentemente trattarsi di una comune arma.
La giovane non potè dirlo certezza, ma le parve che si trattasse di un rotolo di pergamena protetto da un rivestimento in pelle..
Ma poi Silver, in un gesto impulsivo, agganciò diversi bottoni tra loro per mettere fine allo spettacolo.

«Cosa--»

«Sai, non hai per niente una bella cera. Sicura di stare bene?» Silver le impedì di porre quella domanda che svelta le si era articolata sulle labbra, cimentandosi in un efficace tentativo di sviare il discorso.

«E tu, John Silver, lo sai che non ci si rivolge così ad una signora?»

«Ah, saresti una signora?» Silver sorrise in una smorfia di mero scherno «perdonami, le signore le immaginavo molto diverse. Credo.. più di classe.
Mentre tu... Beh, non dai proprio l'impressione di una lady-- sei una delle nuove puttane?»

La giovane si voltò con un movimento lento e controllato e fissò il vuoto di fronte a sé, come a reprimere un istinto omicida, poi raccolse il proprio cappello e, non senza averlo ripulito, se lo adagiò sul capo, adombrando il volto, in modo da nascondere quella che -quasi sicuramente- non doveva /davvero/ essere una bella cera, ma che non giustificava affatto l'impertinenza del cuoco.
Si tirò su, spavalda, ma un crampo al ventre la colse all'improvviso e fu un miracolo che riuscì a tenersi in piedi sulle proprie gambe esili.
Si sistemò la camicia di lino grezzo e la cintura con le armi, quindi fece per alzare i tacchi.

«Beh, cuoco, in tal caso.. Ti auguro una giornata di merda!»

«Un momento, un momento! Che diamine ci devi fare con quelle pistole? E tutti quei coltelli--» il ragazzo parve vagamente frastornato.

«Continua ad importunarmi e te ne pianto uno al centro della fronte!»

«Ehi, io non ti stavo affatto importunando..» Silver si sollevò con un agile scatto di reni «non credo di aver afferrato il tuo nome--»

La giovane prese ad allontanarsi a passo svelto, non curandosi minimamente della voce irritante alle proprie spalle; stavolta fu lei a prendersi un piccolo, ma soddisfacente, smacco.

«Peccato.»

Si fermò soltanto quando sentì terra dura invece che sabbia sotto le suole dei propri stivali. 
Avrebbe scommesso che John Silver l'avesse seguita, ma quando si voltò, scoprì che sotto la palma non vi era rimasta anima viva. 
Rimase perplessa, anche se quell'assenza la rassicurò di buon grado.
John Silver era svanito così com'era apparso: nel nulla.
Dubitò circa quell'incontro. Si chiese se non se lo fosse per caso immaginato.
Si girò una seconda volta, osservando per bene anche nei dintorni, ma non scorse in nessun angolo una figura corrispondente a quella di John Silver.
Magari lo aveva semplicemente sognato. Magari si era soltanto trattato di un ultimo scherzo della notte precedente. 
 

[…]
 

