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Autore: Applepagly    20/08/2016    3 recensioni
Alla ricerca di se stessa, per qualcosa che ha perduto: per Bloom il fuoco, e per le altre?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brandon, Helia, Nuovo personaggio, Winx
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Merry-go-round'
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Terza parte – Verità?

 

 

  Si chiedeva cosa ne fosse dei loro compagni d'avventura.

Erano trascorse delle ore, non si erano ancora fatti vivi e la cosa non faceva altro che aumentare l'angoscia che provava Helia. Già la consapevolezza di essersi catapultato lì inutilmente lo seccava; se poi aggiungeva l'idea di aver abbandonato coloro che lo avevano seguito nella sua stupida missione...

«Credi che dovremmo andare a controllare?» domandò alla sorella, alzandosi di scatto dal tronco falciato di un albero su cui si era seduto.

Vera scosse la testa. «Ricordi le parole di Flora? Non dobbiamo intervenire» fece presente, nonostante l'ansia logorasse anche lei. «Sono sicura che riusciranno a cavarsela. Sono tutte estremamente in gamba... anche Timmy»

Lui cercò di convincersi dello stesso. Non doveva pensarsi, non doveva.

«Che cosa pensi di Flora?» domandò allora, giusto per cambiare argomento.

La ragazza sbatté le palpebre, come a volersi accertare di aver sentito bene; poi rise. Poteva aver perso la memoria per un anno intero, ma era ovvio che il cuore di suo fratello ricordasse ancora molto bene ciò che gli aveva dato pensiero per tutta un'infanzia.

«Mi ha salvato la vita e tu sei innamorato di lei» disse, dopo un po'. «Questo mi basta»

Innamorato...

Era davvero così? Era davvero innamorato di lei?

Forse una volta, quando era piccolo. Ma non poteva definirlo amore, quanto più un'infatuazione; e adesso cosa provava? In che genere di rapporti erano, loro due?

Definire... è proprio necessario farlo?

Flora era la sua luce. Non avrebbe potuto considerarla in altro modo.

Perfino nel senso letterale dell'espressione, il bocciolo che brillava nella lanterna di vetro lo aveva incantato lei; era stata lei, sin dagli inizi, ad illuminare il suo sentiero. Era l'unica certezza in un mondo di dubbi.

Si volse a guardare Vera, che intanto aveva preso a trafficare con il mantello della sua tuta da Specialista. Non si era mai soffermato troppo ad osservarla ma tutto, in lei, diceva che erano fratelli. Perfino le loro movenze erano simili; eppure, quella che poteva essere facilmente scambiata per una gemella era la persona che gli diceva di meno.

Ormai si era rassegnato all'idea che non avrebbe mai saputo spiegarselo; e così aveva fatto anche lei. Helia avrebbe sempre conservato solo un vago ricordo di ciò che aveva condiviso con sua sorella, non lo avrebbe mai più riconosciuto come proprio.

Però...

«Ascolta, Helia»

Non importa se non saremo più come prima.

«Anche se non ti ricorderai mai di me del tutto, non fa nulla» iniziò. «Nemmeno io so spiegarmi il motivo, ma...»

Non importa se non ti ricorderai delle giornate nel grande bosco della città, a giocare con gli animali; o dei pomeriggi passati a fingere di essere tu uno Specialista ed io una fata in missione, i pomeriggi che finivano sempre con le nostre fantasticherie su come sarebbe stata la vita da studenti...

«...So che non m'importa. Vorrei soltanto poterti stare comunque vicino» ammise, sorridendo. «Vorrei che avessimo dei nuovi ricordi, insieme»

Alla fine contava quello, solo quello. Contava avere di nuovo qualcosa per cui valesse la pena di arrivare vecchi, un giorno, a parlare dei bei vecchi tempi e di tutte le sciocchezze che avevano combinato da giovani.

