Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Mistiy_Ronny    21/03/2016    4 recensioni
Chi è eren?
Bella domanda al quale proprio non poteva rispondere o per meglio dire, non riusciva a fornire una risposta logica.
Eren non l'aveva mai visto, non sapeva neppure che aspetto avesse, in teoria si trattava di un nome maschile perciò doveva trattarsi di un uomo. Non sapeva assolutamente nulla a riguardo però nei sui sogni quelli in cui volava, vi era sempre quella voce rude ma capace d'accarezzare la pelle. Non era mai riuscita a vedere il proprietario di quel suono, ogni volta si risvegliava la visione onirica svaniva assieme al movimento della palpebra.
Genere: Drammatico, Fluff, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: De-Aging, Lime, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate
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Amava le arti marziali, non c'era niente di più terapeutico che prendere a botte un avversario in carne ed ossa. Inizialmente aveva affrontato un ragazzino paragonabile ad una mammoletta poco grintosa, non si era divertita affatto ma almeno aveva scaricato sul poveretto tutta l'energia repressa. Poi si era scontrata con Annie e lì la situazione si era capovolta, era divenuta Erna la mammoletta debole poiché l'avversaria era una nanerottola forzuta in grado di stendere chiunque con quei calci subdoli ma letali.
L'istruttore aveva deciso di donare agli allievi un po' di tranquillità, qualche minuto per riprendere il fiato. Erna ne approfittò sedendosi a terra e rilassò la schiena contro il muro. Dopo aver recuperato qualche respiro lo sguardo circumnavigò la stanza per depositarsi all'angolo opposto. La nanerottola forzuta e Mikasa aveva attirato la sua attenzione. Erano lì in piedi, chiacchieravano guardandosi negli occhi poi Annie portò le punte delle dita in avanti accarezzando il braccio scoperto di Mikasa, quest'ultima arretrò di qualche millimetro ed Annie sorrise, anche Erna non riuscì a trattenerlo. La sorella non amava esporre pubblicamente i suoi sentimenti,di conseguenza non amava effettuare effusioni dinnanzi a un pubblico. Erano adorabili.
Una certa invidia nacque in lei: non desiderava testare sulla pelle quell'amore genuino, ma voleva impadronirsi delle loro ferme femminilità. Non indossavano abiti scollati o gonne scosciate, però erano donne ed erano fiere di esserlo,lo mostravano con quelle timide carezze. Si piacevano così come erano

sarebbe bello essere come loro.

<< Ciao >> una voce squillante trapanò i suo timpano, si voltò ritrovandosi faccia a faccia con due occhi gentili. Sorrise ricambiando il saluto
<< Ti vedo pensierosa, va tutto bene? >> si accomodò al suo fianco
<< Sì, stavo solo pensando >>
<< E' successo qualcosa di nuovo? >>
Rifletté, sì una cosa nuova era successa, aveva conosciuto Levi il proprietario della voce dei suoi sogni anche se in verità non ne era affatto sicura al cento per cento, magari era solamente una baggianata creata dalla sua testa bacata.
<< No, solite cazzate, tu? Mi sembri allegro >> deviò il discorso e sorrise nel sentire parlare Armin di un nuovo libro acquistato. Armin e i libri, erano due concetti indissolubili, era una persona curiosa, questa inclinazione non poteva essere in alcun modo relazionata al misero pettegolezzo, poteva essere definita come una “curiosità intellettuale”: amava leggere, tali volte riprendeva tanti volumi che trattavano lo stesso argomento solo per osservare e studiare le cose attraverso il punto di vista dei diversi autori. L'amico amava anche ascoltare le persone: senza mai giudicare, anzi con una calma razionale, si cimentava nel punto di vista altrui e s'azzardava a porre un consiglio solamente se veniva richiesto.
Con lui si sentiva libera di parlare, era veramente un ottimo amico, il migliore che si potesse desiderare. Nonostante tutte queste qualità, Erna decise di tenere segreto l'incontro con Levi. La situazione in cui stava viaggiando non era delineata, si parlava di sogni, sensazioni e disagi e poi c'era Levi. Beh, lui era reale però non voleva dichiarare la sua esistenza, per il momento preferiva tenerlo chiuso nella sua testolina.
<< Riposo finito! >> la voce grossa dell'istruttore interruppe la conversazione.
<< Mi sa che questa volta ci affronteremo noi due >> disse Erna porgendo il braccio all'amico che afferrò per levarsi in piedi.
<< Ok, ma vacci piano >> sorrise ben conoscendo il temperamento della ragazza



. *** .


