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Autore: SuzuyaChan    25/06/2016    2 recensioni
Dopo aver orchestrato un incidente ferroviario ai danni di Shizuo, Izaya va a trovarlo in ospedale e scopre che il suo arci nemico non si ricorda di lui. Decide quindi di tormentarlo proprio ora che si trova all’apice della sua vulnerabilità, ma per qualche strano motivo… non ci riesce.
«Presumo» continuò Shizuo, attirando l’attenzione di Izaya con il suo tono esitante «che noi due fossimo amici.»
[Traduzione della fanfiction di SuzuyaChan]
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izaya Orihara, Shizuo Heiwajima | Coppie: Izaya/Shizuo
Note: Lime, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 6
Original work by SuzuyaChan: Aletheia
Translated by: shirangel


Aletheia



Note della traduttrice: Ed eccoci al penultimo capitolo! Che emozione <3 Prima di lasciarvi alla lettura mi prendo due righe per avvisare che la traduzione è già finita e sto dando un'occhiata in giro per vedere se trovo qualcosa di carino da tradurre (pensavo a april 23rd ma mi frena molto il fatto che sia ancora in corso ;_;). Ho anche chiesto il permesso per After the story Era ma non ho molte speranze dato che l'autrice sembra sparita (ed è un peccato perché la storia merita verament tanto). Se qualcuno avesse qualche consiglio (su Durarara!!, ma anche Haikyuu!!, Free!! o Shingeki no Kyojin sono bene accetti XD) sono aperta ai suggerimenti <3

Capitolo 9

Izaya si stava recando in ospedale alla solita ora, ancora sotto shock per come la sua segretaria l’aveva fregato. Namie sospettava qualcosa già prima di parlare con lui, e si era assicurata di scoprire se le sue teorie fossero fondate o meno. Il ragazzo sapeva di non correre rischi, perché la donna non era stupida (era lui a essere in vantaggio, se si parlava di informazioni compromettenti), ma lo infastidiva non essersi accorto di quello che Namie aveva cercato di fare. Aveva sviluppato quello che a tutti gli effetti poteva definirsi un punto debole – un punto debole dagli occhi ambrati e alto un metro e ottanta, per essere precisi. Non appena Shizuo arrivò tra i suoi pensieri, tuttavia, Izaya si dimenticò completamente di essere irritato e cominciò a chiedersi se andare a trovarlo di nuovo fosse una buona idea. In fondo c’era già stato quella mattina, e forse una seconda visita era un po’ troppo… però ormai la decisione era stata presa, dato che stava già scalando il muro dell’ospedale.

La prima cosa che notò quando raggiunse il settimo piano fu che la finestra era chiusa. Era la prima volta che non la trovava aperta, da quando era arrivato con un taglio da ricucire sul fianco, e quel particolare gli provocò una strana sensazione allo stomaco, come se fosse stato riempito d’acqua gelida. Anche le tende erano tirate, quindi non poté controllare se il biondo fosse ancora nella stanza. Fece scivolare il coltello lungo la fessura, e quando la lama urtò contro un lucchetto Izaya sentì un’inspiegabile stretta al petto; in quel momento fu tentato di rompere il vetro e passare da lì, ma si calmò abbastanza da arrivare alla conclusione che squarciarsi una mano e farsi arrestare non erano idee poi così geniali. Si guardò intorno, alla ricerca di un’entrata alternativa, e allo stesso tempo cercò di stabilizzare il proprio respiro. Una finestra a pochi metri di distanza era aperta, e quando se ne accorse vi si diresse subito, sperando che la stanza fosse vuota; sentì una fitta al cuore quando sbirciò dal cornicione e vide una bambina, al massimo di dodici anni, stesa sul letto. Dato che non si muoveva, immaginò che fosse addormentata, o in coma, o magari morta, ma sinceramente non gli interessava: finché era incosciente, non si sarebbe accorta di lui.

