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Autore: alida    20/03/2009    3 recensioni
Harry stava in piedi con lo sguardo fisso nel vuoto. Due occhi verdi troppo vuoti per Piton che li sentì come un pugno nello stomaco. I personaggi appartengono a J.K.Rowling, la storia non ha scopo di lucro. Buona lettura.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Il rating arancione/rosso non è riferito a scene di sesso, chedel resto  non ci saranno nella ff. Potrebbero esserci delle descrizioni di atti violenti nei confronti di alcuni personaggi ma non so dirvi quanto scenderò nei particolari. Non credo molto! Bisogna vedere come si svilupperà la storia.






Vernon Dursdley odiava la magia perché non c’era niente che riuscisse a capire di meno e siccome l’unico mago con cui doveva confrontarsi tutti i giorni era suo nipote Harry, naturalmente odiava anche lui. Con il ragazzino si comportava sempre male: violenza fisica e psichica erano all’ordine del giorno.

Il piccolo Harry era cresciuto nella consapevolezza che qualsiasi cosa facesse andava male, e che la situazione non poteva migliorare perché comunque lui non era in grado di fare di meglio. I fornelli della cucina di zia Petunia brillavano ma , di sicuro, se Harry fosse stato più diligente quel pelucchio dello straccio con cui aveva pulito non sarebbe rimasto attaccato!

I sopramobili della libreria erano  stati spolverati ma se Harry fosse stato più attento si sarebbe accorto di averli sistemati con almeno un centimetro di distanza inferiore rispetto a come erano posizionati in precedenza. Zio Vernon lo sgridava sempre,  ma zia Petunia gli diceva: “Lascialo stare Vernon, è troppo stupido per poter fare di più. E poi, ti prego non dargli troppa considerazione o penserà di meritarsela!”.

Allora lo zio lo spingeva verso il sottoscala, prendendolo a calci e spintoni, e lo rinchiudeva lì dove il cugino, malignamente, gli faceva trovare dei bigliettini in cui scriveva –Stupido, ritardato!- , -Non puoi fare di più!-, “Non servi a niente perché sei stupido!-.

Harry sapeva che i suoi parenti avevano ragione perché quelle parole gli venivano ripetute da quando era piccolissimo e, sebbene fosse consapevole che al mondo esistevano i bugiardi, non credeva possibile, in cuor suo, di averne incontrato tre tutti assieme, e che questi raccontassero bugie da anni! Sempre le stesse! No, se gli zii e il cugino dicevano sempre le stesse cose allora, evidentemente, doveva trattarsi della verità.

Il giorno che Harry compì dieci anni lo zio lo chiamò in soggiorno e gli disse: “Harry, da oggi la tua vita cambierà! Io e tua zia ti abbiamo accolto nella nostra casa, ti abbiamo vestito e sfamato ma nonostante tutti i nostri sforzi tu non sei migliorato, non sei stato all’altezza delle aspettative. Sei uno stupido e non riesci neanche delle azioni più elementari. Sicuramente non puoi migliorare. Per questo motivo abbiamo deciso che tu debba andartene. Tra un’ora verrà qualcuno a prenderti”.

“Come? Mi adotta qualcuno?!” domandò confuso Harry.

“No! Chi ti vorrebbe! Sei stato comprato. Non ci hanno dato che pochi spiccioli!” disse la zia scuotendo un portamonete “Ma del resto non vali neanche queste poche monete!”.

Petunia strinse a sé il figlio e assieme al marito uscì dalla casa senza salutare. Harry rimase accanto al divano, le parole degli zii gli rimbombavano nelle orecchie. Che era uno stupido lo sapeva! Che non sarebbe migliorato, glielo avevano detto un milione di volte. Che valesse poco, non c’era dubbio. Che fosse mandato via non gli sembrava strano. Ma che qualcuno andasse a prenderlo! Non ci credeva! Chi mai avrebbe voluto un peso come lui?

Mentre rifletteva su questo, si domandava se fosse plausibile che uno stupido si rendesse conto del peso della propria stupidità. Ovviamente no! E trovando in sé stesso un barlume di intelligenza giungeva alla conclusione che doveva essere davvero stupido se era arrivato a tale risultato, ciò a conferma del fatto che lui non era intelligente.

Il bambino si sedette accanto al divano, sul quale mai gli era concesso accomodarsi, e attese di sentire il campanello suonare ma con sua grande sorpresa la persona che aspettava comparve nel caminetto mentre una luce verde si diffondeva laddove di solito erano il rosso e il giallo delle fiamme a fare da padrone.

Una signora di circa sessantanni , dal viso serio ma dolce, si fece avanti e disse: “Buongiorno signor Potter, io sono la professoressa McGranitt e insegno presso la Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Sono qui per ordine del preside Albus Silente e ho l’incarico di portarla con me alla scuola”.

Harry, che si era immediatamente  alzato dal pavimento, ascoltava con attenzione e paura e annuiva ad ogni parola della donna.

“Adesso se non le dispiace, mi piacerebbe parlare con i suoi zii prima di partire in riguardo alla sua istruzione”. Harry ascoltava e guardava l’insegnante con curiosità e perplessità. Forse era una scuola speciale, come un riformatorio, suo zio lo minacciava sempre di farlo rinchiudere in un riformatorio per disturbati mentali. Da canto suo la McGranitt sembrava aspettare un’azione del bambino che però non venne e perciò continuò con fare paziente: “Le dispiacerebbe andarli a chiamare?”.