Levi aveva deciso di dedicare quel sabato pomeriggio alla tranquillità, così si rifugiò nel suo locale preferito, l'unica sala da the della città. Era un luogo sobrio e pulito, perennemente silenzioso poiché i clienti erano persone che si recavano lì solamente per la pace oltre che per sorseggiare un buon the. In poche parole era il luogo ideale per riflettere e lasciare correre via i pensieri, difatti il silenzio veniva spezzato unicamente dallo scorrere della pagine dei quotidiani, da qualche cucchiaino e da lievi passi. La biblioteca in confronto era paragonabile a un chiassoso concerto rock.
Levi sfogliava le pagine del quotidiano poi irritato lo ripiegò con un certo nervosismo ponendolo accanto alla tazza fumante. Non lo stava leggendo davvero, ci aveva provato ma le lettere si sovrapponevano per poi rincorrersi e alla fine in testa si disegnava una sola parola chiara e ben delineata, Eren.
Lo sapeva, quella ragazza dai lineamenti dolci e delicati si chiamava Erna, eppure qualcosa gli sfuggiva, aveva già visto quegli occhi verdi dalle sfumature serpentine, erano familiari ed era certo di averli visualizzati addosso a qualcuno, propriamente addosso a Eren. Ed ecco il dilemma: se quella ragazza era Erna, allora perchè diamine continuava ad associarla al nome Eren? Chi diamine era Eren?
Le domande si rincorrevano con la velocità di un cane che tenta di mordere la propria coda.
Nervose tamburellarono le dita sul tavolo, Levi era un uomo avezzo al pensiero logico, gli era ruisultato molto utile per risolvere i problemi e ritrovare una soluzione pratica e veloce. Ma in quel caso sembrava inutile, anzi più tentava più domande si costruivano, s'addossavano l'una sopra rendendolo sempre più confuso.
Lo sguardo scivolò verso la vetrata che mostrava passanti carichi di buste. Si movimentavano avanti e indietro nel tumulto di quella piccola città. Vedeva volti felici, altri annoiati, altri ancora contratti dalla fretta. Volti anonimi si dimenavano nelle strade tutti racchiusi nei propri stati d'animo, e poi dalla calca sbucarono due occhi che erano al centro dei suoi pensieri. Con lo sguardo seguì la piccola nuca castana.


. *** .


La mano bronzea correva lungo abiti dai colori sgargianti. Rosso, giallo, rosa, blu, stampe floreali, cagnolini e gattini. Li guardava eppure non sentiva alcuna attrazione verso quei capi, non si sarebbe provata neppure un abito. Sospirò chiedendosi il motivo per cui si costringeva a visitare quei dannati negozi spumeggianti. Pensava che magari, guardando quei tessuti sgargianti, le sarebbe venuta voglia di essere femmina, o perlomeno di comportarsi come tale. Magari avrebbe comprato un abito e poi avrebbe indossato il mascara, poi la cipria e magari sboccerà l'idea di baciare un ragazzo.
Innalzò il capo e lo sguardo vaneggiò lungo i capi ma assieme ad essi rientrarono dei volti accigliati.

Ci risiamo “ pensò tra se, quelle espressioni erano parlavano chiaro e sapeva benissimo cosa passava nella testa di quelle ragazze truccate e ben vestite: é un maschio o una femmina? Che diamine ci fa qui?
Sentiva la collera schiantarsi contro il suo petto con la potenza d'una onda marina, ma nel profondo sapeva che non poteva dargli tutti i torti: indossava perennemente felpe e tute da ginnastica troppo larghe per la sua taglia, i capelli corti destavano dubbi sulla sua appartenenza di genere e quindi sì, spesso la scambiavano per un maschietto dai lineamenti androgini. La cosa non le dispiaceva, eppure non le donava neppure gioia.
In quel negozio fosforeggiante lei non era altro che un pugno in un occhio, allora decise di uscire per immergersi nella calca di gente.
Stava già progettando di tornare a casa, magari dopo sarebbe andata a mangiare una pizza con Armin e Mikasa …
<< Eren >>
Un brivido che partì dalla punte dei capelli percorse tutta la colonna vertebrale e si bloccò, i piedi si incollarono al pavimento e pareva un blocco di cemento tutt'uno con il suolo sottostante. Granitica raggelò sotto il cappotto. Con una lentezza disarmante si voltò ben sapendo a chi appartenesse quella voce che solo lei poteva riconoscere ben distinta in mezzo a quel chiacchiericcio.
Nel momento in cui si voltò vide due pupille tempestose mal celate da qualche ciuffo nero.
<< Scusa, volevo dire Erna >>
La chiamata si limitò ad annuire, non si era offesa affatto, anzi nei suoi sogni la chiamava così e se lo faceva anche nella realtà, le andava più che bene.
Dalla bocca dell'uomo uscì uno schiocco di lingua simile a un sibilo d'un serpente
<< Non mi sembri il tipo che fa acquisti in questo negozio >> lo sguardo scivolò sulla vetrina ove un manichino vestiva un abitino corto dalla stampa floreale, poi cadde su di lei. La squadrò da capo a piede e questo la irritò eccome.
<< Hai qualche problema riguardo il mio abbigliamento? >>
Lui innalzò un sopracciglio scuro e la fulminò con lo sguardo
<< No, il tuo abbigliamento non m'interessa. Potresti girare con un sacco di iuta addosso e non me ne importerebbe un accidente >>