Tutto ciò che riuscì a fare in risposta fu ricambiare il sorriso, perché nella sua ricerca aveva perso di vista il suo vero obiettivo: quello di ricordare di aver avuto qualcuno che lo amasse, che non lo lasciasse solo.

Ma ne aveva la prova ora, no? Lui non era più solo.

 

*

 

Nel silenzio più nero, a tratti interrotto dai respiri addormentati dei suoi compagni, Tecna era sveglia e aspettava. Di lì a poco sarebbero arrivati gli altri; era solo questione di avere pazienza e fiducia in loro.

Aspettava, mentendo a se stessa e cercando di convincersi di non essere nel panico. Perché lei non poteva, era nata e cresciuta con la convinzione che una mente fredda e calcolatrice potesse adattarsi a qualsiasi situazione e risolverla.

Si chiedeva, adesso, che fine avessero fatto quei principi che aveva rincorso per sedici anni di vita. Era stata stupida a lasciarsi andare all'emotività, in quei giorni, perché l'aveva terribilmente segnata.

Ammettere prima a se stessa e poi agli altri di nutrire qualcosa che andasse fuori dagli schemi l'aveva spossata, le aveva dato l'impressione che non fosse poi così male aprire il proprio cuore. Per quel che le importava, il proprio cuore avrebbe anche potuto marcire lì dov'era.

Le aveva solo causato problemi, portandola a commettere un errore dietro l'altro. In fondo, non era forse colpa della sua emotività, se Faragonda stessa aveva sbagliato e li aveva mandati a morire?

La strega aveva avuto ragione anche su di lei, su di loro, sul fatto che non fossero mai capaci di prendersi le proprie responsabilità e che si nascondessero ugualmente dietro a delle stupide scuse.

Ma ormai non aveva più importanza. Forse, i rinforzi non sarebbero mai arrivati o non sarebbero intervenuti in tempo. Tecna sarebbe morta lì, arrancando in assenza di ossigeno.

«Sei sveglia?»

Arrancando in presenza di Brandon.

Brandon era seduto accanto a lei. Fino a quel momento, aveva dormito così, con la testa che ciondolava da un lato e le spalle che sfioravano le sue, alla ricerca di calore.

Doveva essersi mossa troppo bruscamente ed averlo fatto rinsavire. «Dormi» bisbigliò lei.

Lui mugugnò. «Non se non lo fai anche tu»

Quanto sei sciocco...

«Qualcuno dovrà pur stare di guardia» fece, sbuffando appena. Ma l'altro non ne volle sapere; perché forse poteva mentire a se stessa, ma non a lui.

Stropicciò gli occhi, tirandosi qualche schiaffo per ridestarsi del tutto. Mise bene a fuoco l'immagine della fata al suo fianco. «C'è qualcosa... che ti frulla nella testa» sussurrò, cercando lo sguardo di lei che, ovviamente, tentò di sfuggirgli. «E non solo adesso. Già da un po', tu... sei diversa.»

Sgranò gli occhi, perché aveva maledettamente ragione: era diversa. Era cambiata, e questo per colpa sua e di Timmy. «Eviti la compagnia, le tue amiche e... so di non contare nulla, per te; ma eviti anche me» continuò.

Oh, Brandon... non è vero che non conti nulla...

«Non so se io abbia fatto qualcosa che può averti dato fastidio oppure... beh, urtata. Ma qualsiasi cosa sia-»

L'unica cosa che mi ha urtata è il fatto che tu ami Stella e che, in ogni caso, tu sia così facilmente apprezzabile; mentre io...

«Brandon»

«Qualsiasi cosa sia, vorrei che tu mi perdonassi. Non voglio che mi odi»

Non potrei farlo, anche se tu non proverai mai quello che io provo per te.

