Amava le arti marziali, non c'era niente di
più
terapeutico che prendere a botte un avversario in carne ed ossa.
Inizialmente aveva affrontato un ragazzino paragonabile ad una
mammoletta poco grintosa, non si era divertita affatto ma almeno
aveva scaricato sul poveretto tutta l'energia repressa. Poi si era
scontrata con Annie e lì la situazione si era capovolta, era
divenuta Erna la mammoletta debole poiché l'avversaria era
una
nanerottola forzuta in grado di stendere chiunque con quei calci
subdoli ma letali.
L'istruttore aveva deciso di donare agli allievi un po'
di tranquillità, qualche minuto per riprendere il fiato.
Erna ne
approfittò sedendosi a terra e rilassò la schiena
contro il muro.
Dopo aver recuperato qualche respiro lo sguardo circumnavigò
la
stanza per depositarsi all'angolo opposto. La nanerottola forzuta e
Mikasa aveva attirato la sua attenzione. Erano lì in piedi,
chiacchieravano guardandosi negli occhi poi Annie portò le
punte
delle dita in avanti accarezzando il braccio scoperto di Mikasa,
quest'ultima arretrò di qualche millimetro ed Annie sorrise,
anche
Erna non riuscì a trattenerlo. La sorella non amava esporre
pubblicamente i suoi sentimenti,di conseguenza non amava effettuare
effusioni dinnanzi a un pubblico. Erano adorabili.
Una certa invidia nacque in lei: non desiderava testare
sulla pelle quell'amore genuino, ma voleva impadronirsi delle loro
ferme femminilità. Non indossavano abiti scollati o gonne
scosciate,
però erano donne ed erano fiere di esserlo,lo mostravano con
quelle
timide carezze. Si piacevano così come erano
sarebbe bello essere come loro.
<< Ciao >> una
voce squillante trapanò i
suo timpano, si voltò ritrovandosi faccia a faccia con due
occhi
gentili. Sorrise ricambiando il saluto
<< Ti vedo pensierosa, va tutto bene? >> si
accomodò al suo fianco
<< Sì, stavo solo pensando >>
<< E' successo qualcosa di nuovo? >>
Rifletté, sì una cosa nuova era successa, aveva
conosciuto Levi il proprietario della voce dei suoi sogni anche se in
verità non ne era affatto sicura al cento per cento, magari
era
solamente una baggianata creata dalla sua testa bacata.
<< No, solite cazzate, tu? Mi sembri allegro
>>
deviò il discorso e sorrise nel sentire parlare Armin di un
nuovo
libro acquistato. Armin e i libri, erano due concetti indissolubili,
era una persona curiosa, questa inclinazione non poteva essere in
alcun modo relazionata al misero pettegolezzo, poteva essere definita
come una “curiosità intellettuale”:
amava leggere, tali volte
riprendeva tanti volumi che trattavano lo stesso argomento solo per
osservare e studiare le cose attraverso il punto di vista dei diversi
autori. L'amico amava anche ascoltare le persone: senza mai
giudicare, anzi con una calma razionale, si cimentava nel punto di
vista altrui e s'azzardava a porre un consiglio solamente se veniva
richiesto.
Con lui si sentiva libera di parlare, era veramente un
ottimo amico, il migliore che si potesse desiderare. Nonostante tutte
queste qualità, Erna decise di tenere segreto l'incontro con
Levi.
La situazione in cui stava viaggiando non era delineata, si parlava
di sogni, sensazioni e disagi e poi c'era Levi. Beh, lui era reale
però non voleva dichiarare la sua esistenza, per il momento
preferiva tenerlo chiuso nella sua testolina.
<< Riposo finito! >> la voce grossa
dell'istruttore interruppe la conversazione.
<< Mi sa che questa volta ci affronteremo noi due
>> disse Erna porgendo il braccio all'amico che
afferrò per
levarsi in piedi.
<< Ok, ma vacci piano >> sorrise ben
conoscendo il temperamento della ragazza
. *** .
Levi aveva deciso di dedicare quel sabato
pomeriggio
alla tranquillità, così si rifugiò nel
suo locale preferito,
l'unica sala da the della città. Era un luogo sobrio e
pulito,
perennemente silenzioso poiché i clienti erano persone che
si
recavano lì solamente per la pace oltre che per sorseggiare
un buon
the. In poche parole era il luogo ideale per riflettere e lasciare
correre via i pensieri, difatti il silenzio veniva spezzato
unicamente dallo scorrere della pagine dei quotidiani, da qualche
cucchiaino e da lievi passi. La biblioteca in confronto era
paragonabile a un chiassoso concerto rock.