certo che la schiettezza di questo uomo è disarmante”
<< Andiamo a bere un the >> non lo chiese, lo pronunciò secco, alle orecchie di Erna giunse come un ordine.
<< Il the mi fa schifo >> disse con l'intento di sfasciare il piano. Non disprezzava la bevanda proposta, però non voleva assecondare i suoi comodi.
Gli occhi tempestosi rotearono verso l'alto
<< Allora berrai un caffè, magari una mocciosa come te preferisce un bicchiere di latte >>
Lei spalancò le palpebre, diavolo la stava insultando a più non posso con una facilità a dir poco allarmante.
<< Forza, offro io >> voltò le spalle e si incamminò, lei si affiancò a lui per potergli dire
<< Che ti credi che non abbia i soldi per pagarmi un caffè? >>
<< Un caffè sì, ma forse non ne hai abbastanza per un bicchiere di latte >>


Entrarono nel primo bar che incontrarono, era piccolo sobrio e poco affollato. Appena presero posto al tavolo entrambi si levarono i soprabiti Erna lo guardò e comprese il motivo per cui l'aveva squadrata con quella nota disgustata. Lo facevano tutti, eppure lui era in un certo senso giustificato dal fatto che era impeccabile.
La camicia era infruciata alla perezione all'interno del nero pantalone, neppure una piega era presente sui tessuti.
<< Dai molta importanza all'abito >> poté dichiarare senza alcun problema.
<< I vestiti non son tutto però i più stupidi si basano su questi per capire chi sei >>
<< Non sono d'accordo >> l'affermazione ruzzolò fuori dalla gola con una tale convinzione che Levi la guardò storto.
<< Se i vestiti dicono chi sono allora cosa dovrei essere io? Una fanatica sportiva?! >> la buttò lì ridendo della sua stessa battuta, eppure Levi non si unì a quella risata
<< I tuoi abiti non dicono nulla, rivelano solamente che ti stai nascondendo >>
<< Che stronzata >> sbottò tutto d'un colpo, eppure si sentiva come se fosse stata smascherata, come se fosse stata beccata nel compiere un furto.
<< No, non lo è. Gli abiti servono per coprire il proprio corpo, in un certo senso per nasconderlo però bisogna farlo con decenza >>
Erna rimase a bocca aperta, sentì le labbra cadere verso il basso: era la prima volta che qualcuno le desse in un certo senso ragione. L'aveva criticata ma l'aveva anche giustamente spalleggiata.
La cameriera arrivò, raccolse la prenotazione e Levi deviò la conversazione ponendo domande basilari: dove sei nata? Che scuola hai frequentato? Dove vivi?
Lei rispondeva secca, donava informazioni coincise.
La cameriera arrivò, pose sul tavolo un caffè e un the nero, quando si dileguò Erna decise che era il suo turno, era arrivato il momento per lei di porre domande
<< Perchè mi hai chiamata Eren? >> seria puntò lo sguardo contro il suo. Quella questione doveva essere risolta e anche in fretta.
<< Perchè tu ti sei messa a piangere come una mocciosa? >> domandò e lei si sentì punta nel vivo. Si stava riferendo al loro primo incontro ed Erna doveva ancora riprendersi dall'imbarazzo ma non lasciò che le guance si tinteggiassero di rosso, così raccolse tutta la grinta presente nel suo essere.
<< Comodo, sviare la domanda ponendone un'altra >>
Levi scrollò le spalle per poi dire con noncuranza
<< Non lo so, probabilmente in passato ho incontrato un ragazzo di nome Eren che t'assomigliava. >>
La spiegazione era logica quanto sensata, sembrava crederci dato che il suo viso non tradiva alcuna emozione se non quella d'una sicurezza imperturbabile, eppure mentiva. Erna ne era assolutamente certa: se era così certo della sua affermazione, non le avrebbe proposto quel caffè, chi si darebbe tanto affanno per una persona sconosciuta? La possibilità che fosse interessato a lei come possibile partner era da escludere a priori: se il suo abbigliamento non mentiva, sicuramente al suo fianco avrebbe voluto una ragazza elegante, di certo non un maschiaccio androgino come lei.
<< E tu perchè ti sei messa a piangere? >> le pupille tempestose si puntarono contro quelle smeralde. L'aveva posta con una certa noia, come se non gli interessasse realmente la risposta. Erna non gli avrebbe mai detto la verità, così con noncuranza innalzò le spalle verso l'alto
<< Ero stanca e avevo le mestruazione. È stata colpa degli ormoni >> fornì quella spiegazione logica quanto disonesta ma non si sentì affatto in colpa. Si era limitata a mentire come il suo interlocutore.
Si aspettava un certo disgusto da parte dell'uomo, invece lui si limitò ad osservarla con un sopracciglio innalzato
<< Capisco >> disse infine.
Il silenzio calò assieme a uno strano imbarazzo. Erna avrebbe potuto porre altre domande per capire chi gli stava di fronte, poteva chiedergli tante cose eppure l'unica curiosità che deturpava il suo cervello, non era stata sanata. Lui avrebbe continuato a mentire, di conseguenza anche lei, perciò parlare le pareva inutile. Poteva mettere su una conversazione futile di poca importanza giusto per prolungare l'incontro, ma non lo fece. Bevve il suo caffè in un sorso, gettò qualche spicciolo sul tavolo e si dileguò via con una blanda scusa. Non si salutarono nemmeno.


