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Autore: Royce    09/05/2016    1 recensioni
Un Giallo ambientato a Solitude, Skyrim.
Quando un famoso scrittore scompare misteriosamente dalla propria abitazione, Elisif la Bella chiede al proprio mago di corte di indagare sull'accaduto.
Le sue indagini lo porteranno a conoscere la giovane pittrice Eris e la relazione che la legava allo scrittore scomparso.
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elisif la Bella
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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NOTA AI LETTORI:
Sì, sono ancora vivo.
Ma quella cosa chiamata "laurearsi a Luglio" mi impedisce di dedicare del tempo al mio passatempo preferito, con ovvie ricadute in termini di qualità e di tempistiche delle mie pubblicazioni. Senza contare il fatto che, non avendo neanche il tempo di scrivere, non ne ho nemmeno per seguire le vostre storie come invece dovrei.
Ancora un paio di mesi e tutto tornerà alla normalità.



Capitolo 2
Come funzionano i matrimoni

 

Palazzo Blu, Solitude.

 

- Oggi, caro Edward, ti spiegherò come funzionano i matrimoni -
Edward e Sorik erano seduti nella sala d'ingresso del Palazzo Blu di Solitude, in attesa di essere convocati in udienza dallo Jarl.
Il mago guardava fuori dalle vetrate con aria assonnata, mentre l'amico sembrava essere piuttosto divertito e soddisfatto della situazione, pur senza un apparente motivo.
- Allora? Vuoi che te lo spieghi, oppure no? - ripeté Sorik, per farsi finalmente ascoltare.
Edward annuì distrattamente, ma per l'altro quel gesto fu più che sufficiente per giustificare l'imminente fiume di parole che lo avrebbe investito di lì a poco.
- Vedi, mio caro, i matrimoni funzionano a fasi – iniziò a spiegare il Capitano, intervallando le proprie frasi con profonde sorsate di vino – Nella prima fase è tutto rose e fiori. O almeno, sembra esserlo. Ci si innamora, si è felici. Sembra che possa durare per sempre -
- Tu ne sai qualcosa, immagino – lo interruppe l'altro, divertito.
- Quante volte sei stato sposato, Edward? - chiese Sorik.
- Una volta. E spero di restare sposato fino alla fine, grazie -
- Ecco. Io ho tre volte più esperienza di te in tema di matrimoni – ribadì l'altro, facendo il segno del numero con le dita della mano.
- I matrimoni funzionano a fasi, caro mio – proseguì con la spiegazione – Prima ci si ama, poi si litiga. E poi ci si ammazza a vicenda. Fidati, è una gara di sopravvivenza. Ed io, per ora, ho sempre vinto. Non come il nostro amico scrittore... -
Edward sbuffò, annoiato.
Un giovane entrò nella sala, interrompendo le loro infantili discussioni. Vestiva una lunga tunica marroncina e camminava con fare veloce, ma allo stesso tempo composto. Una volta arrivato di fronte ai due, si fermò come se fosse sull'attenti, di fronte ad un ipotetico comandante militare. Che poi, Sorik lo era effettivamente, in un certo senso.
- Elisif è pronta a ricevervi. Vi aspetta nelle sue stanze. Se volete seguirmi... - e gli fece cenno di andare con lui.

Finalmente, i due eroi si alzarono, seguendo svogliatamente i passi dell'uomo di corte.

Sorik impugnava ancora saldamente la bottiglia di vino reperita poco prima dal tavolo delle vivande, mentre Edward cercava di nascondere ancora una volta il proprio cinico disinteresse.

Elisif la Bella era seduta su una sontuosa poltrona, diversa dal trono quanto a dimensioni, ma non meno ornata ed elegante. Attorno a lei, una coppia di giovani servitrici si davano un gran da fare per sistemarle l'acconciatura, utilizzando specchi, nastri ed altri attrezzi di cui Edward non conosceva l'esatta natura.