«Tu non hai fatto nulla di male. La colpa è solo mia» disse quindi, per farlo smettere di sparare parole che avrebbero sfondato le barriere che faticosamente cercava di erigere in difesa del suo cuore. «Ma mi passerà e col tempo... me ne farò una ragione»

Anche se sarà difficile e starò male ogni volta che scorgerò la felicità tra i tuoi occhi e quelli di Stella.

«Che cosa vuoi dire, Tecna?»

Si può provare qualcosa di così grande per qualcuno di totalmente diverso? Si può provare qualcosa di così grande per qualcuno che non lo prova per te? Perché non ti sei limitato ad essere mio amico, Brandon? Dovevi per forza portarti via un pezzo più grosso, di me?

«Il fatto è che-»

Un rumore sordo fece tremare violentemente le pareti di cristallo. Musa, Riven e Maria si svegliarono di soprassalto, spaventati.

L'eco si ripeté svariate volte, facendosi sempre più vicina. Rimbombava ora nel muro, ora nelle loro ossa, mandando all'istinto dei forti segnali che presagivano una grande minaccia o una grande fortuna.

Per una volta, la sorte sembrò sorridere ai cinque prigionieri.

Tre voci risuonarono all'unisono, costituendone una sola: un profondo boato e poi tanto calore, come se tutti fossero vicini ad un camino. Il ghiaccio che intrappolava i ragazzi si sciolse, esplose, andando in mille pezzi.

Svolazzò per tutto lo spazio come avrebbero fatto centinaia di candidi coriandoli, che facevano da sfondo al sorriso di Stella, Flora e Bloom. Ancora con le mani giunte, le tre fate erano quasi incredule di fronte al fatto di essere riuscite a combinare i propri poteri in quel modo.

«Sono arrivati i rinforzi!» trillò la bionda, volando dal suo amato. «E che rinforzi!»

Brandon sorrise, felice. Tutto sommato, la situazione era abbastanza comica e... beh, alla fine era la principessa, a salvare il suo eroe; che non era un principe, ma per Stella valeva allo stesso modo.

«State tutti bene?» domandò Bloom, preoccupata. Tutti loro... avevano corso dei rischi solo per lei.

E lei? Aveva mai fatto qualcosa di concreto, per i suoi amici?

Dove sarei, adesso, senza di loro?

Ricordò il giorno in cui Sky era morto, il giorno in cui aveva maturato la decisione di cavarsela da sola, senza mettere in pericolo più nessuno all'infuori di se stessa. Quanto era stata stupida?

All'improvviso, realizzò di non potercela fare, contando solo sulle proprie forze. Era stato sciocco credere il contrario e adesso, che rischiava di perdere quelle persone a cui si era tanto affezionata e che, a loro volta, si erano affezionate a lei... beh, adesso aveva compreso di aver bisogno di ciascuno.

Aveva bisogno delle sue amiche, anche dei litigi e dei disaccordi che ogni tanto sorgevano; aveva bisogno perfino di quei tre ragazzi a cui non era poi così legata e che, nonostante questo, avevano fatto molto, per lei.

E quella ragazza, Maria. Le doveva più di quanto sembrasse.

Eppure è diversa... sembra distrutta.

Che cosa era successo?

«Qual è il piano, adesso?» chiese Musa, affacciandosi sul corridoio da cui erano arrivate le sue amiche e Timmy. Dieci strade diverse si snodavano nel diamante, provocandole un senso di vertigine. «Come fuggiamo?»

«Non lo farete» forse, la sorte non era poi così favorevole.

Due delle Trix erano apparse dietro i nuovi venuti, sbarrando loro il passo. Stormy sfoggiava un ghigno di scherno, il ghigno della vittoria che avrebbe conseguito sventando quel tentativo di evasione; con lei c'era Darcy, ma non partecipava a quell'attacco di ilarità, tenendo il capo chino. Riven chiamò il suo nome, ma lei non lo degnò di uno sguardo.