. *** .

Percorrendo la strada di casa la giovane si ritrovò a rimuginare su una parola che le pizzicava la pelle: nascondersi. Rifletteva su questo termine coniato alla sua tuta da ginnastica e si ripeteva che era una sciocchezza. Non si nascondeva affatto! Lei usciva, camminava sotto alla luce del sole, girava fra la gente senza timore, si difendeva e attaccava, sia verbalmente che fisicamente. Non si nascondeva in un buco buio impaurita dal mondo, certo, celava le sue curve e il suo fisico, ma questo non stava a significare che si vergognava di se stessa.
Io cammino sempre a testa alta” . Il pensiero susseguì l'azione, raddrizzò il collo, lo stropicciò talmente tanto che i nervi cominciarono a dolere sottoposti a quella tensione forzata. Era arrabbiata per l'insinuazione fatta, se prima l'aveva lasciata basita, in quel frangente si sentiva frustrata per il semplice fatto d'essere stata criticata. Quello che bruciava maggiormente al'interno del petto, non era la critica ma il fatto di non essersi difesa. Chissà, magari se non fosse arrivata la cameriera gliene avrebbe cantate a dovere.
Quando la chiamava Eren il cuore partiva a tutta velocità, andava a fuoco assieme alla sua pelle e brividi caldi la percuotevano fino al midollo. In un certo senso era come ritrovarsi in quel sogno, era come volare, ma quando si ritrovava con lui in uno spazio ristretto con i piedi ben piantati al suolo, l'unica sensazione che le lasciava era il disagio. Quello sguardo tagliente e boom! In uno scoppio riusciva a leggere i suoi pensieri e poi le parlava con quel fare impregnato di sarcasmo critico …

