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Autore: ellephedre    07/04/2016    6 recensioni
Raccolta di one-shot post Verso l'alba, dedicata ad Ami e Alexander. Dopo le battaglie, cosa cambia per loro? Hanno dei progetti, da portare avanti insieme e separati. Hanno ancora da conoscersi. Hanno da evolversi.
«A volte, ti amo così tanto che ho solo voglia di... bearmi di te. Di averti con me, sentirti.»
Lei lo faceva sentire in una maniera indescrivibile.
Ami si ritrasse un poco. «Invece tu a volte mi ami così tanto che... non hai voglia di stare solamente abbracciati, no? Anche se te lo chiedo io.»
... c'era una risposta giusta a quella domanda? O era a trabocchetto?
«Era questo che intendevo dire» sorrise Ami. «Non devi pensare a come rispondere, basta che dici la verità.»
«Be', ma queste sono mie strategie. Hanno una loro utilità. Vedi? Ti divertono.»
Ridendo piano, lei lo abbracciò. «Ma questa notte possiamo restare così?»
«Sì.»
«... anche se non vuoi?»
«Mi fraintendi. Io lo voglio sempre. Solo a che a volte di mezzo mi va anche qualcos'altro.»
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
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per istinto e pensiero 8

 

 

Per istinto e pensiero

di ellephedre

 

Fine marzo 1997 - Troppo vino?

   

«Cin-cin.»

Ami fece tintinnare il calice con quello di Alexander. Rimirò il liquido rosso prima di assaggiarlo.

Le sue papille gustative vennero invase dal sapore ricco e corposo del vino francese.

Lo inghiottì, sentendone il percorso fino allo stomaco. «Wow.»

Alexander concordava. «È più forte di quello che pensavo.»

Già. La gradazione alcolica doveva essere alta. Avevano recuperato la bottiglia dalla credenza di Yamato, l'amico di Alexander. Lui aveva detto che qualunque cosa fosser rimasta in casa era da considerare regalata. Lei e Alexander avevano preso la bottiglia di vino dopo aver deciso che era il caso di festeggiare quella sera.

«Non ce l'avrei mai fatta senza di te, Ami love. Traslocare in un giorno... Abbiamo battuto qualche record.»

Lei alzò il calice in loro onore. Erano stati efficienti. «Avevi messo in ordine tutto quanto.»

«Già. Ci ho messo una settimana.»

Esatto, alla fine cambiare casa non era mai semplice. Con una rigorosa organizzazione loro avevano ridotto i tempi al minimo indispensabile. «Ora abbiamo il tempo di andare dove vogliamo.» Avevano cinque giorni liberi, tutti per loro. Il periodo degli esami era terminato.

Alexander si stava guardando intorno, rimirando il salotto di quello che era stato un tempo l'appartamento del suo amico. Ora era casa sua.

«Voglio conoscere tanti posti, ma... per almeno una giornata mi andrebbe di stare qui. Sento di voler fare qualcosa con questo posto.»

Lui ne era proprio fiero. «Per esempio?»

«Voglio riempire il frigo. Ora è solo mio e comprerò il cibo coi miei soldi. Sento che sarà diverso fare la spesa. Voglio anche andare a comprare le cose che mancano in giro per la casa.»

Sì, incredibilmente non avevano trovato proprio tutto nell'appartamento dei genitori di lui: alcuni mobili erano stati troppo ingombranti per la funzione che avevano.  «Allora domani andiamo in un negozio di mobili.»

Alexander pensava. «Sai, anche se sarà un posto economico, non importa. Sono contento. Stare qui mi dà la carica.»

Lui tenero nel suo palese desiderio di rendere quel posto ancora più suo. «Ti meriti tutto questo.» Ami brindò di nuovo a lui, a ciò che aveva conseguito. «Riuscirai a mantenere questo appartamento. È tuo, te lo sei guadagnato. Sei una persona completamente adulta ora.»

Alexander si illuminò. Fece tintinnare i loro calici con più energia. 

Quei giorni erano... speciali, pensò Ami.

Pochi giorni prima Alex aveva presenziato alla sua cerimonia di diploma. Era venuto alla sua scuola in completo, elegante senza essere troppo formale, per vederla ricevere in mano il documento che decretava la fine di un lungo periodo della sua esistenza. Non era più una studentessa che doveva portare l'uniforme; la scuola come la conosceva era finita.

Quando avevano chiamato il suo nome sul palco, Alexander l'aveva applaudita assieme a sua madre e alle ragazze.

Fuori dall'edificio scolastico, Ami lo aveva visto fare una faccia strana quando gli aveva chiesto di fare una foto ricordo con lei.

«Perché sei sorpreso?» gli aveva domandato.

«Te lo dico dopo» aveva risposto lui. Si era messo davanti all'obiettivo, un braccio intorno alle sue spalle, ed Ami lo aveva visto sfoderare il sorriso più grande che avesse mai regalato a una macchina fotografica.

