Film > Le 5 Leggende
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Autore: Tecla_Leben    18/03/2016    2 recensioni
Pitch Black sta per fare ritorno: le stelle che punteggiano la volta celeste stanno sparendo a vista d'occhio, minacciando di far ripiombare la Terra nell'oscurità dei Secoli Bui. Una vecchia conoscenza si affida ai Guardiani per riportare le cose com'erano prima e scongiurare l'imminente minaccia, ma le cose degenerano al punto che lo scontro con l'Uomo Nero si prospetta inevitabile.
Dal capitolo 2:
"Non capivo cosa fosse successo. Ero stesa a terra, vestita di brandelli di tessuto carbonizzati, in mezzo a fumanti cumuli di cenere e tizzoni ardenti. Nessuno sembrava curarsi della mia presenza, ma anzi, la gente che passava lanciava un'occhiata annoiata e incurante nella mia direzione e tirava dritto, ignorando le mie flebili richieste di aiuto."
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, I Cinque Guardiani, Manny/L'uomo nella Luna, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo quell'episodio, la mia vita andò avanti felicemente. Mamma e papà mi amavano, e io più di loro. Crescendo, lo feci nel più normale dei modi. Andavo a scuola, avevo i miei amici e tutto quello che si potesse desiderare.

Per quel che riguarda i Guardiani, io non li rividi mai più. Mi ricordavo di loro, naturalmente, e dell'avventura che avevamo vissuto insieme tanti anni prima, e anche se continuai a cercarli incessantemente, non riuscii mai a ritrovarli. Comunque sapevo che erano lì e che vegliavano su di me e su tutti gli altri bambini, perché me ne arrivavano puntualmente le prove: a Natale i regali non mancavano mai, così come le uova dipinte a Pasqua. Quando mi cadeva un dentino, il mattino seguente, guardando sotto al cucino vedevo che era stato sostituito da una sterlina argentata, e inoltre facevo sempre sogni bellissimi. Ma più di tutto, se capitava che fossi triste o annoiata, d'improvviso il cielo si annuvolava e cominciava a fioccare allegramente, restituendomi il sorriso.

Ad ogni modo, l'incontro con Pitch e i Guardiani contribuì a farmi ricordare meglio: non solo le cose tristi o le brutte visioni con cui l'Uomo Nero aveva tormentato i miei primi anni nella nuova vita, ma anche quelli belli. E, in un certo senso, quelli erano i peggiori, perché mi sembrava di vivere in una mera imitazione di quella mia vita passata, senza tuttavia poterne replicare appieno la felicità che avevo avuto prima che Pitch distruggesse le vite di ognuno di noi. A venticinque anni ancora credevo fermamente nei Guardiani e nei loro poteri, e presto nacque in me il desiderio, il bisogno di ripassare nei luoghi che erano stati importanti per me nell'esistenza di Bellatrix, sperano forse di poter incappare di nuovo in uno di loro, e così cominciò il mio viaggio alla riscoperta di me stessa. E a un anno dall'inizio, il mio viaggio mi aveva portato dove anticamente sorgeva il paese dov'ero nata, un borgo nella Germania del Nord il cui nome è dimenticato da secoli assieme alla sua esistenza di cui ormai non è rimasta che qualche rovina diroccata e pericolante. Da lì, all'altra parte del mondo, dove avevo vissuto per ottocentoventuno anni dopo che Sandy mi aveva portato via con sé. Trovai il mio rifugio completamente degradato: l'albero cavo che ne custodiva l'ingresso non c'era più, sostituito da un ceppo carbonizzato e annerito. Doveva essere andato a fuoco anni prima, perché era coperto di muschio e rampicanti. Probabilmente era stato colpito da un fulmine, oppure qualcuno aveva appiccato il fuoco volontariamente. Ad ogni modo, non era rilevante: quel luogo non mi apparteneva più, e io non avevo alcun motivo di restare lì.

La mia tappa successiva, così come le due precedenti, non mi era né nuova né mi era particolarmente caro: mi trovavo al limitare della foresta, poco lontano da una piccola città che negli anni, per quel poco che avevo visto io durante la mia visita precedente, non era cambiata più di tanto. Stavo scrutando oltre gli alberi più esterni, nel tentativo di individuare una figura grigia e allampanata dal profilo appuntito. Ma a quanto pareva, Pitch Black non bazzicava più quel posto da anni, almeno quanto io non frequentavo il mio.

Tuttavia, continuai imperterrita a scrutare come un'attenta vedetta, finché il suono di una voce mi distrasse dal mio intento.

