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Autore: Eloreden    23/05/2016    2 recensioni
Tal, un menestrello giramondo, arriva per la prima volta nella città maggiore del continente: Moreim. Una storia come tante che inizia come molti si aspettano, tuttavia già del primo momento qualcosa non torna e Lorens impegnato a giocare a carte se ne accorge facendo ricadere la su attenzione su Tal.
"Tal, De Rocerc…” sillabò Lorens mentre squadrava la figura del menestrello. “Non è un nome di queste parti, e nemmeno l’accento, da dove viene se posso chiedere?”.
“Lontano… molto lontano, vi basti sapere questo”

Un mondo avvolto dal mistero dove la magia è nascosta agli occhi degli uomini e solamente alcuni sono in grado di usarla. Una guerra nell'ombra senza vincitori ne vinti. Una partita a scacchi tra dei che mettono in gioco le loro più potenti pedine. Cosa succederà quando tutto esploderà nel tumulto? Chi parteciperà al conflitto?
Sarà una storia lunga, dove non ci sono eroi protagonisti, dove non esistono scelte giuste o sbagliate. Sarà quando si potranno vedere tutti i fili del burattinaio che si comprenderà a pieno il piano divino.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
 
Il mondo era caduto. La Daimonefas, la guerra degli dei, aveva devastato il creato nelle sue fondamenta portandolo al collasso. Di tutte le divinità che occupavano i troni celesti solamente tre ne uscirono vive, non ci furono né vincitori né vinti in questa guerra, solo distruzione in tutto il creato. Nimernur, il falso dio, era di fatto il più giovane dei tre anche se la definizione di tempo per creature divine non ha molto significato. Erda il dominatore dell’Ade, il più potente tra i suoi fratelli, si erse allo stesso livello di Nimernur in potenza e grandezza, combattendo nella Daimonefas senza mai soccombere. Per ultima Levira, questa divinità nacque dalla fusione dei fratelli di Erda, troppo deboli per sostenere il confronto con gli atri due dei. Fu dopo la morte di alcuni di loro che gli ultimi rimasti fusero le loro menti e volontà per elevarsi a un livello superiore. In quel momento lo scontro sembrava non avere più fine. Un tempo incommensurabile passò mentre i mondi e gli universi crollavano. Quando Nimernur si accorse di tale devastazione fermò le ostilità e gli dei raggiunsero un compromesso. Venne suggellato un patto: quando i mondi vennero ricostruiti Nimernur acquisì il trono del piano materiale e il dominio sulle creature viventi. Levira, poi chiamata da molti Esmera, prese posto sul trono del verde crepuscolo delle anime. Erda, che già possedeva il suo regno, tornò negli abissi del mondo e sedette sul trono dei demoni caotici e le bestie che egli stesso aveva creato. I tre dei quindi crearono un concilio, il Trino Silente, tre supreme entità, senza forma né consistenza. Il loro compito era impedire che scoppiasse una nuova guerra a che i patti tra Dei fossero rispettati. Nessuna divinità avrebbe potuto varcare il confine del proprio regno, pena l’esilio dai troni celesti e la caduta come divinità. Questa è la nascita del nuovo ordine, questa è la nascita del nuovo mondo.
 
 
 
1
 
Tal sedeva alla locanda del porto. Una bettola sudicia per marinai e mozzi dove urla schiamazzi e imprecazioni aleggiano come il profumo di pesce marcio, fumo e mercanzie di ogni tipo. Un atrio ampio ospitava diversi tavoli e sedie tutti di legno di pessima fattura, infissi lasciati alla loro caducità lo separavano dall’esterno, quelle e delle spesse mura di pietra viva bagnata dall’umidità del fiume. Non ci mise molto a sentirsi a casa, era un menestrello, aveva vissuto la maggior parte della sua vita per la strada e quei posti lo facevano sentire a suo agio come le folle schiamazzanti e vivaci. Lesta la cameriera del locale sfilò con abilità tra tavoli e sedie, una ragazza dai capelli rossi accesi portati legati dietro la testa con una lunga coda. Gli occhi verdi della donna osservarono Tal che ancora distrattamente si guardava attorno.
“Allora?! Non ho tutto il giorno ragazzo, prendi qualcosa?”. Furono queste le prime parole che con una puntina d’irritazione uscirono dalla bocca della ragazza.
Lui la guardò un attimo “Una zuppa e dell’acqua”. La donna annuì semplicemente a quelle sue parole prima di tornare verso il bancone.  Ora che Tal la vedeva più chiaramente si rese conto della sua giovane età, non poteva avere più di diciassette anni. Il locandiere, che stava dietro al bancone, prese l’ordinazione dalla ragazza, un uomo alto, robusto, con una folta barba rossa e mani tozze e grosse. Indossava una canotta sporca di varie salse, il volto, con quell’espressione corrucciata e irritata, sembrava quello di un burbero appena uscito da una rissa. Tal osservo i movimenti dell’uomo e la sua corporatura: sembrava che quella descrizione calzasse perfettamente.
Non passò molto tra l’ordinazione e il suo pasto, quando arrivò la ragazza Tal le sorrise. Iniziò a mangiarlo con foga, la fame gli stava torcendo le budella. Erano tre giorni che non mangiava altro che pane e acqua: il viaggio era stato lungo e aveva rischiato di finire tutte le sue provviste, fortunatamente per lui era andata bene. Appena finito di mangiare subito la ragazza gli sbucò alle spalle con la destrezza di un fantasma.
“Fa cinque oni di bronzo” disse incalzando il ragazzo.
Tal non aveva un soldo in tasca tuttavia rimase molto calmo e pacato. Si voltò lentamente verso la donna mentre abbassava la mano per afferrare il suo sgabello da viaggio: un vecchio sgabello zoppo e logorato dal tempo, probabilmente il suo più fedele amico.  Lo issò sopra il tavolo quindi si voltò verso la donna donandole un sorriso.
“Un prezzo ragionevole” disse prima di saltare sul tavolo e quindi sullo sgabello.
 