«Darcy, devi aiutarci» esclamò Musa, pronunciando a fatica quelle parole. Stava davvero chiedendo l'aiuto della sua miglior nemica? «Sei tu che ci hai spinte fino a questo punto»

La minore le lanciò un'occhiata indagatrice. «Che significa?» tuonò, fulminando con lo sguardo dapprima la sudicia fatina che aveva osato fiatare, e poi la sorella. «Che cosa sta farneticando? Darcy?»

«Darcy, c'è una stanza segreta, qui» fece Tecna, senza prestare attenzione agli schiamazzi di Stormy. «Icy vi conserva il corpo di... di vostra madre. Ne sai niente?»

La strega parve sconvolta, mentre l'altra dava ancora in escandescenza. «Come osi insinuare una cosa del genere, sciocca ragazzina? Voglio sapere che cosa sta succedendo qui! Voglio delle spiegazioni!»

«Non è facile dartele, Stormy. Non capiresti, se ti spiegassi ciò che ho fatto» finalmente, la signora dell'oscurità si decise a parlare. La sorella non si accontentò di quella massima, ma lei cercò di ignorarla. C'erano cose più importanti di cui discutere. «Hai detto... tu hai parlato di mia madre»

La fata annuì. Insieme agli altri, spiegò ciò che avevano visto; anche se era difficile non badare a Stormy e alle sue continue domande accompagnate da improperi.

La sorella aveva avuto ragione: non sarebbe stata in grado di comprendere le ragioni che avevano spinto una di loro a svelare il segreto di Icy. Ma, dopo il racconto di quelli che avevano considerato nemici fino a poco prima, le due streghe iniziarono a nutrire dei dubbi, nei confronti di ciò che sapevano sulla loro leader.

Aveva costruito una stanza segreta in cui aveva lasciato riposare la loro povera madre per anni senza un apparente motivo; ma sapevano bene che lei non avrebbe mai fatto nulla, se non dietro ad un'attenta macchinazione. Qualcosa non quadrava, e dovevano vederci chiaro.

«Se quel che dite è vero, allora...» rifletté Darcy. «Forse ho capito cos'ha in mente. Icy non voleva, non ha mai voluto la Fiamma del Drago per la sua malattia...»

Che cosa intendeva dire?

«Andatevene di qui» fece loro, senza aggiungere nient'altro. Prima che potessero fermarle, le due sorelle erano già alla ricerca di quel luogo di cui non avevano mai saputo nulla.

«E adesso?» mormorò Flora, frastornata. «Non possiamo andarcene così...»

«Non lo faremo. Sentite...» iniziò Tecna, alzandosi. «Siamo ancora in tempo per fare qualcosa. Potremmo tornare all'ingresso e ripercorrere lo stesso tratto che ci ha condotti in quella stanza»

«Dimentichi che ci è stata accessibile solo per volere di Icy» replicò Maria, senza interesse. Ormai...

L'altra sorrise, scuotendo la testa. Illustrò la sua idea.

Scansionando l'area sarebbero stati in grado di individuare la stanza e di accedervi grazie ai loro poteri uniti alla Fiamma del Drago, che pareva l'unica energia efficace su quel cristallo impregnato di magia. Era arrivato il momento della verità, e non se la sarebbero persa.

Come sospettavano, Icy era là. Stava in piedi, di fronte al giaciglio della madre.

Ai piedi della bara di cristallo, due corpi parevano privi di vita. Che sciocche, le sue sorelline.

La loro devozione era sempre stata encomiabile; tuttavia, non avrebbero capito e adesso ne aveva la prova. Non erano state capaci di rendersi conto di come stessero realmente le cose, e ora si ritrovava davanti il patetico tentativo di Darcy di impedirle di portare a termine i suoi piani.

La piccola Bloom e i suoi fedeli seguaci l'avevano trovata, alla fine. Poco male; avrebbe posto fine a quella storia più velocemente di quanto pensasse.

«Perché lo hai fatto, Icy?» chiese uno di quei moscerini insignificanti.

