Fumetti/Cartoni europei > Winx
Segui la storia  |       
Autore: Applepagly    17/08/2016    3 recensioni
Alla ricerca di se stessa, per qualcosa che ha perduto: per Bloom il fuoco, e per le altre?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brandon, Helia, Nuovo personaggio, Winx
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Merry-go-round'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Terza parte - Prigionia

 

 

  La prima cosa che Tecna, come gli altri, avvertì non appena mise piede lì dentro fu un pungente odore di chiuso. Il casolare nascosto nella radura era perfino più piccolo, se visto dall'interno; le vecchie assi del pavimento di legno scricchiolavano ad ogni passo e nel complesso regnava un'atmosfera di abbandono che non sembrava dovuta solo all'assenza fisica delle tre sorelle.

L'aria non veniva cambiata lì da anni e questo alimentò uno dei sospetti della fata della tecnologia.

Le Trix non si stavano nascondendo lì; non del tutto.

Esaminò accuratamente ogni dettaglio, chiedendosi se e dove potessero aver nascosto l'accesso a quello che doveva essere il loro reale nascondiglio. Controllò sotto il tavolo ingrigito, dietro ad uno scaffale ribaltato... ma niente da fare.

«Non è da considerare la possibilità che siano semplicemente uscite un attimo, vero?» domandò Maria, assistendo alla furia investigativa di Tecna.

«Quelle tre hanno l'abitudine di complicarsi la vita... perciò no, è improbabile» ribatté Musa. Come risvegliato da quelle parole, Riven ebbe l'illuminazione.

Annaspando in avanti, si concentrò sull'unico particolare che era stato trascurato fino a quel momento. Si avvicinò al caminetto nell'angolo della stanza, accucciandovisi accanto. «Trovato niente?» chiese Brandon.

L'altro studiò la cenere sparsa sulla lastra di pietra... o forse avrebbe dovuto dire “disposta”; perché sembrava che qualcuno l'avesse messa lì apposta.

Ormai non aveva più dubbi.

Ammucchiò la polvere da un lato, aspettandosi di svelare una botola o qualcosa del genere; ma, nel momento in cui tutti gli si avvicinarono, furono risucchiati dal conduttore del comignolo.

In quegli attimi, i ragazzi si sentirono come prosciugati, come se la pelle venisse loro tirata via e i loro lineamenti si comprimessero; e alla fine si ritrovarono stanchi come se avessero corso per chilometri e chilometri.

Erano caduti su qualcosa di vagamente rassomigliante a del quarzo, ma di un colore più limpido e opaco. Che fosse ghiaccio? Eppure era diverso.

Maria provò ad accostare la mano ad una stalagmite che spuntava dalla liscia superficie del terreno, ritraendo subito la mano quando si accorse della scossa che sprigionava. Ripeté l'azione con un'altra e, questa volta, poté vedere chiaramente il cristallo farsi più scuro al suo interno, pronto per liberare un'energia che avrebbe potuto ucciderla.

«Le Trix sanno che siamo qui» affermò la strega, con un sospiro. «Questo posto avverte gli intrusi e cerca di farli fuori, perciò credo che gli incantesimi di cui è impregnato permettano ad Icy e le altre di percepire quando ci sono ospiti indesiderati»

«Almeno sapremo la verità. Riven» disse Brandon, allacciando le braccia dietro la testa. Davvero sarebbero durati così poco? «Sei sicuro di non aver mai origliato nulla, di tutta questa storia? Dopotutto, tu stavi con Darcy»

«Se avessi saputo qualcosa lo avrei già detto, non ti pare?» sbuffò, con esasperazione.

Ma, forse, era più che giusto che dubitassero ancora di lui. Era un traditore e, con tutta la bontà del mondo, una cosa del genere non si dimenticava tanto facilmente.

Anche se lo avevano perdonato, era chiaro che gli avrebbero sempre fatto una domanda in più; e come biasimarli? Si chiese se Musa sarebbe mai stata capace di guardare oltre; lei, che più degli altri aveva trattato male.

Eppure, era già da un po' che le cose andavano diversamente. Perfino ora, che non avevano altra possibilità se non quella di proseguire per quel sentiero di cristallo, lei sembrava assolutamente concentrata sulla loro missione, benché quelli potessero essere gli ultimi attimi che trascorrevano insieme. Da vivi, almeno.

Perché c'era da aver paura; oh, se c'era da averne. Perfino lui, poco incline a quell'emozione, perfino Tecna, che di rado si lasciava andare; perfino loro potevano avvertire distintamente il pericolo.

