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Autore: Spring Dania    13/02/2016    5 recensioni
Riprese il telefono e il giornale, poi digitò nuovamente il numero di Sakura e attese.
Il numero della persona chiamata potrebbe essere spento o non raggiungibile.
Sasuke cercò di mantenere la calma: magari le si era scaricato il telefono proprio mentre stava andando a cercarlo.
No.
Sakura non era esattamente il tipo che si faceva scaricare il cellulare giusto prima di un appuntamento con lui.
L’opzione chiamata era fallita perciò l’alternativa che gli restava era andare a cercarla.
Dove poteva trovarsi?
Hinata gli aveva detto che Sakura era uscita di casa per andare a cercare lui: questo significava che si era diretta specificatamente da casa sua in direzione dell’istituto.
Aspettò.
Il ragionamento di Sasuke non faceva una piega, sicuramente le cose erano andate in quel modo.

La storia di Naruto in un universo alternativo.
L'amore segreto per Naruto di una timida compagna di classe, Hinata, la serrata silenziosità di Sasuke e il suo irremovibile desiderio di vendetta.
Pairing: Naruto/Hinata, Sasuke/Sakura, Kakashi/Anko e molti altri.
Fanfiction ripresa dopo anni di pausa... perdonate perciò la differenza di stile tra inizio e fine.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Asuma/Kurenai, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate | Contesto: Naruto prima serie, Naruto Shippuuden
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Ciao bimbi! Scusate se mi sono fatta attendere tanto per aggiornare ma sono successe tantissime cose! Innanzitutto mi sono laureata.. e questo lo sapevate, poi ho fatto un po' avanti e indietro in questo periodo e credetemi... questo capitolo l'ho scritto sempre e soltanto in aeroporto. Ho dovuto prendere qualche aereo, ho fatto 4 colloqui di cui 2 di presenza per la stessa azienda, funziona così quando decidono di farti fare la selezione da neolaureato per uno stage.
Quando ero davanti ai gate, in attesa dell'imbarco, aprivo sempre il tablet e scrivevo; ragazzi una cosa allucinante la tratta Fiumicino-Fontanarossa con Ryanair, non comprate mai quel volo, spendete un patrimonio in Alitalia che almeno vi danno lo spuntino e vi collegano al terminal col tubo ma non prendete mai Ryanair Fiumicino-Fontanarossa, a meno che non costi 15 euro e a volte succede.
Comunque... la novità è che il 23 prendo un altro volo per Malpensa e il 24 ne prendo uno per Tartu che, per chi non lo sapesse, si trova in Estonia. Ho vinto una borsa di studio Erasmus+ di tre mesi e vado a fare un tirocinio post laurea presso l'Istituto di Tecnologia dell'università locale, sono molto felice perché è un passo in più per entrare nel mondo del lavoro. Sono del tutto intenzionata a continuare a scrivere mentre sarò lì, anzi spero che il mio soggiorno in Estonia non faccia altro che contribuire come fonte ispiratrice... la cosa che mi preoccupa è il freddo.
Io sono abituata a minime di 12°C e a Tartu questa settimana sono previste minime di -7°C.

.-.

Allora, torniamo a noi. Questo capitolo davvero mi ha distrutta. Vuoi gli impegni, vuoi il dover scrivere sempre in aeroporto, vuoi che sono un po' esaurita e sotto pressione per i fatti miei, non riuscivo mai a trovare il punto di convergenza.
Ringrazio Heart_break, Mfelewzi che mi ha chiesto di aggiornare proprio mentre stavo aggiornando, SasuSaku forever, Saku_Nami e stef23.
Siate clementi, davvero.

Capitolo 21

Folle

I remember when, I remember, I remember when I lost my mind,
there was something so pleasant about that place.
Even your emotions had an echo
in so much space
and when you're out there
without care,
yeah, I was out of touch
but it wasn't because I didn't know enough,
I just knew too much…

Does that make me crazy?
Does that make me crazy?
Does that make me crazy?
Possibly…

Crazy - Gnarls Barkley

“Chiedo scusa? È questo l’istituto Sarutobi?”
Ebisu sollevò gli occhi sulla ragazza dai capelli rossi che gli si era appena parata davanti.
“Sì. Prego, come posso esserle utile?”
“Devo parlare con il professor Sarutobi.”
“Ha un appuntamento?”
“Temo di no.”
“Mi dispiace, il professore in questo momento è impegnato. Se vuole parlare con lui, prenda appuntamento altrimenti può aspettare che si sia liberato… sta facendo la terapia di gruppo del sabato.”
La ragazza sbuffò leggermente, mostrando un’espressione confusa e ansiosa.
“È successo qualcosa?”
“È che… devo assolutamente andare a parlare lui… ho dei problemi e non so come fare…”
Ebisu la osservò mettersi le mani ai capelli, dunque si alzò da dietro la sua scrivania. “Mi aspetti qui.”
Quando le diede le spalle, la ragazza si affrettò ad estrarre una pistola dalla cinta dei pantaloni e a dargli un colpo sulla nuca, facendolo svenire.
“Coglione…”
Si voltò verso tre ragazzi che, fino a quel momento, erano rimasti in disparte. “Chiudiamolo da qualche parte, prima che si svegli e chiami la polizia.” Disse il più alto.
“E secondo te perché credi che lo abbia stordito, Kidomaru?”
“Sta’ zitta, Tayuya… e dammi una mano. Dove lo mettiamo?”
Tayuya si guardò attorno, per poi soffermarsi su una porticina in fondo ad alcuni scalini.
“Deve essere uno scantinato.”
“Mettiamolo lì dentro.”
Chiusero la porta a chiave e Kidomaru si voltò verso gli altri due ragazzi: uno di questi era più grosso, con un’espressione decisamente poco accomodante stampata sul viso, l’altro era slanciato e con i lisci capelli argentei.
“Sakon, ci dividiamo?” chiese al secondo.
Sakon indicò il piano di evacuazione dell’edificio, appeso al muro. “Ci sono in totale quattro livelli… proseguiamo per ciascun piano e il primo che trova Sarutobi, avvisa tutti gli altri. Dobbiamo essere sicuri che nessuno chiami la polizia.”
Kidomaru estrasse una pinza dalla tasca del jeans. “Adesso taglio il cavo del telefono.”
Sakon annuì.
“E dopo cosa facciamo?” chiese Jirobo.
Sakon si voltò a guardare Tayuya ed entrambi si rivolsero un sorriso sardonico.
“Avvisiamo il maestro Orochimaru.” Concluse, poi.