Si era dimenticata di insistere per una risposta, ma in seguito aveva capito da sola come si era sentito lui. Era successo quando erano andati insieme al matrimonio di Usagi.

Lei aveva pianto nel vedere Usagi e Mamoru che si prendevano per mano, guardandosi negli occhi, mentre giuravano di amarsi in eterno. 

Avrebbe ricordato per sempre quel giorno assieme alle sue compagne. In futuro avrebbero parlato della festa, di quanto fossero state emozionate mentre si dirigevano insieme verso il luogo della cerimonia... Si era resa conto che avrebbe ripensato anche ad Alex, al momento in cui lo aveva tenuto per mano mentre si scioglieva dalla commozione per Usagi. 

Iniziavano ad essere presenti, l'uno per l'altra, in momenti irripetibili delle loro esistenze.

Ami voleva essergli accanto nel giorno in cui lui si fosse laureato - la prossima grande tappa della sua vita.. Era anche felice più che mai di averlo aiutato a traslocare nella sua prima vera casa: sarebbe rimasta nei ricordi di lui per sempre, qualunque cosa fosse successa tra loro.

Colpita da un magone, bevve un altro bel sorso di vino.

«Ehi, vacci piano.»

«È buono.» Forse però l'alcool stava cominciando a darle alla testa. 

«Vuoi mangiare qualcosa?»

Hm. Non aveva molta fame, e non aveva voglia di cucinare.

Alexander sembrava pensare la stessa cosa. «Andiamo a cenare fuori.»

Uscire? Ma era così bello e tranquillo starsene in casa a non fare niente, dopo tutti gli impegni che avevano avuto.

Lui aveva adocchiato una scatola sistemata in una mensola della libreria. Sorrideva.

«Cosa c'è?»

«È da un po' che non giochiamo a scacchi.»

Ami voltò la testa. Per l'entusiasmo quasi travolse il calice di vino. Evitò per un soffio che il liquido si rovesciasse, ridacchiando. Si spostò verso la libreria e afferrò la scatola che conteneva la scacchiera. «Giochiamo ora!»

Lui era già convinto. Si stava alzando. «Vado a prendere degli snack.»

Aveva così fame? 

Sulla porta del salotto Alexander chiarì. «Servono per non stare a stomaco vuoto. Altrimenti il vino ci farà ubriacare.»

Lei fermò il calice a un centimetro dalle labbra. «Ho retto più di questo.» Al pigiama party di Usagi. Inoltre quello sarebbe stato il suo ultimo bicchiere.

«Scommetto che avevi mangiato qualcosa.» Alexander non discusse più, andò in cucina.

Un minuto dopo Ami aveva finito di sistemare i pezzi sulla scacchiera. Lui tornò indietro con un piattino di crackers.

«Non ho niente di valido in casa. Devo davvero fare la spesa.»

Lei ebbe un'idea. «Usciremo insieme nel cuore della notte. Andremo a prendere qualcosa in un Family Mart.» Non ci era mai stata oltre una certa ora. L'entusiasmo all'idea di fare piccole cose nuove insieme, in quella casa, l'aveva contagiata.

Alexander prese di nuovo in mano il proprio calice. «Andata. La città sarà nostra.»

Lei ricambiò il cin-cin. 

Lui bevve in un sorso solo quello che restava del proprio vino. «Ora ti insegnerò come giocare a scacchi.»

Davvero? «Che presuntuoso.» 

«Vedrai.»

 

Mezz'ora dopo Alexander sentiva la testa leggera. Aveva sgranocchiato un paio di crackers, ma la concentrazione per la partita lo aveva distratto. Era stato più facile continuare a bere che preoccuparsi di masticare. La bottiglia di vino era mezza vuota.

Ami pareva nella sua stessa condizione. Mentre guardava la scacchiera le sue guance erano accaldate. Sulle labbra aveva il residuo di una goccia di vino. Tirò fuori la lingua, per leccarla via.

Che cosa seducente.

Lei lo era, in ogni momento.

I suoi occhi blu salirono a guardarlo.

«Cosa?» domandò lui.

«Perché mi fissi?»

Non c'era un vero motivo. Semplicemente, l'aveva davanti e guardarla era tremendamente piacevole.

Il sorriso di Ami era divertito. «Ho qualcosa?»

«No.»

Lei raddrizzò le spalle, inspirando. «Mi sento... diversa.»

Ah, sì?

«Non credo di potermi più concentrare sulla partita.»

Sì, lui la capiva.

Ami stiracchiò le braccia verso l'alto, tirando fuori del petto. I suoi seni erano piccoli e appuntiti. La temperatura della stanza si era abbassata.

Lei rabbrividì. «Anche se è primavera...» Il suo discorso venne interrotto dal suono di un tuono, in lontananza. 

Ami emise una risata bassa, cristallina. «Ecco. Piove.»

Per Alexander era una serata perfetta. Era rintanato in casa - in una casa che poteva definire completamente sua - con Ami.

Lei smise di stringersi nelle spalle. «Prestami una tua felpa.»