Forse aveva il volto di un mostro, forse di una splendida creatura; o forse di una donna, che non era né l'una, né l'altra cosa, oppure le era entrambe.

Dopo aver errato per quelle che parevano ore, l'avevano trovata; una donna.

I ragazzi avevano attraversato una serie di cunicoli, come parte di un labirinto, e alla fine si erano ritrovati in una grande sala; il cristallo era diverso, pareva immacolato e non vi era più lo stesso freddo penetrante che impregnava le gallerie.

Lì il tempo sembrava essersi fermato, in un tepore piacevole che accarezzava i bei lineamenti della donna dormiente in un morbido giaciglio. Era bella, ancora molto giovane, serena.

I suoi lunghissimi capelli finivano per spargersi a terra, in un crespo groviglio che aveva in sé l'ambra, il legno ed il caramello.

Cosa ci faceva, quella povera creatura, nel covo segreto di tre streghe? Che fosse una loro vittima?

Eppure... eppure aveva qualcosa di familiare. Quei lineamenti... quella corporatura... la sua stessa espressione di pace rimandava a qualcosa che i ragazzi conoscevano bene; soprattutto uno di loro.

«Questa donna...» mormorò Riven, con un filo di voce. «Questa donna è morta»

Colpiti, gli altri quattro si avvicinarono alla figura sdraiata. Aveva ragione.

Il pallore di lei, l'innaturale rigidezza con cui le sue dita s'intrecciavano... era morta. Perché? Perché era lì? Chi era?

«E se fosse...?» Tecna s'interruppe, non volendo davvero credere a quel che stava per dire.

Era davvero possibile che per anni Icy, Darcy e Stormy avessero tenuto rinchiuso in uno stato di letargo il cadavere della loro madre? Come potevano averla confinata là, in quella stanza che sembrava conservare le cose com'erano state un tempo?

«...Se fosse la loro madre?» trovò il coraggio di concludere la frase.

In fondo, era plausibile. Mirtan non aveva mai accennato nulla riguardo a lei, riguardo al destino delle sue spoglie. «Ma per quale ragione avrebbero dovuto tenerla così, come fosse impagliata?» fece Brandon, scosso. «Non credo sia qui a mo' di reliquia»

«Deve avere un significato particolare, per loro... però c'è qualcosa di strano. Questa sala non vi sembra diversa dalle altre?» disse Musa. Toccò la parete, ma il ghiaccio non liberò alcuna scintilla, né s'imbrunì.

Era come se quella stanza fosse impregnata solo di una delle tre sorelle, del suo potere; della sua essenza. Le altre due, loro non avevano nulla a che farci.

«Credete che Darcy e Stormy siano a conoscenza dell'esistenza di questo posto?» continuò, dubbiosa. «È come se non ci fossero mai state»

Tecna scosse la testa. «Per quale ragione a noi dovrebbe essere accessibile, se è rimasto nascosto loro per più di dieci anni?»

Una risata sguaiata proruppe dal fondo della galleria. Era arrivata la loro ora e, con lei, la strega che forse avrebbe messo fine a tutto quel cercare e fare domande.

Icy guardava ciascuno di loro con uno sguardo carico di disprezzo. Un ghigno che aveva in sé sentimenti terribili e che, in realtà, nascondeva una profonda tristezza.

«Vi ci ho portate io, naturalmente. E così, le fatine hanno scoperto la verità» esclamò, in una risata. «O forse dovrei dire “le fatine, gli Specialisti ed una piccola, miserabile traditrice”?»

Maria spalancò gli occhi acquosi per lo stupore. Ma come...?

«Non avrete davvero creduto che i trucchetti da prestigiatore di quegli imbecilli potessero ingannare me o le mie sorelle» scosse la testa, con ovvietà. «Darcy è la regina degli inganni» specificò, lanciando a Riven un'occhiata carica di sottintesi.

«Non dev'essere brava come dici, se riesce a farsi costruire una stanza segreta sotto il naso e non notare che dentro c'è la sua defunta madre» replicò a tono Musa.

Sorprendendosi lei stessa della propria audacia, dovette trattenersi dal tremare. Gli occhi della strega emanavano bagliori terribili e spaventosi, dando un rapido assaggio di quello che era l'odio latente dentro di lei.

Lo stesso che, proprio in quel momento, si risvegliò e in un guizzo scaraventò la fata contro la parete diafana. In un battito di ciglia, l'incantesimo scagliato iniziò il suo lavoro, provocando a Musa dei violenti tremori.

