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Autore: Chiaba    27/07/2016    0 recensioni
Le due protagoniste sono Barbara e Chiara, ragazze ventunenni che raccontano le loro storie dal momento in cui sono arrivate in una delle località più belle al mondo, Roma.
Entrambe attraverseranno mille ostacoli nella magica città che le aiuteranno a crescere; ma riusciranno le due a realizzare il loro unico desiderio di vivere una vita perfetta con il principe azzurro e trovare il lavoro che hanno sempre sognato?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Pov Chiara

«Qui era dove vivevo...» dico indicando il mio vecchio appartamento.
Quanti ricordi che ho di questo posto. Qui, dove tutto è iniziato tre anni fa. Mi manca da morire quella casa.
Chissà chi la abita adesso. Chissà chi è che sente l'odore dei miei ricordi custoditi in quelle mura.
Mi fa uno strano effetto ripassare qui. Essere di nuovo a Roma, rivivere quei ricordi anche solo per un attimo.
Rivedere gli stessi posti dove ho praticamente passato una parte della mia vita. Mi emoziono ripensando a tutto questo e mi cade una lacrima sul viso.
«Ehi che succede?» mi domanda Alessandro premuroso come sempre avvicinandosi e guardandomi preoccupato.
«Tranquillo, va tutto bene!» gli dico sorridendo con le lacrime che mi solcano il viso.
Si avvicina e mi asciuga gli occhi delicatamente.
Mi prende il viso a coppa tra le mani e mi guarda negli occhi.
«Sicura?» mi chiede ancora una volta. Finalmente ora ho qualcuno che si preoccupa per me.
Sorrido automaticamente. «Ti amo, Ale!» dico un secondo prima di alzarmi in punta di piedi e baciarlo.
Mi abbraccia stretta a sé fin quanto può. È difficile abbracciarsi quando a dividerci c'è il mio bel pancione di ben 39 settimane.
Siamo venuti qui a Roma per festeggiare il nostro anniversario. È il nostro ultimo anniversario io ed Alessandro. Noi due soli.
Poi dall'anno prossimo saremo in tre. Quindi prima che nasca il bambino eccoci qui a Roma.
In realtà Alessandro avrebbe preferito fare il viaggio dopo la nascita del nostro bambino, ma a dirla tutta ho insistito io per venire prima che nascesse.
Con un neonato si sa, è difficile avere del tempo per se stessi.  Ed ora sto portando Alessandro in tutti i luoghi che mi appartengono e che non dimenticherò mai.
Il termine è previsto per la prossima settimana. Ho ancora una settimana di tempo per essere solo la fidanzata di Alessandro.
Così abbiamo deciso di fare questo viaggio di qualche giorno a Roma, all'improvviso senza aver avvisato nessuno.
«Andiamo?» chiedo guardandolo.
«Quale sarebbe la prossima tappa?» chiede lui curioso.
«Hard Rock...» rispondo ricordandomi tutti i miei turni lì al bar. Chissà cosa diranno tutti i miei colleghi guardandomi in queste condizioni.
«Ale ho un po' di ansia...» ammetto prendendogli la mano.
«Tranquilla amore mio!» dice lui accarezzandomi la schiena. Siamo sempre più vicini al bar...
Alessandro tira la chitarra dorata posta come manico e apre la porta per entrare, lasciando passare prima me. Lui mi segue subito a ruota.
Mi guardo attorno. È rimasto tutto uguale qui. Sorrido istintivamente. Mi manca questo posto.
Il mio sguardo s'imbatte subito in una persona: Luca. È seduto da solo ad un tavolino e sta leggendo qualcosa al telefono.
Prendo Alessandro per mano e senza dirgli nulla lo trascino lì.
«C'è posto per due e mezzo?» chiedo schiarendomi la gola per richiamare la sua attenzione.
Luca alza lo sguardo e mi vede. Anzi, ci vede. Sorride.
«Ma allora questa volta è proprio vero che sei incinta!» dice lui alzandosi e facendo il giro per venirci a salutare.
Ricambio il saluto e gli presento Alessandro che mi guarda interrogativo. Dovrò spiegarglielo...
«Ti lasciamo per un po' e guarda che combini!» scherza Luca continuando a guardare e indicare il mio pancione.
«Beh... ho sempre desiderato avere dei figli... Alessandro ed io ci amiamo... quindi eccoci!» spiego accarezzandomi la pancia mentre Alessandro mi posa un braccio sulle spalle.
Sento il piccolo scalciare. Questo calcio è stato forte. Si diverte tanto l'equilibrista nella mia pancia. Talmente tanto che mi ha fatto passare tante notti in bianco.
Ci sediamo tutti e tre al tavolino, aspettando che arrivi Gaia, con lo sguardo basso mentre scrive delle ordinazioni prese ad un tavolo accanto.
«Luca... stasera dobbiamo per forza andare...» s'interrompe non appena alza gli occhi su di noi.
Lei inizia a ridere credo sia perché non se l'aspettava e lancia un urlo brevissimo mentre corre verso di noi.
Che bello rivederla!!! Non vedo l'ora di rivedere anche Barbara!
Mi alzo a mo' di balena per andarle in contro ad abbracciarla.
La vedo mentre mi guarda e si porta una mano alla bocca.
«Oddio!!!» dice sorridendo contenta ed abbassandosi per abbracciare il pancione ed accarezzarlo.
