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Autore: AlienorJ    31/05/2016    4 recensioni
Giappone, presente. Hikari Tanaka è una ragazza comune alle prese con la difficile scelta di cosa vuole fare del suo futuro. Suo padre, un medico rispettato, vorrebbe che seguisse le sue orme e frequentasse medicina all'università, suo nonno invece vorrebbe che si decidesse ad accettare la proposta di Kenui,un suo compagno di scuola, di sposarlo. Hikaru, dal canto suo, vorrebbe solo girare il mondo. Una sera, sfuggita di nuovo all'appiccicosa presenza di Kenui, trova rifugio in un vecchio tempio shintoista, apparentemente disabitato.
Mentre si aggira tra i vecchi edifici, una luce attira la sua attenzione verso un capanno. All'interno, Hikari trova un vecchissimo pozzo, proprio all'interno del quale scopre un bagliore. Attirata inspiegabilmente verso l'orlo del pozzo, non appena lo raggiunge viene colpita da una forza incredibile.
Da allora, la sua vita cambierà per sempre. Soprattutto dopo l'incontro con un affascinante mezzo-demone alla ricerca della spada di suo padre, la mitica Tessaiga.
Una storia ambientata diversi anni dopo il lieto fine di Kagome e Inuyasha e che vedrà stavolta al centro della scena i loro eredi.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Tornare a casa non era stato liberatorio come aveva immaginato. La sua mente continuava a tormentarlo con dubbi, incertezze e pensieri strani.
Mentre Keiichi fissava il soffitto della caverna, fastidiosamente irritato, non riusciva a fare a meno di pensare a Hikari. Quella ragazza ancora non lo convinceva del tutto. Troppe cose erano strane. Spuntava fuori all’improvviso, rompendo il sigillo del pozzo, e guarda caso è proprio lei l’unica persona che può usare le perle per trovare Tessaiga. Aveva pensato che fosse anche lei alla ricerca della spada di suo padre, ma se così fosse stato, perché salvargli la vita? Sarebbe stato più facile per lei se lui fosse rimasto sigillato o ucciso al tempio. Avrebbe avuto tutto il tempo di agire senza essere intralciata. Invece l’aveva salvato. Li aveva aiutati a rintracciare Sota, l’unico in grado di rivelare loro di cosa lei fosse capace. Non aveva senso. Già solo per quello avrebbe dovuto fidarsi di lei, concederle un’occasione, eppure ancora non riusciva a fidarsi di lei. Sentiva su di lei l’odore di Tessaiga, e come era possibile se lei non la aveva? Inoltre Hikari non aveva raccontato cosa era successo quando era entrata in contatto con la perla oscura. Si era limitata a dire che doveva andare nella loro epoca e nient’altro. Solitamente avrebbe insistito per farsi raccontare tutto, ma in quel momento, a casa di Hikari, qualcos’altro aveva preso il sopravvento. L’aveva vista accasciarsi. Sembrava come spenta, vuota. Morta. L’aveva raggiunta ed era stato preso dal panico. Non poteva accadere di nuovo: qualcuno che moriva davanti a lui, improvvisamente, senza che potesse fare nulla per impedirlo. Era accaduto con suo padre, con sua madre, e da allora aveva giurato che non lo avrebbe permesso mai più. Inoltre aveva percepito qualcosa che lo aveva turbato molto e che non riusciva davvero a spiegarsi. L’ennesimo mistero di Hikari. Quando era andata in trance, per un momento, Keiichi aveva percepito l’odore di sua madre. Una cosa impossibile, che lo aveva sconvolto, e lo aveva reso più emotivo del solito. Gli aveva fatto perdere il controllo, altrimenti non si sarebbe mai preoccupato tanto per la sorte di una sconosciuta, e certo non ci sarebbe andato così cauto con lei dopo che si era ripresa.
Ma non sarebbe più successo. Non si sarebbe più fatto imbrogliare dalla bella straniera del futuro. Appena tornato al villaggio l’avrebbe torchiata per sapere esattamente cosa fosse accaduto durante la trance, cosa avesse visto. Cosa ancora gli nascondesse.
Non poteva tollerarlo. Non avere il controllo lo mandava in bestia. E con Hikari non lo aveva mai avuto. In un qualche modo lei e tutto ciò che la riguardava prendeva sempre il sopravvento su qualsiasi altra cosa. Doveva trovare un modo per cambiare quelle circostanze. Chiaramente non poteva rispedirla a casa. Lei gli serviva.
Non poteva non maledire sua madre per aver architettato tutto. Era colpa sua se invece di avere Tessaiga tra le mani doveva sorbirsi quella palla al piede e probabilmente affrontare un duro viaggio con lei e quella rompiscatole di Izumi per recuperare la spada che gli spettava di diritto. E che gli spiriti lo assistessero se Shippo avesse deciso di seguirli. Lo avrebbero fatto impazzire nel giro di due giorni.
“Sei pensieroso” mormorò una voce calda accanto a lui “Sai che non mi piace quando hai la testa da un’altra parte”.
Keiichi non rispose. Aveva già abbastanza pensieri per conto suo, senza doversi anche occupare delle paranoie di Sayumi. Appena tornato alla propria epoca avrebbe solo voluto andare a casa sua e dormire, ma aveva bisogno di allontanarsi da Hikari, dai dubbi e dalla tensione che gli procurava, e soprattutto non voleva sorbirsi le smancerie di Izumi e Shippo.
Anche se non lo avesse mai ammesso con nessuno dei due, meno che mai con Izumi, era felice che sua sorella avesse accanto qualcuno che le voleva davvero bene, e su cui poter sempre contare. Shippo la amava davvero, l’aveva sempre protetta fin da quando era una bambina, ed era soprattutto grazie a lui e al sostegno che aveva dato loro dopo la morte dei genitori se Izumi era rimasta così solare e felice. Non poteva che essergli grato, ma averli vicini costantemente era davvero soffocante.