Quella mattina Tsunade si era svegliata con un forte dolore alle cosce, ai polpacci e ai legamenti delle gambe.
Una persona qualunque probabilmente avrebbe pensato di aver praticato un’eccessiva attività fisica, dopo un lungo periodo di inattività, e che quindi quei dolori potessero essere legati alla normale produzione di acido lattico.
Tsunade tuttavia sapeva bene che si trattasse di qualcosa di diverso.
Da alcuni anni infatti aveva iniziato a soffrire della Sindrome delle gambe senza riposo.
Non era una malattia bensì un fastidio che, saltuariamente, si ostinava a presentarsi.
Quel dolore alle gambe tendeva a sopraggiungere normalmente durante le primissime ore del mattino e talvolta anche subito dopo l’essersi stesa a letto.
La sensazione di dolore era identica a quella dovuta alla presenza dell’acido lattico sulla muscolatura… ma più forte e tendeva a perdurare per diversi giorni.
Non si trattava neanche di una vera e propria infiammazione.
L’unico rimedio utile a far passare quel fastidio alle gambe consisteva semplicemente nel muoverle: Tsunade avvertiva dunque la sensazione di fastidio ma una volta in piedi, una volta intenta a camminare, quel fastidio sembrava svanire del tutto.
Aveva sempre cercato di non darvi troppo peso ma chiunque conoscesse bene Tsunade sapeva che quella condizione rappresentava per lei una situazione di disagio.
Ma in realtà ciò che metteva a disagio Tsunade era il disagio stesso.
A pensarci bene forse Shizune si trattava dell’unica persona che fosse a conoscenza di quel fatto.
Si affrettò a lavare le stoviglie sporche del pranzo e messe nel lavandino della cucina, per poi dirigersi verso il soggiorno, accendendo il televisore.
Poi prese il portatile e iniziò a scaricare la posta elettronica, mentre il telegiornale mostrava le ultime notizie.
Stava osservando le newsletter di una nota marca di capi di abbigliamento, quando il telefono di casa squillò.
Tsunade si voltò a guardarlo: le persone che conoscevano il suo numero di casa erano relativamente poche.
Chiunque avesse necessità di parlare con lei poteva farlo telefonando al numero della presidenza, al cellulare, scrivendole una mail oppure cercandola sui social network.
Ma era davvero difficile che qualcuno potesse contattarla al suo recapito fisso.
Shizune era una di quelle persone ma erano solite sentirsi mediante la messaggistica istantanea, Jirayia invece la chiamava sempre e solo sul cellulare.
“Pronto?”
“Tsunade?”
Era Jirayia.
“Perché mi stai chiamando al numero fisso?”
“Scusa se ti ho disturbato, è molto importante.” Disse l’amico dall’altro capo del telefono. “Sono con i genitori di una tua allieva… Sakura Haruno. Ti sto chiamando da casa sua, sei in vivavoce.”
Sakura Haruno?
“Che succede?”
“È successo un casino. Hanno occupato l’istituto Sarutobi… e pare che Sakura, Naruto e Sasuke siano scomparsi.”

* * *

8 ore prima.