Levi sfogliava le pagine del quotidiano poi irritato lo
ripiegò con un certo nervosismo ponendolo accanto alla tazza
fumante. Non lo stava leggendo davvero, ci aveva provato ma le
lettere si sovrapponevano per poi rincorrersi e alla fine in testa si
disegnava una sola parola chiara e ben delineata, Eren.
Lo sapeva, quella ragazza dai lineamenti dolci e
delicati si chiamava Erna, eppure qualcosa gli sfuggiva, aveva
già
visto quegli occhi verdi dalle sfumature serpentine, erano familiari
ed era certo di averli visualizzati addosso a qualcuno, propriamente
addosso a Eren. Ed ecco il dilemma: se quella ragazza era Erna,
allora perchè diamine continuava ad associarla al nome Eren?
Chi
diamine era Eren?
Le domande si rincorrevano con la velocità di un cane
che tenta di mordere la propria coda.
Nervose tamburellarono le dita sul tavolo, Levi era un
uomo avezzo al pensiero logico, gli era ruisultato molto utile per
risolvere i problemi e ritrovare una soluzione pratica e veloce. Ma
in quel caso sembrava inutile, anzi più tentava
più domande si
costruivano, s'addossavano l'una sopra rendendolo sempre più
confuso.
Lo sguardo scivolò verso la vetrata che mostrava
passanti carichi di buste. Si movimentavano avanti e indietro nel
tumulto di quella piccola città. Vedeva volti felici, altri
annoiati, altri ancora contratti dalla fretta. Volti anonimi si
dimenavano nelle strade tutti racchiusi nei propri stati d'animo, e
poi dalla calca sbucarono due occhi che erano al centro dei suoi
pensieri. Con lo sguardo seguì la piccola nuca castana.
. *** .
La mano bronzea correva lungo abiti dai
colori
sgargianti. Rosso, giallo, rosa, blu, stampe floreali, cagnolini e
gattini. Li guardava eppure non sentiva alcuna attrazione verso quei
capi, non si sarebbe provata neppure un abito. Sospirò
chiedendosi
il motivo per cui si costringeva a visitare quei dannati negozi
spumeggianti. Pensava che magari, guardando quei tessuti sgargianti,
le sarebbe venuta voglia di essere femmina, o perlomeno di
comportarsi come tale. Magari avrebbe comprato un abito e poi avrebbe
indossato il mascara, poi la cipria e magari sboccerà l'idea
di
baciare un ragazzo.
Innalzò il capo e lo sguardo vaneggiò lungo i
capi ma
assieme ad essi rientrarono dei volti accigliati.
“ Ci
risiamo “ pensò
tra se,
quelle espressioni erano parlavano chiaro e sapeva benissimo cosa
passava nella testa di quelle ragazze truccate e ben vestite: é
un maschio o una femmina? Che diamine ci fa qui?
Sentiva la collera schiantarsi contro il suo petto con
la potenza d'una onda marina, ma nel profondo sapeva che non poteva
dargli tutti i torti: indossava perennemente felpe e tute da
ginnastica troppo larghe per la sua taglia, i capelli corti destavano
dubbi sulla sua appartenenza di genere e quindi sì, spesso
la
scambiavano per un maschietto dai lineamenti androgini. La cosa non
le dispiaceva, eppure non le donava neppure gioia.
In quel negozio fosforeggiante lei non era altro che un
pugno in un occhio, allora decise di uscire per immergersi nella
calca di gente.
Stava già progettando di tornare a casa, magari dopo
sarebbe andata a mangiare una pizza con Armin e Mikasa …
<< Eren >>
Un brivido che partì dalla punte dei capelli percorse
tutta la colonna vertebrale e si bloccò, i piedi si
incollarono al
pavimento e pareva un blocco di cemento tutt'uno con il suolo
sottostante. Granitica raggelò sotto il cappotto. Con una
lentezza
disarmante si voltò ben sapendo a chi appartenesse quella
voce che
solo lei poteva riconoscere ben distinta in mezzo a quel
chiacchiericcio.
Nel momento in cui si voltò vide due pupille tempestose
mal celate da qualche ciuffo nero.
<< Scusa, volevo dire Erna >>
La chiamata si limitò ad annuire, non si era offesa
affatto, anzi nei suoi sogni la chiamava così e se lo faceva
anche
nella realtà, le andava più che bene.
Dalla bocca dell'uomo uscì uno schiocco di lingua
simile a un sibilo d'un serpente
<< Non mi sembri il tipo che fa acquisti in questo
negozio >> lo sguardo scivolò sulla vetrina
ove un manichino
vestiva un abitino corto dalla stampa floreale, poi cadde su di lei.
