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Autore: manubibi    13/04/2009    3 recensioni
Prima fic sui Beatles, con riferimenti alla leggenda secondo cui Paul sarebbe morto in un incidente d'auto. E sul rapporto umano che può nascere fra una semplice infermiera e una star del pop. "Era successo tutto così in fretta che le uniche cose che riusciva a ricordare erano il rumore di quella frenata violenta, e l'immagine degli abbaglianti sul tronco dell'albero. Oltre a questo solo vaghe immagini grigiastre e polverose."
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Paul, George, John e Ringo purtroppo non sono miei (ç____ç perchéééé

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Era successo tutto così in fretta che le uniche cose che riusciva a ricordare erano il rumore di quella frenata violenta, e l'immagine degli abbaglianti sul tronco dell'albero. Oltre a questo solo vaghe immagini grigiastre e polverose.
Aveva provato svariate volte ad aprire gli occhi, ma ad ogni tentativo il mal di testa lancinante l'aveva fatto desistere, aggiunto ad una nausea fortissima.
All'ennesimo tentativo socchiuse le palpebre, lasciandosi infastidire da qualche raggio bianco. Sentiva un mormorio concitato nelle orecchie, come una eco di quello che era successo mentre era incosciente.
La nausea era sparita, il mal di testa però rimaneva acuto e stordente, aggiunto dal fatto che la benda era troppo stretta alla testa.
Benda?
Oh, fantastico, era in ospedale. Fino a quel punto poteva arrivarci con l'intuito, ma era comunque così rintronato da sentire subito il bisogno di tornare nel buio.

La prima cosa che sentì prima di aprire gli occhi fu il tocco di una piuma che lo solleticava al collo. E subito dopo qualcosa di appuntito che gli si infilzava nel polso.
Con un gemito aprì lentamente gli occhi, ma vide solo tanti capelli marroni. Essendo incapace di articolare suoni di senso compiuto si accontentò di manifestare il proprio disappunto con un mugolio.
-Oh, buongiorno-, disse una voce femminile, arrochita dal sonno, e subito dopo sentì che i capelli sul collo se n'erano andati.
Provò ad aprire gli occhi e ci riuscì dopo un lento sbattere di ciglia.
-Mr. McCartney-, continuò la voce, con una pausa divertita. -Si sente meglio?
Gli sembrava una domanda così scontata, idiota e banale che non trovò altra risposta da dare che una occhiataccia.
-Certo che no. Domanda stupida. Ha fame?-, chiese di nuovo la voce femminile, ora più fredda.
Paul capì che doveva rispondere, ma sentiva la bocca così impastata che fu piuttosto difficoltoso parlare.
-Uhm, si-, rispose aprendo completamente gli occhi.
Vide l'infermiera, che gli stava controllando una bendatura al gomito.
Non era molto bravo a descrivere le persone, ma se avesse dovuto farlo avrebbe detto che non era né bellissima né brutta. Occhi grigi, o verdi, o entrambe le cose, non avrebbe saputo dirlo; I capelli erano di media lunghezza, mossi, castani e chiari. Sul viso c'erano molte imperfezioni, delle rughe causate dallo stress, occhiaie, ma nel complesso era carina.
-Arrivo subito con qualcosa da mettere sotto i denti. Oh, e ci sono visite-, aggiunse lei, di nuovo in tono divertito.
Il ragazzo non fece in tempo ad annuire che una voce familiare miagolò:
-Paul! Cazzo, ci hai fatto prendere un colpo!
Girò la testa, e gli ci vollero un paio di secondi per realizzare che quello era John.
-Oh, che bello vedere le vostre brutte facce-, borbottò, memore del litigio che avevano avuto prima che si ritrovasse di colpo in un lettino.
-Anche per noi. Ci hai fatto passare un paio di bruttissimi giorni, sai?-, rispose George.
-Eh si...stavamo già cercando un sosia per rimpiazzarti!-, aggiunse John con un sorriso non del tutto sincero. Si vedeva che tutti e tre avevano passato almeno un paio di nottate in bianco e che erano maledettamente sollevati di vedere finalmente che stava bene, più o meno.
-Ah, che begli amici...-, esclamò Paul con una finta aria offesa messa su alla bell'e meglio.
-Seriamente, siamo così felici di avere il nostro sopravvalutato bassista!-, esordì la voce profonda e un pò infantile di Ringo.
Paul lo fulminò, come il suo ego ferito non poteva fare a meno di ordinargli, poi rispose:
-Ah beh, se parliamo di musicisti sopravvalutati...Comunque, ragazzi, da quanto tempo sono qui?
-Hai preso una gran brutta botta. Seriamente, temevamo il peggio-, intervenne George, e la voce gli tremò per un istante. -Comunque sei qui da una settimana e mezza.
-Due settimane?!-, sbraitò Paul agitandosi sul letto. -Ma dobbiamo registrare Sergent...
-Si calmi-, intervenne l'infermiera bloccandolo per le spalle. -Le ho portato il pranzo-, aggiunse rivolgendosi poi ai visitatori con uno sguardo significativo. Smammare.
-Siamo di troppo-, commentò scocciato John.
-Veniamo a trovarti domani, Paul-, promise Ringo.
-E signorina-, aggiunse John, -veda di non farsi mettere le mani addosso da lui...dopo ben una settimana e mezza di astinenza sarebbe capa...
-John!-, lo ammonì Paul.
Scalpicciando svogliatamente i tre ragazzi uscirono dalla stanza, lasciando Paul e la ragazza soli, in un silenzio anche piuttosto imbarazzante.

