Indice di fuoco
Romanticidio
Behold
the very paradise of snakes, señora
Qual
era il
problema, stavolta?
Era
che non
riusciva a levarsi dalla testa una marmocchia, ecco il problema.
Intendiamoci,
Smoker amava il proprio lavoro – non sarebbe finita in una
gabbia di matti o a
farsi torturare dalla stupidità di quegli idioti del
Comando, se non avesse
trovato un rifugio sicuro nell’essere una marine –,
non lo avrebbe lasciato per
nulla al mondo, almeno fino all’età della
pensione. Ma quella ragazzina...
Stupida. Stupida, stupida. Esattamente, chi era la stupida? Chi aveva
pensato
solo per un momento a un universo parallelo in cui lei non era una
marine e
quindi avrebbe potuto—
Sorvoliamo.
Ad
alta quota, come il fumo che sale da un incendio. No, la figura
retorica non
l’aiutava per nulla.
A
partire dal
fatto che non riusciva a ignorare suddetta ragazzina, Smoker si era
posta
diverse domande. Una delle prime riguardava la legge della Marina: cosa
diceva
a proposito di relazioni con i pirati? Cosa sarebbe successo se...?
Perché
Smoker
certe cose se le chiedeva – non poteva fare a meno di
chiedersele – prima
ancora di sapere cosa ne pensasse l’altra persona in
questione. (Sì, Smoker
pensava davvero tanto: prima si partiva da un grumo di pensieri un
po’
aggrovigliati, poi li prendeva uno alla volta con le proprie mani
eteree di
fumo e li sbrogliava, riordinandoli nel palazzo della mente che
sembrava più
una tabaccheria, ma sssh, nessuno
doveva saperlo.)
C’era
Garp, eroe
della Marina: una parte della sua famiglia aveva preso il largo con la
bandiera nera
dopo che il vecchio era già da tempo un soldato affermato.
Invece cos’era, lei?
Un commodoro, un nessuno, sulla Rotta Maggiore. Non avendo cercato
nessun tipo
di carica o titolo per ottenere più influenza –
perché, diciamolo, non
glien’era fregato niente quando era di stanza a Loguetown
–, si trovava in una
situazione svantaggiata.
Inoltre
Garp non
aveva voluto una discendenza di fuorilegge, se li era ritrovati per
mare durante la propria
assenza; mentre Smoker, visto il gomitolo di pensieri che stava
cercando di
svolgere, stava volontariamente
pensando a una ragazzina pirata, e non rinchiusa dentro una cella con
delle
manette di agalmatolite alle mani.
Aveva
preso questa
rivelazione riguardo i propri sentimenti (o sensazioni? Sentimenti
le sembrava una parola troppo forte, in quel momento)
con quanta più calma possibile; aveva bevuto un
caffè, aveva acceso un sigaro e
poi un altro ancora, com’era solita fare di prima mattina.
Aveva dato
un’occhiata ai nuovi documenti arrivati freschi freschi dal
Comando, era salita
sul ponte, i suoi l’avevano salutata, Tashigi aveva cercato
di parlare
all’albero maestro. Aveva seguito la routine giornaliera per
rimanere
tranquilla – e non si può dire che non lo fosse,
in apparenza.
In
pratica,
ricordate la questione della matassa di pensieri? Là, sul
ponte, con un sigaro
in bocca e gli uomini che cantavano durante il lavoro, il gomitolo non
era solo
nella testa, ma anche nel cuore.
Si
dedicò a quei
fogliacci con più costanza della norma; Tashigi era molto
sorpresa da questo
cambiamento nella propria superiore, ma non glielo fece in nessun modo
presente. Una sera bussò alla porta del commodoro e la
trovò ancora intenta a
leggere chissà cosa.
Tashigi
era una
brava studentessa e aveva un’ottima maestra, per cui non
impiegò tanto tempo a
capire che qualcosa non andava. Tuttavia era anche una ragazza educata
ed
empatica, perciò non avrebbe chiesto niente: avrebbe
ascoltato, ma non si
sarebbe imposta.
«Signora,»
disse,
entrando nella cabina del commodoro. Appoggiò il
caffè che le aveva portato
sulla scrivania di Smoker, stando bene attenta a non rovesciarlo per
terra:
Smoker annuì per ringraziarla.
Poi
la
guardiamarina rimase in piedi, in attesa. O meglio: rimase ferma,
diritta come
un palo, per due millisecondi in più rispetto al solito, ma
Smoker notò
comunque il suo indugiare impercettibile.
Dopotutto,
tra i
suoi sottoposti girava voce che Vegapunk avesse sviluppato dei sensori
ottici
di ultimissima generazione e che i piani alti dell’esercito
li avessero fatti
installare nel corpo della loro superiore. (Tutte
cazzate, imbecilli, si chiamano occhi! Imparate ad usarli senza farvi
spaventare, aveva detto Smoker una volta, seminando il panico
tra i suoi
uomini.)
«Guardiamarina,
cosa c’è?»
«Niente,
signora,»
si affrettò a rispondere Tashigi, nascondendo
l’imbarazzo dietro gli occhiali,
«apprezzo la dedizione che ultimamente ha nei confronti dei
rapporti che
arrivano e che partono per il Comando, Smoker.»
Smoker
aveva
l’impressione che Tashigi avesse colto qualcosa di
più, ma – sia lodata la sua
discrezione – non aveva detto alcunché a proposito
di questo di più.
«Puoi
andare, Tashigi.»