La squadrò da capo a piede e questo la irritò
eccome.
<< Hai qualche problema riguardo il mio
abbigliamento? >>
Lui innalzò un sopracciglio scuro e la fulminò
con lo
sguardo
<< No, il tuo abbigliamento non m'interessa.
Potresti girare con un sacco di iuta addosso e non me ne importerebbe
un accidente >>
“
certo che la schiettezza di questo
uomo è
disarmante”
<< Andiamo a bere un the >> non lo chiese,
lo pronunciò secco, alle orecchie di Erna giunse come un
ordine.
<< Il the mi fa schifo >> disse con
l'intento di sfasciare il piano. Non disprezzava la bevanda proposta,
però non voleva assecondare i suoi comodi.
Gli occhi tempestosi rotearono verso l'alto
<< Allora berrai un caffè, magari una mocciosa
come te preferisce un bicchiere di latte >>
Lei spalancò le palpebre, diavolo la stava insultando a
più non posso con una facilità a dir poco
allarmante.
<< Forza, offro io >> voltò le
spalle e si
incamminò, lei si affiancò a lui per potergli dire
<< Che ti credi che non abbia i soldi per pagarmi
un caffè? >>
<< Un caffè sì, ma forse non ne hai
abbastanza
per un bicchiere di latte >>
Entrarono nel primo bar che incontrarono,
era piccolo
sobrio e poco affollato. Appena presero posto al tavolo entrambi si
levarono i soprabiti Erna lo guardò e comprese il motivo per
cui
l'aveva squadrata con quella nota disgustata. Lo facevano tutti,
eppure lui era in un certo senso giustificato dal fatto che era
impeccabile.
La camicia era
infruciata alla perezione all'interno del nero pantalone, neppure una
piega era presente sui tessuti.
<< Dai molta importanza all'abito >>
poté
dichiarare senza alcun problema.
<< I vestiti non son tutto però i
più stupidi si
basano su questi per capire chi sei >>
<< Non sono d'accordo >> l'affermazione
ruzzolò fuori dalla gola con una tale convinzione che Levi
la guardò
storto.
<< Se i vestiti dicono chi sono allora cosa dovrei
essere io? Una fanatica sportiva?! >> la buttò
lì ridendo
della sua stessa battuta, eppure Levi non si unì a quella
risata
<< I tuoi abiti non dicono nulla, rivelano
solamente che ti stai nascondendo >>
<< Che stronzata >> sbottò tutto
d'un
colpo, eppure si sentiva come se fosse stata smascherata, come se
fosse stata beccata nel compiere un furto.
<< No, non lo è. Gli abiti servono per coprire
il
proprio corpo, in un certo senso per nasconderlo però
bisogna farlo
con decenza >>
Erna rimase a bocca aperta, sentì le labbra cadere
verso il basso: era la prima volta che qualcuno le desse in un certo
senso ragione. L'aveva criticata ma l'aveva anche giustamente
spalleggiata.
La cameriera arrivò, raccolse la prenotazione e Levi
deviò la conversazione ponendo domande basilari:
dove sei nata?
Che scuola hai frequentato? Dove vivi?
Lei rispondeva secca, donava informazioni coincise.
La cameriera arrivò, pose sul tavolo un caffè e
un the
nero, quando si dileguò Erna decise che era il suo turno,
era
arrivato il momento per lei di porre domande
<< Perchè mi hai chiamata Eren?
>> seria
puntò lo sguardo contro il suo. Quella questione doveva
essere
risolta e anche in fretta.
<< Perchè tu ti sei messa a piangere come una
mocciosa? >> domandò e lei si sentì
punta nel vivo. Si stava
riferendo al loro primo incontro ed Erna doveva ancora riprendersi
dall'imbarazzo ma non lasciò che le guance si tinteggiassero
di
rosso, così raccolse tutta la grinta presente nel suo essere.
<< Comodo, sviare la domanda ponendone un'altra
>>
Levi scrollò le spalle per poi dire con noncuranza
<< Non lo so, probabilmente in passato ho
incontrato un ragazzo di nome Eren che t'assomigliava. >>
La spiegazione era logica quanto sensata, sembrava
crederci dato che il suo viso non tradiva alcuna emozione se non
quella d'una sicurezza imperturbabile, eppure mentiva. Erna ne era
assolutamente certa: se era così certo della sua
affermazione, non
le avrebbe proposto quel caffè, chi si darebbe tanto affanno
per una
persona sconosciuta? La possibilità che fosse interessato a
lei come
possibile partner era da escludere a priori: se il suo abbigliamento
non mentiva, sicuramente al suo fianco avrebbe voluto una ragazza
elegante, di certo non un maschiaccio androgino come lei.