«Ciao Gaia, eh!» saluto ridendo mentre lei mi osserva dal basso e si alza per abbracciarmi.
«Tu devi essere Alessandro, l'artefice di tutto, giusto?» dice lei ridendo e presentandosi ad Alessandro che a sua volta ricambia.
Un altro calcetto. Più che un calcetto sta volta mi sembra che stia giocando a calcetto...
«Tutto okay?» mi domanda Ale all'orecchio mentre Gaia e Luca discutono.
Annuisco e gli prendo la mano per rassicurarlo.
«E così voi due state insieme!» dico sorridendo e cercando di farli smettere.
Mi ignorano alla grande... wow!
«Quindi lui è il tuo ex?» mi chiede Alessandro sussurrando nell'orecchio.
Annuisco in risposta. Lo vedo mentre lo osserva e lo studia bene.
«Non riesco a capire come mai proprio con lui...» dice Alessandro scuotendo la testa e continuando a sussurrare.
Scuoto anch'io la testa ridendo e resto a guardare la coppietta.
«Luca ed io non avremo figli... ne abbiamo già parlato...» confessa Gaia con molta convinzione.
«Assolutamente!» conferma lui. Non avrei avuto dubbi!
Sento ancora una pressione da parte del bambino. Questa volta è ancora più forte! Ma cosa starà combinando?!?
Mi accarezzo il pancione con la speranza di calmarlo un po'. Ne dubito...
«Voi che ci consigliate di fare?» domanda Gaia rivolgendosi a me e al mio fidanzato.
«Ma come?!? Abbiamo appena detto che non ne vogliamo! Il discorso è chiuso... nun farte venì idee strane, Gà!» ribatte Luca senza nemmeno aspettare una nostra risposta.
Sento ancora la stessa fitta. E anche la presa stretta di Ale.
Lo guardo. «Scalcia...» dico alzando le spalle e lasciandogli un bacio a stampo veloce.
«Ti prego! Posso sentire???» domanda la mia amica curiosa e con gli occhi che le brillano.
Il piccolo continua alla grande e credo proprio che Gaia riuscirà a sentirlo scalciare.
Annuisco a Gaia ed evitando di fare movimenti troppo bruschi, pian piano provo ad alzarmi.
Lo sento ancora scalciare e mi accorgo anche di una strana sensazione di bagnato... Oh mio Dio. Non può essere...
«Ma avete fatto cadere dell'acqua?» chiede Luca perplesso osservando sotto il tavolo.
«Alessandro...»
Lo vedo mentre mi guarda a lungo, perplesso, preoccupato, timoroso...
Mi sa che è arrivato quel momento, anche perché le fitte iniziano ad aumentare e sono sempre più forti.
«È...?» mi domanda Alessandro. Un'altra fitta (o forse a questo punto è meglio chiamarla contrazione) mi assale.
Guardo negli occhi Ale senza riuscire a rispondere. Mi fa male persino respirare. Non credevo facesse così male. E siamo solo all'inizio. Oddio figuriamoci dopo...
«Si sono rotte le acque!!! Si sono rotte!!! Luca corri a prendere la macchinaaa!!!» inizia ad urlare Gaia alzandosi in piedi ed attirando l'attenzione dei clienti.
Luca annuisce e corre velocemente fuori dal locale.
«Stai calma... ora andiamo in ospedale... e nascerà... vedrai che sarà bravo...» dice il padre di mio figlio mentre mi aiuta a camminare.
Alessandro si sta agitando, lo conosco abbastanza bene! Gli prendo di nuovo la mano ora che la contrazione si è attenuata.
«Non agitarti Ale!»
«Oh mio Dio! Sta per nascere! Che bello!» schiamazza la mia amica in preda all'euforia.
Ed ecco un'altra contrazione. Chiudo gli occhi. Mi reggo al mio uomo. Lui mi accarezza la schiena e sussurra qualcosa che in questo momento non riesco a capire.
Sento la voce di Gaia, ma non capisco cosa mi dice. Mi concentro solo sulla contrazione e sul mio bambino.
Dopo qualche minuto finalmente Luca è arrivato e siamo pronti per andare in ospedale.
Alessandro continua ad accarezzarmi la schiena cercando di calmarmi, ma qui tra i due il più agitato è lui.
Sorrido e gli lascio un bacio sulle labbra cogliendolo di sorpresa.
Dopo poco riprendono le contrazioni regolari una ogni due-tre minuti. Alessandro mi sussurra che siamo praticamente arrivati.
Ho paura. Oggi cambierà la mia vita e quella di Alessandro per sempre.
«Ale, ti amo! Resta con me!»
«Anch'io!» e mi sposta una ciocca di capelli dal viso mentre l'altra è catturata nella mia mano.

Pov Barbara

Oggi "per fortuna" la giornata sembra non passare mai. Non smetto mai di guardarmi l'anello da quando me lo ha messo al dito. E più i giorni passano e più aumentano gli attacchi d'ansia prematrimoniale.
Non manca molto al grande giorno. La sala è stata prenotata, le bomboniere lo stesso, ecc... È quasi tutto pronto. Manca "solo" l'abito.
Inoltre abbiamo comprato una nuova casa. O meglio... Michele ha fatto tutto! Non so ancora dov'è. Ma lui insiste che vuole farmi una sorpresa.