Il piano brillante che le aveva assopito l'angoscia della coscienza e che le aveva permesso di addormentarsi, garantendole un riposo senza sogni, era venuto meno alla sua mente non appena aveva attraversato il porto con i suoi ormeggi ed imboccato la via principale di Nassau, interamente ricoperta di fango secco e di una strana ghiaia rilasciante una polvere biancastra che le aveva imbrattato il cuoio nero degli stivali fin sopra alle caviglie. 
Il violento morso della fame le torceva lo stomaco come se un serpente le si stesse arrampicando fino alla gola, e vagò alla ricerca di un banco di pane e di carne essiccata dove poter spendere le sue ultime tre monete, quelle che era riuscita -per un qualche intervento divino- a preservare dalle casse della locanda di Eleanor Guthrie. 
La discussione col venditore era risultata accesa abbastanza, tanto da attirare gli sguardi e l'attenzione di mezza città, e quando la giovane aveva percepito chiaramente palpabile il rischio di restare a bocca asciutta e a pancia vuota, aveva accettato una forma di pane fin troppo piccola e soli due pezzi carne secca, così salata da risultare quasi immangiabile. 
Adesso, era ufficialmente una persona in miseria, con neanche più l'ombra di uno spicciolo nelle tasche.
Aveva previsto quell'evenienza ed aveva tentato di prevenirla prima di salpare dalle Docklands.
Che il denaro che era riuscita a sottrarre nella casa in cui viveva non fosse abbastanza, era stato un aspetto lampante anche sul momento che l'aveva preoccupata non poco, spingendola a portar con sé anche una collana tempestata di pietre rosse, viola e nere che Isobel tanto adorava. 
A parte lo sfregio, la giovane aveva sperato di poterla rivendere e ricavarne una somma consistente che le permettesse di sopravvivere finché non avesse trovato un modo per mantenersi da sé. 
Ma c'era stato uno spiacevole contrattempo.
Dopo solo una settimana di navigazione, dalle parti del Portogallo, un furioso temporale aveva dato noie alla nave del capitano Lawrence, e, sebbene la situazione non fosse mai sfuggita dal dovuto controllo, ad essere sfuggita dalle tasche della giovane, era stata invece la collana e la sua occasione di valere qualche cosa. 
Nei giorni a seguire, l'aveva cercata ovunque senza trovarne traccia. 
L'idea che qualcuno degli uomini potesse averla intascata, le aveva sfiorato il pensiero, ma la possibilità che fosse semplicemente precipitata in mare era di gran lunga più plausibile.
Sfortunatamente, il vascello non trasportava oro o altre mercanzie di valore, o comunque, non di una dimensione tale da poter essere rubate senza destare sospetti.
Così, l'epilogo di tutta quella trafila, non era stato altro che un misero pasto che la giovane si stava curando di consumare con estrema lentezza, confidando più nel quietarsi dell'appetito che nella venuta della sazietà.

Pigramente seduta in un angolo d'ombra, col cappello chinato sul viso delicatamente spruzzato di lentiggini ai lati del naso dalla forma aggraziata, e i capelli selvaggiamente sciolti sulla schiena e sulle spalle, ad esibire quella loro naturale sfumatura del colore delle fiamme vive, triturava ogni boccone con la minuzia di un piccolo roditore, concedendosi degli attimi per riflettere - cosa che aveva accuratamente evitato di fare da che aveva aperto gli occhi in quella mattinata assolata e dannatamente afosa.
La sera precedente, accucciata sotto ad una palma su un letto di minuscoli granelli pallidi, uno sprazzo d'ottimismo le aveva suggerito come metter fine a tutti i suoi problemi, le aveva suggerito una soluzione, un piano..
Ma, rigirandosi tra le mani mezza forma di pane, si rese conto che quello spirito incoraggiante dovuto a chissà cosa non era più lì a rinfrancarla. Non ricordava neanche quale fosse stata la sua idea tanto mirabile..
Sospirò, continuando a masticare con eccessiva flemma, e si domandò di cosa sarebbe vissuta di lì in avanti. 
Cosa avrebbe potuto offrire quel pezzo di terra d'oltreoceano ad una ragazza di nemmeno vent'anni?
Se solo avesse saputo svolgere un qualche mestiere.. Conciare la pelle, ad esempio, o battere il ferro per forgiare armi, oppure... 
La giovane staccò un altro boccone, quasi con rabbia, consapevole che se si fosse messa alla ricerca di un mestiere, sarebbe finita ad occupare una delle camere del bordello ancor prima del tramonto.
Non era un'illusa, era conscia che il mondo -specialmente quello in cui era approdata- non usava clemenza, e d'altra parte, lei aveva deciso che mai si sarebbe piegata.
Meglio affamata che puttana alla mercè di uomini depravati e avvezzi a qualsiasi tipo di vizio.
Valutò altre opzioni. Passò in rassegna le proprie capacità e i propri talenti e, tutto sommato, non si sentì esattamente una sprovveduta. 
Era una ragazza sveglia e intelligente, dal carattere di fuoco e una cultura vasta abbastanza da poter discernere con la propria testa il bene dal male.
Ovviamente, di per sé niente di tutto ciò le avrebbe garantito una sussistenza dignitosa, ma ci si poteva lavorare su.
Era a New Providence da poco meno di una settimana, ma aveva capito che gli abitanti, gli uomini di mare e, a volte gli stessi mercanti, possedevano solo una vaga idea di come scrivere il proprio nome. 
Era la prova che le persone imparavano a cavarsela con molto meno.. Si trattava soltanto di essere astuti e far fruttare la propria superiorità. 
Riflettè su una nuova prospettiva. 
Laddove tutto era solito muoversi secondo i barbarici comandi degli istinti, si chiese cosa /lei/, una persona in grado di usare le facoltà razionali, avrebbe potuto offrire a quel pezzo di terra d'oltreoceano. 
Le venne quasi da sorridere e la mano libera cadde involontariamente a sfiorare l'impugnatura di una delle pistole attaccate alla cintola borchiata.
A ben pensarci, un talento pratico forse lo possedeva.. Chissà che, prima o poi, non le sarebbe tornato utile. 