“Come sarebbe a dire è uscita?”
“Mi ha detto che sarebbe rientrata immediatamente ma è già da un’ora e mezza che è fuori. Sasuke, che succede?”
Sasuke non rispose subito.
Alzò gli occhi sulla signora Haruno e arricciò le labbra. “Forse mi sono sbagliato. Deve essere andata direttamente al parco.”
“Non so… mi aveva detto che avrebbe dovuto prestarti lo yukata.”
Cazzo.
“Provo a chiamare Hinata, allora.”
Sasuke si congedò in fretta e furia dalla soglia di casa, affondando la mano nella tasca dei jeans e facendo il numero di Sakura.
Il cellulare squillava a vuoto, in maniera insistente.
Chiuse la chiamata con irruenza per poi selezionare il nome di Hinata dalla rubrica.
Hinata probabilmente fu sorpresa di ricevere quella telefonata perché Sasuke ne percepì il tono ansioso.
“Sasuke…?!”
“Hinata, scusa ma è importante. Sai dove sia Sakura?”
“Sasuke… io non so, ci ho parlato circa un’ora e mezza fa e mi ha detto che stava venendo da te, a cercarti.”
Sasuke si bloccò sul marciapiede.
“Come hai detto?”
“Doveva parlarti.”
“Ma eravamo rimasti che sarei andato da lei, che motivo avrebbe avuto di venire da me? Anche sua madre mi ha detto che è uscita già da un’ora e mezza.”
Hinata restò in silenzio per qualche secondo, prima di parlare.
“Hai visto il giornale di oggi?”
Sasuke alzò lo sguardo.
“No.”
“È meglio che tu lo veda. Sakura ti sta cercando.”
Sasuke non seppe bene come rispondere a quell’imperativo ma si decise ad obbedire, senza fare troppe storie.
Quando pochi minuti dopo si fu reso conto di cosa effettivamente stesse parlando Hinata, Sasuke avvertì una sensazione di cedimento alle ginocchia: era come se improvvisamente un dolore acuto le avesse attanagliate entrambe, trasmettendo al ragazzo una sensazione di sofferenza, impossibile da trattenere.
L’asfalto duro macchiò i jeans del ragazzo e i pugni che quest’ultimo sferrò verso il basso, incurante della sporcizia e delle macchie di pneumatico.
Il volto di Itachi lo osservò dal giornale, con quell’aria di mistica noncuranza che aveva sempre caratterizzato ogni sua azione.
Chi per strada lo vide rimettersi in piedi, pensò semplicemente che fosse accidentalmente caduto… ma non si trattava di questo.
Quello provato da Sasuke nei confronti di Itachi non si trattava più di semplice gelosia ancestrale o di odio, ma di una vera e propria follia che in un brevissimo istante balenò negli occhi del ragazzo, sostituendo al lucido e calcolato pensiero sul fratello un’ansia adrenalinica e priva di inibizione.
Fu qualcosa che durò meno di un secondo, che solo chi si fosse trovato di fronte a Sasuke avrebbe notato.
La sicurezza del ragazzo, esattamente com’era vacillata, ritornò al suo punto di equilibrio stabile, lasciando nuovamente posto alla solo apparente compostezza fisica e mentale.
Riprese il telefono e il giornale, poi digitò nuovamente il numero di Sakura e attese.
Il numero della persona chiamata potrebbe essere spento o non raggiungibile.
Sasuke cercò di mantenere la calma: magari le si era scaricato il telefono proprio mentre stava andando a cercarlo.
No.
Sakura non era esattamente il tipo che si faceva scaricare il cellulare giusto prima di un appuntamento con lui.
L’opzione chiamata era fallita perciò l’alternativa che gli restava era andare a cercarla.
Dove poteva trovarsi?
Hinata gli aveva detto che Sakura era uscita di casa per andare a cercare lui: questo significava che si era diretta specificatamente da casa sua in direzione dell’istituto.
Aspettò.
Il ragionamento di Sasuke non faceva una piega, sicuramente le cose erano andate in quel modo.
Prese a camminare e il suo passo si affrettò sempre di più, ripercorrendo a ritroso il medesimo percorso che aveva effettuato qualche minuto prima.
Doveva per forza essere andata così, sicuramente era andata così.
Non incontrò la ragazza lungo il suo cammino.
Giunto nuovamente all’istituto, si avvicinò alla portineria, dove trovò Ebisu.