Però! Che ansia! In tutti questi anni non desideravo altro che sposarmi, creare una famiglia, costruire una casa, avere dei figli, degli animali, ma adesso che tutto ciò sta per realizzarsi per davvero, ho paura. Non so di cosa. Forse ho paura di non essere all'altezza, di non farcela, di crollare. Per non parlare delle aspettative, ma anche del rapporto con il mio futuro marito. Certo, sono anche emozionata. Ma la paura che qualcosa possa andare storto, ormai prevale su tutto.
Ho chiesto a delle mie amiche, anche a Daniela. Lei si è sposata ormai quasi due anni fa e mi ha rassicurata dicendomi che è tutto normale, poiché sappiamo benissimo che avverrà un grandissimo cambiamento che stravolgerà molte cose. Niente sarà più come prima. Ma c'è anche da annotare che sarà fantastico! D'altronde, cosa c'è di più bello che vivere eternamente al fianco della persona che si ama?
Ho già rivelato tutte queste mie paure a Michele che ogni volta cerca di rassicurarmi.
Mi volto verso di lui. È al volante e il suo sguardo è concentrato sulla strada. Ma del resto, non sembra essere tanto nervoso. La paura non sembra essersi impadronita affato di lui. O almeno, all'apparenza sembra così. Chissà... forse è bravo nel gestirla. Ma esteriormente, sembra essere contentissimo e tranquillo.
«Perché mi stai guardando?» mi domanda lui senza spostare la vista dalla careggiata.
«Così.». Alzo le spalle.
«Hai ancora paura, non è vero?» chiede lui con un sorriso sghembo mentre entra nel parcheggio dell'ospedale.
«Certo, ormai sai tutto. Non c'è nemmeno bisogno che ti risponda.»
Ridacchia. «Ti accompagno al reparto.». Ebbene sì, finalmente il mio sogno di diventare ostetrica, si è realizzato del tutto!
Subito dopo aver parcheggiato, mi posa una mano sul fianco e mi fa strada.
«Michele!» dico d'improvviso, poco prima di entrare nel reparto.
«Dimmi!» mi domanda come se volesse risolvere un enigma.
«Dobbiamo assolutamente dirlo a tuo padre.»
Alza gli occhi al cielo e poi sbuffa. «Cosa non capisci del fatto che non voglio più parlargli?». È da quando ci lasciammo per la prima volta che non gli parla più.
«Sì, ma non manca molto al nostro matrimonio. Lui è l'unico che non sa ancora nulla.». Persino sua madre lo sa, già dall'inizio. E ne è rimasta contentissima. «Non puoi non invitarlo.» aggiungo infine.
«Certo che posso.» dice lui, quasi ironizzando.
«Michele!». Lo rimprovero come se lo avessi appena colto in fallo.
Si stacca da me. «Basta, non voglio sentirlo neanche nomminare! Ne abbiamo già parlato una marea di volte.»
«Perlomeno, se non vuoi parlargli da quando avete litigato, mandagli un invito.» insisto.
Si posa di spalle al muro, mantenendo la distanza di me.
Sposto lo sguardo altrove mentre cerco di risolvere questa dannata situazione.
«Tua madre ha detto che possiamo andare stasera, appena finisco il turno.»
Di colpo sposta lo sguardo su di me. È... incazzato?
«L'hai chiamata?» mi domanda come se mi stesse accusando di qualcosa.
«Anche lei ci tiene tanto, lo sai.»
Guardo l'orologio. Tra pochi minuti inizia il mio turno. Mi tolgo l'anello e lo metto in borsa, nel cofanetto. Lo tolgo solo quando devo lavorare.
«Mandale un messaggio di conferma appena prendi la tua decisione.»
Michele annuisce. È pensieroso. Poi, posa un braccio dietro la mia schiena e una sul mio bacino, infine mi avvicina a sé.
«Ti prego.» dico supplicandolo.
«Ci penserò.» mi sussurra accarezzandomi con la sua voce prima di lasciarmi con un bacio.

Pov Chiara

«Non ne posso... più...» ammetto scoppiando a piangere e sentendo ancora l'ansia salire.
Mi inizia a mancare l'aria e vedo le pareti dell'ingresso dell'ospedale girarmi attorno. Credo sia un attacco di panico. Accidenti non ci vuole questo adesso.
Una raffica di contrazioni prendono il sopravvento e credo di averne una al minuto.
«Scusate? La mia fidanzata sta per partorire! Ha delle contrazioni...» spiega Ale all'infermiera alla ricezione e dal suo tono di voce riesco a percepire il suo stato d'ansia.
Si gira verso di me mentre l'infermiera chiama un'ostetrica.
«Resisti amore mio!» mi sussurra Alessandro baciandomi la fronte.
Sento un'altra contrazione partire dal basso e le gambe iniziano a non reggere più il peso e la stanchezza, così mi reggo al bancone.
Chiudo gli occhi e aspetto con ansia che passi il prima possibile.
Sentiamo un tintinnio e sia io che Alessandro ci voltiamo verso l'ascensore che l'infermiera ha riservato per noi. Con l'aiuto dei due mi incammino lì e Ale ascolta le indicazioni dell'infermiera.
Fortunatamente non ci mettiamo molto a raggiungere il piano indicato e seguo Alessandro in preda al panico che cerca l'ostetrica.
«Ale non sappiamo come chiamarlo!» esclamo mentre la mia metà cerca nel corridoio qualcuno che ci venga in soccorso.