- Perdonatemi, ma non sono nelle condizioni per accogliervi come si deve – disse lei, senza muovere la testa di un millimetro, mentre una delle due fanciulle le stava annodando una treccia.
- Nessun disturbo, Jarl – rispose prontamente Sorik – Non c'è bisogno di tali convenevoli con noi due. Piuttosto, spero che la missione diplomatica di oggi si sia conclusa nel migliore dei modi -
- Abbiamo ottenuto dei risultati soddisfacenti – spiegò lei – Ma parte delle trattative si svolgeranno in serata, presso il nostro Palazzo Blu. Questo spiega il mio essere indaffarata con i preparativi -
Sorik si sfregò le mani, esaltato all'idea di un potenziale ospite di spicco.
- Chi abbiamo l'onore di ospitare? - chiese.
- Ulfric Stormcloack in persona – disse lei, con voce ferma.
Edward sorrise, ma la sua reazione non passò inosservata.
- Qualche problema? - chiese l'altra, spostando leggermente la testa per inquadrare il mago.
- Mi pongo solo un quesito – disse lui, divertito – Ma non ha importanza -
Sorik gli diede una leggera gomitata.
- Se hai qualche problema, dillo – ribadì anche lui.
- Mi chiedo – iniziò lui, rivolto ad Elisif – Come esattamente tu sia passata dal radunare eserciti contro gli Stormcloack, al farti bella perché Ulfric viene a cena da te -
Nella sala scese il silenzio.
Una delle due ragazze, colta alla sprovvista da tale ingiuria, lasciò cadere la spazzola per capelli.

Tutti lo fissavano con espressione esterrefatta, come se avesse appena bestemmiato contro uno dei Nove.

Elisif deglutì, sempre impassibile. Poi parlò.
- Farò finta di non aver sentito quanto tu hai appena detto, ma solo perché sei tu. Per inciso, vi è una grande differenza tra il “farsi belle” ed il rendersi presentabili agli ospiti, anche se capisco come l'essere presentabili sia un concetto a te estraneo -
Edward non rimosse il sorriso strafottente dal proprio volto, nonostante era consapevole del fatto che offendere un'autorità come lo Jarl fosse punibile con l'arresto. Voleva prendersi qualche soddisfazione, qualche ricompensa per l'ingrato compito che gli toccava fare, ma allo stesso tempo si accorse di aver esagerato.
- Siamo qui per aggiornarti sulle nostre indagini – si affrettò a precisare Sorik, prima che l'altro potesse aggiungere ulteriore veleno alle sue parole.
- Molto bene. Mi auguro che la vostra caccia sia stata proficua. La vedova Blackthorne vi aspetta nelle prigioni. Sia chiaro: non posso trattenerla a lungo senza una prova convincente contro di lei, pertanto cercate di rendere il più proficuo possibile il vostro incontro -
- Senz'altro – concluse rapidamente Sorik, sul punto di andarsene.
- E un'ultima cosa... - lo riprese Elisif, scostando per un istante da sé una delle servitrici – Nessuna violenza, chiaro? Non è una criminale come gli altri. Per quanto mi riguarda, è ancora una cittadina di Solitude come te -
Sorik si morse la lingua, dispiaciuto all'idea di dover rinunciare alle maniere forti. Poi annuì ed, afferrato Edward per un braccio, lo trascinò fuori dalla stanza.
I due si incamminarono lungo i corridoi del Palazzo Blu, diretti verso le prigioni.
Sorik precedeva il mago con un'andatura quasi febbrile: non vedeva proprio l'ora di affrontare quella strega e confermare, una volta per tutte, i suoi sospetti. La soluzione all'apparenza più ovvia doveva per forza essere quella corretta.

 

 

Le prigioni di Solitude erano, quanto ad arredamento e stile, l'esatto opposto rispetto ad i caldi ed accoglienti quartieri cittadini: un aspro odore di marcio misto a sangue accolsi i nostri due eroi, mentre si facevano strada tra quella giungla di gabbie, mattoni e paglia.
Al passare di Sorik, molti detenuti scattavano in piedi, cercando in ogni modo di attirare la sua attenzione, urlandogli contro, oppure afferrandolo per il braccio.
- Lasciatemi stare, schifosi – imprecò lui, divincolandosi dai loro artigli.

Poco dopo, raggiunsero la cella ove era detenuta la vedova.