Certo,
dedizione
per quegli stupidi rapporti. Che poi nessuno le leggeva, quelle idiozie
noiose.
Non
che Smoker
cercasse di prendere in giro qualcuno, al momento, tantomeno se stessa.
Stava
soltanto cercando di occuparsi di altro, invece di preoccuparsi
di una marmocchia testa calda – che, per la cronaca,
non aveva rivisto per un po’ di tempo.
Tanto
quella non
avrebbe mai neanche ricambiato un’infatuazione (forse anche
questa era una
parola un po’ forte? Forse no) per lei. Smoker non teneva
nascosto il proprio
orientamento sessuale, ma neanche lo sbandierava ai quattro venti e ai
sette
mari, e non era quello il problema, accidenti!
Il
problema era
che aveva... una cotta? Qualcosa del genere–per una stupida
ragazzina pirata!
Va
bene, quello era un problema,
un’aberrazione anche
abbastanza pressante, a dire il vero. Andava contro le regole stabilite
dalla
Marina, bla bla bla,
quant’altro. Smoker seguiva la propria idea di giustizia e
molto di quello che lei pensava non era gradito alla Giustizia
Assoluta, quindi
quella questione era di minore importanza rispetto a—
Avrebbe
dovuto
evitare di esporsi. Avrebbe dovuto evitare di pensarci: quale riparo
migliore
del suo lavoro? Doveva solo trovare una ciurma di pirati contro cui
scaricare
lo stress. Non pensare alle infinite possibilità di quella
storia su cui
fantasticava (parola
forte, parola forte); non immaginare le parole dette e le
cose fatte; lavorare, allenarsi, diventare più forte, e
comprarsi una marca di
sigari diversa, riempire la cabina di fumo per riempirsi la testa di
tutto,
purché non di quella ragazzina. Strozzare quelle riflessioni
su un futuro
alternativo, soffocarle, eliminarle decapitandole.
...
Dicevamo, rispetto
al fatto che, da qualunque punto di vista la si guardasse, la sua fosse
una
sensazione destinata a rimanere nel groviglio, dove ogni nodo sembrava
una
lingua biforcuta, che le rideva addosso, rideva di lei, delle sue
sensazioni –
o sentimenti.
«Pugno
di Fuoco!»
«Che
piacere,
Cacciatrice! Cosa ci fate qui, tu e la tua ragazza? Avviso, non sono in
vena di
farmi arrestare da te, sono già impegnata.»
Bastano
poche
parole per imbrigliare per bene la matassa del cuore e per ucciderne
qualsiasi
speranza.
Note
Autrice:
Ecco,
questa è una
di quelle shots messe esattamente a caso
nel gruppo. Nel senso: non c’entra nulla nel macrotesto che
mi ero prefissata.
Ma questa è la shot numero tredici e non potevo non mettere
qualcosa di...
triste (??) al numero tredici. Scusate. Sono una brutta persona. In
realtà non
credo nella sfortuna, anche se ci vede benissimo, maledetta.
Prompt:
Amore non ricambiato. Ma credo fosse
comprensibile, lo scrivo per ordine, più che altro.
Il
titolo è la
resa italiana del titolo della canzone Romanticide,
dei Nightwish – una delle mie preferite del gruppo. Qui ho
voluto dare alla
parola Romanticidio una sfumatura diversa rispetto al termine nella
canzone
originale: l’ho sfruttato come necessità di
eliminare il sentimento – per
motivi di lavoro come per stare in pace con se stessi.
Il
sottotitolo è
una citazione dal libro Nostromo di
Conrad. È un paradiso di serpenti perché
l’amore – immagino – è una
cosa
piacevole, ma può essere un dolore tremendo, se finisce come
finisce in questa
shot.
Tash
<3333
Sempre grazie a Oda che si è inventato Tashigi, senza di lei
il mondo di OP
sarebbe molto più brutto. Scusate anche il riferimento a
Vegapunk ma io voglio vedere quell'omino simpaticissimo (???)
nell'opera originale. Non vedo l'ora! (E poi mi diverto a scrivere di
Smokie che parla male ai propri sottoposti, poveri cari.)
Nel
libro di
Conrad il paradiso di serpenti era tutt’altro, ma quel
romanzo non mi è
dispiaciuto, quindi ecco che sparo citazioni letterarie a manetta. LOL.
Avete
presente il reinterpretare i testi letterari? Ecco, io non so farlo. Mi
diverto
a citare un po’ arrandom (??) e basta.
Quello
dell’amore
è un concetto sfuggente, o che perlomeno sfugge a me, quindi
scriverci su mi
sembra un buon modo per avvicinarsi a capirlo. Parlare di Smokie, poi,
è cosa
che faccio di rado, quindi dedicarle un pochino di spazio mi fa molto
piacere.
-w-
Tengo
a far notare
che, in tutto questo, ancora non si sono baciate. Carine, loro. Il
prossimo
prompt, Bacio, risolverà
il problema.
Mi
spiace essere
poco presente sul sito (il che sembra un controsenso viste le
pubblicazioni a raffica,
ma... sono trip dovuti al troppo studio. È assurdo, lo so),
quindi scusatemi
già a partire da ora. Dovrei riuscire a pubblicare tutto
regolarmente,
comunque. C:
Grazie
a chi ha
letto, a chi segue questa raccolta, e soprattutto grazie a Happy_Ely perché è
sempre presente e mi supporta un mondo. ;)
Alla
prossima settimana!
Stay safe!
claws_Jo
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.