Sentiamo una risata che echeggia nel corridoio ed entrambi ci voltiamo verso il suono. Vedo una coppia da lontano.
Alessandro spazientito si rivolge ai due...
«Scusate? La mia fidanzata sta per partorire e non vorrei che mio figlio nascesse in corridoio!»
Annuisco sofferente e chiudo gli occhi per il dolore.
«Si arrivo! Scusatemi!» ci informa una voce che non riesco ad identificare immediatamente.
Alessandro si riavvicina a me e mi prende il viso tra le mani prima di abbracciarmi e sussurrarmi che mi ama. Posso non amarlo?!?
Sento dei passi che si avvicinano e alzo la testa.
«Chiara... ma...» dice guardandomi e soffermandosi sul mio pancione e correndoci in contro tutta emozionata.
«Barbaraaaaa!!! Sorpresa...» finalmente la rivedo!!! Mi è mancata! Non volevo che la sorpresa fosse così tanto... sorpresa!
Alessandro ci osserva interrogativo.
«Che ci fate qui?» domanda contenta mentre si avvicina per abbracciarmi.
Sento una contrazione e non riesco a parlare per quanto è forte il dolore.
Mi mordo il labbro e mando la testa all'indietro accarezzandomi la pancia e pregando il mio bambino ancora una volta di non farmi troppo male.
Barbara mi spiega che per fortuna sarà lei a farmi partorire! Sorreggendomi ad Ale la seguo in sala travaglio dove credo mi attende una visita.
«Riesci a stenderti?» domanda azionando il macchinario per il tracciato. Annuisco ed eseguo ciò che mi dice.
Si mette i guanti per prepararsi a visitarmi.
Alessandro mi è vicino sempre e si sforza di nascondere la sua ansia ogni volta che lo guardo. Lo conosco troppo bene.
«La dilatazione procede bene, aspettiamo ancora un po' le contrazioni più forti e poi potrai iniziare a spingere. Però fallo quando te lo dico io. Okay?» mi comunica lei con assoluta tranquillità.
È molto professionale e competente, ma soprattutto seria. Sembra che il suo lavoro le piaccia tanto. Sono contenta per lei.
La contrazione mi dà un attimo di tregua.
«Va meglio?» domanda Alessandro avvicinandosi a me e lasciandomi un bacio sulla fronte. Annuisco per quanto vero sia possibile e non posso fare a meno di notare lo sguardo di Barbara diretto nella nostra direzione. Sorride mentre ci osserva.
«Barbara, lui è Alessandro... finalmente lo vedi dal vivo!» esclamo mentre glielo presento.
Lei accenna un sorriso e saluta Ale.
L'unico rumore che si sente in stanza è il battito del bambino che proviene dal macchinario. Alessandro fissa lo schermo e me.
Io accarezzo il mio pancione per gli ultimi istanti. Sono terrorizzata...
«Sarai una brava mamma...» dice Barbara sorridendo mentre osserva il pancione.
«Lo pensi davvero?» sembra avermi letto nel pensiero. Annuisce mentre sul mio viso si fanno spazio alcune immancabili lacrime.
Cerco di cacciarle via il prima possibile, ma Alessandro si è già accorto di tutto, così si avvicina e mi accarezza via le lacrime. Sorride.
Mi lascio prendere da una risata isterica. Alessandro sorride più tranquillo e guarda Barbara in cerca di spiegazioni.
«Tranquillo, sono gli ormoni della gravidanza!» spiega lei scuotendo la testa e ridendo.
Ale ridacchia e mi lascia un bacio sulle labbra. Barbara ci comunica che tornerà a breve e vuole lasciarci soli per qualche momento.
Appena esce, stringo a me Alessandro e lo bacio. Ma purtroppo una contrazione mi costringe a fermarmi.
Aspettando che la contrazione dolorosa mi passi, Alessandro accarezza la mia pancia e lascia un bacio vicino l'ombelico.
«Ehi mi prometti che farai il bravo e non farai tanto male alla mamma? Mh?» e continua ad accarezzare il mio ventre disegnandoci dei cerchietti immaginari su con le dita. Lo amo tanto.
Perché non mi sono innamorata prima di lui? Tra le lacrime di commozione gli sussurro che lo amo e lui mi bacia in risposta.
Le sue labbra sono sulle mie in uno di quei baci che ti tolgono il fiato, quei baci che ti lasciano senza parole.
Sento qualcuno schiarirsi la voce e mi stacco a malincuore da lui.
Barbara è entrata in stanza. «Scusate non volevo interrompere..» ammette in imbarazzo.
«Prima abbiamo interrotto noi.. siamo pari!» dice Alessandro e lei ride più tranquilla.
«Amore, potresti avvisare i miei che siamo qui?» chiedo ad Ale.
Lui annuisce e prima di andare mi lascia un altro bacio. Appena è fuori, mi schiarisco la voce.
«Non ti ho mai vista così felice!» dice Barbara sorridendo e mettendo di nuovo i guanti.
Annuisco. «Ti è piaciuta la sorpresa?» domando ridendo. Lei scoppia a ridere e proprio in questo istante arriva l'ennesima contrazione più forte che mai. Non riesco a trattenere le urla e mi lascio andare.
Ale torna immediatamente in stanza spaventato e mi accarezza subito i capelli cercando di farmi calmare.