<< E tu perchè ti sei messa a piangere?
>>
le pupille tempestose si puntarono contro quelle smeralde. L'aveva
posta con una certa noia, come se non gli interessasse realmente la
risposta. Erna non gli avrebbe mai detto la verità,
così con
noncuranza innalzò le spalle verso l'alto
<< Ero stanca e avevo le mestruazione. È stata
colpa degli ormoni >> fornì quella spiegazione
logica quanto
disonesta ma non si sentì affatto in colpa. Si era limitata
a
mentire come il suo interlocutore.
Si aspettava un certo disgusto da parte dell'uomo,
invece lui si limitò ad osservarla con un sopracciglio
innalzato
<< Capisco >> disse infine.
Il silenzio calò assieme a uno strano imbarazzo. Erna
avrebbe potuto porre altre domande per capire chi gli stava di
fronte, poteva chiedergli tante cose eppure l'unica
curiosità che
deturpava il suo cervello, non era stata sanata. Lui avrebbe
continuato a mentire, di conseguenza anche lei, perciò
parlare le
pareva inutile. Poteva mettere su una conversazione futile di poca
importanza giusto per prolungare l'incontro, ma non lo fece. Bevve il
suo caffè in un sorso, gettò qualche spicciolo
sul tavolo e si
dileguò via con una blanda scusa. Non si salutarono nemmeno.
. *** .
Percorrendo la strada di casa la giovane si
ritrovò a
rimuginare su una parola che le pizzicava la pelle: nascondersi.
Rifletteva su questo termine coniato alla sua tuta da ginnastica e si
ripeteva che era una sciocchezza. Non si nascondeva affatto! Lei
usciva, camminava sotto alla luce del sole, girava fra la gente senza
timore, si difendeva e attaccava, sia verbalmente che fisicamente.
Non si nascondeva in un buco buio impaurita dal mondo, certo, celava
le sue curve e il suo fisico, ma questo non stava a significare che
si vergognava di se stessa.
“ Io
cammino sempre a testa alta” .
Il pensiero susseguì l'azione, raddrizzò il
collo, lo stropicciò
talmente tanto che i nervi cominciarono a dolere sottoposti a quella
tensione forzata. Era arrabbiata per l'insinuazione fatta, se prima
l'aveva lasciata basita, in quel frangente si sentiva frustrata per
il semplice fatto d'essere stata criticata. Quello che bruciava
maggiormente al'interno del petto, non era la critica ma il fatto di
non essersi difesa. Chissà, magari se non fosse arrivata la
cameriera gliene avrebbe cantate a dovere.
Quando la chiamava Eren il cuore partiva a tutta
velocità, andava a fuoco assieme alla sua pelle e brividi
caldi la
percuotevano fino al midollo. In un certo senso era come ritrovarsi
in quel sogno, era come volare, ma quando si ritrovava con lui in uno
spazio ristretto con i piedi ben piantati al suolo, l'unica
sensazione che le lasciava era il disagio. Quello sguardo tagliente e
boom! In uno scoppio riusciva a leggere i suoi pensieri e poi le
parlava con quel fare impregnato di sarcasmo critico …
“ Che nervi!!
“ pensò fra sé serrando la
mascella.
Forse doveva dimenticarlo e sperare di non incrociare
mai più la sua strada. Eppure lasciare andare via
così quella voce,
poteva farlo? Forse sarebbe stato difficile, ma la sua vita era
talmente incasinata che non voleva aggiungere un tassello enigmatico
come Levi. Sicuramente non era una persona facile con cui andare
d'accordo dato il suo modo di fare saccente.
Sospirando entrò in casa aspettandosi un micidiale
rimprovero da parte di Mikasa: dopo l'allenamento era uscita senza
avvertirla, conoscendola sarebbe stata lì dinnanzi alla
porta con le
mani sui fianchi pronta a rimproverarla. Quando entrò fu
accolta da
due occhi muti. Annie era lì seduta sul divano.
La salutò con un cenno del capo per poi sedersi al suo
fianco. Da quando le due erano fidanzate, veniva spesso da loro, a
volte si accampava per interi fine settimana perciò Erna non
si
stupì di vederla. Annie non la disturbava affatto anzi, era
talmente
silenziosa che tali volte non s'accorgeva neppure della sua presenza.