Nel momento in cui notò un certo movimento, la giovane era impegnata ad imprecare e a cercare di tamponare un taglio sul labbro che si era autoinflitta per sbaglio, nel tentativo di spezzare un pezzo di carne dura quanto una roccia. Il sapore del sangue si mescolò a quello del sale e, per un momento, la vita le fece persino più schifo del solito.
Aveva fatto in tempo giusto a vedere due uomini di spalle, entrare nella locanda della Guthrie dall'altro lato della strada, uno dei quali, pensò, aveva un'aria piuttosto familiare.
Del resto, non avrebbe potuto dimenticare l'uomo dalla voce di pietra graffiata, di timbro nasale, con uno strano tatuaggio triangolare sulla nuca calva.
Era affiancato da un individuo di gran lunga più alto e dalla mole di un colosso, le spalle larghe e i capelli chiari molto corti. Non riuscì a vederlo in viso, ma dalle movenze, le diede l'idea di essere parecchio più giovane del suo compare.
Spostò lo sguardo verso l'entrata della locanda, ma la penombra non le permise di mettere a fuoco troppi dettagli.
Le parve di scorgere una terza figura a capo dei due marinai e, oltre di essa, i capelli color del grano di Eleanor Guthrie raccolti in una crocchia tonda e un sorriso furbo, ma sincero, stampato in volto.
Membra di anonimi individui si frapposero fra il suo sguardo indagatore e l'ingresso della locanda, coprendole la visuale. 
Si sfilò il cappello e si sporse in avanti, presa da una morbosa curiosità, ma perse l'attimo ed imprecò in silenzio.
L'ultima cosa che potè, o che credette di intravedere, furono le braccia di Eleanor Guthrie che si stringevano attorno ad un corpo in ombra, forse la terza figura sconosciuta, ma non potè esserne certa. 
L'unica cosa che vide con nitidezza, fu l'espressione di sollievo che la Guthrie non potè trattenere, segno che -forse- anche la regina di Nassau, fredda e autoritaria, possedeva un cuore.
Si calò nuovamente il cappello sulla fronte, terminando di ingoiare l'ultimo brandello di carne, peraltro senza masticarlo. 
Non seppe perchè, ma le tornarono in mente le parole di quel tale ambiguo conosciuto sulla spiaggia, quel cuoco.

" Tutto quello che succede su questa spiaggia è importante."

