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Autore: Lily1013    01/04/2009    6 recensioni
Contro ogni regola fino ad ora conosciuta, contro un futuro che, sinceramente, non mi è piaciuto, la storia dei discendenti dei Prince, dei loro Segreti, e di come hanno fatto due ragazzi ed un bambino a cambiare la vita degli eroi che JKR ci ha fatto conoscere.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO

The Outsiders

 

How many yesterdays - they each weigh heavy

Who says what changes may come?

Who says what we call home?

(REM)

 

 

Teneva nascosto il pacchetto dietro la schiena, mentre cercava di dribblare i tanti piccoli esseri che saltellavano per la casa. Non che le piacessero i compleanni in maniera particolare, ma quello, beh, quello era un compleanno particolare. Fuori c’era il sole, i bambini giocavano e di fronte a lei si stava spalancando un fantastico weekend di assoluto relax. Non poteva andare meglio.

“Finalmente, sei in ritardo”.

“Ho trovato traffico, Thomas”.

Victoria diede un bacio leggero sulla guancia al fratello, slacciandosi l’impermeabile.

“Bell’organizzazione. Come hai fatto?”.

“Ho avuto degli spazi di tempo. E ho chiamato un ottimo catering” le sorrise. “Grazie per le attrezzature fuori” indicò il retro, dove si erigevano altalene colorate, scivoli e perfino un piccolo castello di gommapiuma dove alcune bambine stavano saltellando.

“Ho avuto una perquisizione, ultimamente” fece la ragazza, guardandosi intorno.

“Prima il regalo o...?” Thomas agitò le braccia in aria, lasciando appesa la frase.

“Prima il festeggiato. Dov’è?”.

Thomas scortò Victoria in giardino, verso il grande scivolo blu, dove suo figlio troneggiava, pronto a scendere. Victoria gli fece un cenno con la mano, ed il bambino scivolò in fretta, correndo poi tra le sue braccia.

“Zia! Sei venuta!”.

“Non sarei mancata per nulla al mondo”.

Victoria si chinò per essere alla stessa altezza del bambino, scompigliandogli i capelli.

“Quanti anni compie oggi il nostro Edward?”. Il bambino si guardò le mani, corrucciò la fronte e poi iniziò a contare sulle dita della mano, concentrato. Victoria lanciò uno sguardo complice a Thomas, nascondendo un sorrisetto.

“Cinque!” disse trionfalmente Edward, mostrando la mano aperta alla zia.

“Ottimo! Stai diventando grande”. Fece una pausa. Il bambino scalpitava. Soppesò quanto sarebbe stato divertente farlo stare sulle spine ancora un po’, ma sarebbe stato troppo cattivo. Persino per lei.

“Questo è per te, tesoro. Con i migliori auguri di un buonissimo quinto compleanno”.

Edward prese avidamente il regalo dalle mani di Victoria, le diede un grosso ed umido bacio sulla guancia e corse a mostrarlo ai suoi amichetti, fiero.

Victoria si rialzò, guardando il nipote scappare via attraverso il giardino. La sua innocenza la colpiva ogni volta, come se fosse qualcosa che lei non aveva mai conosciuto. Guardò Thomas, suo fratello, il suo gemello, e sapeva che, mentre osservava suo figlio ridere, pensava alla stessa cosa.

“Me lo offri un caffè?” gli disse, posandogli una mano sul braccio. Thomas le regalò quei sorrisi speciali, quelli rari, da quando Faith era morta.

“E da quando in qua qualcosa te la si deve offrire, e non te la vai a prendere da sola?” ghignò. Thomas le poggiò una mano dietro la schiena e la portò nella solitaria cucina, lontano dal caos della festicciola, dove Victoria gli avrebbe spiegato, senza troppi mezzi termini, come aveva fatto a portare in vita sette persone a più di mille miglia da loro.

 

 

“Che vuol dire Io non vengo?” squittì Victoria, sedendosi sulla valigia che stava preparando.

“Vuol dire che ho da lavorare” alzò le spalle Thomas, osservandola appoggiato alla porta, fuori dalla sua portata.

“Thomas” fece piano Victoria, ribollendo dalla rabbia. “Tu mi hai convinto a farlo. Tu mi hai convinto ad andare. Tu, tu e solo tu. Che vuol dire che adesso non vieni? Che vuol dire che devi lavorare?”.

“Mi mandano in Nuova Zelanda. Edward sta crescendo. Voglio mandarlo nelle migliori scuole, e le rette costano...” iniziò, nella speranza di placare la rabbia di Victoria.

“Non mettere in mezzo Edward quando ti fa comodo!” sbottò la ragazza, dando un’ultima spinta alla valigia, che si chiuse.

“Non potevi farlo con la bacchetta?” chiese Thomas, di punto in bianco.

“Ringrazia che non l’avessi in mano, la bacchetta, oppure ti avrei Schiantato via!”.

“Sei arrabbiata?”.

“Sì. Perché mi mandi laggiù da sola” incrociò le braccia al petto.

“Non ci andrai da sola. Edward verrà con te”.

“Ma sei impazzito”. Victoria non poteva crederci.

“Voglio che lo conosca, Tory”.

A questo, Victoria boccheggiò. Era assurdo che lo stesse dicendo. Che lo stesse dicendo davvero.

“Sai che non è Edward il problema. Sai che lo porterei in capo al mondo. Ma non lì. Thomas, ma ti rendi conto?”.

“Sì, mi rendo conto perfettamente. Voglio che lo conosca lo stesso. Non ho detto che voglio che sappia, ma ci sono davvero troppi orfani nella nostra famiglia”. La guardò serio.

“Famiglia...” sospirò Victoria, passandosi una mano sugli occhi. In quel, Edward entrò correndo, come se stesse cavalcando un Thestral.

“Edward è entusiasta di andare in vacanza con te” sorrise Thomas.

“Sono entusiasmico” annuì Edward. Victoria sorrise. “Sei arrabbiata, zia?” il bambino le si avvicinò con aria preoccupata.

“No, non lo sono” mentì. “Ma mi sarebbe piaciuto andare in vacanza tutti e tre insieme”.

“Papà lavora” spiegò Edward.

“Nuova Zelanda, addirittura?” Victoria prese in braccio Edward. Non perché il bambino glielo stesse chiedendo, ma perché, ogni tanto, un po’ di contatto fisico rendeva Victoria più docile, e meno incline agli scatti d’ira.

“La dura vita di uno Spezzaincantesimi” sospirò falsamente Thomas. “Ci andrai?”.

“Ci andremo” sospirò alla fine Victoria.

“Vi raggiungerò” promise Thomas. Victoria gli pizzicò il naso con la mano libera.

“Vedi di muoverti. So dove abiti, fratello”.

 

  
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