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Autore: OnlyHope    11/03/2016    17 recensioni
Crescere, cambiare, modificare e divenire. È ciò che accade ai sentimenti, alle emozioni di due persone, nel breve lasso di tempo di anno. Questa è la storia di cosa c’è stato prima di un addio. Questa è la storia di Tsubasa e Sanae prima che si trasformino in due coraggiose farfalle.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Don't Be Afraid to Fly '
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Becoming (Butterfly Intro)

Capitolo 25

Spread your wings and fly…
 
 
 



“Allora figliolo, fa buon viaggio!”
È così che mio padre si congeda da me.
La mamma è aggrappata al suo braccio e mi sorride, anche se i suoi occhi sono velati dalle lacrime.
Tre persone sulla soglia di casa, in una situazione che all’apparenza può sembrare perfettamente normale.
Un figlio in partenza, i genitori che si raccomandano un’ultima volta, prima di lasciarlo andare.
Tutto semplice se fossi un osservatore esterno.
Tutto facile, se non fosse che il figlio in questione sono io.
Un ragazzino che compirà quindici anni tra quattro mesi, con un borsone sulla spalla e niente più, per trasferirsi dall’altra parte dell’oceano.
Annuisco, cercando di farmi forza.
Non che mi manchi quella necessaria a compiere un passo così grande.
Ma c’è un nervosismo negli addii, che non mi è mai piaciuto e che non deve trapelare.
Non è infatti ipotizzabile che io lasci i miei genitori, dando loro l’impressione di non essere sereno in quelle che sono le mie scelte.
Sarebbe solo una preoccupazione inutile nel giorno che mi porterà finalmente ad allargare i miei orizzonti, per diventare l’uomo che voglio essere in futuro.
Il miglior calciatore del mondo.
Inutile protrarre questo momento in eterno, meglio lasciare che le cose vadano come devono andare.
Rassicuro mia madre con lo sguardo, perché voglio che senta che ce la farò, anche se non ci sarà la sua rassicurante presenza al mio fianco a sostenermi.
La mamma posa una carezza sul mio viso ed è così forte il desiderio di abbracciarla…
Ma non cedo.
Non posso intraprendere questo viaggio se mi lascio andare subito alla malinconia, così mi limito a fare pressione con la mia guancia contro il palmo della sua mano aperta.
La mamma sorride, come sempre.
Lei così forte e coraggiosa…
“Sei proprio sicuro di voler andare da solo all’aeroporto?” mi chiede per l’ennesima volta da ieri sera.
Annuisco ancora.
“È meglio così!” esclamo mentre la mamma sbuffa impercettibilmente, prima di voltarsi a guardare mio padre, che cerca di infonderle coraggio, stringendo forte la sua mano posata sul braccio.
“Ok, allora vado!”
Lo dico con tutta la semplicità di questo mondo.
Come se non stessi per lasciare per molto tempo la mia casa.
Come se fossi in procinto di partire per un breve viaggio all’interno del Paese.
I miei genitori sorridono ancora mentre mi salutano con un gesto della mano.
Incapaci di parlare.
Desiderosi di rispettare la mia volontà ovvero quella di non appesantire un momento già difficile con parole o gesti, a cui sarebbe facile aggrapparsi.
Senza aspettare oltre, mi volto e in pochi passi raggiungo il cancello.
Quando sono in strada però mi concedo un’ultima occhiata verso casa, prima di allontanarmi definitivamente.
Vi sarò riconoscente per sempre…
Mi avete dato l’opportunità di realizzare i miei sogni…
Grazie…
Un altro cenno con la mano, un ultimo sorriso prima di voltarmi e iniziare a correre, verso il mio destino.
E non c’è niente di meglio per scaricare l’ansia.
L’attività fisica è sempre stata il mio porto sicuro nei momenti più difficili.
E questo lo è certamente.
L’adrenalina scorre comunque attraverso le mie vene, è incredibile che sia giunto davvero questo giorno!
Oggi sto per compiere il primo passo verso la realizzazione di me stesso.
E so fin da ora, che i miei sogni non avranno limiti e diventeranno sempre più grandi col passare del tempo.
Perché un giorno tornerò in Giappone!
Stringendo la coppa del mondo nelle mie mani!
Uno sguardo all’orologio.
Ho ancora abbastanza tempo.
L’impazienza mi ha portato fuori casa con largo anticipo, rispetto alla tabella di marcia, così decido di fare un ultimo giro per Nankatsu.