Lui scosse piano la testa. «Perché non vieni qui? Ti riscaldo io.»

Ami non arrossì. Il momento in cui valutò la sua proposta fu particolare: per una volta in lei non vi furono imbarazzi. Lo fissò, poi con naturalezza coprì la distanza tra loro. Salì sulle sue ginocchia.

Alexander le portò le braccia intorno alla vita. Col respiro di lei sulla fronte, sollevò gli occhi, per bearsi della sua vicinanza.

Ami era calma, ma perplessa.

«Cosa c'è?»

«Non mi sto vergognando.»

Gli venne da ridere. Affondò il naso nel collo di lei. Inspirando forte, si inebriò del suo odore. «Sei così buona.»

«Anche tu. Te l'ho mai detto?»

Alexander si fermò a pensare. «No.»

Ami si strinse più forte alle sue spalle. «Sono... stordita.»

«Hm?»

«Dal vino.»

Ah.

Forse lo era anche lui.

Ami fece una pausa. «Non è male.»

Già. Non lo era affatto.

Rimasero in silenzio.

Alexander non resistette. «In che senso sono buono?»

Ami si divertì, un suono sottile che giunse al suo orecchio con un soffio leggero. Provò un brivido.

«Hai un buon sapore. Mi fa venire voglia di... baciarti.»

Fallo, allora. Non glielo disse. Sollevò la testa e incontrò la sua bocca. Sciolse le labbra di Ami con un bacio languido, intenso. Lei e tutto il suo corpo persero forza tra le sue braccia.

Con una piccola spinta delle anche, Alexander la fece sdraiare sulla schiena. Ami continuò ad accettare il bacio, non una sola protesta a interromperli.

Wow.

Lei non si arrendeva mai tanto presto.

Si staccò dalla sua bocca. «Sei davvero ubriaca?»

«Hm?»

A pochi centimetri dai suoi occhi, Alexander non riuscì a trovare le parole. «Non fai mai...» Così.

Ami non lo comprese. Rabbrividì di nuovo e lo strinse più forte. «Ho freddo.»

Si persero di nuovo nel bacio. Era bello sentirla rispondere senza alcuna inibizione. Lei si scioglieva sempre alla fine, ma arrivarci era un lavoro, una conquista. Ora invece...

Ami sorrise contro le sue labbra. Gli tirò su la maglia. «Dammela.»

«Cosa?»

«La voglio, ho freddo.»

Divertito, lui si staccò. «Così tanto?» Iniziò a spogliarsi. Quando riemerse dall'indumento, Ami aveva un sorriso furbo in volto.

«Ho voglia di metterla. Mi piace il tuo odore.»

Lui la trovò dolce e passionale. Libera. «Prendilo dalla fonte.» Si chinò in avanti, rubandole un altro contatto di labbra.

Ridacchiando, lei si ritrasse. Si era presa la sua maglia. «Mi basta questa.»

Alexander finse dolore. «Veramente?»

Nascondendo la bocca dietro il tessuto, Ami scosse veloce la testa.

Giocava. Era adorabile.

Lui fu audace. «Mettila. Con nient'altro sotto.»

Le si mozzò il respiro. Ami rimase a guardarlo, per un momento. Poi, con gli occhi che puntavano la stanza per non guardarlo direttamente, iniziò a togliersi le calze. Appena denudò un piede, lui glielo afferrò, premendo forte con un dito sulla pianta. Le uscì un gemito.

«Ti bacerò su queste dita.»

Ad Ami scappò una risata.

«Non vuoi?»

«È assurdo.» Lei lo disse mentre continuava a spogliarsi. Aveva levato la maglietta, rimanendo in reggiseno. Era il capo di biancheria che gli aveva fatto perdere la testa qualche settimana prima.

«God, ti sta così bene.»

«Cosa?»

«Quel pizzo.»

Sulle guance di lei comparve un po' di colore. Si era ricordata solo in quel momento di cosa indossava. «Ne ho comprati altri.»

Davvero?

«Perché il primo ti è piaciuto.»

Lui boccheggiò: era incredibile sentirla tanto sincera.

«Perché non ti stai spogliando anche tu?» gli domandò lei.

Dovette darle ragione. Le stava facendo fare tutto il lavoro da sola, ma aveva voglia di osservarla.

Sciolse la cintura dei pantaloni. Sollevando il sedere dalla moquette, fu a gambe nude in un paio di secondi.

«Troppo veloce» si lamentò Ami.

«Dovevo fare piano?»

«Era più romantico.»

Okay. Magari doveva ricordarlo in futuro.

Lei stava levando la gonna. Si vergognò solo in quel momento, ma non ebbe esitazioni nei movimenti: rimase in slip, il modello ricamato semi-trasparente che non la copriva quasi per niente.

Con incredibile audacia si mise dritta, sulle ginocchia, dandogli una splendida visione del proprio corpo.

Alexander memorizzò ogni centimetro quadrato di pelle.

«Si vede tutto quello che pensi.»

Eh? Non riuscì a guardarla negli occhi.