Che fosse vero? 
Quel Silver non pareva il più esperto dei navigatori o il più temibile dei filibustieri, ma di sicuro aveva l'aria di qualcuno che la sapeva decisamente lunga e forse, quella sua affermazione, non era così da sottovalutare. 
Fu quella la giustificazione che la giovane raccontò a se stessa, per legittimare ciò che le venne in mente di fare.
Attese pochi minuti e, ristabilitasi per la strada la consueta indifferente confusione, si alzò e si diresse con una certa celerità verso la locanda.
Non vi entrò, piuttosto sguisciò silenziosa verso la parte posteriore dell'edificio, addossato ad altre costruzioni dai muri incrostati di sale.
Un grosso albero nodoso si faceva prepotentemente largo tra le fessure che i muri avevano lasciato libere, innalzandosi fin sopra il tetto della locanda.
La giovane si guardò un momento attorno, come a volersi accertare di essere sola, poi studiò il tronco storto che le si ergeva di fronte e scelse due appigli che le avrebbero permesso di raggiungere un ramo solido a sufficienza da reggere il suo peso.
Nascondendola dietro una grossa radice sporgente dal terreno, si sbarazzò della cintura carica di armi ingombranti e tintinnanti al minimo movimento e, con l'agilità di un puma, si issò su di un ramo contorto, facendosi strada tra piccole foglioline verdi e gialle e ragni di notevole grandezza; acquisito un adeguato equilibrio, si aggrappò ad un altro ramo oltre la propria testa e, con una forte spinta delle braccia, si sollevò fino ad arrivare a sedersi sul legno ruvido e umido. 
Si voltò alla propria destra, verso le mura della locanda, dove due persiane di uno scuro verde sbeccato erano aperte per metà, come se stessero cercando di mostrare e nascondere allo stesso tempo ciò che accadeva all'interno dell'edificio.
Secondo i suoi calcoli, quella finestra doveva appartenere allo studio privato di Eleanor Guthrie, la stanza dalla quale la signora del porto manovrava le fila dei commerci illegali, collaborando con pirati e con mercanti di dubbia fama. 
La giovane si rizzò in piedi, con cautela, a cercare un ramo resistente abbastanza per permetterle di avanzare nella sua scalata. 
Quando valutò d'averlo individuato, con un balzo da acrobata provetta, raggiunse l'altezza necessaria che le avrebbe permesso di gettare un occhio e spiare tra le persiane.
Con la penombra che aleggiava all'interno della stanza, non le risultò affatto facile distinguere cosa esattamente stesse accadendo, né chi fosse presente, ma lei si aspettava di scorgere i due marinai che aveva visto entrare nella locanda qualche minuto prima.
Le sue deduzioni si rivelarono inesatte. 
Eleanor Guthrie era seduta compostamente, ma la posa delle sue braccia la faceva sembrare quasi disinteressata; accanto a lei doveva esserci qualcuno che, però, la giovane dalla sua posizione -per quanto strategica- non poteva vedere. 
Nonostante una delle persiane le celasse una larga parte dello studiolo, le voci dei conversatori erano chiaramente udibili; quelle, non potevano essere trattenute né da mura, né da finestre.
Un uomo si stava chiaramente lamentando, anche se nel suo tono si poteva percepire una calma quasi di rassegnazione e di indifferenza, come se si stesse rivolgendo ad un bambino o a qualcuno di profondamente stupido.
Non ne fu troppo sicura, ma la giovane azzardò ad identificare in quella voce la persona del signor Scott, un uomo imponente di una carnagione così scura e delle brutte cicatrici verticali sulle gote.
A quanto aveva appreso nei giorni passati, Scott doveva essere uno schiavo di proprietà della famiglia Guthrie da anni ed effettivamente, le parve plausibile che si trovasse nella stanza in quel momento, dato che non lasciava Eleanor Guthrie da sola neanche per un secondo.
La giovane tese le orecchie e trattenne il respiro, per la paura di essere beccata in flagrante.

«...presto non potremo più fare affari! Non ci accoglierà nessun porto regolare.. E le sue navi-- faranno ritorno a Boston! 
Capitano, per noi è la fine!»

La giovane si accigliò. Era evidente che doveva esserci una terza persona in compagnia della Guthrie e del suo servo.
Ipotizzò che si trattasse del marinaio calvo col tatuaggio sulla nuca.