«Oh, ti riferisci alle mie care sorelle?» rise. «Se lo meritavano. Sapete, se c'è una cosa che non mi è mai piaciuta di loro, come chiunque sia venuto a conoscenza di qualcosa che mi riguarda, è che non sono riuscite ad andare oltre l'apparenza»

Si voltò, flemmatica, concedendo ai suoi nemici la possibilità di rimirare lo specchio che teneva tra le mani. Finalmente, avrebbe avuto ciò a cui mirava. Ma quei piccoli insetti non meritavano di vedere sua madre, non da viva.

Richiamò a sé tutta la potenza della Fiamma del Drago che, contrariamente a quanto si potesse credere, ben si sposava con il ghiaccio: lo tramutava in un cristallo duro e puro, eterno; il diamante.

Migliaia di schegge stavano sospese a mezz'aria, aspettando solo che la loro padrona desse il comando di colpire; uno scudo, fatto di fiamme roventi, si levò in difesa degli obiettivi. Una lotta tra freddo e caldo, blu e rosso, morte e vita; ma da sola, Bloom non poteva farcela.

Prima Tecna, poi Stella, Musa e Flora; erano con lei, le davano man forte nel tentativo di resistere. Alla fine, il diamante ebbe la meglio e, seppur indebolito, volò verso di loro. Tra graffi e tagli, Icy rideva.

«Non ho mai avuto alcuna malattia, non fisica» rivelò, dicendosi che, dopotutto, li avrebbe spediti all'altro mondo dando loro le risposte che volevano. «L'unico rimedio che avevo per guarire era il tempo; era questo che intendeva la Griffin, quando disse che la stregoneria rende possibile qualsiasi cosa. Sarebbe stata una distrazione e mi avrebbe dato tempo. Solo con il tempo, avrei maturato la consapevolezza che mia madre non potesse tornare indietro»

Ecco in cosa consisteva la malattia di Icy decantata nei ricordi fasulli di Vera. Si trattava di un'ossessione, del desiderio morboso di riportare in vita qualcuno che aveva amato e di cui si era ritrovata a fare le veci.

«All'inizio avevo capito diversamente. Ero convinta che la stregoneria conoscesse il modo per riportarla qui; ma mi sbagliavo. L'unica soluzione era quel potere che tanto tempo prima mi aveva offerto un bambino, lo stesso per cui la nostra famiglia era andata sull'orlo della pazzia; lo stesso per cui mia madre ci aveva allontanate in tutta fretta dal nostro pianeta natio» raccontò, con un tono che non aveva mai usato.

«La Fiamma del Drago» riprese. «L'energia più potente dell'universo che ne ha permesso la creazione. In essa tutto nasce e tutto muore; per questo possiede dei poteri curativi inauditi. Alla fine, era la sola via per raggiungere i miei scopi, ma non bastava»

Ora era tutto chiaro.

Il talismano avrebbe amplificato il potere del fuoco affinché rimarginasse un corpo deceduto a tal punto da riportarlo alla vita. Non c'era mai stata alcuna brama di potere, non subito.

All'inizio si era trattato solo di quello, solo del desiderio di vedere e sentire di nuovo qualcuno che non c'era più. Era un desiderio umano, qualcosa che tutti loro avevano provato, almeno una volta.

La cosa era poi sfuggita di mano, ad Icy, finendo per portare alla distruzione di una dimensione; eppure, in parte, ciò che aveva fatto aveva qualcosa di incredibilmente buono.

«Darcy ha pensato che, mostrandovi ciò che sapeva, sareste riusciti a dissuadermi, che mi avreste aiutata voi stessi... quante idiozie»

Prima che potesse muoversi, Bloom fu irradiata dalle scintille che ciascuna delle cinque superfici riflettenti emise; caldi raggi che fecero bruciare il suo potere ancora di più. «Era proprio questo, che volevo!» esclamò la strega, sollevando in aria il talismano, che ancora vibrava per la forte energia che aveva appena ricevuto.