La sua pelle iniziava a scurire, come fosse stata assiderata ed avvelenata insieme. Tecna corse subito da lei, tentando di aiutarla come poteva.

«Che cosa diamine le hai fatto?» tuonò Riven.

«Un piccolo regalo per una piccola fata impicciona. Per tutti voi ho il mio personalissimo dono di benvenuto, solo...» rise, tagliente. «...Perché non mi permettete di vedervi in faccia?»

Schioccò le dita e i tre impostori ritrovarono le loro reali sembianze.

«Non sareste dovuti venire qui. Se vi foste preoccupati dei fatti vostri, avreste la pellaccia salva e non ne avreste più saputo, di me. Né voi, né Magix. Forse» fece. Mossa quasi a compassione, liberò la fata dal suo sortilegio; in realtà era solo stufa dei suoi lamenti.

«Tu menti!» urlò Maria, stringendo i pugni. «Sappiamo cos'avete fatto, abbiamo visto tutto ciò che avete distrutto. E adesso hai il coraggio di dire che non avresti più mosso un dito contro nessuno se non fosse stato per noi?»

Icy aveva un modo tutto suo per far ghiacciare il sangue nelle vene a chiunque. La sua serietà ammazzava anche il più coraggioso degli eroi, ma i suoi sorrisi...

«Povera Maria» sorrise infatti, con una voce piena di pietà. «Una strega che si allea con delle fate, che stringe amicizia con loro. Non hai ancora capito che non ti serve a niente» disse, aspra. «Tu sei esattamente come me, come noi; come qualsiasi altra strega. Non farai la differenza solo perché ti sei circondata di fatine e sei morta con e per loro»

L'altra non seppe cosa dire. Sentiva le lacrime affiorare dai begli occhi blu, le gambe farsi deboli ed i sogni andare in mille pezzi. E se Icy avesse avuto ragione?

«Anche se devo ammettere di essere delusa. Manca qualcuno, o sbaglio?» sghignazzò. «Poco importa. Rivedrò quel qualcuno molto presto e mi darà ciò che voglio, ancora una volta»

«Non potresti nemmeno lontanamente avvicinarti a Bloom. Si trova in un luogo sicuro e, per qualsiasi cosa tu abbia intenzione di usarla, non l'avrai» sorrise Tecna, vittoriosa.

La strega emise un verso di scherno, perché quelle povere fatine non potevano capire nulla. «Un po' mi fate pena. Siete solo delle pedine in mano a quei vecchi. Pensateci bene: perché hanno mandato voi e non sono venuti qui loro stessi?» sussurrò, sibillina. «So bene quel che ha fatto la mia cara sorellina. Ma se vi siete illusi di aver scoperto tutto solo grazie a lei... vi sbagliate. Darcy non conosce tutta la verità e il mio segreto morirà con voi»

Spalancò le braccia, come ad abbracciare la gelida bora che evocò. I suoi occhi erano opachi, rivoltati e impregnati di una mistica e portentosa forza che trascinò Maria e gli altri nel mondo dei sogni; un mondo fatto di immagini sfocate e risate che rimbombavano da ogni parte.

All'improvviso il corpo s'indeboliva, si muoveva con estrema lentezza ed era pesante.

In un sonno che per ognuno riportava a galla cose diverse, Musa vi trovò un suono; era un suono bellissimo e leggero, come un gioco di note ballerine che danzavano dai fori di un flauto.

Le risate agghiaccianti di Icy si erano trasformate in un unico, splendido, canto. Una preghiera su un giovane, su cinque qualità che erano nate con lui e sarebbero durate per sempre.

Il giovane assumeva ora l'aspetto di un ragazzo dal sorriso sincero e lo sguardo focoso; ora i tratti di un serpente dalle squame lunghe, dei colori del tramonto; oppure il volto di un bambino su cui bruciavano due rubini bagnati dal sole.

Parlava, il giovane; parlava del perdono e diceva cose che Musa non sentiva ma ascoltava, percependo la vita rifiorire in lei e bruciare, riscaldarla.

D'un tratto, un tepore simile a quello della stanza in cui riposava la madre delle Trix la investì: ed era qualcosa che solo l'affetto poteva dare. Qualcuno la chiamava, mentre qualcun altro diceva di tacere, di lasciare che dormisse; allora si ritrovava tra le braccia della prima persona, quella che la stringeva come se fosse la cosa più preziosa del mondo.