Una signora all'apparenza anziana, seduta con sguardo fiero e nobile accanto ad un piccolo tavolo di legno. Il pasto era ancora lì, presumibilmente intatto dall'ora di pranzo. Edward notò subito come la differenza di età tra lei ed il marito scomparso fosse vistosa: un elemento da tenere a mente.
Il capitano della guardia tentò di aprire la porta per qualche secondo, prima di riuscirci: le serrature erano in parte arrugginite e davano diversi problemi.
La signora Blackthorne restò completamente impassibile all'ingresso dei due, facendo bene attenzione a non rivolgere loro lo sguardo.
- Quando mi lascerete andare? - chiese lei, con tono di voce basso ma risoluto.
Sorik scoppiò a ridere.
- Mai. Sei colpevole fino al midollo, mia cara – disse lui, cercando di trattenersi – Ma se confessi tutto, forse possiamo addolcire la pena -
L'altra lo fissò finalmente negli occhi, piena di rabbia.
- Ascoltami bene – gli intimò – Io conosco persone talmente importanti, qui a Skyrim, che se venissero da te dicendoti di metterti a quattro zampe ed abbaiare, tu lo faresti istantaneamente, come il cane che sei. Intesi? -
Sorik perse leggermente il controllo e lanciò via il tavolino che li separava, frantumandolo contro il muro. La vedova si ritrasse istintivamente all'indietro, colta alla sprovvista da quel gesto furente.
- Puoi chiamare tutti gli amichetti che vuoi – disse lui, avvicinandosi a lei – Ma qui dentro, sono io quello che fa la voce grossa -
A quel punto, Edward decise di intervenire, tirando a sé il proprio amico.
Sorik non oppose particolare resistenza, lasciandosi trascinare poco fuori dalla cella. Quando furono ad una distanza sufficiente dalla reclusa, Edward gli sussurrò qualcosa nell'orecchio.
- Perché non vai alla locanda e prendi un bel tavolo per due? - gli disse – Posso gestire questa situazione da solo -
Sorik si liberò dalla presa dell'amico, apparentemente irritato dalla proposta.
- Per chi mi hai preso? - disse – Vorrei ricordarti che io qui rappresento la guardia cittadina Semmai, se tu ad essere fuori luogo... - Poi si fermò di colpo, grattandosi la folta barba come se gli fosse venuto un improvviso colpo di genio.
- Aspetta un secondo. Oggi è Turdas, vero? - chiese ad Edward, che annuì in tutta risposta.
Sorik sembrò improvvisamente sollevato.
- Allora sì che ci vado alla locanda – disse ridendo – Stasera c'è quel bardo dal Rift. Come è che si chiama? Agor... Agnar... -
- Agnar lo Storpio. Proprio lui! – intervenne Edward, senza neanche sapere come facesse a ricordarsi tale nome – Non vorrai perdertelo, eh? Ci penso io qui. Tu vai a prenderci due bei posti, ti raggiungo in un batter d'occhio -
Sorik si sfregò le mani dalla trepidazione, poi se ne andò con passo spedito.
Con lui fuori dai piedi, Edward poteva finalmente condurre un interrogatorio come si doveva. Certo, Sorik ed il suo aspetto imponente potevano risultare molto utili ed intimidatori, a volte. Ma spesso era più un fardello che un aiuto, specialmente in situazioni in cui si rivelasse necessario un minimo di diplomazia.
Rientrato nella cella, Edward riprese il proprio posto, scusandosi per l'interruzione.
Anche la vedova pareva più a suo agio, senza un Nord di due metri ad alitarle contro in continuazione.
- Sai – disse il mago – Io sono qui per aiutarti. A differenza del mio amico, non penso tu sia colpevole. O almeno, non ne sono così sicuro. Ma devi aiutarmi ad aiutarti, se capisci quello che intendo -
L'altra sbuffò.
- Perché avrei dovuto ucciderlo? Sì, lo ammetto. Litigavamo tutte le sere, spesso urlavamo così forte da svegliare i vicini. Ma mai e poi mai l'avrei potuto uccidere – disse, con una sincera calma e compostezza.
- Perché? - chiese Edward – Lo amavi? -
La signora Blackthorne scoppiò a ridere talmente in maniera talmente plateale che persino Edward dovette accennare un sorriso, per non sentirsi a disagio.
- No. Certo che no. E', ed è sempre stato, un matrimonio di convenienza. Ma questo ha relativamente poca importanza. Dovreste parlare con quella pittrice piuttosto. Lei ne sa qualcosa di sicuro -
Edward si illuminò: la pittrice? Quella del quadro? Finalmente il mosaico stava prendendo forma.
- Abbiamo trovato un quadro strappato nella vostra abitazione. Dietro conteneva una dedica di una certa Eris. E' lei? Che rapporto aveva con suo marito? -
Il volto della vedova si caricò di odio.
- Perché non glielo vai a chiedere di persona? Vive in una baracca nel porto di Solitude, quella schifosa pezzente. Se è successo qualcosa al mio Albarn, lei lo sa di sicuro

   
 
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