“Scusami Ebisu, è venuta Sakura a cercarmi? Sai, quella ragazza con i capelli rosa…”
“No, Sasuke non ti ha cercato nessuno.”
CALMA.
“Ok, grazie.”
Uscì e aspettò ancora.
Qualcosa non quadrava.
Riprese il telefono.
“Pronto?”
“Hinata.”
“Sasuke!”
“Hinata, non trovo Sakura. Sono tornato in istituto e mi hanno detto che non l’hanno vista.”
“Calmati. Non vi siete incrociati?”
“No.”
“Non hai pensato che possa essere con gli altri? So che avrebbero dovuto raggiungervi nel pomeriggio.”
“Esatto, nel pomeriggio. Non credo che Sakura avrebbe cambiato piani così, senza avvisarmi. Anche sua madre mi ha detto che sapeva che Sakura avrebbe dovuto aspettarmi… Sono preoccupato, Hinata. Dopo quello che ho visto sul giornale, temo che possa essere successo qualcosa.”
Hinata restò in silenzio per qualche secondo, poi parlò.
“Chiama Naruto, io contatto Ino.”
“Ok. Ci sentiamo tra un poco.”
Sasuke non perse tempo a seguire il consiglio di Hinata e selezionò immediatamente il numero di Naruto dalla rubrica.
“Sakura? No, non l’ho vista, sono a casa. Mi aveva detto che doveva vedersi con te.”
Naruto sembrò straordinariamente serio quando Sasuke l’ebbe contattato.
“Quando?”
“Due ore fa. Ma perché me lo chiedi?”
“È una storia lunga.”
“Sasuke…?!”
“Non posso spiegartelo adesso, è davvero una storia lunga. In ogni caso sua mamma non ha sua notizie e Hinata mi ha detto di averle parlato; dice che è uscita per andare a cercare me… ma nessuno l’ha vista in giro. Sono preoccupato, Naruto… speravo che almeno tu potessi aggiornarmi.”
“Su cosa dovrei aggiornati? Non so sinceramente dove sia, mi aveva detto che doveva uscire con te e che non voleva né me né gli altri tra i piedi… ma perché sei preoccupato?”
“Non mi risponde proprio al cellulare.”
Pausa.
“E sua madre?”
“Ti ho detto che non sa niente, quando sono andato a casa di Sakura mi ha detto che era uscita, dicendole che sarebbe stata subito di ritorno. Io sono qui davanti al nostro istituto… come un idiota.”
Naruto non disse niente.
Quando Naruto restava senza parole, c’era davvero di che preoccuparsi ma l’attesa non parve durare molto.
“Ha detto che dovevate andare al parco. Possiamo provare a cercarla lì.”
“Dici che sia andata lì? Ma per fare cosa, se eravamo rimasti che ci saremmo visti a casa sua? Doveva prestarmi uno yukata, tra l’altro… dovevo cambiarmi da lei.”
“Sasuke, non ne ho idea… ma da qualcosa bisogna pur cominciare. Hai detto che hai parlato con Hinata, giusto?”
“Sì, starà parlando con Ino.”
“Va bene, proverò a parlarne con lei. Mi faccio spiegare bene cosa non vuoi dirmi.”
Sasuke sbuffò ma si rese conto di non essere in una posizione adeguata per protestare.
“D’accordo. Allora adesso vado al parco.”
“Ok, ci vediamo lì. Comunque ascolta una cosa.”
“Che c’è?”
“I genitori di Sakura… sanno che Sakura non si trova?”
Sasuke esitò prima di rispondere. “Non ho lasciato trasparire questo.”
“Chiama a casa di Sakura e prova a vedere se per caso sia rientrata.”
“Sì, è una buona idea.”
“Sasuke?”
“Sì?”
“Rischiamo di ottenere un buco nell’acqua. Diamoci un tempo massimo, chiediamo ai ragazzi di darci una mano… ma in caso se vediamo che la situazione non migliora mettiamo in allarme la famiglia di Sakura… e la polizia.”
Sasuke deglutì.
La polizia?
Chiuse il telefono senza dire altro.
Naruto osservò il display del cellulare per qualche secondo, per poi dirigersi in salone, dove Jirayia stava indossando il soprabito.
“Jirayia, è successa una cosa strana.”
“Che succede?”
Il tutore lo guardò in maniera interrogativa: i più gli avevano confidato che dacché si era allontanato dallo stile di vista dell’istituto, Naruto aveva continuato ad essere sì impulsivo ma pian piano aveva anche iniziato ad essere più deciso e perspicace.
Vederlo arrivare con quell’espressione turbata era un vero e proprio campanello di allarme.