Izaya si mosse velocemente, senza dare al suo buon senso l’occasione di rimproverarlo, e abbastanza in fratta da evitare che qualcuno entrasse mentre era ancora lì dentro. La porta era leggermente aperta e controllò da uno spiraglio che in giro non ci fosse nessuno, prima di dirigersi verso la stanza di Shizuo. Fu sollevato dallo scoprire che c’era ancora il suo nome stampato sull’etichetta della porta, e l’aprì senza darsi il tempo di chiedersi perché, se il biondo era lì, la finestra era chiusa a chiave con un lucchetto. Quando entrò la risposta giunse da sola.

L’espressione di Shizuo era molto simile a quelle che gli rivolgeva una volta, piene di furia e di violenza, ma stavolta c’era qualcosa di più, che Izaya giudicò essere dolore. Sul suo volto era impressa la sofferenza del tradimento. L’informatore fu tentato di andarsene di nuovo, eppure non riuscì a costringere il suo corpo a muoversi. Sapeva che stava per succedere, era inevitabile, ma era a malapena in grado di pensare. Sapeva solo che avrebbe dovuto dire qualcosa, rompere quel disgustoso silenzio che continuava ad allargarsi attorno a loro.

«Shizu-»

«Il messaggio non era abbastanza chiaro?» lo interruppe il biondo. Sembrava tranquillo e la sua voce era impassibile, ma Izaya intuì che si trattava solo di una messinscena. Avrebbe di gran lunga preferito che gli avesse urlato contro.

«Vattene, Izaya.»

«Aspetta, lascia che-» il ragazzo non aveva idea di come continuare, ma aveva bisogno di dire qualcosa, qualsiasi cosa. Una voce nella sua testa stava ridendo di lui.

Beh, immagino che tu abbia ottenuto quello che volevi. Adesso sì che ti odia.

Shizuo lo interruppe di nuovo.

«Preferisci spiegarti?» domandò, sprezzante. Ora si era alzato in piedi e avanzava verso di lui in un modo fin troppo familiare, urtandogli la fronte con la sua come una sorta di avvertimento. Lo stomaco di Izaya si contorse dolorosamente; stava diventando impossibile per lui ricomporsi, e quando cercò di nuovo di muovere le labbra non uscì alcun suono. Gli angoli dei suoi occhi cominciarono a bruciare.

«Non puoi?» chiese il biondo, con una nota d’isteria nella voce che Izaya non gli aveva mai sentito «Non sai spiegare perché mi hai mentito?»

Shizuo stava perdendo il controllo: non riusciva a tenersi dentro il dolore che lo stava facendo a pezzi. Da quando aveva dimenticato il suo passato aveva avuto solo una certezza nella vita, solo una persona che riusciva a renderlo felice, a fargli dimenticare quello che aveva perso, e ora scopriva che non aveva fatto altro che mentire. Ringhiò, colpendo il muro vicino a loro con un pugno, e una pioggia di detriti coprì di polvere i loro piedi. Dentro di lui combattevano due istinti, uno che voleva fargli gettare Izaya fuori dalla finestra, e un altro che non sarebbe mai riuscito a ferire la persona che per lui contava di più. Non importava che i sentimenti di Izaya non fossero reali: i suoi lo erano ancora.

«Puoi smetterla con la tua messinscena, perciò dimmi quello che vuoi e vattene. Avanti, gongola pure… non era questo il tuo obiettivo? Mi odi, vuoi farmi soffrire, no? Beh, buon per te, ce l’hai fatta. Congratulazioni. Ora vattene di qui»  sibilò, spingendo Izaya verso la finestra «Sparisci dalla mia vista, maledetto bugiardo.»

L’informatore obbedì, tornando verso la finestra. Le mani gli tremavano mentre tirava le tende, e non riusciva nemmeno a vedere il lucchetto tra le lacrime che gli sgorgavano dagli occhi e gli rigavano le guance. Lui non piangeva mai, cazzo, perché gli importava così tanto di quello che pensava Shizuo? Si arrampicò, pronto ad andarsene, ma prima si girò di nuovo verso il biondo; lo vide che tremava da capo a piedi, con la mascella così contratta da far risaltare i tendini del collo. Piangeva, asciugandosi rabbiosamente gli occhi arrossati.