«Dal tuo pene.»

Lui scoppiò in una risata alta.

Ami si divertì. «È vero!»

Ma lei non aveva mai usato quella parola in vita sua!

Alexander non riuscì a smettere di sussultare.

Lei deglutì il proprio divertimento. Gli si avvicinò. «Sono un futuro medico. Penso a queste cose.»

Buono a sapersi.

Sentì le mani di lei sulle spalle. Si lasciò mettere a sedere.

Ami teneva gli occhi sul suo bacino. Lo studiava, spostando lo sguardo su tutta la sua forma. «A volte... mi fai male quando entri.»

... ah.

«Devo essere molto umida prima.»

Sì, se n'era accorto. Perciò cercava di farle avere un orgasmo prima. Era un po' laborioso, ma era una fatica così piacevole...  «Mi dispiace.»

«Non è colpa tua.»

Ancora lei non lo guardava in faccia. Lo spinse più forte all'indietro, fino a farlo sdraiare. «Credo di doverci pensare da sola di tanto in tanto. Con la testa.»

Lui non capì cosa voleva dire.

«Eccitarmi col pensiero» chiarì Ami.

Sarebbero bastate quelle parole a farlo diventare duro, ma Ami fece di più, appoggiando il bacino sul suo, in un deliberato strofinio.

Vederla tanto sicura, seminuda sopra di lui, lo portò al massimo dell'eccitazione.

«Per esempio, questo...» Ami strinse le labbra, ripetendo il movimento circolare dei fianchi, aggiungendo la forza del proprio peso. «È... wonderful

Lui le aveva stretto la vita, la bocca aperta e gli occhi socchiusi.

Senza chiedere, lei continuò a fare uso del suo corpo, muovendo il bacino controllatamente, per incrementare il piacere di entrambi.

Lui avrebbe voluto essere torturato in quel modo per sempre, ogni notte. Ogni mattina, tutti i giorni.

Allargò la presa alle natiche di lei, prendendone una per palmo.

Ami sussultò, poi si spinse contro le sue mani, senza inibizioni. «Vuoi... farlo?»

Lei era timida nella scelta dei termini, anche quando non era completamente lucida.

«Sì» rispose lui.

«Non senza preservativi.»

Il cervello non gli si era ancora spento a tal punto. «Vado a prenderli.»

Per alzarsi la sollevò, capovolgendola di lato. La seguì dapprima per impedirle un impatto troppo rapido col pavimento, poi solo per il piacere di stringerla. Si chinò a baciarle il collo, sovrastandola. «You are delicious

Ami ansimò, affondando le unghie nelle sue spalle. «Va' a prenderli.»

Per allontanarsi lui fece forza sulle braccia.

Una volta in piedi, lievemente più in sé, cercò di dare un senso ai propri dintorni. Dove aveva visto l'ultima volta i preservativi?

Non erano più nel solito cassetto. Aveva cambiato casa.

Si diresse verso la camera da letto, dove aveva lasciato il borsone con le ultime cose che aveva portato. Vi rovistò dentro, trovando una striscia dei prodotti che cercava.

Stringendoli in mano, tornò indietro. Forse doveva far venire Ami in camera? 

Sul punto di chiamarla, le parole gli morirono in gola. 

Ami era rimasta sdraiata sul pavimento, esattamente come l'aveva lasciata. Stava guardando la finestra, le ginocchia lievemente piegate, i pugni socchiusi vicino alla testa. Il suo ventre si sollevava piano, come i suoi seni. Sotto il pizzo bianco lui intravedeva il rosa scuro dei capezzoli turgidi, che tiravano il tessuto.

E il freddo? Non sarà comodo.

Ma una parte di lui non aveva nessuna di quelle preoccupazioni. Non era interessato alle conseguenze.

Appena lo sentì vicino, Ami voltò la testa. Sorrise, serena. «Questa casa già mi piace.»

«Come mai?»

«Mi fa sentire come se non avessi regole.»

Quello era l'alcool. Ne era affetto anche lui, perché aveva appena avuto un'idea.

Era un proposito che poteva realizzare con Ami in quello stato, mentre lui stesso si sentiva in quel modo. C'erano meno domande nella sua testa, meno freni. Più desideri.

Tornando a sistemarsi accanto a lei, la guardò negli occhi. Quelli di Ami rimasero fissi sui suoi, poi lei si sporse in avanti. Reclamò un bacio profondo, avvolgendogli la vita con le gambe.

Alexander non ebbe più alcun dubbio su cosa fare.

 


 

Ami si svegliò la mattina dopo, di colpo. Sentiva la testa leggera, sanata. Cercò invano le coperte. Aveva dormito senza un solo straccio addosso.

Sbatté le palpebre.

Ebbe un flash di quello che era accaduto la notte prima. Incredula, si tirò a sedere sul letto.

Concentrandosi, focalizzò i ricordi.

Si riempì di mortificazione. 

Cosa-? Come-?

Cercò invano i vestiti sul pavimento, per coprirsi e ritrovare un po' di pudore. I suoi abiti erano rimasti in salotto.