“Mi ha chiamato Sasuke.” Affermò il ragazzo, in modo concitato. “Sostiene che Sakura sia sparita dalla circolazione e che nemmeno sua madre abbia sue notizie. Dice che avrebbero dovuto vedersi e che non risponde al cellulare, è come se fosse spento.”
“Credi che le sia successo qualcosa?”
“Sasuke sostiene che avrebbero dovuto vedersi a casa di lei e che ad un certo punto, stando a quanto dice la signora Haruno, Sakura sia invece uscita di casa in fretta e furia.”
“E sulla base di cosa afferma che le sia successo qualcosa?”
“Mi ha detto di parlare con Hinata.”
“Beh, chiamala.”
Naruto osservò il sopracciglio alzato di Jirayia e agguantò il telefono cordless poggiato sul tavolino, cercando di digitare il numero di casa dell’amica.
“Vediamo… sì, mi pare che il numero… ok, squilla.”
Jirayia attese.
Anche Naruto rimase in attesa finché non ebbe ottenuto una risposta.
“Sì, buongiorno… sono Naruto Uzumaki. Vorrei parlare con Hinata, è in casa?”
“…”
“Grazie.”
Naruto guardò Jirayia, iniziando a parlare poco dopo. “Sì, Hinata. Sono Naruto, senti mi ha chiamato Sasuke, era preoccupato per Sakura. Mi spieghi che succede?”
Jirayia vide il ragazzo strabuzzare gli occhi in modo insolito.
“Itachi Uchiha?!”
Gli fece segno di mettere il vivavoce e Naruto annuì con un cenno del capo. “Senti Hinata, non ti imbarazzare ma ti sto mettendo in vivavoce, sono con Jirayia… sai, lui è un poliziotto.”
“O-o-ok!” si udì un timido trillo, proveniente dall’altro capo del telefono. “Non perderò troppo tempo… Stamattina sul giornale è uscito un articolo dedicato al fratello di Sasuke, Itachi Uchiha.”
Jirayia strinse il bordo del tavolo. “Non ho ancora comprato il giornale oggi, cosa diceva?”
“Diceva che hanno concesso la libertà vigilata al fratello di Sasuke perché è malato e non vedente.”
Jirayia non parve sorpreso. “Credo che sia una notizia datata.”
“Sì.” Confermò Hinata inaspettatamente. “Il problema è che Sakura ultimamente aveva avuto a che fare con un ragazzo non vedente che spesso e volentieri trovava i mezzi per trovarla e un po’ la corteggiava… a scuola o comunque nei dintorni. Stamattina ha visto la foto sul giornale e ha scoperto essere proprio il fratello di Sasuke e… anche io l’ho incontrato mentre ero con lei… posso confermarlo, quando ho visto la foto l’ho riconosciuto subito.”
“Che cosa intendi quando dici che Itachi Uchiha spesso e volentieri trovava i mezzi per trovarla, pur essendo non vedente?”
“Voglio dire che era sempre con qualcuno in grado di riconoscere Sakura. Come se la seguissero… una sorta di stalking. Io le avevo detto di non fidarsi.”
“Quindi?”
“Sakura è convinta che Sasuke lo sapesse e che non le avesse detto niente.”
Jirayia alzò gli occhi verso Naruto: lo vide rabbrividire.
“Credi che quindi stamattina sia andata a cercare Sasuke, per chiedergli spiegazioni?”
“No… lo so per certo, ho parlato al telefono con lei. Mi ha detto che stava andando da lui in istituto e ha chiuso la chiamata. Poi circa un'ora e mezza dopo mi ha telefonato Sasuke e mi ha detto che Sakura è assolutamente irreperibile.”
“Sì, è quello che ha appena raccontato a me.” Intervenne Naruto, duramente. “Ma quello stupido non ha voluto raccontarmi i dettagli.”
“Ho parlato con Ino e mi ha detto che lei non ha assolutamente visto o sentito Sakura.”
“Ok, grazie Hinata.” Concluse Jirayia. “Ti lascio parlare con Naruto.”
Naruto prese il telefono e tolse il vivavoce. “Sasuke mi ha detto che sarebbe andato a controllare al parco ma gli ho detto che se ci sono problemi è meglio chiamare la polizia.”
“Sì, hai fatto bene. Dovete aiutarvi a vicenda… io purtroppo con questo ginocchio non posso fare molto. Mi puoi tenere aggiornata?”
“Certamente. Ti ringrazio, Hinata… sei stata molto gentile.”
“A dopo, Naruto.”
“Ciao.” Naruto chiuse la comunicazione e prese a osservare Jirayia, poggiandosi alla scrivania. “Che devo fare?”
Jirayia si passò una mano sul viso. “Vestiti. Ti accompagno al parco.”