 

Paul si sentì a disagio: era troppo abituato, volente o nolente, ad avere attorno un sacco di persone.
-Come ti chiami?-, chiese alla schiena dell'infermiera.
-Daisy-, disse lei senza guardarlo, ma si limitò a sistemargli le coperte.
-Piacere, sono Paul-, ci riprovò lui.
-Lo so. Non ha fame?-, rispose lei indocandogli il piatto che gli aveva portato.
Il ragazzo guardò sconsolato il suo piatto. In quel momento ci sarebbe voluto George, tanto buttava giù qualsiasi cosa. Cominciò a mangiare lentamente, e la ragazza se ne andò per il resto della giornata.

La mattina dopo lo svegliarono un colpo di luce improvviso e un "buongiorno" poco convinto.
-Umpf. Non ne sono sicuro-, borbottò lui stropicciandosi gli occhi, e Daisy non rispose. Paul non disse altro, era la prima volta dopo tanto tempo che qualcuno lo trattava con completo disinteresse. Cercò di trovarci il lato positivo: nonostante il fatto che adorava stare al centro dell'attenzione forse gli serviva ridimensionare il proprio ego.
Rimase in silenzio immerso nei suoi pensieri, finché non sentì che le coperte si spostavano.
-Che c'è?-, protestò con una smorfia di dolore mentre Daisy gli sollevava la testa.
-Devo cambiarle le bende-, spiegò lei mostrandogli un lungo rotolo di garza.
-Oh...va bene-, mugugnò lui.
-La ferita alla testa si è quasi rimarginata del tutto-, osservò lei mettendogli la benda nuova, -si levi la maglia.
Paul, perplesso, obbedì e notò con stupore tutte le cicatrici e tagli che gli percorrevano l'addome.
-Cosa...
-I vetri dell'auto-, disse lei asciutta, mentre gli esaminava le medicazioni, tastandole delicatamente con i polpastrelli.
A quel contatto Paul rabbrividì e tese gli addominali, a disagio.
-Tutto bene-, constatò lei ridandogli la camicia. -Torni a dormire-, aggiunse uscendo dalla stanza, e Paul si riaccomodò riposando un pò, prima che un "Ciao Paul!" urlatogli nelle orecchie lo facesse sobbalzare.
-Ciao-, borbottò irritato coprendosi l'orecchio. -Fatemi uscire di qui, vi prego-, supplicò come un bimbo che vuole la mamma, all'indirizzo di George.
-Ma come, vuoi uscire? Oh-, cominciò John assumendo un'aria sbeffeggiatrice, -l'infermiera ti ha dato il due di picche, vero?
-No, non mi interessa l'infermiera-, ribatté, -io non sbavo su qualsiasi cosa che si muove, John. E' che sono qui da due settimane, due!, e voi state lavorando senza di me! E' inammissibile!-, aggiunse irritato.
-Certo, ci manca la tua dittatura-, commentò Ringo.
-E comunque, fossi in te, con la signorina...-, insistette John.
-Si chiama Daisy. Beh, non mi interessa, se vuoi provaci tu...ma credo che sia frigida, comunque-, rispose Paul rabbuiandosi. In effetti tutta quell'indifferenza nei suoi confronti non poteva avere un lato positivo.
-Paul, essere nei Beatles non dovrebbe farti pensare che tutto il globo sia ai tuoi piedi-, osservò saggiamente George.
-Permesso-, disse la familiare voce di Daisy, che si fece largo con espressione buia e che ci mise due minuti a sgombrare la stanza.
In silenzio gli tolse le coperte e lo fece sedere.
-Che c'è?-, ripeté lui.
-Deve fare il bagno-, rispose.
Lo accompagnò fino alla stanza con la doccia.
-Ehm...posso fare da solo-, disse lui.
-Lo so-, disse lei guardandolo di sbieco. -Ma anche in caso contrario non sarebbe un problema. Tanto sono frigida-, aggiunse nel tono più acido che poté, e poi chiuse la porta.
Paul ebbe un gran tuffo spiacevole al petto, si sentì in colpa ma tacque mentre faceva la doccia. Forse di lei avrebbe avuto effettivamente bisogno, dato che rischiò di cadere una decina di volte.
-Scusa-, le disse mentre lei gli asciugava i capelli.
Lei si fermò per qualche secondo sorridendo brevemente.
-Sa, stanno girando delle voci ultimamente-, disse lei dopo un pò.
-Cioè?-, chiese lui.
-Dicono che lei è morto nell'incidente-, rispose la ragazza con un ghigno divertito.
Paul rimase attonito per qualche momento, poi scrollò le spalle e commentò:
-Bene, altra pubblicità.

[Si, dai Muse ai Beatles. Capita. Almeno ho cambiato un pò obiettivo xD chiaramente sto prendendo in giro la leggenda del Paul Is Dead, non c'è nemmeno bisogno di dirlo...non ho ancora completato la storia, ma non credo usciranno più di altri due o tre capitoli...Non penso di aggiornare presto, comunque cercherò di finirla il più presto possibile =)]

   
 
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