«In circostanze normali, sarei d'accordo con te, anche se...»

Una terza voce parlò.
Non era quella rasposa che l'aveva svegliata quella mattina, non era l'uomo calvo. 
Era una voce /diversa/, mai udita prima.
La giovane s'incuriosì e tentò di avvicinarsi maggiormente alla finestra, confidando nella segretezza che la persiana più vicina le assicurava.

«Anche se, cosa?!» quello che emise  Eleanor Guthrie somigliò più ad un verso ferale che alla voce di una donna di giovane età.

«Ti racconterò una storia su uno spagnolo di nome Vasquez..»

L'uomo ignoto parlò ancora, il tono quieto, profondo, lievemente increspato da suoni gutturali.. 
La giovane pensò che fosse un tono meraviglioso e che se il mare avesse avuto una voce, sarebbe stata /esattamente/ quella. 
Sentì un bisogno quasi impellente di associare un volto a quelle parole dal suono magnetico, ma la visuale le era di fatto impedita. 
Potè scorgere solo due gambe abbigliate in calzoni scuri e resistenti stivali, sedute su una sedia in legno color palissandro e un lembo di una giacca lunga dal colore imprecisato: un grigioverde screziato di macchie più scure, una tinta che in origine doveva essere, con buone probabilità, quella di un intenso blu di Prussia.

«Qualche settimana fa, entra barcollando in una taverna di Port Royal e si siede accanto a un capitano della marina inglese--»

La giovane riportò la propria attenzione sul discorso che cominciava a farsi di un interesse promettente, lasciando che la- voce-del-mare la guidasse, cullandola, in questioni che non le competevano assolutamente.

«--Vasquez, a quanto pare, sta morendo: si sta dissanguando per una coltellata al ventre.
La coltellata è una cortesia del suo precedente datore di lavoro: la Casa de la Contractaciòn de Sevilla--»

«I servizi segreti coloniali?» 
Eleanor Guthrie accavallò le gambe e si sporse col busto in avanti, d'un tratto estremamente attirata dal discorso.

«Meglio dire: della Marina spagnola. 
Uno dei migliori agenti delle Americhe, responsabile della sicurezza di una nave in particolare: un galeone con un carico così ricco, che il re di Spagna freme perchè si metta in viaggio.»
  la-voce-del-mare interpose una pausa ad effetto, con compiacenza, forse attendendo che i suoi interlocutori comprendessero a pieno il senso delle sue preziose parole.
«Vasquez li ha avvertiti che è troppo tardi: la stagione delle piogge è alle porte, non c'è tempo di arruolare una scorta-- ma i suoi superiori pretendono che agisca lo stesso.
Se non avrà trovato una scorta, si raccomandano che tracci una rotta sconosciuta a tutti -fuorchè al suo capitano- e che consideri quella rotta un segreto di stato di massimo livello.
Quando Vasquez si rifiuta, e minaccia di rivelare le sue preoccupazioni alla corte, le cose si mettono male..»

La giovane azzardò un mezzo passo in avanti, reggendosi saldamente ad un ramo più piccolo, ma alcune foglie emisero un fruscìo sospetto al suo passaggio.
Quando sentì che l'uomo sconosciuto aveva interrotto il proprio racconto, smise di respirare, paralizzata dall'idea che potesse essere stata udita.
Seguirono interminabili secondi di silenzio, il corpo filiforme della giovane più teso di una corda d'arpa; poi, la-voce-del-mare riprese le fila della narrazione.

«La nave in questione è la Urca de Lima.»

«La Urca de Lima?»  Eleanor Guthrie corrucciò la fronte e parlò di scatto, come se si fosse risvegliata da un lungo stato d'incoscienza.

«Esattamente.»

«Stai parlando di un castello galleggiante! Nessuno ha mai catturato un galeone con un bottino così ricco--» la Guthrie assunse un'espressione a metà strada tra l'incredulità e lo scetticismo.