«È stupido, vero?» gracchiò, e l’amarezza della sua voce non era niente in confronto al dolore che la permeava, mentre camminava verso di lui «Dopo tutto quello che mi hai fatto…» i suoi occhi ambrati incontrarono quelli di Izaya e all’informatore si bloccò il fiato in gola; era ancora chinato in avanti, già mezzo fuori dalla finestra, e le dita grattavano sull’orlo del cornicione «… mi mancherai lo stesso.»

Il cervello di Izaya si spense del tutto. Nessuno gli aveva mai detto una cosa del genere, a parte le persone che aveva manipolato per spingerle ad affezionarsi a lui, nemmeno i suoi familiari. Eppure Shizuo, nonostante sapesse cosa aveva fatto, nonostante pensasse che fossero state solo bugie, provava ancora qualcosa per lui. Qualcosa che non era rabbia. Gli era piaciuto passare del tempo con lui, avrebbe voluto continuare a vederlo, gli importava di lui. E Izaya aveva rovinato tutto. Era stata una relazione fallimentare fin dal principio, non c’era mai stata nemmeno una singola possibilità che sarebbe finita bene, eppure aveva continuato a provarci, aveva sperato… era stato irrazionale. Quello che provava per Shizuo era irrazionale, non seguiva ragione o regole, ma questo non l’aveva fermato.

Le dita con cui stringeva il davanzale scivolarono, e quasi non si accorse di star cadendo dalla finestra finché non sentì qualcuno chiamare il suo nome. Guardò in su e vide di nuovo quegli occhi ambrati.

Shizuo non ebbe il tempo di metabolizzare quello che era successo, agì e basta. Non era abbastanza vicino a Izaya da impedirgli di cadere, ma dannazione, non lo avrebbe lasciato morire; si lanciò fuori dalla finestra, spingendosi verso il basso senza nemmeno darsi il tempo di pensare. Izaya aveva meno di un secondo di vantaggio, e Shizuo lo raggiunse dandosi una spinta con i piedi, aumentando la velocità grazie al calcio che sferrò al davanzale. Una volta che fu abbastanza vicino lo abbracciò e se lo strinse protettivamente al petto. Il vento li circondò, colpendoli con la forza di una frusta, e Izaya strinse le braccia attorno alla sua schiena, mentre Shizuo gli premeva le labbra contro la nuca, cercando di sistemarsi in modo da trovarsi sotto di lui al momento dell’impatto. I pochi secondi precedenti alla collisione con il terreno non rallentarono come nei film, anzi, sembrarono quasi accelerare. Shizuo sentì le ossa rompersi e la sua testa sbatté contro il cordolo della strada. Perse immediatamente conoscenza.

Eppure riusciva ancora a sentire qualcuno: era una voce familiare che lo stava chiamando. All’inizio era scherzosa e aveva un ritmo cantilenante: “Shizu-chan, Shi – zu – cha – an!”. Ben presto però il tono cambiò; era ancora acuto e melodioso, ma con una traccia di insicurezza, magari anche preoccupazione. Una mano si posò sulla sua spalla.

«Shizu-chan?»

Qualcuno lo scosse un po’, prima di spostargli i capelli dal viso. La voce ora sembrava in preda al panico.

«Shizuo? Cazzo. Shizuo? Rispondimi, stupido scimmione! Shizuo, per favore?»

Il ragazzo si sentì sollevare dal pavimento mentre la persona accanto a lui avviava una telefonata.

«Alla stazione… sì, è stato colpito da un treno… Mi prende per il culo? Non c’è tempo, mandatene una prima – ‘fanculo, ce lo porto io!»

La sua coscienza andava e veniva, ma lui si rilassò quando un paio di braccia si fecero carico del suo peso. Socchiuse gli occhi e ora la scena era diversa: era già in ospedale e qualcuno stava gridando a poca distanza da lui. Riconobbe la stessa voce di prima, piena di preoccupazione. Poi le braccia se ne andarono e sotto di lui apparve una superficie liscia e morbida. Un pizzicore acuto sulla pelle e poi più nulla.

 

   
 
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