Che nervi!! “ pensò fra sé serrando la mascella.
Forse doveva dimenticarlo e sperare di non incrociare mai più la sua strada. Eppure lasciare andare via così quella voce, poteva farlo? Forse sarebbe stato difficile, ma la sua vita era talmente incasinata che non voleva aggiungere un tassello enigmatico come Levi. Sicuramente non era una persona facile con cui andare d'accordo dato il suo modo di fare saccente.
Sospirando entrò in casa aspettandosi un micidiale rimprovero da parte di Mikasa: dopo l'allenamento era uscita senza avvertirla, conoscendola sarebbe stata lì dinnanzi alla porta con le mani sui fianchi pronta a rimproverarla. Quando entrò fu accolta da due occhi muti. Annie era lì seduta sul divano.
La salutò con un cenno del capo per poi sedersi al suo fianco. Da quando le due erano fidanzate, veniva spesso da loro, a volte si accampava per interi fine settimana perciò Erna non si stupì di vederla. Annie non la disturbava affatto anzi, era talmente silenziosa che tali volte non s'accorgeva neppure della sua presenza. Tutti a scuola dicevano che era strana, il suo silenzio era interpretato come una sorta di superiorità nei confronti degli altri, ovviamente questo irritava i suoi coetanei. Erna invece no, il fatto che fosse una persona silenziosa non le pareva un difetto, non aveva molta confidenza con lei, ma probabilmente parlava poco perché non gli andava di movimentare la lingua tanto per fare.
Si stravaccò al suo fianco, non sentendo la voce di Mikasa e non vedendola con gli occhi chiese
<< Dov'è Mikasa? >>
<< E' andata a cercarti >>
Sbuffò. Le sorelle avevano la stessa età eppure la trattava come se fosse la sorellina minore. Sapeva che quella era una dimostrazione d'affetto, eppure tali volte la preoccupazione di Mikasa la faceva sentire intrappolata, una sensazione più che sgradevole.
<< Si preoccupa sempre per te, e mi ha parlato del tuo problema >>
<< Quale problema? >> curiosa la guardò attendendo la risposta
<< Del fatto che non provi attrazione né per gli uomini né per le donne >>
Erna scrollò le spalle, quello non lo avvertiva più come un problema, era solamente una questione di fatto.
<< Beh, sappi che non è una cosa così anormale >> la bionda pose una mano sul suo ginocchio attirando la sua attenzione.
<< Ci sono persone che si innamorano delle anime. >> Erna corrucciò la fronte vedendo Annie avvicinarsi
<< Il copro spesso viene sopravvalutato, molti si innamorano di quel involucro di carne ma solamente le persone più sensibili riescono ad andare oltre >> si avvicinò pericolosamente, Erna non fece neppure in tempo ad accorgersi dell'inequivocabile intento che le labbra vennero tappate
da quelle sottili della bionda. Sbalordita rimase impietrita, immobile con la paura di respirare lasciò che la lingua si insinuasse all'interno della sua bocca, lasciò che accarezzasse i suoi denti, ma quando il bacio s'approfondì, si discostò finendo nell'angolo più lontano del divano.
<< Cazzo, Annie! Che ti è saltato in testa? >> sbottò sconvolta sfregando energicamente la manica della maglia sulla bocca.
<< Hai sentito nulla? >>
<< Ho sentito la tua fottuta lingua >> incalzò irata non solo dalla domanda stupida ma anche dal suo atteggiamento. Era tranquillissima, come se non avesse commesso qualcosa di moralmente sbagliato.
<< Non hai sentito il calore, le scosse elettriche, il formicolio, giusto? >>
<< No >>
<< E' come immaginavo >> un sorriso tirato si dipinse sul suo volto ed Erna sbatté le palpebre sempre più incredula. Rimase zitta lasciando giustificare la faccenda alla ruba baci a tradimento
<< Tu sei quel tipo di ragazza che si innamora delle persone perciò >> picchiettò il dito sulla tempia
<< La tua zona erogena sta qua. Un giorno ti innamorerai di una splendida anima >>
<< E tu come fai a saperlo? >> chiese, seppure scocciata da quel gesto improvviso, voleva sapere da dove discendeva quella sicurezza
<< Beh, io ho trovato Mikasa >>
La ragazza s'innalzò dal divano afferrando la giacca posta sull'attacca panni.
<< Dove vai? >> domandò stordita dall'informazione.
<< Vado a cercare la mia amata anima >>
Appena la porta sbatté, Erna portò le dita alle labbra intenerita ma al contempo divertita dal gesto azzardato di Annie: in un modo poco ortodosso ma efficace le aveva spiegato il suo punto di vista. Forse le chicchere che aleggiavano intorno alla figura della nanerottola erano veritiere: Annie è strana!
L'amore per Erna era un terreno che aveva circumnavigato a passo felpato, ma poi voltò le spalle a quella regione parecchio tempo fa e non era molto propensa a girare il capo all'indietro. Nonostante ciò sarebbe stato piacevole porre un pizzico di fiducia nelle parole di Annie.

Si ripigliò dai suoi pensieri realizzando il fatto che sulla lingua aveva la saliva di Annie, nonché la ragazza di sua sorella, magari prima si era scambiata un bacio con quest'ultima. Un pensiero a dir poco disgustoso e così corse in bagno armata di spazzolino, collutorio, dentifricio e filo interdentale.

Angolo psichiatrico

Ciao carissimi/e :)
Come prima cosa ci tengo a ringraziare tutti voi che avete inserito la storia tra le seguite, preferite o ricordate( mi rendete molto felice:)) ovviamente dedico un abbraccio grande a tutti coloro che hanno commentato fino ad ora  <3
Tornando al capitolo appena pubblcato onestamente non ho molto da dire, i protagonisti sono confusi e irritati e tutto è ancora avvolto nel mistero.XD
Ora mi dileguo, spero di senture le vostre opinioni:)

un abbraccio
Mistiy


   
 
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