È il mio saluto in solitaria a una città che mi ha dato sicuramente tanto, fin dal primo giorno in cui mi sono trasferito.
La prima tappa nel mio estemporaneo itinerario è la Villa dei Wakabayashi.
Davanti alla sua elegante residenza è impossibile non pensare al Genzo di qualche anno fa.
Alla sua arroganza di bambino ferito nell’orgoglio ma soprattutto al suo talento.
Ritirerei cento volte quel pallone dentro al suo cortile, è nata così la nostra solida amicizia.
Istintivamente il mio sguardo si allontana dall’imponente cancellata, che separa il giardino dalla strada e si alza verso l’alto, fissando un punto preciso in lontananza.
Il belvedere.
Il grande albero spicca sul promontorio, strappandomi un sorriso malinconico.
Sarebbe bello arrivare fin lassù.
Sarebbe davvero bello guardare ancora una volta la città dall’alto.
Ma è un lusso che non posso concedermi e non per mancanza di tempo o fiato.
Semplicemente…
Non me la sento.
Il belvedere racchiude fin troppi ricordi, da cui ora è facile scappare…
La mia corsa riprende quindi senza indugi, nella direzione opposta a quel luogo, scrigno di emozioni troppo forti.
Qualche centinaia di metri e raggiungo l’ingresso del parco.
Mi fermo di nuovo, incapace di oppormi.
I viali all’interno del giardino sono un tripudio di ciliegi in fiore.
C’è rosa ovunque.
Improvvisamente ho una strana sensazione…
E mi pento di non essere mai tornato a vederli con Sanae, prima di partire…
Sanae…
Nonostante tutti i miei sforzi, ecco che la mia mente torna prepotentemente da lei.
È il mio cuore a dare gli ordini.
D’istinto mi volto alla mia sinistra.
Sarebbe così facile percorrere questa strada…
In pochi minuti sarei a casa sua…
Sì, sarebbe facile sul serio.
Potrei vederla ancora una volta, prima di andarmene.
La tentazione è così forte…
Le ho detto che parto per telefono...
Senza lasciarle il tempo e il modo di parlare.
Come uno stronzo qualsiasi.
Non ho chiuso occhio questa notte.
So di averla ferita, come se la mia partenza non fosse già un fardello abbastanza grande per lei da sopportare.
Vorrei così tanto rimediare…
Ma è andata così, ormai.
Non posso correre da lei…
Nemmeno per chiederle scusa.
Posso solo confidare nei suoi sentimenti per me.
Mi concedo un ultimo sguardo sofferente alla strada, che potrebbe realmente condurmi a lei…
Scuoto la testa prima di correre ancora una volta, lontano da qualcosa che può davvero farmi male.
Mi allontano da Sanae e da quella parte di me, che non mi seguirà mai, perché incapace di perdonarmi questa odiosa separazione.
M’impongo di non pensare più a niente, quando avverto forte la tentazione di tornare sui miei passi.
Quando in lontananza intravedo la mia scuola, accelero finché non raggiungo il cancello d’ingresso chiuso.
È ancora presto, il cortile è vuoto e silenzioso.  
Tra un paio d’ore però i miei compagni saranno riuniti oltre queste mura, nervosi per l’esito delle ammissioni alla scuola superiore.
Mi auguro di cuore che tutti abbiano ottenuto un buon punteggio, specialmente Ryo, che nonostante tutte le sue lamentele, si è dato un gran da fare nell’ultimo semestre.
I miei occhi si posano sui pannelli piantati nel cortile e ancora vuoti, su cui verranno affissi i nominativi e i punteggi di ogni studente.
Eccetto me.
Per un attimo m’immagino ancora là, davanti ai tabelloni con indosso la divisa scolastica con un bottone in meno.
Accanto a me gli amici di sempre.
Un sorriso distende le mie labbra, quando sfioro con le dita il ferro scuro del cancello.
Sono stato davvero felice in questa scuola e al club di calcio.
Porterò tutti con me oggi, per sempre.
Sotto forma di preziosissimi ricordi.
Ma non ho tempo di lasciarmi andare alla nostalgia.
Non avrebbe poi nemmeno senso, farlo proprio adesso.
Così riprendo a correre, fissando la strada avanti a me, che mi porterà all’ultima tappa del mio giro.
Un punto di arrivo ma anche di partenza.
Accelero di nuovo il passo, perché è l’unica cosa che mi resta da fare.
A testa china mi concentro sulla corsa, prestando attenzione solo al rumore dei miei passi sull’asfalto.
Rialzo lo sguardo, solo quando svolto l’angolo…
E mi blocco.
Deglutisco.
Sanae…
È a pochi metri da me, dove non dovrebbe essere.
Almeno…