Sasuke sapeva che, decidendo di recarsi a casa di Itachi senza dire nulla, Naruto si sarebbe imbestialito come pochi.
Arrestò la sua corsa solo dopo essersi reso conto di essere giunto presso il condominio in cui viveva Itachi, così vicino sia alla scuola sia all’abitazione di Sakura.
La sensazione che provò però fu ben diversa da quella di perplessità che aveva avvertito sotto casa di Sakura, da quella di estemporanea follia accanto all’edicola o da quella di inquietudine dinanzi all’istituto.
Quella che provò Sasuke, una volta fermatosi, fu paura.
Ma non provava paura al pensiero che Sakura si fosse cacciata in qualche guaio.
Provava paura al solo pensiero di dover affrontare Itachi.
Un pensiero balenò nella sua mente mentre osservava il portone: davvero era intenzionato a citofonare a suo fratello?
Cos’avrebbe potuto chiedergli?
Ciao Itachi, sono tuo fratello Sasuke. Sono ancora in collera con te per aver sterminato la nostra famiglia ma oggi sono venuto qui per chiederti se per caso hai sequestrato Sakura.
Era un pensiero surreale e ridicolo.
Ovviamente provò a citofonare ma non ottenne alcuna risposta.
Le cose erano due: o non era in casa o non voleva rispondere.
Sasuke rimase incollato al citofono ma non c’era assolutamente possibilità di ricevere alcun segno di vita.
Provò a citofonare a qualcun altro.
“Mi scusi, sono un amico di Itachi. Forse non ha sentito il citofono… sono preoccupato.” Buttò lì su due piedi. “Non è che potrebbe aprirmi?”
Pregò il cielo che se la bevessero: Itachi era cieco, non sordo ma poteva anche essere che una persona con una disabilità come la sua corresse dei rischi anche tra le mura di casa e che fosse legittimo preoccuparsi.
Volle il cielo che il portone si aprisse e che Sasuke si precipitasse lungo le scale, fermandosi ad intervalli regolari per analizzare i nomi sopra i campanelli di ciascuna porta, finché al terzo piano non si fu imbattuto nel nome Uchiha.
Prese a suonare ma non ricevette alcuna risposta perciò iniziò a bussare in maniera incessante.
Poggiò istintivamente l’orecchio sulla superficie di legno ma non udì alcun suono e quella convinzione balenò nuovamente nel cervello di Sasuke.
O non era in casa o non voleva rispondere.
Mentre osservava la superficie del legno della porta, udì la suoneria del suo cellulare e rispose.
“Naruto.”
“Sasuke ma dove ti sei cacciato? Sono qui al parco.”
“Ti sto raggiungendo.”
“Ma dove sei?”
Sasuke fece un respiro profondo e chiuse gli occhi.
“Sto uscendo da casa di mio fratello.”
“…”
“Non è qui. E se è qui, allora non risponde nessuno.”
“Dove stai?”
“Non importa. Ci vediamo al parco?”
“D’accordo, sono all’ingresso est.”
Naruto chiuse la comunicazione e si voltò verso Jirayia. “Sasuke è andato a casa di suo fratello.”
Jirayia arricciò il labbro, guardandolo attraverso il finestrino abbassato.
“Che ti diceva?”
“Dice che non c’è nessuno o che non risponde nessuno.”
Jirayia agitò il giornale appena acquistato. “Qui c’è scritto che Itachi Uchiha lavora al centro operativo. È davvero possibile che non sia in casa.”
“Che pensi che dobbiamo fare?”
“Bisogna avvisare la famiglia di Sakura e chiamare la polizia.”
“Posso aspettare Sasuke?”
“Naruto, non fare fesserie. Voglio che andiate a casa di Sakura dopo.”
“A casa di Sakura?”
“Dovete spiegare voi ai genitori di Sakura che cosa può essere successo.”
“Ah… sì, capisco.”
“Perciò trova Sasuke e andate lì, io cercherò di raggiungervi quanto prima.”
“Ci vediamo lì?”
“Sì.”
“Ti ricordi dove sta?”
“L’abbiamo accompagnata più di una volta a casa.” Disse Jirayia.
“E tu adesso dove vai?”
Jirayia lo guardò. “Vado a lavoro e nel frattempo do un’occhiata in giro. Tienimi aggiornato, farò il possibile per venire da voi.”
Naruto annuì e osservò l’auto di Jirayia allontanarsi lentamente.
Si appoggiò alla superficie ruvida del muretto della recinzione del parco, in attesa che Sasuke giungesse presso il punto di incontro che avevano concordato.
Passarono alcuni minuti, in cui il biondo si ostinò a mangiucchiare le pellicine sul bordo delle unghie, finché qualcosa non attirò la sua attenzione: tre ragazzi e una ragazza entrarono a passo spedito nel parco.
Era quasi sicuro di averli già visti nei dintorni della scuola, mai dentro.
La ragazza aveva i capelli di un particolare rosso acceso e non perse tempo a scoccargli un’occhiataccia e a dirgli: “Che cazzo hai da guardare?”
Naruto non arrossì di certo ma, preso alla sprovvista, si affrettò a rivolgere lo sguardo altrove.
“Te la prendi con tutti gli sfigati che ti guardano.” sentenziò uno dei tre ragazzi, che sembrava avesse il fisico imbottito di grasso e muscoli insieme.
“Fatti i cazzi tuoi, ciccione. Non ti spacco la faccia perché dobbiamo fare quel lavoro.”
Naruto riuscì a udire solo le parole bagascia e merda secca prima che il volume delle loro voci scemasse completamente.
Non dovette attendere a lungo prima che arrivasse Sasuke: sembrava distrutto.
“Niente, vero?”
“Niente.”
“Sasuke, ho parlato con Hinata e con Jirayia. Dobbiamo andare dai genitori di Sakura… avvisare la polizia.”
“La polizia?”
“Jirayia mi ha detto che sul giornale c’è scritto che tuo fratello lavora al centro operativo… sai, magari è al lavoro e con questa storia di Sakura non c’entra niente.”
Sasuke ci mise un po’ ad elaborare le parole pronunciate da Naruto: era come se appena udito il termine niente la vista gli si fosse completamente annebbiata.
Sentì le gambe vacillargli sotto il peso del corpo ma la sensazione che provò non fu la stessa avvertita quella mattina, alla vista del giornale.
Fu come se gli fossero venute a mancare totalmente le forze.