Tutti a scuola dicevano che era strana, il suo silenzio era
interpretato come una sorta di superiorità nei confronti
degli
altri, ovviamente questo irritava i suoi coetanei. Erna invece no, il
fatto che fosse una persona silenziosa non le pareva un difetto, non
aveva molta confidenza con lei, ma probabilmente parlava poco
perché
non gli andava di movimentare la lingua tanto per fare.
Si stravaccò al suo fianco, non sentendo la voce di
Mikasa e non vedendola con gli occhi chiese
<< Dov'è Mikasa? >>
<< E' andata a cercarti >>
Sbuffò. Le sorelle avevano la stessa età eppure
la
trattava come se fosse la sorellina minore. Sapeva che quella era una
dimostrazione d'affetto, eppure tali volte la preoccupazione di
Mikasa la faceva sentire intrappolata, una sensazione più
che
sgradevole.
<< Si preoccupa sempre per te, e mi ha parlato del
tuo problema >>
<< Quale problema? >> curiosa la
guardò
attendendo la risposta
<< Del fatto che non provi attrazione né per
gli
uomini né per le donne >>
Erna scrollò le spalle, quello non lo avvertiva
più
come un problema, era solamente una questione di fatto.
<< Beh, sappi che non è una cosa
così anormale
>> la bionda pose una mano sul suo ginocchio attirando la
sua
attenzione.
<< Ci sono persone che si innamorano delle anime.
>> Erna corrucciò la fronte vedendo Annie
avvicinarsi
<< Il copro spesso viene sopravvalutato, molti si
innamorano di quel involucro di carne ma solamente le persone
più
sensibili riescono ad andare oltre >> si
avvicinò
pericolosamente, Erna non fece neppure in tempo ad accorgersi
dell'inequivocabile intento che le labbra vennero tappate
da quelle sottili della bionda. Sbalordita rimase
impietrita, immobile con la paura di respirare lasciò che la
lingua
si insinuasse all'interno della sua bocca, lasciò che
accarezzasse i
suoi denti, ma quando il bacio s'approfondì, si
discostò finendo
nell'angolo più lontano del divano.
<< Cazzo, Annie! Che ti è saltato in testa?
>>
sbottò sconvolta sfregando energicamente la manica della
maglia
sulla bocca.
<< Hai sentito nulla? >>
<< Ho sentito la tua fottuta lingua >>
incalzò irata non solo dalla domanda stupida ma anche dal
suo
atteggiamento. Era tranquillissima, come se non avesse commesso
qualcosa di moralmente sbagliato.
<< Non hai sentito il calore, le scosse
elettriche, il formicolio, giusto? >>
<< No >>
<< E' come immaginavo >> un sorriso tirato
si dipinse sul suo volto ed Erna sbatté le palpebre sempre
più
incredula. Rimase zitta lasciando giustificare la faccenda alla ruba
baci a tradimento
<< Tu sei quel tipo di ragazza che si innamora
delle persone perciò >> picchiettò
il dito sulla tempia
<< La tua zona erogena sta qua. Un giorno ti
innamorerai di una splendida anima >>
<< E tu come fai a saperlo? >> chiese,
seppure scocciata da quel gesto improvviso, voleva sapere da dove
discendeva quella sicurezza
<< Beh, io ho trovato Mikasa >>
La ragazza s'innalzò dal divano afferrando la giacca
posta sull'attacca panni.
<< Dove vai? >> domandò stordita
dall'informazione.
<< Vado a cercare la mia amata anima >>
Appena la porta sbatté, Erna portò le dita alle
labbra
intenerita ma al contempo divertita dal gesto azzardato di Annie: in
un modo poco ortodosso ma efficace le aveva spiegato il suo punto di
vista. Forse le chicchere che aleggiavano intorno alla figura della
nanerottola erano veritiere: Annie è strana!
L'amore per Erna era un terreno che aveva circumnavigato
a passo felpato, ma poi voltò le spalle a quella regione
parecchio
tempo fa e non era molto propensa a girare il capo all'indietro.
Nonostante ciò sarebbe stato piacevole porre un pizzico di
fiducia
nelle parole di Annie.
Angolo psichiatrico
Ciao carissimi/e :)
Come prima cosa ci tengo a ringraziare tutti voi che
avete inserito la storia tra le seguite, preferite o ricordate( mi
rendete molto felice:)) ovviamente dedico un abbraccio grande a tutti
coloro che hanno commentato fino ad ora <3
Tornando al capitolo appena pubblcato onestamente non ho
molto da dire, i protagonisti sono confusi e irritati e tutto
è
ancora avvolto nel mistero.XD
Ora mi dileguo, spero di senture le vostre opinioni:)
un abbraccio
Mistiy