Barbara inizia subito a controllare. Tra le varie contrazioni, ci comunica che sono pronta e che ci spostiamo in sala parto. Ma perché??? Così presto?!? In effetti però non vedo l'ora che questo dolore allucinante passi il prima possibile.
«Benissimo sei pronta! Alla prossima contrazione spingi, intesi?» comunica Barbara facendosi immediatamente seria seguita da alcune infermiere e un dottore che le fa da spalla.
È da più di un mezz'ora che sto spingendo e urlando. Alessandro mi resta accanto il più possibile e prova in ogni modo a farmi calmare.
Barbara mi ripete di spingere ancora, ma non ho più forze, sono stremata. Scuoto la testa e mi stendo sul lettino. Ora il dolore è costante con alcune fitte più potenti che mi costringono a spingere ad ogni costo.
«Non ce la faccio a vederti così... devo uscire...» dice Alessandro mentre mi accarezza i capelli e mi lascia qualche bacio sulla tempia.
«NO!!!» urlo spaventandoli mentre sento una pressione al basso ventre tra i dolori. È nato il mio bambino???
«Okay, non esco...» sussurra Alessandro.
«Resta qui!» gli ordino stringendo il suo braccio a me.
«Resto qui...» ripete Ale, come se lo stesse dicendo a se stesso per convincersi.
«Chiara... forza!!! Qualche sforzo e potrai stringere il bambino!» mi incoraggia Barbara guardandomi.
«Dai, amore mio...» si aggiunge anche Alessandro ad incoraggiarmi. Mi stringe la mano.
Non ne posso più!!! Fa fottutamente male!!! Ancora una maledettissima contrazione!!!
Al corso pre-parto non ci avevano informate su quanto facesse male!!!!!!!
Riprendo a spingere e a urlare come un'assatanata, ma questo mi aiuta a non pensare al dolore.
La contrazione si è calmata e ne approfitto per rilassarmi e respirare mentre sta per arrivarne un'altra.
Vedo Alessandro. È pallido e spaventato. Si guarda attorno e lo vedo mentre osserva preoccupato ogni minimo movimento di Barbara e dell'équipe medica.
All'ennesima contrazione, continuo a spingere con tutta la forza che ho in corpo. Sento tanto dolore, inarco la schiena e con la voce cerco di buttare via anche le mie paure.
Sono pronta per diventare mamma e prendermi cura di questo bambino come merita? Sarò brava ad educarlo? E se non piacessi a mio figlio? Mio figlio sta per nascere e mi sento pervadere da mille dubbi e preoccupazioni.
Sento la mano di Alessandro sulla mia schiena che si muove lenta, mentre cerca di farmi calmare e prova ad alleviare il mio dolore.
Alzo lo sguardo e vedo che Barbara gli mima un okay con la mano. Sorrido. Alessandro è agitato e nervoso tanto quanto me in questo momento.
«Bravissima, ancora una spinta e vediamo la testa!» dice Barbara mentre mi intima di respirare.
«Vedremo la testa...» ripete Alessandro sorridendo ancora pallido e quasi non ci credo che tra poco lo avrò tra le braccia. Il mio piccolo!
Urlo ancora e questa volta mi sento presa alla sprovvista. Non ero pronta e fa male ancora più di prima. È insopportabile!!!
«Voglio riposarmi!» affermo appoggiando la testa sulla pancia di Alessandro. Lui mi accarezza il viso, ma immediatamente mi sposto e ricomincio a spingere.
Barbara sorride e ci comunica che la testa è uscita e mi prepara dicendomi che adesso arriverà la parte più dolorosa ed anche la peggiore.
«Perché non era già dolorosa questa parte?!?» chiedo sgranando gli occhi.
«Amore è quasi nato!» dice Alessandro tra paura ed entusiasmo. Manca poco, davvero poco.
«VOGLIO L'EPIDURALE!»
«Chià non ne hai bisogno adesso... un ultimo sforzo e nasce.» cerca di rassicurarmi Barbara.
«ALLORA FAMMI IL CESAREO!!»
Barbara scuote la testa e la vedo mentre guarda il mio fidanzato in cerca di aiuto.
«Ehi amore...» prova lui subito a calmarmi.
«ALE PER FAVORE! Non proverai mai questo dolore...» gli urlo praticamente contro. Oddio non volevo... Cazzo che male!!!!!
«Però vieni qui, Ale! Ti amo.» dico allungando le braccia verso di lui per farmi abbracciare e perdonare.
Lo vedo ridere spinto dalla tensione e dalla gioia e ormai sembra essere pronto all'idea che tra pochissimo tempo avremo un piccolo esserino che ci sconvolgerà completamente la vita.
«STO PER MORIRE. GIURO. DOVEVA NASCERE TRA UNA SETTIMANA! PERCHÉ ORA?» urlo nervosa mentre continuo a spingere e ad urlare come una forsennata.
Barbara sospira e mi spiega che se continuo a temporeggiare il bambino ne soffrirà e che in questo modo anch'io sto soffrendo il doppio.
Lo faccio solo per far sparire questo dolore tremendo! Lo faccio perché non vedo l'ora di sentirlo piangere e tenerlo fra le braccia.
Approfitto della contrazione e spingo ancora. Lancio un urlo fortissimo. Lo sento riecheggiare nella stanza, credo proprio sia l'ultimo e il più liberatorio. È nato. Vero??? Guardo Barbara e stringo ancora la mano al mio amore.