<< Ehi, laggiù! Tutto bene? Si è forse persa? >>

Mi voltai senza una parola, e a qualche metro da me si trovava un uomo sui quarant'anni, vestito in giacca e cravatta. L'uomo mi guardava con attenzione, stringendo nella mano una piccola valigetta da ufficio. A parte le sopracciglia leggermente aggrottate in un'espressione confusa non pareva avermi riconosciuta, ma a me bastò una sola occhiata per riconoscerlo all'istante.

<< Tutto bene? >>

Assentii con un cenno del capo e continuai a osservarlo, chiedendosi quanto ci avrebbe messo a fare i suoi dovuti collegamenti. Lui posò a terra la valigetta e si avvicinò cautamente, continuando a rivolgermi la sua espressione confusa.

<< Sei sicura di sentirti bene? Come ti chiami? >>

<< Dovresti saperlo, Jamie! >> risposi io, con una risata. Lui parve sorpreso, e attaccò con la domanda successiva.

<< Mi... mi conosci? >>

Annuii di nuovo, aspettandomi che mi riconoscesse a sua volta. Ma ciò non accadde, e la cosa spiazzò me.

<< Ti ricordi di me, vero? >>

<< Non ti ho mai visto prima, mi dispiace. Che ci fai qui, da sola? >>

<< Aspetto. >>

<< Cosa? >>

Stavolta non gli risposi, ma tornai a guardare tra gli alberi nel tentativo di scorgere una figura umana qualsiasi.

Un fruscio alle mie spalle mi disse che Jamie si era seduto su un masso dietro di me. Forse si era messo a osservare gli alberi a sua volta, comunque rimase in silenzio alcuni minuti.

<< Da piccolo, venivo spesso qui a giocare con i miei amici d'infanzia. Tra noi ragazzini si diceva che questa foresta fosse abitata dall'Uomo Nero, e allora ci sfidavamo in una prova di coraggio: vedere chi tra di noi si addentrava più lontano tra gli alberi. Ci piaceva venire qui al tramonto, verso sera. Una volta ci siamo addentrati così a fondo che non riuscivamo più a trovare la strada. Mia madre si arrabbiò tantissimo, non mi fece più uscire per un mese! >>

<< E l'Uomo Nero... l'hai mai visto? >> chiesi, mentre un sospetto si faceva rapidamente largo in me. Mi voltai verso Jamie, aspettando di sentire la sua risposta.

Lui si passò una mano tra i capelli e scosse la testa.

<< Ovviamente no! >> disse, con un tenue sorriso, << Cose come l'Uomo Nero non esistono, sono solo leggende! Roba per bambini, per farli stare tranquilli. Sai, cose del tipo: “lavati bene i denti, o la Fatina non verrà”! Quale genitore non racconta ai figli delle Leggende? Ne avrai sentito parlare sicuramente anche tu, no? >>

Quelle parole furono come un pugno allo stomaco. Dunque, Jamie aveva finito col dimenticare. Proprio lui, il primo bambino a credere in Jack Frost, l'unico che durante la seconda ascesa di Pitch non aveva mai smesso. Ad alcuni succede, purtroppo, ma non pensavo che lui sarebbe stato tra loro. A volte, quando un bambino cresce, la sua lucina corrispondente sul Globo dei credenti si spegne. Non solo! Alcuni non solo si dimenticano di credere nei Guardiani, ma addirittura che essi esistano! Di solito succede verso i dieci anni d'età, ma i casi più longevi si protraggono anche ai dodici o tredici. È inesorabile, con la crescita. E poi, invece, ci sono altri bambini le cui luci non si spengono mai. Conoscendo Jamie ero sicura che la sua luce avrebbe continuato a brillare, e invece chissà da quanto si era spenta!

<< Pronto? Ci sei? >>

Jamie continuò a guardarmi con curiosità, aggrottando di nuovo le sopracciglia da dietro le spesse lenti quadrate incorniciate di plastica nera.

<< Mi sembri un po' pallida... ti senti bene? >> chiese di nuovo, alzandosi.

Io annuì di nuovo, ma interiormente non mi sentivo bene per nulla. Jamie doveva averlo capito, e dopo qualche istante in cui sembrò riflettere mi prese per mano.

<< Andiamo, ti porto a casa mia. Non abito lontano, non c'è molta strada da fare... >>

Io non feci resistenza, e mi lasciai guidare docilmente da lui fino alla casa che era stata dei suoi genitori. Il giardino era leggermente cambiato: l'erba cresceva trascurata in piccoli cespugli filamentosi e il prato era disseminato di giocattoli qua e là, ma per il resto la casa era esattamente come l'ultima volta che l'avevo vista dall'esterno. Perfino la finestra dalla quale l'avevo aiutato a “evadere”, aveva le stesse tende di allora.