La giovane si soffermò a riflettere. 
La storia di quel vascello spagnolo sembrava esser stata tratta da uno dei suoi affezionati romanzi o da una di quelle ballate per i bambini, ma le bastò una veloce occhiata verso la figura della Guthrie per comprendere che si trattava della mera realtà.

«Ci penso io a trovare la nave e il bottino.. E' dopo che avrò bisogno del tuo aiuto, Eleanor.»  la bella voce dello sconosciuto si fece sensibilmente più bassa, mentre quella di Eleanor Guthrie si alzò per la sorpresa.

«Dopo? Perchè mai tornare a Nassau?! Con quei soldi e mio padre fuori gioco-- perchè non scappare?»

La giovane annuì, come a concordare, quasi che fosse anche lei parte di quella  riunione segreta.

«Non si può sfuggire a quello che ci attende.
Ma con i soldi guadagnati in questa occasione--»
  la-voce-del-mare sospirò, forse gesticolando; o almeno così s'immaginò la giovane, aggrappata ad un albero come una scimmia.

Quella bizzarra faccenda l'aveva totalmente rapita, estraniandola, ma si rese conto che le braccia avevano preso a tremarle per lo sforzo.
Non sarebbe potuta resistere ancora a lungo, ma considerò che il gioco valeva davvero la candela.

«Con quei soldi, aggiungiamo 50 cannoni al forte. Possiamo costruire navi per difendere le coste e addestrare gli uomini. Possiamo lavorare la terra, avere campi e allevamenti.
E chiunque raggiungerà per primo le nostre spiagge -che sia inglese o spagnolo- troverà una spiacevole sorpresa: una nazione di ladri!»

Si udì una risata, la risata di Scott, irrompere come un martello a spaccare una scultura di delicato cristallo.
Eleanor Guthrie, per contro, non potè nascondere un sorriso di ammirazione estatica per quell'uomo dalle idee -la giovane dovette ammetterlo- così lungimiranti e illuministe.
Se non fosse stato chiaramente un pirata, la-voce-del-mare le sarebbe sembrato, quantomeno a parole, uno dei galantuomini illuminati dei salotti londinesi.

«Hai qualche dubbio?» lo sconosciuto, il pirata, quello che Scott aveva chiamato "capitano" pose quella domanda in maniera dura, cruda; quella sua voce ipnotica divenne meno fatua e molto più umana.

«Trasformare pirati in un mucchio di agricoltori e soldati? 
Combattere una guerra contro Whitehall per un frammento di Atlantico.. La parola "dubbio", Capitano Flint, non descrive quello che provo neanche lontanamente!»

D'improvviso, tutta la sorpresa divenne stupore accompagnato da un crescente senso di inquietudine.
La giovane non era vissuta prima d'ora in quel mondo di delinquenza e di pericolo, ma /quel/ nome era maledettamente famoso perfino in Inghilterra, perfino a Londra. 
James Flint.
Il terrore dei sette mari. 
Il pirata più temuto dalla corona inglese, autore di efferatezze ignominiose.
Un fuorilegge, un bugiardo, un ladro.. un assassino.
Aveva sentito storie e racconti raccapriccianti, brutali, sul conto di quell'uomo- a volte, faccende così atroci che la giovane aveva perfino creduto che questo Capitano Flint, in realtà, non esistesse. 
Aveva creduto che fosse solo un orrore inventato da chi di dovere per il fine di terrorizzare le masse e sensibilizzarle contro la pirateria, ma..
Si voltò per un breve istante, frastornata, incredula. Con quale razza di persone era solita trattare Eleanor Guthrie?
Lo aveva perfino accolto nella sua locanda con calore, con il sorriso sulle labbra-- adesso lo ricordava: quella giacca di uno sbiadito blu di Prussia.. Eleanor Guthrie aveva stretto a sè qualcuno abbigliato di quel colore. 
Tornò a scrutare tra gli spiragli delle persiane, presa da una morbosa, macabra, curiosità; non riusciva a credere di aver ascoltato con interesse le parole di un folle, le parole di.. 
E poi il capitano Flint parlò di nuovo. La sua voce tornò a risuonare dolce e carismatica come poco prima.