Era passato solo a vedere che i gemelli stessero bene e poi se ne era andato nell’unico luogo dove poteva andare per sentirsi più sé stesso e dimenticare di avere delle responsabilità. Era andato da Sayumi.
Tra loro due c’era un rapporto particolare. A volte credeva di amarla, ma la verità era che non si erano mai davvero avvicinati. Si erano conosciuti poco dopo la morte dei suoi genitori, Keiichi alla ricerca di qualcuno che lo vedesse per il ragazzo normale, giovane e libero che voleva essere, Sayumi di qualcosa che alleggerisse la tensione dei suoi studi per diventare una sacerdotessa. Entrambi cercavano qualcuno con cui poter essere semplicemente sé stessi, due ragazzi giovani che non avrebbero dovuto affrontare così tante responsabilità così giovani.
Col tempo erano cambiati. Sayumi era diventata una forte e fiera sacerdotessa, pienamente consapevole del suo ruolo e orgogliosa di ricoprirlo. Keiichi invece era diventato adulto sentendo gravare ogni giorno di più il peso della propria vita. Amava la sua famiglia, ma a volte avrebbe voluto soltanto andarsene e poter vivere la propria vita senza dover rendere conto a nessun altro al di fuori di sé stesso. E ovviamente poi non poteva evitare di sentirsi in colpa per aver dimenticato di non essere stato l’unico a perdere i suoi genitori.
Sayumi si strusciò su di lui languidamente, baciandogli il collo. Dopo tanti anni sapeva perfettamente come muoversi sul suo corpo, come rendere impossibile che la sua concentrazione vagasse altrove. Ci era sempre riuscita. Tranne quella volta. Le mani sapienti di Sayumi vagavano sul suo corpo, stuzzicandolo.
Keiichi l’aveva cercata proprio per quello. Era andato a casa sua e si erano subito recati alla caverna, dove Sayumi si era concessa a lui con la naturalezza di sempre. Avevano fatto sesso a lungo, con più tensione del solito. Keiichi non era riuscito a lasciarsi andare completamente. La sua mente aveva continuato a vagare e, apparentemente, non voleva ancora fermarsi. Percepiva il tocco di Sayumi, ma non riusciva a goderselo. Il pensiero di Hikari continuava a infiltrarsi, irritandolo.
“Perché sei venuto da me, se non ci sei con la testa?” si lamentò Sayumi, mentre gli baciava l’ampio torace.
“Scusami” le disse “ma quella ragazza mi fa uscire di testa”.
Sayumi si fermò all’istante, guardandolo con uno sguardo infuocato, “Quale ragazza?”.
“Non fare la ragazzina gelosa” sbuffò Keiichi “non ti si addice”.
“Quale ragazza!?” insistette Sayumi gelida.
“Quell’umana che ci siamo trascinati dietro dall’altra epoca” rispose Keiichi “Non mi convince, c’è qualcosa che non ci dice, qualcosa che nasconde e…”.
“E devi davvero pensarci mentre siamo insieme?” lo interruppe Sayumi, guardandolo irritata.
Perché diavolo se la prendeva in quella maniera?
“Se davvero non hai voglia di stare con me, puoi tornare dalla tua nuova amichetta” aggiunse piccata “non vi va di essere un ripiego”.
“Stai dicendo un sacco di stupidaggini, Sayumi” la rimproverò Keiichi, scansandola e rialzandosi dal giaciglio improvvisato dove di solito si incontravano.
“Dove credi di andare?” si lamentò arrabbiata.
“Me ne torno a casa” rispose mentre si rivestiva e si legava i capelli in una coda alta.
“Non dirai sul serio?!” disse Sayumi alzandosi in piedi e bloccandogli la strada “Sei appena arrivato!”.
“Non ho la mente lucida e, come hai detto, tu non mi vuoi quando ho la testa altrove” ribatté freddo.
“Ora sarebbe colpa mia?” lo guardava esterrefatta e ferita.
“Volevo solo un po’ di pace, Sayumi, ma come al solito tu sei troppo concentrata su te stessa”.
“Sei un vero stronzo!” gli rispose.
“Un motivo in più per andarmene!” concluse Keiichi raccogliendo la sua spada.
Sayumi non aggiunse altro, si avvolse attorno al corpo sinuoso una coperta, mettendo un broncio adorabile. Keiichi le si avvicinò, attirandola a sé.
Era davvero bellissima, con una pelle delicata e chiara. I suoi capelli, di un intenso colore cioccolato ricadevano lisci e leggeri fino al fondoschiena rotondo. Era alta e forte. Il suo corpo lo aveva sempre stregato.
Le diede un bacio leggero sulle labbra soffici e sottili.
“Mi dispiace”, le sussurrò.
Sayumi lo guardò scontrosa e non rispose.
“Ci vediamo presto” le disse, sperando di rabbonirla un poco.
“Come ti pare”, rispose invece con evidente indifferenza. E il dubbio di Keiichi era che davvero per Sayumi potesse non fare differenza se lui fosse tornato a cercarla o meno.
Uscì dalla caverna e si avviò verso casa. Con calma. Davvero non aveva fretta di tornare. Tutti sarebbero stati su di giri per la nuova arrivata. I gemelli sarebbero stati irrefrenabili, più del solito, per non parlare di Shippo e Izumi che la avrebbero trattata come un’ospite di prim’ordine.
No, decisamente non aveva fretta di tornare a casa. Poteva prendersela con calma, godersi un po’ di pace, silenzio e solitudine.
Chissà quando avrebbe potuto goderne di nuovo.
   
 
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