Mi trovavo seduta sul divano nel suo soggiorno, a osservarmi attorno con interesse. Su una credenza in noce erano disposte come in una vetrina decine di foto in cornice, una delle quali ritraeva una bellissima donna dagli occhi verdi e gentili e i capelli neri raccolti in un'acconciatura semplice.

Neanche mi ero accorta che Jamie era tornato, porgendomi premurosamente una grande tazza fumante.

<< Ancora non mi hai detto come ti chiami...! >> buttò lì lui, sedendosi sulla poltrona di fronte.

<< Bellatrix. >> risposi, dopo un secondo di disorientamento. Mi morsi prontamente la lingua: sebbene fossi rinata come Seren, aver vissuto più tempo come Bellatrix mi provocava ancora qualche confusione.

<< È un nome strano, ma bello! Non è la prima volta che lo sento, ma non deve essere molto usato... eppure mi sembra di aver conosciuto un'altra Bellatrix, anni fa. >>

<< Davvero non ne hai più memoria, Jamie? >> chiesi, sporgendomi in avanti per fissarlo meglio, la mia voce ridotta a un sussurro incrinato, << Calmoniglio, Dentolina... Sandy e Nord... Jack! Non ti ricordi più di loro, di noi? >>

<< Jack? Jack Frost, dici? >>

Io annuii, speranzosa. Ma lui si precipitò a disilludermi con un'altra risata.

<< Era la mia leggenda preferita, la sua! La storia di questo ragazzo dai capelli di neve che porta il gelo e l'inverno... mi affascinava più di tutte! >>

Io bevvi un sorso di tè, per dissimulare la mortificazione che le sue parole mi avevano iniettato in corpo.

<>

Lui scosse di nuovo la testa, sorridendo.

A dirla tutta, non ne sarei rimasta sorpresa nemmeno se avessi mantenuto il mio aspetto di prima. Ero cambiata almeno quanto lui, in quei ventisei anni. La forma del mio viso e quella dei miei occhi era in realtà più o meno la stessa di allora, seppure un po' più affilati o arrotondati. In più i capelli mi si erano scuriti e li avevo lasciati crescere, il che contribuiva ad allontanare il mio nuovo volto da quello che Jamie aveva conosciuto, di cui però non aveva memoria.


<< Chi è quella donna? >> chiesi per cambiare argomento, accennando al ritratto della donna che torreggiava su tutte le altre foto.

<< Mia moglie, Eloise >> rispose Jamie, indicando una foto che li ritraevano in abiti formali: lui con uno smoking grigio topo, lei in un bell'abito bianco dal taglio semplice.

<< È molto bella! >>

<< Purtroppo è morta anni fa. Di cancro. >> continuò Jamie, con il volto contratto da un'espressione amara.

<< Mi... mi dispiace... >> azzardai, sentendomi in colpa.

<< Non dispiacerti, sono cose che accadono... bisogna solo trovare la forza di andare avanti, tutto qui. >>

<< E tu l'hai trovata, questa forza? Anche se hai perso qualcuno che ha lasciato un vuoto tanto incolmabile? >> chiesi, con voce tagliente. Mi ricordava tutto quello che avevo passato io secoli prima, rivedevo in Jamie la piega che avrebbe potuto prendere la mia vita antica: trovare la forza di superare il dolore, o lasciare che il dolore ti corroda. Eravamo il risultato di reazioni differenti alla stessa situazione, ma mentre io mi ero lasciata vincere, lui era riuscito a rialzarsi, o almeno così evincevo dalle sue parole. Ma in quanto a fatti?

<< Non è stato facile, e da solo di certo non sarei riuscito a risollevarmi. Per fortuna che c'è mia figlia! >>

E, quasi come evocata da forze sovrannaturali, dal piano di sopra si sentii un forte scalpiccio che rimbombò nel salotto dalle scale. Un attimo dopo, nella stanza irruppe un piccolo uragano biondo che si gettò al collo di Jamie con urletti eccitati.

Indossava un vestitino azzurro e un vecchio, familiare cappello da esploratore.

<< Papà, papà! Guarda cosa abbiamo trovato io e Linda! >> urlò la bambina, mostrando al padre una vecchia scatola di cartone.

<< Quante volte te lo devo dire? Le cose di papà non si toccano! Qui dentro c'è roba vecchia, arrugginita! Potresti farti male, lo sai! >> la rimproverò lui, togliendole la scatola dalle mani. Dopodiché, forse pentito del suo atteggiamento troppo aggressivo, le sfilò affettuosamente il cappello per scompigliarle i capelli.

<< Facciamo così, puoi tenerti il cappello se prometti che non curioserai più tra le mie cose! >>

La bambina emise un urlo di gioia e si buttò al collo del padre di nuovo , per poi balzare a terra e sparire con un sonoro scalpiccio su per la scala.