Si strinse nelle braccia e si allontanò dal letto. Era umida tra le gambe, per la prima volta per un'esperienza che la faceva sentire strana, incerta.

Sgattaiolò in bagno.

Seduta sul bordo della vasca, ripercorse con la mente le sue azioni della notte precedente. Si vide da fuori come se... come se non fosse lei.

Non era lei che si era dimenata in quel modo. Non era lei che si era lasciata... e poi aveva...

Invece sì.

Scattò in piedi, smettendo di ricordare per istinto di conservazione. Si pulì velocemente e raggiunge il salotto, ritrovando per terra tutti i suoi vestiti.

Sul tavolino al centro della stanza c'erano ancora la scacchiera e due calici con residui di vino sul fondo.

È stato l'alcool.

Rendersene conto le diede solo un attimo di sollievo. Non cancellava ciò che era avvenuto.

Vestita, con la giacca indosso, aveva già una mano sulla porta quando decise di tornare indietro.

Non cercò Alexander, che ancora dormiva nella stanza. Si diresse al borsone dove lui aveva sistemato tutti i medicinali. Per pietà recuperò una pastiglia di Bufferin e andò in cucina, a riempire un bicchiere d'acqua.

Era stato l'alcool, si ripeté. Lei non stava subendo gli effetti della sbronza solo perché aveva un fisico speciale, particolare.

Lasciò la medicina sul bancone, ricordandosi che tutto il suo potere non le era servito a mantenere un minimo di ritegno quella notte.

Con le guance in fiamme, a disagio, scappò dal nuovo appartamento di Alexander come una ladra.

   

Quando Alexander si svegliò, il suo cervello martellava contro le pareti della nuca.

Dolorante, si voltò su un fianco.

Ami?

Il letto accanto a lui era vuoto, freddo.

Si mise a sedere, un movimento rapido che gli fece vorticare la testa. Impiegò un momento a riprendersi.

Dannazione, era una sbornia. Si era ubriacato.

Ami non c'era.

La chiamò. Nel non sentire risposta iniziò ad allarmarsi.

Si alzò, vagando per le stanze.

Non c'era alcun segno di lei. I suoi vestiti erano andati, la giacca non era più appesa all'ingresso del corridoio. C'era solo...

Si avvicinò al bancone della cucina. Sul ripiano era appoggiato un bicchiere d'acqua e una pastiglia bianca - un antidolorifico.

Ami se n'era andata.

Si concentrò, combattendo contro il dolore alla testa. Perché lei non lo aveva svegliato? Per caso la notte prima lui aveva fatto qualcosa che...?

Ricordò tutto. Sbiancò.

Cazzo.

  


  

Usagi era in luna di miele. Rei era andata in gita con Yuichiro, Makoto era in viaggio con Gen e Minako era andata fuori città per lavoro. Per Ami le vacanze non erano mai capitate in un momento meno opportuno: aveva bisogno di parlare con qualcuno. Luna era rimasta in città, ma lei sarebbe rimasta scandalizzata già dalla sua prima frase.

Ieri notte ho bevuto troppo. E con Alex... non sono stata io.

Non era abbastanza amica di Haruka e Michiru per parlare con loro di questioni tanto personali. Inoltre, era certa che loro avrebbero riso di lei, dandole piccole pacche sulla testa per la sua ingenuità. Solo le sue amiche avrebbero potuto comprendere la sua confusione, anche se neppure a loro avrebbe potuto dire tutto quello che era successo la notte prima.

Nei suoi ricordi era in ginocchio sopra Alexander, le dita di lui rigide tra le sue gambe, ben insite il suo corpo.

«Qui ti piace?» lo aveva sentito domandare. Senza alcuna vergogna si era spinta contro la sua mano, roteando le ànche. Mentre lei continuava, lui le aveva chiesto ancora cosa volesse, fino a premere forte coi polpastrelli su un rilievo rotondo e gonfio, ipersensibile. Ami ricordava di aver chiuso gli occhi per l'estasi mentre lui percorreva quella protuberanza per intero, strofinandola. Poi Alexander aveva deciso che colpire veloce con le dita, a ripetizione, era la chiave giusta. Gli spasmi le avevano fatto tremare le ginocchia.

Era ricaduta su di lui, mentre il suo corpo ancora si stringeva sulla sua mano, pulsando.

Fino a quel punto era stata semplicemente disinibita. Poi aveva perso completamente la ragione.

Si erano spostati in camera da letto.

Il loro primo rapporto era iniziato in maniera naturale, intensa - entrambi così attenti a stare stretti l'una all'altro che a stento avevano respirato. Ricordava il peso di lui sul corpo e come avesse cercato di tenerlo ancora più vicino, perché la coprisse per intero. Aveva abbandonato la testa all'indietro, per aprirsi più a fondo ai loro baci - per assaggiarlo meglio, per percepirlo meglio.

Poi lui si era sollevato sulle braccia. «Devi dirmi come.»