La vera Fiamma del Drago rispondeva all'elaborata tecnologia zenithiana.

La stanza risplendeva, animata da una luce immensa e spettacolare, che ognuno dei presenti sentì per un attimo parte di sé. I loro cuori risuonavano, si rianimavano a contatto con un pezzo di anima che avevano tutti in comune; e così faceva anche il corpo assiderato di quella splendida donna che dormiva di un sonno forse non più eterno.

Lo stato di ibernazione in cui Icy l'aveva confinata svanì rapidamente, e altrettanto rapidamente lasciò spazio ad un tepore che diede sempre più candore alla pelle della madre.

I suoi tratti si ravvivavano, le articolazioni si snodavano e gli occhi si riaprivano. Il ghiaccio e l'ambra vi si fondevano, creando un colore che racchiudeva quelli delle tre figlie.

Riprese a respirare, ma ebbe giusto il tempo di mettersi a sedere; perché qualcosa di orribile mise fine per sempre all'utopia di colei che l'aveva concepita.

La donna s'irrigidì di nuovo, di colpo; spalancò la bocca, ma non provenne alcun lamento da quelle labbra che avevano rivisto la morbidezza per poco.

La figura di quella strega ormai morente si contraeva in mille forme, ingrigendo sempre più, come un vecchio legno o del pane stantio. In un battito di ciglia, di lei rimase solo polvere bianca come la neve.

I vetri dello specchio andarono in mille pezzi ed un urlo straziato squarciò i ragazzi ancor di più, se possibile. Icy non ce l'aveva fatta.

Avrebbero tutti dovuto esultare, festeggiare e fare i salti di gioia. Ma l'unica cosa che riuscivano a provare era un gran vuoto nel cuore; perché quel gesto folle, quell'atto di amore incondizionato, aveva ricordato loro per l'ultima volta che coloro che li avevano lasciati non sarebbero più tornati.

«Icy...» sussurrò Bloom, andando ad inginocchiarsi accanto a lei. Sapeva di star correndo un grosso rischio, perché non sapeva come avrebbe potuto reagire; ma non aveva alcuna importanza. «Icy, so quel che provi»

«Non lo sai» replicò subito, dura.

La fata sorrise, amaramente. «Nemmeno io ho potuto avere con me alcune delle persone che amavo, o che avrei potuto amare» disse. «Ed è orribile, è ingiusto. Riesci a capire quanto qualcuno fosse effettivamente importante per te solo quando lo perdi»

«Ma» riprese dopo un po', intuendo di essere sulla strada giusta. «Allo stesso tempo, devi ricordarti di chi è ancora con te. Perché è vero, i morti non possono tornare, non appartengono più a questo mondo; però...» si voltò, a guardare prima le sorelle della strega e poi i suoi amici.

I suoi amici, che sarebbero sempre stati con lei.

«...Tu non sei sola, Icy. Ricordalo sempre»

 

 


Noticine:

Lo so, in questa storia Icy, come il resto della famiglia, è molto più sentimentale di come appare nel cartone.

O meglio, in apparenza non lo è; ma sotto sotto soffre per la perdita di sua madre più di quanto facciano le sorelle perché, comunque, lei era la maggiore, ricordava più cose e si è ritrovata all'improvviso a doverne fare le veci. Non so... spero non sia sembrato troppo OOC ma, in tal caso, ditelo e provvederò ad inserire l'avvertimento.

Comunque, ho dovuto pubblicare già anche gli ultimi due capitoli per il semplice fatto che, purtroppo, da domani il computer sarà inagibile e l'unico mezzo per accedere ad EFP sarà il cellulare. Insomma, diciamo che la storia si è conclusa prima del previsto, ma è stato comunque divertente.

Appuntamento a... tra poco, in effetti!

TheSeventhHeaven

 

  
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