<< Linda è la nostra tata >> si affrettò a spiegare Jamie, sollevando il coperchio della scatola per controllare che dentro non mancasse nulla. << Una brava ragazza, quelle due si vogliono un bene dell'ani... >>

Restò qualche istante in silenzio, osservando il fondo con un'espressione più accigliata di quelle che gli avevo già visto sfoggiare.

<< Che... che succede? >> chiesi titubante, posando la tazza ormai vuota.

<< Oh niente... è solo... cavolo, sarà da quando ho quattordici anni che non guardo qui dentro! >>

Afferrò qualcosa e lo tirò fuori per mostrarmelo. Quando vidi di che si trattava, per me fu difficile mascherare la sorpresa e farla passare per disorientamento.

<< È solo un giocattolino, niente di che... ce l'ho da anni, dovrebbe essere una specie di torcia. Ma ero sicuro che fosse rotta, non ricordo nemmeno chi me la diede, so solo che smise di funzionare quasi subito... >>

E invece, la stellina che gli avevo donato anni prima splendeva forte e luminosa, esattamente come nel giorno in cui gliela avevo data. La cosa sembrava crucciarlo particolarmente, ma per me non esisteva alcun mistero: ha già detto, no, come alcune luci non smettano mai di risplendere nonostante si provi in ogni modo di spegnerla.

<< Non c'è neanche il vano delle batterie, e non è fosforescente >> riprese Jamie, rigirandosi quel piccolo oggettino tra le dita.

<< Figurati, >> continuò, riponendo la stella nella sua scatola, << che non ricordo nemmeno più chi me l'ha data! Chissà come può essere che funzioni adesso, mentre invece, in tutti questi anni... Mah, chissà! >>

Richiuse la scatola, la ripose sul divano accanto a sé e mi sorrise.

Sorrisi anche io, senza riuscire a trattenere una smorfia saccente.

Eh già, Jamie... Chissà!




Chiedo perdono per aver toppato anche l'ultimo appuntamento, ma ieri, dopo aver fatto un controllo generale non sono riuscita a postare causa sfioramento di crisi interiore. In parte dovuta proprio al capitolo, in parte per altri mazzi. Tra i quali un cosplay di Muscolone che mi sta dando qualche noia, ma insomma... se non è noia è mainagioia!


Il capitolo, giusto. Non credo sia uno dei miei meglio riusciti ma fidatevi, sono stata in grado di mettermi con tutto l'impegno possibile e scrivere anche di peggio.

Nella stesura originaria avevo pensato di far vedere Seren/Bellatrix sposata con Jamie, ma vedendo che la descrizione di come questo avrebbe potuto succedere stava diventando troppo lunga ho deciso di troncarla per non annoiare nessuno. Voi fate conto che, alla fine, sia successo :3

… …

Ok, inutile girarci intorno. Siamo alla fine e in un modo o nell'altro devo farmene una ragione. Che posso fare io, se non ringraziarvi fino allo sfinimento? Sembrerò idiota, ma senza tutti i feedback che mi avete dato in tutte queste settimane probabilmente avrei smesso di postare al terzo capitolo. Quindi Dracarys grazie specialmente a te, grazie mille per avermi impedito, seppure senza saperlo, di avermi fatto cestinare la storia dopo tutto il lavoro che ci ho impiegato. Grazie davvero. Non è perfetta, probabilmente ci sarà anche qualche errore qua e là, ma rappresenta due anni della mia vita e la me stessa di allora mi avrebbe sicuramente tirato un cazzotto di quelli tosti se mi fossi azzardata a cancellarla. Insomma, mollare avrebbe significato non rendere giustizia a tutto il sangue/sudore/lacrime versato per scriverla, o le innumerevoli notti passate a scrivere con le cuffie nelle orecchie e la torcia sotto al lenzuolo per non farmi scoprire ancora sveglia alle tre e mezza di notte. Insomma, senza di te che ad ogni capitolo mi hai dato un parere e un incoraggiamento, hai voglia...!

D'accordo, la sto menando un filino troppo. Vado a scegliere un'OTP su cui scrivere la mia prossima... roba. E intanto a scolarmi una pinta di burrobirra, che quella non guasta mai. Grazie di nuovo a tutti quelli che, al solito, hanno avuto la pazienza di sorbirsi i miei deliri fin qui, a chi ha messo la storia tra le seguite/preferite, e naturalmente agli altri recensori (di cui ovviamente non ricordo i nomi perché ho il cervello bucato) che mi hanno dato un riscontro positivo. Spero di rivedervi in qualche fanfiction futura (vostra o mia!)


Saluti,

Tec

  
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