«Cosa?»

«Dimmi come devo muovermi.»

Si era agitata, cercando di farlo chinare, inutilmente. Lui aveva anche smesso di muovere il bacino.

Lei lo aveva chiamato per nome, la supplica implicita.

Alexander le aveva liberato la fronte dai capelli, insistendo. «Tell me how

«Come prima» si era lasciata sfuggire lei. Lui era tornato a muoversi, premiandola. Le aveva obbedito anche quando lei gli aveva chiesto di tornare ad abbracciarla. Poi si era comportato in modo deliberatamente insensato, smettendo di rispondere agli aumenti di ritmo che lei gli chiedeva coi fianchi. Voleva sentirla parlare. Aveva addirittura rallentato, evadendo il suo sguardo mentre si chinava a strofinare la bocca contro il suo collo. Aveva detto una cosa, l'unica che le faceva pensare che il vino avesse avuto la meglio anche su di lui.

«Vorrei che fossi più alta.»

«Eh?»

«Mi devo piegare troppo per fare questo.» Era scivolato all'indietro, quasi uscendo da lei, per tormentarle il seno. Aveva usato i denti più del solito, causando un minuscolo dolore. Lo aveva  trasformato subito in piacere - acuto, troppo acuto - succhiandola vorace. Forse era quello l'attimo in cui lei aveva smesso di pensare.

«Fallo forte!»

Senza aprire gli occhi aveva sentito la pausa di lui.

«Hard» aveva ansimato e al solo ricordo del proprio tono si vergognava, per la disperazione con cui lo aveva pregato.

Alexander l'aveva accontentata con foga, senza pause. Dopo tre spinte lei aveva cambiato idea. «Rallenta!» Aveva avuto un'idea molto precisa di quello che voleva il suo corpo - pensieri racimolati da tutte le loro esperienze insieme. Poiché lui si era immediatamente fermato, una parte di lei aveva capito di poter chiedere qualunque cosa. «Prendi un ritmo costante. Rotea i fianchi mentre...» Alexander lo aveva capito da solo, muovendosi in maniera circolare nel terminare la spinta.

Il suo cervello si era annebbiato. «Così

Quello che la faceva imbarazzare maggiormente era quanto fosse stata lasciva. Aveva continuato a dare istruzioni, perché lui non si era mai, mai, mosso in precedenza esattamente come voleva lei. Anche se era riuscita comunque a raggiungere picchi di sensazione straordinari, quella notte era andata oltre. Aveva emesso suoni a ogni spinta - gemiti, sospiri, mugolii. Non era stata in silenzio neppure un momento. A un certo punto gli avevo chiesto di smettere di roteare il bacino, di insistere con gli affondi. Sapendo cosa aspettarsi, il suo corpo lo aveva stretto a ogni spinta, ricevendo stimolazione nell'istante migliore, nella maniera più perfetta - in continuazione, senza fine.

Non ricordava nulla di come si era mossa quando aveva raggiunto il culmine. Aveva solo memoria di quanto fosse stato grande il piacere - così giusto e totalizzante da farle credere di averlo sempre cercato. Di Alexander non si era quasi curata, ma lui aveva trovato soddisfazione ugualmente - con ansiti che ricordava più profondi del solito, e movimenti veloci, irregolari, controllati a stento nella loro forza.

Quando era finita, lui si era spostato e lei era rimasta a guardare il soffitto, sveglia - in pace col mondo e coi propri sensi.

Erano passati dieci minuti e avevano ricominciato.

Il rossore le fece male al viso.

Si era lasciata voltare, lo stomaco premuto sul letto. Non aveva emesso protesta quando lo aveva sentito entrare da dietro - anche se non avevano mai usato quella posizione e un po' di pudore avrebbe dovuto imporle di fermarlo. Invece non solo si era sistemata meglio con le gambe, per accoglierlo più a fondo, ma si era ripetuta dalla sessione precedente - rilasciando suoni a volontà, parlando. Come se quello fosse stato un frangente fuori dal tempo, un momento staccato dalla realtà in cui il pensiero non era concesso.

Rabbrividiva al ricordo di ogni istante, di ogni reazione.

Non sono quel tipo di persona.

Non si sentiva a suo agio il giorno dopo. Non poteva pensare di essersi lasciata vedere e sentire mentre... mentre faceva... e gridava...

Con che faccia sarebbe tornata a guardare Alexander? Al momento si vergognava così tanto che non era certa di volerlo più incontrare.

Si alzò, vagando per la sua camera.

Stava reagendo in maniera ridicola.

Ma come avrebbe potuto fargli capire che quella non era... lei? Che anche se lo era stata, questo non significava che covasse il desiderio nascosto di fare l'amore in quel modo. Non era vero! Lei desiderava stargli accanto come sempre, come prima. Non voleva che lui avesse di lei un'idea così... sbagliata? No, diversa.

Comunque, Alex aveva avuto più testa di lei la notte prima. Si era atteggiato in quel modo deliberatamente, per portarla proprio in quella condizione di irrazionalità.