Barbara sorride contenta. «Bravissimaaa!!! È nato!! Tanti auguri!» annuncia la nostra ostetrica guardandoci commossa.
Sono sfinita. Lo voglio vedere... fatemelo vedere!!! Sposto lo sguardo e vedo tra le mani di Barbara un esserino grigiastro sporco di sangue e con il visino paonazzo.
È la sensazione più bella del mondo. È bellissimo. Mi sembra tutto surreale e non riesco a staccare gli occhi da lui.
Agita le braccine e le gambine e sento un calore nel cuore. La vista mi si annebbia e sento una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
«Alessandro, tagli tu il cordone?» sento la voce di Barbara giungermi alle orecchie. Sento Alessandro tremare e mi lascia un bacio sulle labbra veloce mentre mi guarda commosso.
Senza dire nulla, annuisce ed esegue ciò che gli indicano.
Barbara avvolge il piccolo in un panno verde e gli mette una pompetta nel nasino per farlo respirare meglio.
Il bambino inizia subito a piangere e mi sembra il suono più dolce di questo mondo. Guardo Alessandro che sposta immediatamente il suo sguardo su di me e sorride mentre si asciuga velocemente una lacrima. Lo amo tanto. Sorrido.
Anche Barbara sembra emozionata e finalmente si avvicina. Lo vedo fra le sue braccia. È sempre più vicino a me e sta per avvenire il nostro primo incontro. Sto per vederlo...
Mi passa il piccolo tra le braccia. Con delicatezza lo prendo e lui si muove piano facendomi sentire la sua tenera vocina. Amore mio!!!
Non ho parole per descrivere questo momento. So solo che è un'emozione stupenda. Mi lascio andare e libero finalmente le mie lacrime di gioia.
«Ciao amore mio...» dico mentre lo guardo e mi porto istintivamente una mano sulla bocca alzando gli occhi sul padre di mio figlio, l'uomo della mia vita.
«Ti amo tanto!» dice lui avvicinandosi a noi e lasciandomi un bacio sulle labbra. Non riesco a smettere di piangere. È stupendo.
Barbara e un'altra infermiera battono le mani. Sorrido tra le lacrime e mi giro verso lei. Sta sorridendo e osserva me e il bambino.
«Sei stata bravissima!» mi sussurra Alessandro mentre continuo a sentire il pianto del piccolo.
Mi soffermo a guardare il frutto del nostro amore. È bellissimo. Tutto il dolore è scomparso, sento solo un'immensa gioia scorrere per tutto il corpo.
«Leonardo...» sussurro appena, guardando nostro figlio. Ho scelto il nome del padre di Alessandro.
Lo vedo mentre mi guarda e si porta una mano sul viso, riprendendo a piangere.
«...perché lui è forte proprio come suo nonno che lo guarda da lassù...» continuo fra le lacrime di commozione mentre mi stringe il dito nella sua manina così piccola.
«Grazie...» mi sussurra lui mentre mi lascia un bacio sulla fronte.
La puericultrice ci raggiunge e dopo averci fatto le congratulazioni, prende il bimbo per lavarlo, vestirlo e misurarlo. Nel frattempo Barbara controlla la situazione e mi aiuta a sistemarmi.
Alessandro si è avvicinato a vedere il bambino mentre gli fanno il primo bagnetto.
«Come va?» chiede Barbara.
«Non potevo chiedere di meglio, è stupendo!» rispondo a voce bassa. «Grazie mille per l'aiuto ed il supporto...»
Lei sorride. «Ti somiglia..» esclama la mia amica. Sorrido ancora mentre vedo Alessandro venirmi in contro con un fagottino fra le braccia.
Osservo nostro figlio. È piccolissimo, ha pochi capelli, ma sono chiari come quelli del papà e ha gli occhi castani, come i miei. È un bambino dolcissimo e piange poco. Forse è ancora presto per dire questo.
È piccolino, infatti naviga nella sua tutina celeste. E la sua mamma lo ama già alla follia.
Alessandro sorride, totalmente rapito da quell'esserino che ha fra le braccia. Sarà un bravissimo papà.
Li guardo e sono convinta di non volere niente di meglio. Sono tutto quello che amo di più al mondo.

Pov Barbara

Michele è venuto a prendermi dal lavoro. È nervoso.
Arriviamo al cancello di casa dei suoi genitori.
«Dobbiamo proprio farlo?» mi domanda fissando il citofono.
«Non andrà male.» dico rassicurandolo. In realtà ho paura anch'io.
Sbuffa.
Lo guardo. Sorrido. Sotto questo aspetto lui e suo padre sono perfettamente uguali: quando non vogliono fare qualcosa, è difficile convincerli.
Poi all'improvviso si volta, ma io lo afferro da un braccio.
«Andiamocene.» dice lui tirandomi un po'.
Ma io oppongo resistenza. «Non scappare!» lo rimprovero.
«Non voglio vederlo!» ribatte sbuffando, ancora una volta.
Citofono. Lui cerca di bloccarmi, ma non fa in tempo.
Poi si mette una mano tra i capelli per la disperazione.
«Chi è?» domanda sua madre dal citofono.
«Siamo noi, Barbara e...». Non mi fa terminare la frase che apre il cancello.
«Sì! Salite!». Sento la sua felicità provenire dalla sua dolce voce.
Alle sue spalle sento a malapena il marito. «Non ho ancora capito chi deve venire!», ma poi il citofono viene chiuso.