«Se ci sarà una guerra, sarà per scelta di Whitehall.
Io mi accontenterei della grazia, il diritto sulle terre e un governatore di cui fidarsi. E come me, molti altri!»

La giovane vide le gambe del pirata flettersi ed tendersi verso l'alto; sollevò lo sguardo, tentando di scorgerlo ma la parte ovest della stanza era, per lei, completamente cieca. 
Potè fugacemente notare soltanto un corto codino che gli ricadeva sulla nuca; la penombra non l'aiutava di certo, ma la giovane giurò che i capelli di quel demonio fossero di un rosso intenso esattamente come i suoi- ma, forse, fu soltanto un'impressione, uno scherzo del gioco di luce ed ombra operato dai raggi del sole.

«Non sono animali, ma uomini affamati di speranza! Ridiamogliela, e poi... Chi può sapere che cosa accadrà?»

Si udirono i passi del capitano Flint, lenti e controllati, come se stesse misurando il perimetro della stanza.
Quando comparve nuovamente, era già tornato a sedere di fronte ad Eleanor Guthrie, celato dalla persiana ad occhi esterni.
La padrona della locanda si tirò indietro, poggiando di peso sulla spalliera di una sedia foderata, scuotendo la testa bionda, perplessa.

«Per quale ragione? E perchè qui?»

La giovane attese la risposta del capitano Flint come se non stesse aspettando altro in vita sua.

«Ulisse, durante il suo viaggio verso Itaca, incontrò uno spettro. Questi gli disse che - una volta che avesse raggiunto la sua dimora, assassinato tutti i suoi nemici e riportato l'ordine- avrebbe dovuto fare una cosa, prima di riposare.
Avrebbe dovuto prendere un remo e mettersi a camminare, continuare finchè qualcuno non avesse scambiato quel remo per una pala, indicando così, il luogo in cui nessun uomo era stato turbato dal mare.
Lì, avrebbe trovato pace. 
Questo è quello che voglio: allontanarmi dal mare e avere un po' di pace.»

Quella risposta la fece restare senza fiato. 
Le parve quasi ironico che un pirata citasse Ulisse, il re dei navigatori, come a voler fare un empio paragone; ciò che la sorprese fu la conoscenza di un passo dell'Odissea che sarebbe sfuggito a fiori di intellettuali, ma a stupirla davvero fu la confessione di quell'uomo tanto reo.
Come poteva un essere simile -avvezzo alle più brutali scorrerie, assetato di sangue innocente- desiderare la /pace/?
Come poteva sperare di civilizzare quella bolgia dantesca che era Nassau? 
Come poteva, un mostro simile, possedere la voce di un sogno?

Un improvviso baccano la fece sussultare, facendole rischiare di perdere l'equilibrio e di schiantarsi al suolo. 
La giovane si sorresse con tutta la forza che riuscì a racimolare, facendo leva su un ramo che oscillò pericolosamente. Guardò di fronte a sè, e vide che nella stanza aveva fatto irruzione, particolarmente concitato, il marinaio calvo, il cui ricordo pareva perseguitarla dalla prima volta che lo aveva adocchiato. 
Dunque, non era un capitano, bensì un membro dell'equipaggio che spadroneggiava in lungo e in largo per le rotte oceaniche.
Il marinaio calvo disse qualcosa, ma la giovane non riuscì a sentire molto, fuorchè che una certa cosa era stata ritrovata.

«Che cosa?» Eleanor Guthrie diede voce al suo medesimo dubbio.

«La rotta della Urca che era sparita.» il capitano Flint rispose con calma piatta, la voce fattasi di nuovo umana, reale.

Eleanor Guthrie balzò in piedi, furente.
«Quando pensavi di parlarmene?!»

«È tutto sotto controllo, la stiamo recuperando.. vero, signor Gates?»