Avercela con qualcuno che non fosse se stessa la liberò di un peso. Non era stata tutta colpa sua.

Anzi, se era stata colpa di lui...

Si permise di riflettere sull'implicazione.

Squillò il telefono. Mentre prendeva in mano la cornetta, esitò per un momento, poi rispose alla chiamata.

«... Ami?»

Combatté col risentimento. «... ciao.»

All'altro capo del telefono Alexander stava cercando qualcosa da dirle.

Lei la percepì come un'ammissione di colpa. «Ti è passata la sbornia?»

«Sì. Ami-»

«È passata anche a me. Credo che starò a casa oggi.»

«... Ah.»

Se fosse stato così semplice - se fosse stata solo colpa di lui... «Allora ci vediamo.»

Riattaccò. Confusa e irritata, tornò a riflettere.

  


  

I fucked it up.

Per strada Alexander si maledì per l'ennesima volta.

C'era un pattern nel suo atteggiamento. Cercava di essere attento, rispettoso, procedeva sempre con estrema cautela... poi dal nulla il suo cervello entrava in cortocircuito. Diceva cose che Ami non era pronta a sentire, o - peggio - faceva cose che lei non era in grado di reggere.

Ami glielo faceva capire, in tutti i modi possibili, da sempre. Quindi perché diavolo la notte prima si era spinto tanto in là?

Per l'alcool. Non berrò mai più assieme a lei, mai più in assoluto.

Dannazione, le inibizioni esistevano per una ragione. Ami non era il tipo di persona che era capace di dimenticarle dopo una sera. Anzi, lei non si sentiva mai a suo agio se si lasciava andare senza prima aver preso una decisione consapevole, ragionata. Altrimenti poi si sentiva scoperta, infelice. Destabilizzata.

Posso rimediare, vero?

Aveva pronte delle spiegazioni. Aveva intenzione di dirle che potevano dimenticare tutto. Cancellato, come se non fosse mai successo.

Probabilmente avrebbe funzionato solo se lui se ne fosse stato tranquillo per un bel po', ma...

Brontolò.

Non gli importava del sesso. Voleva solo sapere di poterla sfiorare senza sentirla sobbalzare. Ami si era sempre avvicinata a lui con fiducia, certa di non avere nulla da temere. Ora si sentiva smentita, no? Anche se lei non aveva fatto nulla che non avesse desiderato realmente - nel profondo del suo essere, in quella parte che non conosceva pause, imbarazzi, che era solo totale e incondizionata resa...

Chiuse gli occhi.

Aveva il suo materiale da sogno. Poteva usarlo per frenarsi per... per tutto il tempo che sarebbe servito. Era pronto a mentire, a dire che era stato il vino a guidarlo. 

Non mi sarei mai comportato così, love. Mi vergogno, come te.

Poteva essere bugiardo a tal punto?

Sì, sospirò. Gli importava più di un bacio, dato con calore, che di intimità fisiche in cui lei non si sentisse coinvolta. Forse sarebbe stato un percorso in salita, di nuovo. Forse sarebbe durato a lungo, ma... non importa.

Per favore, perdonami.

 


 

Un'ora e mezza dopo la chiamata di Alexander, Ami sentì suonare il campanello di casa.

Se lo era aspettata. Dopo lunghe riflessioni era giunta alla conclusione che aveva più bisogno di un confronto che del silenzio.

Comunque, non sarebbe stata lei ad andare da lui. Se si vergognava, era anche colpa di Alexander. Non spettava a lei fare il primo passo.

Scese per le scale.

In fondo, tu non ti sei vergognato di sicuro. Scommetto che stamattina eri fiero di te.

Non sapeva ancora come sentirsi a pensarla in quel modo. Non sapeva se doveva essere risentita, se poteva passarci sopra o...

Aprì la porta di casa.

Davanti a lei il suo ragazzo era costernato.

Ah.

Lui rimase fermo sulla soglia, in silenzio, meditando sulle sue prime parole.

In lei la pietà sorse spontanea. «Entra.» Gli fece spazio.

Coi piedi sull'ingresso, Alexander rilasciò un sospiro. «Scusami.»

Ami non lo guardò in faccia.

«Se stanotte è accaduto qualcosa che non ti è piaciuto... Non volevo che ti sentissi così.»

In lei si sciolse un nodo di incertezza. La notte prima era stata pienamente partecipe dell'esperienza che ora la turbava, ma per tutto quel pomeriggio aveva pensato che forse aveva perso una parte di loro due: quella che le permetteva di sentirsi compresa e consolata quando provava ritrosie che per lei erano naturali. Si era convinta che, pur conoscendola, Alexander avesse volutamente disdegnato quella parte di lei. Ma se non era così... «Non l'hai fatto apposta?»

Udì silenzio.

Alzò gli occhi e lo guardò in faccia.

Lui stava decidendo se dirle la verità.

Non fu una consapevolezza che le diede troppo fastidio. «Preferisco che tu sia sincero.» Anche se la risposta poteva non piacerle.