Apro il cancello e trascino letteralmente Michele al portone.
«Non voglio, non voglio!» dice lui cercando di porre resistenza, ma non con molta forza. Beh, come dice anche Jovanotti, "La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare.", così anche Michele. È proprio vero, a volte abbiamo paura a lasciarci andare anche se in realtà è proprio ciò che vorremmo fare. Ma credo che dietro ogni paura si nasconde un forte desiderio, come in questo caso. Lui ha paura di andarci, ma in realtà so che vuole un'infinità di bene a suo padre.
«Non voglio andarci! Ti prego!»
Sembra un bambino quando non vuole andare a scuola! Se lo fosse stato per davvero, gli avrei detto "Ci sono i tuoi amici a scuola!" e poi ci sarebbe andato subito.
«Spero che i nostri figli non prendano da te!» dico fingendomi arrabbiata e scocciata.
Lui ridacchia, finalmente. E credo che questo po' di ilarità lo abbia fatto calmare un po'. Difatti, si rimette composto e finalmente non devo più trascinarlo.
Saliamo per le scale in silenzio.
Arriviamo davanti alla porta. È ancora chiusa.
Michele si volta verso di me come se volesse un supporto.
Gli prendo la mano con molta calma, ma lui mi anticipa prendendola al volo e me la stringe fortissimo. Poi con l'altra, molto lentamente, suona il campanello.
Qualche istante dopo, la porta si apre. Le ossa della mia mano stanno per spezzarsi per quanto me la sta stringendo.
Ed eccolo qui. Il padre alza lo sguardo.
Ci guarda un attimo, entrambi.
Michele fa un passo avanti, ma gli viene chiusa la porta in faccia.
Lui strizza gli occhi, come se un proiettile lo avesse colpito al petto.
«Andiamo.» dice sottovoce, mentre si volta.
Sto per seguirlo, anche se vorrei che le cose si stissemassero come si deve.
Scendo un gradino anch'io, ma la porta si riapre.
«Ragazzi entrate...» ci invita la madre.
Michele si ferma, poi la guarda. «No.» ribatte lui.
«Michele...» diciamo sia io che sua madre, a mo' di "rimprovero addolcito".
Ci guardiamo entrambe e sorridiamo.
Poi per fortuna, col capo basso, risale ed entra in casa.
La madre chiude educatamente la porta alle nostre spalle.
«Mio marito è andato a prendere una boccata d'aria sul balcone.» mi dice sua madre rivolgendosi anche al figlio.
«Resterà lì per tutta la cena, vero?» domanda lui con sarcasmo.
«Chi? Il cane? No, non ne abbiamo uno.». Ironizza la madre per sdramatizzare.
Michele lascia una risatina. Io intanto ammiro sua madre, sorridendole. Quant'è forte questa donna? Mi domando come abbia fatto per anni e anni a sopportare entrambi, soprattutto quando litigavano. Come fa a mantenere la calma? Come riesce ancora ad ironizzare il tutto e a riderci su, come ora?
«Accomodatevi.» mormora lei.
«Sì, grazie.» rispondo educatamente e prendo posto sul divano.
Michele si siede accanto, mentre lei si siede su una delle due poltrone di fronte.
«Da quanto non mettevi piede qui?» gli domando quasi sottovoce.
«Da un bel po'.». Si guarda attorno, come se avesse nostalgia di quest'ambiente.
«Ogni volta mi costringeva a scendere per vedermi, come ben sai.» aggiunge la madre, sempre con un sorriso stampato sulle labbra.
«Dobbiamo dirglielo per forza?» domanda ancora una volta, supplicando e con un filo di voce, per evitare che lo sentisse.
«Sì.». Sua madre gli dà un risposta secca.
«Altrimenti?» continua lui.
«Non uscirai da questa casa se prima non glielo avrai detto.» mormora la madre marcando "glielo".
«Uuh, che paura!» ridacchia alla "minaccia" della madre.
«Visto?». Anche lei ironizza.
Poi, si alza dalla poltrona. «Vado a chiamarlo.»
Annuisco. La madre lascia la stanza.
Michele all'improvviso, si stacca dalla spalliera del divano e posa i gomiti sulle sue ginocchia mentre sfrega nervosamente con il palmo di una mano le nocche dell'altra, fissando il vuoto.
«Se vuoi inizio io.» mi propongo.
«Devo sbrigarmela da solo.» risponde tutto d'un fiato.
«Sai come prendere il discorso?» gli domando.
Scuote il capo.
Restiamo in silenzio. Voglio lasciarlo riflettere.
Sono passati all'incirca cinque minuti. Beh, la capisco. Sarà successa la stessa identica cosa per convincere Michele a venire qui.
«Quanto ci mette?» domanda quasi tra sé e sé.
Si alza dal divano e comincia a camminare lungo il salone, senza meta.
Avanti, indietro, avanti, indietro. Andrà a finire che si consumerà tutto questo povero pavimento!
«Forse mia nonna deve ancora partorire mio padre.» aggiunge poi.
Rido sotto i baffi. Michele si volta, il suo volto si illumina appena incrocia il mio sguardo. Viene verso di me per darmi un bacio suppongo, ma la stanza viene subito occupata dai suoi genitori.
«Eccoci.», interrompe la madre con un sorriso radiante.
Mi alzo dal divano. Il padre mi ha già squadrata per la seconda volta.