Poteva percepire il proprio capo adagiato sul petto ampio di quella persona, avvertirne il battito cardiaco totalmente diverso dal suo; più veloce, frenetico ed agitato.

Aprì gli occhi di scatto, risvegliandosi con quel ritmo che ancora le martellava in testa.

Era in grembo a Maria, che stava seduta contro la parete di quella che sembrava una cella di cristallo. La strega teneva gli occhi fissi in un punto lontano, con una strana espressione sul volto levigato. «Come ti senti?» chiese all'amica.

Musa si tirò su con la schiena, portandosi la mano alla testa. Come si sentiva?

«Non lo so» ammise. «Che cosa ci è successo?»

L'altra non rispose. Era come se avesse perso tutta la sua voglia di mettersi in gioco; e, in fondo, perché avrebbe dovuto? Icy aveva perfettamente ragione.

Non avrebbe fatto la differenza.

Sarebbe morta lì, per asfissia, senza aver fatto quasi nulla di concreto per dimostrare di essere diversa. Perché non aveva mai dato retta a quelli che le avevano sempre detto la verità? Lei era come qualsiasi altra strega, per quanto avesse cercato di convincersi del contrario.

Non erano forse le streghe, ad agire solo ed esclusivamente per un tornaconto personale? E non era forse per un tornaconto personale, che lei aveva deciso di prendere parte a quella vicenda?

Ma chi voleva ingannare? Tutto ciò a cui era riuscita a pensare non era stato il bene di Magix, di tutta la comunità; non subito, almeno. Aveva pensato solo al proprio orgoglio e al proprio onore, al suo sogno di dimostrare quanta bontà potesse esserci nelle arti che venivano ripudiate perché considerate malvagie.

Avrebbe fatto meglio a farsi i fatti propri, a dimenticare tutto e dissuadere quei ragazzi e ragazze che ora si davano da fare per tirarli fuori di lì. Ma era convinta che a nulla sarebbero valsi i tentativi di Tecna, Brandon e Riven di mettersi in contatto con chi aspettava loro notizie ad Alfea.

I tre stavano accucciati in un angolino dell'ampio spazio racchiuso dal solido ghiaccio in ogni suo lato.

La fata muoveva freneticamente le dita sull'unico dispositivo che si era portata dietro, sentendosi una completa idiota a non aver pensato alle possibili conseguenze. Se si fosse premurata di prendere con sé qualcosa di più di quello, forse sarebbero riusciti ad evadere.

Erano rinchiusi lì da ore e gli incantesimi suoi e di Maria non avevano neppure scalfito le pareti. Era già un miracolo che l'aria non si fosse esaurita.

«Perché diamine Timmy non risponde?» sbottò Brandon. «Che cos'avrà mai da fare, di tanto importante?»

«Non lo so... è come se ad Alfea non ci fosse» spiegò Tecna. «Il segnale indica che è in continuo movimento, ma è difficile stabilire una connessione»

Provò ancora un po', ragionando. Se si stava spostando significava che si era allontanato dalla scuola, e questo andava contro le indicazioni di Faragonda; ma Timmy non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

«Un momento» esordì Riven, bruscamente. «Hai detto che ad Alfea non c'è e che si trova in continuo movimento?»

Lei annuì, aspettando che continuasse. «La velocità con cui si sposta suggerisce che si stia muovendo a bordo di...»

«...Di una navetta» concluse lui.

Una navetta? Per quale ragione? Di certo non poteva già sapere della loro prigionia, doveva esserci qualcos'altro sotto. «Se è come dici, forse posso collegarmi alla rete del velivolo e contattarlo direttamente da lì!» esclamò, speranzosa.

Si mise subito al lavoro, senza perdere un attimo. Smontò l'alambicco con cui stava trafficando, modificando con degli incantesimi alcuni dei circuiti.

Mentre Brandon la osservava, pensava che sarebbe stata un'ottima Specialista. Aveva sangue freddo ed intuito da vendere, si muoveva con sicurezza sebbene non conoscesse alla perfezione quel dispositivo ideato poco tempo prima proprio da Timmy.

Alla fine, funzionò. Dopo l'iniziale difficoltà nella sintonizzazione sulla frequenza, la cella udì la voce del ragazzo. Non era solo.

«Tecna?» era Bloom. Non doveva trovarsi al sicuro?

«Che cosa ci fai su una navetta, Bloom?» domandò Tecna, allibita.