-Che stupido sono stato a non capire subito- pensò Harry e poi disse: “Mi dispiace signora, professoressa McGranitt  ma i miei zii sono usciti”.

“Oh, va bene. Allora prenda le sue valigie e andiamo”.

Nella stanza c’erano solo Harry e la donna, di conseguenza il bambino pensò che stesse parlando ancora con lui. Stupito dal ricevere tante attenzioni, per ben quattro volte la donna gli aveva rivolto la parola, rispose: “Io, mi dispiace, non ho valigie”.

“Mi sta dicendo, signor Potter, che non ha indumenti di sua proprietà, giocattoli e libri oppure che non ha una valigia o un baule in cui sistemare tutto?!”.

“Sto dicendo che non niente di mia proprietà! Però” si corresse “posso portare i vestiti che ho addosso!”.

“Ah! Certamente questa è una grande fortuna!” rispose la donna cercando di non dar troppo peso alle sue parole. “Allora andiamo”. Si avvicinò al bambino e disse: “Entri nel caminetto , prenda un po’ di questa polvere e mentre la lancia in aria dica chiaramente: Ufficio di Silente. Io la raggiungerò subito dopo”.

In breve entrambi si trovarono nell’uffico del preside, alla presenza di Silente, Piton e Madama Chips. Harry li scrutò dalla testa ai piedi, eccetto la signora che sembrava un’infermiera, gli altri, erano vestiti in modo alquanto bizzarro. Certo i suoi vestiti erano vecchi e troppo grandi per lui ma almeno erano “normali”.

Forse non erano persone normali e per questo avevano accettato di comprarlo dagli zii. Anche i quattro adulti maturarono delle opinioni riguardo al bambino. Per Silente era un bambino dolcissimo, per Madama Chips era troppo magro, per Minerva c’era qualcosa che non andava e per Piton era una seccatura in più anche se quei vestiti così vecchi e larghi gli mandavano dei messaggi che non riusciva a decifrare ma che non avrebbe trascurato.

Fu Silente a rompere il silenzio. “Allora Harry, io sono il preside Albus Silente. Questa è la scuola di Hogwarts. Spero che tu sia felice di essere qui come noi di averti! Questa scuola è la tua nuova casa e ti invito a comportarti nello stesso modo in cui facevi a casa tua!”.

Il bambino ebbe un fremito lungo la schiena, ma stringendo forte i pugni dietro la schiena ricacciò indietro la paura. Il suo viso rimaneva del tutto inespressivo.

“Naturalmente, signor Preside” aggiunse Piton “sarebbe opportuno elencare al qui presente signor Potter alcune delle più importanti regole della scuola, al fine di preservare la sua sicurezza, la sua salute e finanche il nostro quieto riposo”.

Silente, cui non sfuggì l’ultima parte del discorso, inarcò le sopraciglia in segno di disappunto e Piton specificò: “Infatti sapere il bambino in situazioni rischiose ci causerebbe grave angoscia!”.

A Minerva scappò un mezzo sorriso e chiese: “Harry, cosa sai della scuola, della magia e del perché sei qui?”.

Harry non sapeva niente di tutto ciò e poté dire soltanto, senza alcuna espressione nella voce e nel volto: “Sono qui perché i miei zii si sono stancati di me, perché non sono abbastanza per loro. Non valgo niente e non posso migliorare perché sono troppo stupido per riuscirci!”.

“Chi ti ha detto queste cose?” domandò indignata Madama Chips.

“I miei zii” rispose Harry con gli occhi fissi nel vuoto.

“Non credi che si sbaglino?” domandò incoraggiante Silente.

“Io non penso perché quello che penso è sbagliato e non posso migliorare” rispose Harry.

Gli adulti si guardarono negli occhi mentre Harry era in piedi e immobile davanti a loro. C’era molto lavoro da fare, non si trattava di dare al bambino i primi rudimenti di magia di modo che l’anno successivo potesse affrontare al meglio la scuola, era chiaro che Harry avesse bisogno di molto più.

Bisognava trovare un modo per dare luce a quegli occhi che colpirono Severus come un pugno nello stomaco. Erano così vuoti, troppo! Mentre lui si ricordava chiaramente quanto brillassero anche al buio.

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Sono tornata con una storia che mi ronza nelle orecchie da diverso tempo. Non so quanto potrò essere veloce negli aggiornamenti, probabilmente un capitolo al giorno. A meno che non venga colta da improvvisa ispirazione. Questo capitolo l'ho scritto due settimane fà, ma era diverso in alcune parti fondamentali. Spero vi sollettichi un pò di curiosità. Sicuramente, come tutte le mie storie, sarà portata a termine. Vi saluto e vi mando un bacio.

Cercherò di non essere troppo OOC ma quando si tratta di Sev ed Harry, considerato che le mie sono storie What... if ..., esco piacevolmente fuori dai binari.

A tutte le persone che solitamente trovano una mia recensione alle loro storie: A inizio mese il mio Pc è stato attaccato dai virus informatici e io da quelli dell'influenza perciò non ho potuto seguire tutte le vostre storie. Sto cercando di recuperare. Spero di non saltare nessuno! Baci, Alida

  
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