«Salve.» lo saluto per prima chinando leggermente il capo. Come devo comportarmi? Sembra come se fosse la prima volta che lo vedo.
Lui annuisce a malapena, per ricambiare il saluto. Almeno mi ha risposto... Ma il suo sguardo è già da un po' su Michele. Uno sguardo fulmineo che gli viene subito restituito.
«Beh?» domanda il padre, come se volesse che sputasse subito il rospo.
Questa è la prima parola che esce dalla sua bocca.
Michele sta per aprire bocca, ma la madre lo interrompe. Adesso sembra una vigilessa che gestisce il traffico. E come lo gestisce! Si vede che dietro ci sono anni e anni di "carriera".
«Andiamo prima ad accomodarci a tavola.» propone lei. «Ne parliamo lì.»
Ci sediamo a tavola. La tavola è già ricca di antipasti.
C'è un assordante silenzio carico di accuse. Nessuno parla. Si sente solo il rumore delle posate.
«Allora... quando pensate di darci dei nipotini?». La getta lì la madre, parlando con me.
Adesso lo sguardo fulmineo si concentra su di lei.
«Non lo sappiamo ancora.» dico accennando un sorriso. Ora invece, sento gli occhi del mio futuro suocero su di me, ma fingo di non averci fatto caso.
«Sicuramente non dobbiamo chiedere il permesso a nessuno.» interviene Michele lanciando un chiaro riferimento al padre.
Il padre borbotta, ma non capisco cosa stia dicendo. Poi, assapora qualche oliva e sposta nuovamente lo sguardo su di me.
«Senti!». Credo che Michele stia per dirlo. Sposta per un attimo lo sguardo nel vuoto, come se cercasse le parole esatte. «Non... Non voglio portarla alla... lunga.», farfuglia.
Stringe una mano al bordo del tavolo. «Noi...». Deglutisce. Poi, avvampa non sapendo che cosa dire.
Passa ancora qualche altro secondo, nessuno fiata.
Il padre lo guarda come se volesse sapere la risposta già prima che gli uscissero parole  di bocca, ma allo stesso tempo mantiene quella solita nonchalance che da sempre gli appartiene.
Michele sbuffa. Non trova le parole. Voglio aiutarlo...
«Ci dobbiamo sposare.» dico tutto d'un fiato.
Credo che un'oliva sia andata di traverso a suo padre, difatti, tossisce bruscamente.
Michele intanto, mi stringe la mano mentre mima con le sue bellissime labbra un "grazie". Poi, con l'altra mano, mi gira finalmente l'anello che in macchina mi ha chiesto di tenere nascosto il più possibile.
Il padre si alza da tavola continuando a tossire. «No, non è possibile!» dice alzando la voce e gettando il tovagliolo sulla tavola.
«Cosa non è possibile? Che le cose non vadano come dici tu?» interviene Michele andandogli vertiginosamente in contro.
Beh... se la cena è iniziata così, non oso immaginare dove arriveremo fino alla fine...
«Mi vergogno di essere tuo padre, Michele!» ribatte mentre assume una posizione da uomo severo.
«E io allora che devo dire? Sei un padre di merda! Lo sei sempre stato.» gli risponde.
«Michele portami rispetto. Sono tuo padre!» dice l'altro, anche lui alterato.
«Rispetto? Non te ne ho dato abbastanza fino ad ora? Anzi, visto che hai preso tu l'argomento, adesso dimmi: quando me ne hai offerto un po' tu?» risponde il figlio.
Il padre borbotta un'altra volta, senza rispondere.
Devo intervenire per calmarli? Mi volto verso la madre. Neanche lei fa nulla, forse sarà abituata a tutto ciò.
«Sono stato stupido. Ti ho sempre ascoltato, nonostante tutto.» continua Michele. «Adesso mi sono stancato di seguire ogni tua richiesta.»
Michele si avvicina a me, mi fa alzare e mi posiziona vicino al padre.
«Io la amo. Lo vuoi capire? Lei è l'unica donna che mi ha reso davvero felice. Riesce a farmi innamorare ogni singolo giorno di lei, riesce a rendere unico ogni momento trascorso. Quando sto con lei, riuscirei a sfidare chiunque pur di tenerla al sicuro, ma quando lei non c'è... Beh, mi sento di morire.»
Mi volto verso il mio futuro marito. Davvero sta dicendo tutte queste cose davanti ai suoi genitori? Arrossisco all'idea, mentre appare uno sciocco sorriso sulle mie labbra.
Il padre però, ci fissa ancora impassibile. Non riesco minimamente a percepire cosa stia pensando. Approva? Non approva?
«Perciò se vuoi me, devi accettare anche lei.»
Il padre continua a non commentare per un po'. Scaccia un forte sospiro carico di tensione. Finalmente trapela un'emozione.
«Andate via.» risponde secco, deciso, freddo.
«Caro!» lo rimprovera la moglie.
«No. Va bene.» mormora Michele.
Prende la mia borsa e mi accompagna alla porta d'ingresso chiudendola alle nostre spalle.
Entrati in macchina, lui sospira profondamente prima di mettere in moto l'auto.
«Mi dispiace.» sussurro con un filo di voce.
«Non devi preoccuparti. Le abbiamo tentate tutte. Grazie.». Mi sorride stringendomi fortissimo la mano.
Mi lascia un bacio casto sulle labbra prima di ripartire e di tornare verso casa dove c'è Charlie che ci aspetta.

   
 
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