Alexander deglutì. «L'alcool toglie le inibizioni.»

«Sì.»

«Quando le ho... non mi comporto così con te. È una scelta, perché so come ti fa sentire.»

Non era una cosa che lei, in fondo, non avesse sempre saputo. I loro momenti di intimità potevano sempre essere stati caratterizzati da dolcezza, comprensione, lentezza... ma che lui fosse capace di andare oltre, e lo volesse... Lei lo sapeva già.

Arrossì e di nuovo con gli occhi sul pavimento tenne a dire la sua. «Non posso essere ubriaca ogni volta che lo facciamo.»

Gli uscì un suono costernato. «No! Non voglio che-»

«Lasciami finire. Siccome non avrò sempre la testa annebbiata, io sarò... come sono sempre stata, come prima. E vorrei sapere...» Tremò, scoprendo questa volta non il corpo, ma il proprio animo. «Vorrei sapere se per te questo va bene.»

«, Ami.» Alexander si chinò e la strinse, forte. «Certo. Mi dispiace di averti fatto pensare che... che non...» Scosse la testa. «Io ti voglio come sei.»

I love you like this. Le tornò in mente una frase molto simile, detta tra gli ansiti la sera prima, quando lei si era comportata in maniera completamente diversa.

Stranamente, non se la prese.

Ricambiò piano l'abbraccio, e mentre consolava allargò la propria concezione di amore.

Significava amare tutto di una persona? Anche nello scoprire lati nuovi di lei. Anche nella consapevolezza che quegli stessi lati potevano non manifestarsi mai.

Alexander aveva aspettato un anno prima di manifestarle il suo desiderio di fare l'amore. Nel mentre non si era mai lamentato, non aveva mai preteso. Gli andava bene impostare la loro relazione sui ritmi di lei, anche a costo di sacrificare i propri.

Ami iniziò a vergognarsi un po' meno di come si era comportata quella notte. C'erano cose peggiori che perdere la testa con qualcuno che l'amava a quel modo.

Lo baciò su una guancia, con affetto. Si sentì leggera e seppe di poter sdrammatizzare. «Hai detto che mi volevi più alta.» Cercò di non arrossire nel ricordare le circostanze. Si alzò in punta di piedi. «Cercherò di mettere più spesso i tacchi, così non dovrai piegarti troppo.»

Riuscì a strappargli un sorriso. 

«Non prendere sul serio nulla di quello che ho detto ieri.»

Eppure avrebbe tenuto a mente quella notte ugualmente, anche se non era pronta a riviverla. «Fai lo stesso con me, per favore.» Si concesse di sorridere con un poco di imbarazzo.

Alexander era immensamente sollevato. «Mi va di ricordare qualcosa.»

«Hm?» Lei sperò che non fosse nulla di troppo azzardato.

«Ti piace essere presa in braccio.»

Ami ricordò e sentì caldo alle guance. «Quello...» Quando si erano spostati dal salotto in camera, lei lo aveva fatto aggrappata a lui. Perché glielo aveva chiesto. «Ecco...»

«E ho degli occhi bellissimi.»

«Come?»

«Hai detto anche questo ieri.»

Si era lasciata sfuggire più assurdità di quelle che pensava.

Alexander si stava divertendo, sempre più.

Lei decise di rispondere. «Anche tu avrai detto altre cose sciocche.» Lei doveva solo rinfrescarsi la memoria.

Lui si sedette sul bracciolo del divano vicino, prendendole la mano. «Se vuoi sentirmele dire, chiedi. Ti dirò tutto quello che vuoi, Ami love.»

Per Ami ogni cosa tornò straordinariamente al suo posto. Si sentì riempire di tenerezza. «Prova con la prima che ti viene in mente.»

«Ieri notte, quando dormivi già da tanto, mi sono girato verso di te e ti ho abbracciato. Avevo una mezza idea di svegliarti per ricominciare, perciò ero ancora ubriaco, ma ho messo il naso nei tuoi capelli e mi sono calmato. Ho pensato... 'Voglio morire qui. Voglio vivere qui. Così.'»

Lei sentì un groppo alla gola. «Questa non è una sciocchezza.»

«No. Ora non commuoverti.»

Ami non lo fece, lo abbracciò. 

Voglio morire qui, pensò a sua volta. Oh, no, io voglio vivere qui.

Così.

 

Fine marzo 1997 - Troppo vino - FINE

 


 

NdA: Questa storia... è questa storia. Alla fine mi ha generato un sacco di pensieri ed emozioni diverse nello scriverla.

Mi piace.

Spero di aver suscitato qualcosa anche a voi.

 

Elle

 

P.S. La traduzione di alcune parole ed espressioni.

Hard = forte

Tell me how = Dimmi come

I fucked it up = Ho fatto una caz***a.

I love you like this = 'Ti amo così', ma è più un 'Ti amo quando sei così' 

 

  

Gruppo Facebook dedicato alle mie storie, per spoiler e aggiornamenti: Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...

 

   
 
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