Non secondo i miei piani e dopo tutti gli sforzi messi in atto per evitare questo.
Ma allo stupore iniziale si sostituisce ben presto altro…
Contro ogni ragionevolezza mi sento…
Felice.
Ma anche spaventato a morte.
Euforico, all’idea di poterla vedere un’ultima volta.
Di poterla toccare ancora, prima di partire.
Sanae mi sorride, prima di mordersi le labbra.
E basterebbe questo gesto per spiegare, quanto in realtà io sia fortunato.
Non c’è traccia di rancore sul suo viso.
Né risentimento nel suo sguardo.
Ma solo amore…
E sofferenza…
"Scusami ma proprio non ce l'ho fatta a non venire…" mormora piano, mentre mi avvicino a lei, ricambiando il sorriso.
"Ti ho portato questi!" e mi porge un pacchetto.
Lo prendo dalle sue mani, incapace di proferire anche solo una parola.
Ho sinceramente paura di quello che potrei dire o fare, ora che lei è qui con me.
"Sono scarpini nuovi, quelli che avevamo visto insieme in quel negozio in centro. Ho pensato che sicuramente ora ne avrai bisogno, sì ora che parti..."
“Ti ringrazio…” riesco mormorare, sorridendo ancora con dolcezza.
“Di tutto, di tutto quanto..." aggiungo, perché vorrei dirle così tante cose ora.
Vorrei davvero spiegarle quanto è stata importante per me.
Quanto continuerà ad esserlo…
Ma non so se ce la faccio…
Sanae mi fissa, ha gli occhi rossi.
Immagino abbia passato una notte insonne, forse anche peggiore della mia.
Trattengo il fiato quando delle lacrime fanno capolino tra le sue ciglia ma Sanae abbassa subito la testa, nell’inutile tentativo di nasconderle.
Come se fosse possibile celare il male.
Mi si stringe il cuore.
Perché lei…
Lei…
Mi avvicino.
Non posso più farne a meno.
È l’ultima volta che siamo ad un passo l’uno dall’altra, poi ci sarà un continente a separarci.
“Sanae, io…” sussurro al suo orecchio, ma non aggiungo altro.
Tutto mi sembra così riduttivo, rispetto a ciò che provo per lei.
Rispetto a noi due.
E le parole non sono più sufficienti per esprimere quello che provo.
Sono così vuote, rispetto al mio amore per Sanae.
Sfioro il suo viso.
La bacio.
Regalandomi un’ultima emozione, dopo che credevo non avrei più provato nulla di simile, per non so quanto tempo.
Inspiro il suo profumo…
La sua pelle è così liscia…
Mi nutro della risposta delle sue labbra, premute decise contro le mie.
Nella disperazione di questo momento, che è totale.
Opprimente.
E infinitamente triste…
Mi separo da lei, ma non vorrei mai essere costretto a farlo.
Il rumore dell’autobus alle mie spalle, un pugno sferrato forte all’altezza del mio sterno.
Devo andare…
Io devo…
La mia mano accarezza il suo viso, alla ricerca di un ultimo contatto.
Non mi sono mai sentito così in vita mia…
Poi mi volto, cercando d’impedirmi di cedere alla tentazione di tornare indietro.
Percorro alcuni passi.
Nella mia testa una forza grida, intimandomi di trasgredire il mio divieto.
Torna da lei!
Anche solo per un istante!
"Realizza il tuo sogno!!"
Mi blocco ancora, quando sono a un passo dall’autobus.
Nel mio petto l’aria attraversa i polmoni in modo doloroso.
Sto ansimando.
Quando mi volto…
Le lacrime di Sanae…
Il suo sorriso, che lei è disposta comunque a regalarmi…
Nonostante questo giorno sia…
Mi precipito da lei.
Ancora.
E la stringo.
Forte contro il petto.
“Te lo prometto…” sussurro al suo orecchio, anche se dovrei urlarlo.
È l’unica cosa che posso fare per rimediare a tutto questo.
Promettere che realizzerò il mio sogno…
Lo ripeto così, come un solenne giuramento, pronunciando ogni sillaba nell’incavo del suo collo.
Non voglio doverti lasciare…
Ma ormai non ho più tempo.
È finito sul serio.
Mi separo dal suo abbraccio e nel momento in cui non avverto più il suo corpo…
Tutto all’improvviso diventa sottovuoto.
Raggiungo l’autobus senza più voltarmi indietro.
Mi siedo su un sedile nel silenzio più assoluto, creato nella testa dal vortice che mi ha appena risucchiato.
Non sento il rumore del motore.
Né il brusio delle persone.
Avverto solo il vuoto dell’addio.
Quando l’autobus riprende la sua corsa, fisso il finestrino.
“Te lo prometto…” ripeto, concentrandomi sul mio volto, che si confonde con le immagini dietro il vetro in movimento.
E di me stesso non percepisco molto.
Solo una lacrima, che scende lenta sul mio viso.
 