Lei farfugliò qualcosa, imbarazzata. Diceva che si trattava di una lunga storia, ma avrebbero risolto tutto in un attimo. «Dove siete? Che è successo?» chiese Flora. «Noi siamo diretti sul pianeta Chameleon e...»

Chameleon?

Oh, al diavolo il senso di responsabilità. Non voglio morire qui dentro.

«Se state andando lì, vi spiacerebbe venirci a salvare?»

 

*

 

Bloom ricordava bene tutte quelle sciocche superstizioni a cui credeva da bambina. Sulla Terra esisteva un concetto di fortuna e sfortuna che spesso portava i suoi abitanti a comportarsi in funzione di queste due.

All'ingresso del suo liceo di Gardenia, ad esempio, erano stati posti due panettoni come a fare la guardia al cancello. Nessuno aveva mai il coraggio di passarvi in mezzo, perché le generazioni di studenti tramandavano storie spaventose di alunni perseguitati dalla sventura dopo aver commesso quell'impudenza.

Lei stessa si considerava di suo una ragazza piuttosto sfortunata; eppure, da un po' di tempo a quella parte, nella sua vita erano avvenuti così tanti bei cambianti che aveva dovuto ricredersi.

Dopo la conversazione avuta con Tecna e con gli altri prigionieri e dopo la confessione, da parte di tutti i suoi amici, dei piani segreti dei presidi, la fata non riusciva a non sentirsi serena.

Avrebbe voluto arrabbiarsi per essere stata tenuta all'oscuro di alcune decisioni e di essere stata ingannata da chi le era vicino, ma quel colpo di fortuna le impediva di mettere su il broncio.

Sì, perché di un colpo di fortuna si trattava.

Alla fine, quella che avevano considerato una follia si era rivelata fonte di salvezza e, forse, l'amnesia di Helia aveva avuto un tempismo perfetto. Se non fosse stato per lui, forse i loro compagni sarebbero marciti in una prigione di ghiaccio.

«Il tuo aguzzino non poteva scegliersi un posto migliore dove nascere, Helia?» fece Stella con disgusto, non appena le sue zeppe affondarono nella melma. Nel pantano si muoveva qualcosa di disgustoso e la principessa non era sicura di voler sapere di cosa si trattasse. «Spero che Brandon e gli altri non siano costretti in un postaccio simile... a proposito, dove dobbiamo andare?»

«Nella radura dove si trova la casa delle Trix. Io l'ho vista, dovrei riuscire a trovarla» rispose Flora, osservando attentamente gli arbusti e gli alberi che circondavano quello sprazzo di terreno. «Immagino che da qui in poi dovremo dividerci... ma non dovete venirci a cercare per nessuna ragione»

Helia annuì. «Fate attenzione. Noi vi aspetteremo» disse, guardando la fata della natura negli occhi. Era tutto ciò che poteva fare. «Andiamo?» aggiunse, rivolto alla sorella.

Vera, dal canto suo, pensava ancora si trattasse di una pessima idea; e, alla fine, era proprio colpa sua se il fratello l'aveva avuta.

Se lei non avesse mai accennato a quella matricola o avesse mentito dicendo che era morta allora, probabilmente, non sarebbero andati a cacciarsi in quel guaio. Certo, grazie a lei Musa, Maria e quelli con loro sarebbero stati salvati, ma...

«Stai ancora rimuginando su tutta la vicenda, Vera?» le domandò Helia, ad un certo punto. Si erano già incamminati verso il punto da cui provenivano schiamazzi di ogni tipo: il paese che sorgeva sulla palude. «Se è davvero un problema, per te, non venire. Me la caverò anche da solo»

«Tu non capisci, Helia» scosse la testa, continuando a camminare.

«Aiutami a farlo, allora» quasi la implorò, in un sussurro. Aspettò che lei dicesse qualcosa ma, come si aspettava, non si spiegò oltre.

Vera non avrebbe saputo fornirgli alcun tipo d'informazione. Solo la matricola avrebbe potuto, e il caso volle che si trovasse proprio davanti ad una bancarella che vendeva rane.

La ragazza riconobbe subito il giovane; e così fece lui, balzando di sorpresa ed orrore quando vide spuntare dietro la Specialista quel fratello così simile a lei che aveva perseguitato quel poveretto nei sogni.

Li accolse in casa propria, come fossero dei vecchi amici che non vedeva da tanto.