* * *

Quando Sakura aprì gli occhi, tutto ciò che vide attorno a lei fu il buio più totale.
Provò ad alzarsi da terra ma scoprì presto che le sue braccia erano state legate a delle sbarre di legno, a giudicare dalla consistenza al tatto.
“Aiuto!” gridò, scuotendole. “Qualcuno mi aiuti!”
Silenzio. Sembrava che non stesse volando una mosca.
Com’era finita lì?
Quella non era una domanda a cui poteva rispondere.
Una cosa però insisteva nel tormentarle la mente: cloroformio.
Qualcuno l’aveva fatta svenire… e sapeva anche chi.
Gaara.
Aveva visto il suo sguardo folle proprio poco prima di perdere i sensi, i suoi occhi chiari cerchiati da quei solchi profondi, dovuti a una grave mancanza di sonno.
La vera domanda era: perché?
Neanche a quel quesito avrebbe potuto dare una risposta, almeno non in quel momento.
L’unica cosa che sapeva di Gaara era che non fosse affatto normale e che l’ultima volta che aveva messo le mani su una persona, quest’ultima era finita in ospedale in maniera quasi irrimediabile.
Le mani erano legate alle sbarre con una di quelle fascette di plastica, usate per unire insieme i cavi elettrici.
Provò a tastarsi le tasche, per quel che poteva.
Ovviamente non aveva il cellulare addosso, glielo aveva preso.
Era bloccata, in trappola, in un luogo che non conosceva.
Però, a giudicare dall’odore che aspiravano le sue narici, probabilmente si trovava in una palestra: quell’odore di sudore misto a polvere le trasmise una sensazione sgradevole che ovviamente contribuì ad alimentare il suo stato di malessere.
I suoi dubbi però scemarono, almeno in parte, quando vide una soglia aprirsi in fondo alla sala in cui si trovava, lasciando intravedere la silhouette di qualcuno in contrasto con una fonte luminosa.
I capelli scompigliati sul capo le suggerirono immediatamente che si trattava proprio di Gaara ma quell’apertura verso l’esterno, e quindi verso la luce, le permisero di squadrare con attenzione qualche dettaglio dell’ambiente circostante, imperscrutabile al buio.
Il pavimento verde di linoleum, l’ombra della rete del campo di pallavolo e la sagoma del contenitore metallico dei palloni le fecero subito capire che si trovava non in una palestra qualsiasi ma proprio in quella della Leaf.
Era a scuola ed era legata alla spalliera della palestra femminile.
“AIUTO!” gridò.
“È inutile che gridi. Non possono sentirti.”
Gaara manifestò subito una compostezza inattesa, quasi lucida.
“Che cosa vuoi?!” esclamò Sakura in maniera irruenta. “E perché mi hai portata qui?”
“Questi non sono affari tuoi.”
“Ah, no?!”
Chissà che ora era.
Proprio mentre si poneva quell’ennesima domanda, Sakura intravide un barlume di speranza: probabilmente, anzi, sicuramente, Sasuke in quel momento la stava cercando.
Sasuke non era di certo il tipo da rimanere con le mani in mano se lei inaspettatamente non si fosse presentata a un appuntamento con lui.
Le venne da sorridere: per una volta la sua testardaggine sarebbe risultata utile a qualcosa.
Ma in realtà non c’era alcun motivo letico per cui avrebbe dovuto essere contenta.
Era comunque in trappola.
“Perché mi hai portata qui a scuola?” insistette.
Niente panico…
Gaara non rispose. Si limitò ad osservarla con uno strano sguardo corrucciato, come se stesse rimuginando su qualcosa di poco convincente.
“Evidentemente è destino che la gente mi aggredisca nelle palestre di questa scuola.”
“Chi ti ha aggredita qui?”
“Non è stato qui, è successo nell’altra palestra… dove si fanno i corsi di pugilato.”
Sakura alzò gli occhi sul ragazzo.
Non sapeva bene se fosse il caso di dirgli quello che stava pensando ma non aveva molta scelta, in qualche modo doveva riuscire ad uscire da quella circostanza poco piacevole.
“Sono stata aggredita da Dosu Kinuta e i suoi amici.”
Ottenne l’effetto sperato: Gaara probabilmente non era al corrente di quell’informazione e il riferimento a Dosu Kinuta forse non lo aveva spaventato ma quanto meno scosso.
“Dosu Kinuta? E perché?”
“Questi non sono affari tuoi.”
Gaara la guardò: le parti si erano invertite.
“È molto meglio per te che tu me lo dica.”
“Non provare a torcermi un solo capello.”
“Non puoi chiamare la polizia.” Gaara estrasse il telefono di Sakura. “Il tuo telefono ce l’ho io… ed è spento.”
“Fuori è pieno di persone che a quest’ora mi staranno già cercando.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Lo so e basta.”
“Dimmelo.”
“Te lo dico solo se mi dici perché mi trovo qui.”
Silenzio.
Il fatto che Gaara non stesse ribattendo mise Sakura in stato di allerta: evidentemente quella faccenda che lui l’avesse sequestrata e che tuttavia fuori ci fosse qualcuno disposto a cercarla sembrava turbarlo molto.
Forse aveva dato per scontato che quel territorio sarebbe rimasto off limits abbastanza a lungo da non dover avere problemi.
Le cose non stavano così, almeno non per lei.
Ma la domanda continuava ad essere una: perché lei si trovava lì?
“Tu stai con Sasuke Uchiha, vero?”
Sakura distolse lo sguardo, arrossendo. “Non sto con Sasuke…”
“Ma lo conosci bene.”
“Perché la cosa ti interessa?”
“Sono io quello che fa le domande.”
“Non ti dirò niente finché non mi dirai che cosa ci faccio qui.”
“Sei qui perché l'ho voluto io. Perché, come ti ho detto, conosci Sasuke Uchiha.”
“Non ti dirò niente su Sasuke, stai perdendo il tuo tempo.”
“Invece…” Gara si accovacciò, per osservarla più da vicino. “Adesso mi spieghi perché Orochimaru si sta dando tanto da fare per questo Sasuke Uchiha.”
A Sakura si raggelò il sangue: il fantasma di Orochimaru che andava alla ricerca disperata di Sasuke le fece, per l’ennesima volta, tornare in mente in quale situazione di disagio sociale vivesse il ragazzo; le fece ricordare che non tutte le persone erano ben intenzionate o disposte a vivere una vita fatta di lavoro, sacrificio e onestà.
