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Autore: JennyWren    24/03/2016    2 recensioni
Dal Cap. 3
- Ci siamo persi – Disse ancora con il fiato corto.
John inclinò la testa verso l’amico e smise di ridere. Si sollevò da terra e raggiunse Paul che ora cominciava ad agitarsi.
- Beh siamo da qualche parte, non trovi Paulie? – Disse sporgendo la testa dal vicolo, per guardare fuori.
-Il problema è capire questo qualche parte dove sia – rimbeccò l’amico.
John studiò l’espressione di Paul, il suo viso era illuminato lievemente dalla luce giallastra proveniente dal lampione della strada. Era ancora così piccolo, aveva ancora i lineamenti dolci del ragazzino che Ivan gli aveva presentato tre anni prima, eppure erano cresciuti tanto da quel giorno.
In quel momento Paul stava arricciando le labbra in un modo quasi buffo e si guardava intorno come un bambino sperduto, ruotando il capo in ogni direzione possibile.
- Mi dici cosa ci trovi di divertente nell'esserti perso? - Domandò Paul visibilmente irritato dall'espressione ebete di John. - Stai sorridendo come un fesso.
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr, Stuart Sutcliffe
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I'm scared

1960
 
La risata senza fiato di John riempiva il viottolo sporco e maleodorante di Amburgo. Il ragazzo ed il suo inseparabile compagno di mille avventure avevano corso per quasi un kilometro, cercando di seminare delle guardie decisamente incazzate, le quali urlavano minacce ed insulti che i due ragazzini a stento capivano.

- Ci ammazzano, cazzo, se ci prendono ci ammazzano, stronzo! - Imprecò senza fiato Paul, strattonando la mano tenuta stretta da John.

Per tutta risposta John scoppiò a ridere fragorosamente, aumentando la velocità dei passi e la presa sulla mano del più piccolo.

Il bel chitarrista aveva avuto questa bella idea di scappare dal bordello in cui avevano deciso di passare il pomeriggio, senza pagare.
Sembrava una bella idea, all'inizio, darsela a gambe con i pantaloni ancora slacciati e la camicia sbottonata. Avevano riso e preso in giro i tedeschim fino a quanto un gruppo di loro non aveva cominciato a rincorrerli brandendo bastoni ed armi varie.

Ed ora correvano a perdifiato, fino a quando le loro gambe avessero corso, i due non si sarebbero fermati. "Ci tengo troppo alla pelle e alle palle" aveva detto Paul nel momento in cui quei brutti ceffi avevano cominciato a rincorrerli.
John si accasciò a terra, una gamba distesa e l'altra poggiata al petto, la testa ciondolante in avanti e cercava di riprendere fiato, senza smettere di ridacchiare.
Paul preferì non far compagnia all’amico sedendosi a terra, quel vicolo era decisamente lercio e la puzza di urina gli investì le narici con la stessa forza di un cazzotto. Il sole era ormai calato e cominciò a guardarsi intorno per cercare di capire dove fossero finiti; a poco a poco, una sensazione di panico gli fece gelare il sangue.
Erano lontani dal kaisekeller, questo era sicuro, erano lontani anche, però, dalla zona di Amburgo che conoscevano. Si trovavano in una zona industriale, occupata prevalentemente da capannoni in lamiera, le strade erano completamente deserte e silenziose, quasi spettrali.
La paura si insinuò tra le membra del bassista, un brivido gelido gli percorse la schiena.
 
- Ci siamo persi – Disse ancora con il fiato corto.
John inclinò la testa verso l’amico e smise di ridere. Si sollevò da terra e raggiunse Paul che cominciava ad agitarsi. 

Paul era semplice da capire, almeno per John. Egli era in grado di capire il suo stato d'animo dai più piccoli e semplici gesti, dai suoi occhi maledettamente grandi, dal suo modo di arricciare le labbra, persino dal modo in cui stava semplicemente in piedi oppure seduto.
In quel momento camminava in tondo, maordicchiandosi l'unghia del pollice e facendo saettare gli occhi d'ovunque in cerca di un minimo particolare che potesse confortarlo.


- Beh siamo da qualche parte, non trovi Paulie? – Cercò di confortarlo sorridendo, per poi sporgere la testa dal vicolo, in modo da guardare fuori.
-Il problema è capire questo qualche parte dove sia – rimbeccò l’amico, ancora teso come una corda di violino.
 
Nonostante la situazione non fosse delle più consone, John si ritrovò incapace di poter spostare la sua attenzione da Paul. Non riusciva a capire, proprio non c'era verso di spiegare il motivo per cui John entrava in quello stato di catalessi quando si ritrovava da solo con Paul. 
Non era frocio, non provava alcuna attrazione per gli uomini eppure non riusciva ad identificare in nessun altro modo la sua totale dipendenza da Paul.
Quel maledetto ragazzino era il più dolce dei nettari e la più selvaggia tentazione, era la cura ed il danno, l'ordine ed il caos.
C'erano giorni in cui John doveva bere fino a dimenticare il suo fottutissimo nome per non sbattere quella faccia d'angelo, infilargli la lingua in gola e baciarlo fino a rubargli un pezzo d'anima; giorni in cui, invece, avrebbe voluto farlo svenire a suon di calci per riuscire ad avere dal ragazzino la risposta che, invece, avrebbe dovuto cercare in se stesso.


- Mi dici cosa ci trovi di divertente nell'esserti perso? - Domandò Paul visibilmente irritato dall'espressione ebete di John. - Stai sorridendo come un fesso.
 
John scosse la testa ritornando al presente. Cazzo questi momenti freudiani non potevano coglierlo in situazioni così importanti.
 
- Potremmo provare a fare la strada dell'andata. Che ne dici?  - Cominciò Paul.
- Se solo la ricordassimo - Concluse il maggiore distrattamente.
- Credi che abbiano smesso di cercarci? - Chiese Paul speranzoso, un timido sorriso gli increspò le labbra screpolate dal freddo e John stava quasi per alzare la mancina per accarezzargliere, quando uno scalpiccio di passi gelò entrambi al loro posto.
 
Paul divenne bianco come un cencio, sicuro di morire di infarto prima di morire a suon di sprangate. Chiuse gli occhi e si preparò al pensiero di essere pestato a sangue, sbattuto come un tappeto, tritato come un pezzo di carne, malmenato come...
- Sali sulle mie spalle. Non aver paura, fidati! - Sussurrò John.
- Cosa?! Io non... - Ribatté Paul, gli occhi ancora socchiusi, il respiro corto.
John lo afferrò per i fianchi sollevandolo senza alcuna grazia, lo guidò verso il muro del fabbricato. - Entra da quella dannata finestra, muoviti!
 
Paul non l'aveva vista, ma una delle piccole finestre del fabbricato era aperta, e in quel momento entrare in un capannone vuoto, senza avere la minima idea di come riuscire ad uscire, sembrava l'unica soluzione possibile per salvarsi la pelle.
Facendo forza sulle braccia, e a qualche spinta di John, riuscì ad entrare nella piccola apertura e, affacciandosi, tese il braccio in modo che John potesse aggrapparsi a sua volta.

- Sciogli le tue trecce, oh mia principessa! - Cantò allargando le braccia, mentre i passi e le urla si avvicinavano sempre di più.
- Lennon, ti sembra il momento?! - Cercò di rimproverarlo con uno strillo soffocato, ma regalando al chitarrista un sorriso che gli fece gonfiare il cuore.

Non aveva più dubbi.
   
 
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