Mon, questo il nome del ragazzo, era esattamente come la nipote di Saladin lo ricordava. Piccolo e asciutto, una lepre pronta a scappare dal suo predatore; nelle sue memorie era un sempliciotto, un po' goffo, uno che guardava con stupore qualsiasi cosa, perfino la più banale.

Non era molto sveglio, ma aveva la risata facile e la pessima o ottima abitudine di non prendere mai le cose troppo sul serio. Ciò che aveva combinato gli era servito di lezione; una dura batosta che si poteva benissimo leggere in quella sua aria colpevole che aveva assunto non appena li aveva visti.

Ad Helia, invece, quel volto non diceva quasi nulla. Sì, sapeva di averlo già visto e i racconti di lei suggerivano che in passato Mon dovesse essere stato abbastanza vicino a lui o a Levi da conoscere il loro segreto e tradirlo miseramente.

Ma, oltre a quello, forse era un bene che non avesse memoria di altro. Avrebbe corso il rischio di dare di matto, altrimenti.

«Allora... come... come state?» iniziò, non sapendo cosa dire. Porse loro un sospetto intruglio che assomigliava al tè. «Bevetelo, vi piacerà»

«Come sappiamo che non cercherai di avvelenarci, Mon?» rise Vera, sarcastica. L'altro abbassò il capo, ingoiando tutto ciò che forse avrebbe detto per smorzare la tensione.

Helia fulminò la sorella con lo sguardo. Non era certo in quel modo che avrebbe vuotato il sacco.

«Ti ringraziamo, ma non abbiamo molto tempo» fece, conciliante. «Puoi ben immaginare il motivo per cui siamo qui»

Mon annuì, lasciandosi pesantemente cadere su una sedia ingrigita.

Era arrivato il momento di chiedere perdono per essere stato uno sprovveduto, per aver venduto la fiducia di un amico ad uno sconosciuto che aveva un'aria affascinante e che gli aveva promesso le più grandi cose.

Si scusò più volte, raccontando di quel tipo un po' strano che aveva conosciuto tanto tempo prima, uno diverso, che aveva carisma e belle parole. Descrisse la modalità del tradimento all'incirca allo stesso modo con cui l'aveva descritta Vera, infarcendo però il tutto di “perdonami” e di singhiozzi.

Sembrava una persona buona, Mon, uno che, tutto sommato, sapeva mantenere i segreti. Ma si era lasciato abbagliare, aveva inseguito una chimera che aveva visto in lui la preda, l'infiltrato perfetto.

Alla fine, quella lepre non era stata in grado di scappare ed erano bastati l'alcool e le moine a farlo parlare e condannare così Levi. Ora Helia ricordava qualcosa di più.

Era stato proprio Levi, a presentarglielo, a presentargli quello svampitello dall'aria simpatica che chiacchierava fino allo sfinimento. Sì, le tessere del puzzle andavano ad incastrarsi, ma ne mancavano ancora alcune.

Alla fine, ebbe l'impressione di aver solo fatto un grosso buco nell'acqua. Quella conversazione era stata soltanto una perdita di tempo.

Aveva davvero sperato che parlando con un'altra persona sarebbe riuscito a sapere per quale ragione stentasse a ricordare Vera? Doveva essere proprio uno sciocco.

Sapeva perfettamente che solo guardando dentro se stesso avrebbe trovato una risposta; proprio come aveva fatto Bloom. Provò una rabbia matta nei propri confronti, chiedendosi perché fosse stato così stupido.

Quante volte glielo avevano ripetuto? Era impulsivo, e ora ne aveva la conferma.

Era prigioniero della propria mente e non riusciva a liberarsi; forse in fondo non lo voleva... era molto più comodo, così, no? Era più comodo crogiolarsi in quel brodo di autocommiserazione.

Ma, per quanto fosse piacevole e gratificante accusarsi, questo non avrebbe risolto il problema.


 


Noticine:

Le cose si mettono male, per i nostri eroi. Sta a Bloom e compagnia bella, tirarli fuori di lì e scoprire per quale malsana ragione una ragazza tenga in casa il cadavere della propria mammina. Sì, il rating giallo è dovuto principalmente a questo particolare, che potrebbe turbare chi legge così come suscitare indifferenza.

Helia invece non ha nessuno che possa salvarlo, nemmeno il povero Mon.

Che altro dire? Ringrazio tutti tuttissimi per il sostegno che mi concedete ogni volta; questa sera risponderò a ciascuna buon'anima!

Il prossimo appuntamento è sabato prossimo, ciao!

TheSeventhHeaven

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Winx / Vai alla pagina dell'autore: Applepagly