Alcune persone erano disposte a tutto pur di ottenere ciò che volevano e Orochimaru era una di queste, Sakura lo aveva sentito sulla sua stessa pelle cosa significava essere vittima di un sopruso.
Anche quello che le stava attuando Gaara era un vero e proprio terrorismo psicologico, mirato ad ottenere qualcosa, qualcosa che con Sakura aveva poco a che fare.
“Io non lo so.”
“Ne sei sicura?”
“Anche se sapessi qualcosa, stai certo che non ti direi niente. Ma in ogni caso stai perdendo il tuo tempo… io non so niente.”
Sakura sentenziò quel pensiero con fermezza, come se in quel momento non fosse legata alla sbarra della spalliera, con di fronte un ragazzo dalla sanità mentale piuttosto limitata.
“Che ti ha fatto Dosu Kinuta?”
“Lui e i suoi amici mi hanno pestata perché volevano qualcosa da Sasuke.” Rispose Sakura con sdegno. “Li aveva mandati Orochimaru… ma ti ripeto, io non so niente di cosa voglia da lui… e spero di non doverlo mai sapere.”
Gaara continuò a osservare Sakura con una freddezza glaciale.
Stava probabilmente ragionando su quale dovesse essere la prossima mossa ma forse in quel momento non era in grado di prendere una decisione.
Si limitò a farle un’altra domanda.
“Ora che sai perché sei qui… dimmi perché sei tanto convinta che presto arriverà la polizia.”
“Non lo so se arriverà la polizia.” Sbottò Sakura. “Ma sono sicura che qualcuno in questo momento mi stia cercando. Sasuke mi starà cercando.”
“Questo lo immaginavo ma supponi che per esempio Sasuke si sia imbattuto nelle persone sbagliate.”
“Persone come te?”
Gaara non rispose ma attese comunque una replica alla sua tesi.
Sakura strabuzzò gli occhi.
L’idea che in quel momento Sasuke fosse con qualcuno dalle pessime intenzioni e che lei fosse lì a dover ragionare sulla follia di certi individui non la spaventava.
La terrorizzava.
Ma Gaara non aveva tenuto conto di una cosa.
Gaara non aveva tenuto in considerazione il fatto che nella vita di Sakura non ci fosse solo Sasuke ma ci fossero anche altre persone, come i suoi genitori, Naruto, o Hinata.
Persone con cui lei, prima di cacciarsi in quella situazione tanto precaria, aveva parlato e che conoscevano i suoi programmi per la giornata e soprattutto i suoi recenti stati d’animo, le sue ansie e preoccupazioni.
Sakura non sapeva se Gaara volesse Sasuke o lei per arrivare in maniera indiretta a Sasuke.
Tuttavia, se davvero Gaara si trovava in prossimità di casa sua o dell’istituto Sarutobi, certo non avrebbe mai potuto conoscere la causa per la quale Sakura fosse tanto motivata ad andare a parlare con Sasuke, in quel frangente.
“Tu non ce li hai degli amici, vero Gaara?”
Sakura seppe di aver toccato un nervo scoperto quando vide Gaara mostrare un’espressione di rabbia atroce mista ad imbarazzo.
“Che hai detto…?”
“Ti ho chiesto se hai degli amici. Lo sai che cosa vuol dire avere degli amici?”
Le dita delle mani di Gaara avevano preso a tremare convulsamente mentre reggevano il telefono di Sakura.
Probabilmente non era preparato ad un’affermazione del genere.
Decise di cavalcare quell’onda.
“La verità è che tu, Gaara, non hai la più pallida idea di che cosa siano i rapporti interpersonali e non puoi neanche lontanamente immaginare che cosa accade quando una persona a cui vuoi bene è nei guai.”
“Perché tu osi parlarmi in questo modo…?”
Fece cadere il telefono a terra e le sue mani presto si tuffarono in mezzo ai capelli, stringendoli.
Era fatta.
A Sakura non importava se Gaara le avesse fatto del male ma ormai il gioco valeva la candela.
“Te lo spiego subito… tu non lo sai ma stamattina ho scoperto una cosa e ho deciso di chiamare la mia amica Hinata per confidarmi con lei e dirle cosa fossi intenzionata a fare; tu non puoi essere a conoscenza del fatto che questo pomeriggio io e Sasuke avremmo dovuto incontrare il nostro amico Naruto e tutti gli altri al parco e che sarebbe risultato strano non farci vedere nei paraggi; certo l’opzione alternativa poteva essere che entrambi ci fossimo concessi del tempo insieme ma a questo punto entrano in gioco i miei genitori. A mia madre avevo detto che sarei uscita ma sarei anche tornata subito a casa e… sai com’è, quando io dico a mia madre di fare una cosa ma non la faccio, irrimediabilmente se lei lo scopre, si preoccupa e inizia a telefonare in maniera osses…”
Sakura non riuscì a finire la frase.
C’erano tante cose che Gaara non sapeva.
Gaara non sapeva quanto Sakura e Hinata fossero amiche; Gaara non sapeva come mai Sakura fosse importante per Sasuke; Gaara non sapeva, anche se presto lo avrebbe imparato, quanto Naruto fosse diffidente nei confronti delle persone che si nascondevano dietro a una maschera e non si rivelavano per come erano, sia che si parlasse di Sasuke e del suo passato, sia che si parlasse di Gaara e della sua violenza, nascosta dietro alla sua apparente indifferenza.
E poi c’era un’altra cosa che Gaara non sapeva e non avrebbe mai avuto modo di conoscere.
L’amore di una madre.

And I hope that you are having the time of your life
but think twice, that's my only advice…

Come on now, who do you, who do you, who do you,
who do you think you are?
Ha ha ha! Bless your soul…
You really think you're in control…

Well,
I think you're crazy,
I think you're crazy,
I think you're crazy,
Just like me…

Crazy - Gnarls Barkley

Prossimo capitolo: Non è abbastanza

Secondo voi che canzone metterò la prossima volta?
   
 
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