Si voltò verso la folla, la sua platea. Quindi alzando la voce, per rendersi udibile a tutti i presenti iniziò a parlare: “A lungo ho viaggiato. Per mari e per monti i miei passi mi hanno guidato, finché in questa città son giunto, affamato, stanco e con sguardo un po’ smunto. Tal De Rocerc è il mio nome, mi presento ed ora per voi un’allegra canzone io canto”.
Le parole dalla bocca del menestrello uscivano musicali e orecchiabili tanto che lentamente il chiasso della taverna passo ad un silenzio quasi attonito, l’intera sala era rivolta verso di lui che con voce intonata iniziò a cantare una vecchia canzone marinaresca.
 
 
2
 
Lorens spillò le carte lentamente, osservandone solamente un angolo finché questo non diventava comprensibile. Appariva come un uomo sulla trentina d’anni, un fisico asciutto, lunghi capelli biondo cenere e barba leggermente incolta. Indossava un cappotto di cuoio verde lungo fino hai piedi. Un piccolo ghigno si formò sul suo volto, “Cinquanta oni d’argento”, gli altri al tavolo lo fissarono con attenzione scrutando quel volto sicuro di sé. Un ghigno si formò sul volto di uno dei marinai, uno dei soliti tipi poco raccomandabili che girano da quelle parti, con una lunga cicatrice sul viso, barba sudicia e faccia bruciata dal sole e dal sale. Mostrò i denti ingialliti dal fumo a Lorens.
“Balle! Tu non hai niente”. Lorens sollevò un sopracciglio e poi guardò gli altri due: uscirono dalla mano.
“Pronto a perdere zoticone?” affermò sicuro di sé prima ancora di vedere le carte. Intanto qualcuno alle sue spalle e voce alta abbozza una presentazione. Lorens girò di qualche centimetro la testa verso di lui.
“Puff… ” sbuffò il marinaio “Mendicanti, prenderà tante di quelle botte in men che non si dica, i protagonisti qui dentro campano molto poco…”
“Smettila di cianciare zoticone, fammi vedere le carte” incalzò Lorens.
“Chiamami ancora in quel modo e ti cavo quei begli occhietti verdi capito?” sputò in terra mostrando poi le carte al biondo davanti a lui.
Improvvisamente qualcosa non andava. I peli dietro la nuca di Lorens si arricciarono, dilatò le narici respirando forte.
“Pivello” se la rise il marinaio davanti a lui “Grazie per i cinquanta oni” la risata grassa e sgraziata entrò nelle orecchie di Lorens che nemmeno lo osservò, voltò la testa lentamente verso le sue spalle e iniziò a guardare con attenzione quel ragazzo che su di un tavolo si era presentato pochi attimi prima. A quanto pare aveva iniziato a cantare una vecchia canzone marinaresca, Lorens si osservò un attimo attorno e notò che tutta la bettolo si stava concentrando su di lui.
“No… Ho vinto io” sentenziò dando le spalle al marinaio e lanciando con un gesto della mano le carte sul tavolo: “Grazie a te”. La voce di Lorens era attonita, vacua, la sua concentrazione era prettamente verso Tal. Si costrinse a battere le ciglia per tornare alla realtà scuotendo anche la testa. Si voltò di scatto e iniziò a raccogliere velocemente i soldi mentre con un cenno della testa salutava i presenti al tavolo che ancora non riuscivano a capacitarsi come avesse fatto a fare quel punto.
“Arrivederci signori… È stato un piacere fare affari con voi”. Una volta congedato dal tavolo prese a camminare lentamente verso il ragazzo in piedi sullo sgabello. Tutta la folla era avvolta dall’euforia, schiamazzi e grida incitavano Tal a cantare una nuova canzone mentre qualcuno ancora batteva le mani al cielo o sbatteva i boccali di birra sul tavolo. Lorens, come un prestigiatore, dal palmo dell’altra mano tirò fuori una moneta d’argento. “Questo dovrebbe bastare per coprire le spese” pronunciò prima di lanciarla verso la cameriera.                               
Tal scese dallo sgabello e quindi dal tavolo. “Grazie mille messere” rivolse per primo la parola all’uomo tanto cortese da pagarli le spese del proprio pranzo.
“Lorens Meinford” disse questo allungando la mano vero Tal il quale cordialmente senza esitazione la strinse “Tal De Rocerc”, La stretta di mano fu sicura e salda.
“Tal, De Rocerc…” sillabò Lorens mentre squadrava la figura del menestrello. “Non è un nome di queste parti, e nemmeno l’accento, da dove venite se posso chiedere?”.
“Lontano… molto lontano, vi basti sapere questo” Un allegro sorrisetto comparse sul volto di Lorens. Lentamente si avviarono verso la porta per uscire dalla locanda.
“Um menestrello quindi” esordì Lorens proprio mentre chiudevano l’uscio alle proprie spalle “Sei stato portato qui dai tuoi viaggi?”
“Si, questa è soltanto un’altra tappa nel mio lungo viaggio”.
   
 
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