 
 
 


Tutti i personaggi originali di "Captain Tsubasa" sono © di Yoichi Takahashi e Shueshia.


 
È sempre un’emozione strana inserire il “completa” all’ultimo capitolo.
Siamo giunti al capolinea, anche se questa volta posso scrivere che la storia continua in Butterfly (come suggerisce il titolo di quest’ultimo aggiornamento) per chi non l’avesse letta!
La sensazione strana si acuisce anche per questo, perché c’è già un “seguito”, ma credo che molto dipenda dal fatto che per la prima volta non ho potuto giungere a un happy ending.
Ringrazio davvero di cuore e doverosamente tutte le persone che hanno interagito con questa FF!
Partendo da chi l’ha seguita costantemente, ai lettori saltuari, passando per chi non ha commentato ma letto solamente e giungendo infine a chi mi ha contattata in privato nel corso della storia.
Come sempre Sanae e Tsubasa mi hanno regalato la gioia di condividere ma soprattutto la possibilità d’incontrare amici, vecchi e nuovi… Che è la cosa più bella di scrivere in un fandom!
Un ringraziamento speciale lo devo a gratia, che nel corso dei mesi mi ha aiutata scovando i refusi, la mia bestia nera, agevolando così un cammino in cui il tempo era piuttosto tiranno, con disponibilità e amicizia.
Spero che questi mesi siano stati piacevoli per voi quanto lo sono stati per me, non so se ci rivedremo su queste pagine, lo ribadisco anche questa volta, la mia non è un mente molto prolifica ma mai dire mai…
Grazie ancora di cuore ad ognuno di voi!
OnlyHope
   
 
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