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Autore: Old Fashioned    22/07/2016    14 recensioni
Seconda guerra mondiale, battaglia di Inghilterra. Un leggendario quanto inafferrabile pilota della Luftwaffe, soprannominato "Cavaliere di Valsgärde", compare durante le battaglie più cruente, abbatte il suo avversario e subito dopo scompare senza lasciare traccia.
Il Maggiore Stuart, del 19° Squadron, riesce finalmente ad abbatterlo con uno stratagemma, ma quando l'Asso tedesco sarà al suo cospetto le cose si riveleranno molto diverse da come se le aspettava...
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo 8

In volo a bordo del suo Hurricane, il maggiore Stuart perlustrava il cielo alla ricerca di qualcosa di rosso.
Stavolta gli aveva preparato proprio una bella trappola, al Crauto, e tutti i suoi giochetti da Asso della Grande Guerra gli sarebbero serviti a ben poco.
Per un attimo fu attraversato da una fitta di rimorso. Per quanto fosse un nemico, quel tedesco aveva sempre combattuto secondo le regole. Non aveva mai commesso scorrettezze. L’idea di attirarlo in un tranello gli dava un certo fastidio.
Avrebbe preferito affrontarlo in un combattimento onorevole.
Questa è la guerra, George, non è una partita di golf con le regole e gli arbitri. Gli sembrava ancora di sentire le parole di John Poynter, l’ideatore del piano. Lui farebbe esattamente la stessa cosa con te se tu fossi, poniamo, il Cavaliere di Westminster e tutti i giorni abbattessi da solo due o tre aerei della Luftwaffe.
Il ragionamento filava, ma non lo convinceva del tutto.
Si chiese con raccapriccio se fosse vero quello che Poynter aveva insinuato per scherzo alcuni giorni prima, ovvero che in realtà lui si fosse in un certo senso invaghito del Cavaliere.
Iddio non voglia, pensò inorridito.
“Signor maggiore, eccolo!” gridò qualcuno distogliendolo bruscamente dalle sue meditazioni. “A ore tre, contro il sole!”
Stuart si voltò: come nelle migliori tradizioni degli Assi tedeschi, il Cavaliere di Valsgärde attaccava col sole alle spalle. Come aveva fatto ad arrivare fin lì senza che nessuno se ne accorgesse? Mistero.
Alle volte i trucchi di quel mangiacrauti avevano del paranormale.
“Alzate il sipario,” disse semplicemente nella frequenza radio. Quello era il segnale convenuto: da tutte le basi della zona decollarono i caccia pronti ad intercettare il Messerschmitt.
Stuart era rimasto piuttosto stupito quando il comando gli aveva autorizzato quell’operazione. Pensava gli avrebbero detto di no, troppo dispendioso far alzare cinquanta caccia per abbatterne uno solo. E invece gli avevano detto subito di sì. Gli avevano chiesto se aveva bisogno di rinforzi, anzi, e avevano mandato due uomini dell’Intelligence nel caso il crucco fosse stato catturato vivo.
Li aveva lasciati nel suo ufficio. Due tizi grigi e torvi, dall’aria di burocrati più che di militari. Si chiese cos’avrebbero fatto una volta avuto il tedesco fra le grinfie. Probabilmente l’avrebbero portato via e interrogato. Per chiedergli cosa, poi? Non era certo un mistero quello che il Cavaliere di Valsgärde faceva tutti i giorni.
E se l’avessero torturato?
Non nel suo Squadron, stabilì categorico. Non finché era lui il comandante.
E poi si costrinse a lasciar perdere quei pensieri per concentrarsi sulla situazione contingente: il pesciolino stava arrivando ed era ora di chiudere la rete.
Ed era un pescecane, più che un pesciolino, per cui non era il caso di sottovalutarlo.

Il Messerschmitt arrivò come un fulmine. Invece di evitare lo stormo di aerei inglesi ci si buttò in mezzo, lo attraversò da una parte all’altra e quando cabrò per sganciarsi, con una virata così stretta che le ali si lasciarono dietro due grosse scie di condensa, uno Spitfire stava cadendo in vite.
Che classe, non poté far a meno di pensare il maggiore.
Il tedesco intanto si stava lasciando dietro gli inglesi con la classica manovra evasiva dei Messerschmitt, ovvero una picchiata quasi verticale non preceduta dalla rovesciata d’ala, seguita da una brusca richiamata alcune centinaia di metri più in basso.
Quella manovra era così tipica – e così impossibile da eseguire per un aereo inglese – che si erano basati proprio su di essa per elaborare il piano di cattura: la picchiata avrebbe portato il Cavaliere dritto in mezzo agli Squadron decollati per intercettarlo.
Sulle prime Stuart era stato scettico, figurarsi se una vecchia volpe come quel mangiacrauti si fa fregare da un trucco del genere, eppure vide che il tedesco stava andando a finire proprio dove avevano previsto.
La soddisfazione fu però di breve durata, perché un attimo dopo il Messerschmitt 109 si rese conto del pericolo, diede tutto motore e guizzò via con straordinaria agilità.
Si scatenò l’inseguimento. Come tante volte era accaduto, il tedesco filava come una volpe con dietro una muta di cani, schivando con abilità i traccianti degli inglesi. Il cielo però era pieno di Spitfire e Hurricane, il Messerschmitt non poteva né picchiare né cabrare senza finire di nuovo in mezzo ai nemici, per cui era solo questione di tempo e poi una raffica l’avrebbe colpito.
Stavolta qualcuno si sarebbe portato a casa le spoglie del Cavaliere di Valsgärde.
A quel pensiero il maggiore si sentì stranamente oppresso da un vago senso di tristezza.

E poi lo vide arrivare: Muso Rosso, dritto verso di lui. Gli stava sparando, raffiche di traccianti così precise che nonostante la sua brusca manovra evasiva pezzi di rivestimento alare schizzarono via luccicando al sole.
Una sferzata di adrenalina lo attraversò come una scossa elettrica. “È mio!” gridò in frequenza e si mise all’inseguimento del Messerschmitt.
Duellarono furiosamente. Il tedesco probabilmente aveva capito di essere in trappola, ma vendeva cara la pelle. Stuart si trovò a sudare ai comandi del proprio aereo con i traccianti che gli passavano a pochi centimetri dalla capottina di plexiglas o dalla fusoliera.
Muso Rosso era un diavolo di pilota, c’era poco da dire.
Alla fine il maggiore riuscì a piazzare una raffica fortunata in pieno nel motore del Messerschmitt. L’aereo sembrò inchiodarsi a mezz’aria, poi si rovesciò e cominciò a precipitare in vite lasciandosi dietro una scia di fumo nero.
Stuart rimase a guardarlo ansante, mentre la radio impazziva di congratulazioni e manifestazioni di entusiasmo e tutti i piloti dei vari Squadron si davano a sfrenate acrobazie per festeggiare l’incredibile avvenimento.
Mentre il maggiore continuava a seguire la sua caduta, il Messerschmitt precipitò per almeno duemila metri, poi inaspettatamente si riprese. Stuart si trovò a trattenere il respiro mentre il tedesco rimetteva in assetto il suo caccia e pur con il motore fermo riusciva a compiere un atterraggio di fortuna.
Scese di quota e sorvolò un paio di volte il relitto adagiato in mezzo a un campo, ma non gli parve di vedere movimenti né dentro l'aereo né intorno. Forse Müller era rimasto ferito, o magari aveva fatto come von Richthofen, che aveva portato a terra l’aereo ma era morto subito dopo.
Se ne andò con una strana sensazione di disagio.

   
 
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