Il marinaio annuì, lanciando un'occhiata di rassicurazione verso la padrona della locanda.
«Vane ha incontrato Frasier al bordello, credo che sia lui il compratore--» 

Gates si voltò verso il suo capitano, ma il suo sguardo si andò a posare oltre Flint, ed arrivò a scrutare tra le persiane semichiuse.
«Ma cosa...?»

La giovane, approfittando del diversivo e dell'entrata del marinaio calvo, era avanzata per sistemarsi su un ramo più largo, ma la manovra era stata compiuta in maniera troppo frettolosa e sbadata e quando aveva pestato dei rametti più piccoli, troncandoli di netto con un fracasso fin troppo udibile, Gates aveva alzato la testa verso di lei e l'aveva vista.
Si era immobilizzata, nel panico, ma i loro sguardi -consapevoli- avevano avuto modo di incrociarsi.

"Merda!"

«Capitano, alle vostre spalle, sull'albero!»

La giovane avrebbe voluto accucciarsi e nascondersi sotto il davanzale, ma il piede sinistro mancò l'appiglio e ciò la fece scivolare su di ramo più basso; provò a rimettersi in piedi, ma quando percepì il ramo cedere sotto il proprio peso, senza avere neanche il tempo di batter ciglio, si lanciò nel vuoto, imprecando in un grido involontario.
Impattò sulle proprie gambe, ma lo slancio fu talmente forte che, per attudire la caduta, fu costretta a torcersi in una capriola, rotolando tra la ghiaia.
Fu lesta come una preda nel recuperare il cappello e la cintura con le relative armi e a correre via, riversandosi in strada tra la folla.
Alle sue spalle udì delle grida stentoree. Gates stava chiamando a gran voce, e a ripetizione, sempre lo stesso nome -Billy- forse, l'altro che era giunto assieme a lui alla locanda, quello alto e muscoloso.
Qualche uomo in strada provò a bloccarle il passaggio, ma svincolando con grande abilità, si infilò in un vicolo secondario, svoltando verso la direzione da cui era venuta.
Forse era folle tornare verso la locanda, ma la logica le aveva suggerito che sarebbe stata una mossa furba, dal momento che i suoi inseguitori l'avrebbero di sicuro creduta diretta verso la spiaggia. 
Quando raggiunse il retro della locanda si arrestò, piegandosi su se stessa, a riprendere fiato. 
Nella fuga, aveva perso il più piccolo tra i coltelli, ma il resto del suo equipaggiamento era riuscito a trascinarlo al sicuro. 
Delle voci la misero in allarme, ma subito capì che provenivano dall'alto.
Si schiacciò contro il muro, premendosi una mano sulla bocca, sperando di essere nascosta a sufficienza.

«Capitano, l'abbiamo persa.»

Quella voce gretta e dura come la roccia la fece sobbalzare, come se una mano di ghiaccio le avesse premuto sul cuore.

«Cosa significa che l'avete persa?! Trovatemi quella spia del cazzo e fate in modo che non parli!» il tono di Flint era saturo di quella furia che si confaceva perfettamente all'uomo senza scrupoli di cui si narrava nei numerosi racconti.
«Conosce ogni singolo dettaglio riguardo la Urca e il bottino. Se diffonde la voce, entro stasera avremo decine di equipaggi pronti a saltarci alla gola!»

«Billy sta dirigendo le ricerche, si sistemerà tutto. Si tratta solo una ragazza particolarmente curiosa.»

«O magari lavora per qualcuno.
L'hai vista in faccia, Gates? Hai idea di chi sia?»

«Purtroppo no, capitano. Però ho visto per bene un'altra cosa..»

La giovane si sforzò per impedirsi di urlare, maledicendosi per essersi fatta trascinare dall'istinto divoratore della curiosità.

«Cosa?»

La furia di Flint contenuta a stento, le congelò il sangue nelle vene.

«I suoi capelli. Erano rossi come le fiamme dell'Inferno.» 

   
 
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