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Autore: Lux Nox    22/09/2016    1 recensioni
"Ora che hai versato le tue lacrime di sangue, rincorrerai la morte."
Kamiko Kuran è stata un ninja, una figlia e un'amica. Kamiko aveva amato il sorriso di Shisui, stare con lui, divertirsi assieme a lui. Kamiko aveva amato anche Itachi, ma in modo più sincero, più come un buon amico, finché non era scoccata la scintilla. Ma quella stessa scintilla si era tramutata in odio, quando aveva perso tutto in una sola notte.
Itachi Uchiha prima di sparire, si è lasciato dietro una scia di vittime e un fratello orfano. Itachi era il genio, colui da superare, ma adesso il suo obbiettivo da uccidere.
E da guarire.
Tra passato, presente e futuro. Due amici, nemici e amanti, orgogliosi, scriveranno la loro storia, ferendosi a vicenda, squarciandosi la propria pelle e salvandosi dall'inferno.
Chissà, magari c'è per tutti una seconda possibilità per redimersi.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio, Shisui Uchiha, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Prima dell'inizio, Naruto Shippuuden
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La sua ombra come un mantello
 
-Qual è il tuo sogno, Kamiko?- le chiese Shisui quando lei aveva dodici anni.
Kamiko guardò da lontano Itachi allenarsi e rispose prontamente:-Superarvi. Essere la prima donna Hogake. Non dover più vedere morti in una guerra.-
Anche Shisui stava osservando Itachi e poi si girò verso di lei. –Ma non tutti sono d’accordo sull’ultimo punto.-
-Lo sarebbero se mostrassimo al mondo che si può vivere in pace.- disse convinta, guardandolo negli occhi. Shisui aveva gli occhi del colore del carbone, come quelli di Itachi, ma più grandi e meno severi.
Era il più grande tra loro tre ed era anche quello che aveva maggiori responsabilità, ma non aveva neinte da invidiare a Itachi, che era un genio nato o a lei che arrancava a mandare avanti la sua vita a pezzi.
-Ma te lo immagini un mondo pacifico?- Kamiko  rise a bassa voce.- Che idea folle che ho, si scannerebbero tutti per un non nulla.-
-Kamiko-chan, non tutti gli umani sono bestie.- commentò Shisui, distogliendo gli occhi da quelli di lei, troppo ingenui per comprendere la crudeltà, riportandogli su Itachi. -Guarda lui invece, potrebbe essere il futuro.-
Kamiko sorrise dolcemente. – Anche tu, Shisui-san.-
Il ragazzo rise di gusto. -Secondo te chi è il più forte, io o lui?-  
Kamiko arrossì, presa in contro piede, e balbettò dalla timidezza un “io” facendo ridere il ragazzo di gusto. Imbarazzata come non mai, gli diede dello pallone gonfiato e corse verso Itachi per allenarsi, senza rispondere alla domanda di Shisui. Ma nel profondo conosceva meglio di chiunque la risposta, ma non aveva intenzione di scoprirlo o rivelarlo ad anima viva.
Kami celesti, aveva dodici anni e una cotta era pur sempre un cotta.”
 
-Ahia.-
-Non ti lamentare, ti avevo detto di non intrometterti.- la rimproverò Kamiko, legandole la benda in modo troppo brusco.
Cho le fece la linguaccia, per poi tornare seria.
-A proposito, Kami-chan, perché l’hai lasciato andare? Con cosa la paghi Aoi-san?-
Kamiko le applicò la pomata sulla fronte e la ragazza gemette da dolore.
-Fatti gli affari tuoi. Di sicuro troverò un modo per pagare quella vecchia cornacchia.- sospirò la rossiccia, che il solo pensiero di doverla subire la metteva in agitazione.
Perché aveva risparmiato Xorra e perso tanti soldi?
“Non ne vale la pena.” Ci rifletté su. C’era di meglio in giro che meritava la sua attenzione e un ladruncolo traditore non faceva al caso suo.
-Sei diventata troppo sensibile ultimamente? Hai il ciclo? Sei incinta?- la tempestò di domande Cho che si beccò solo un pugno in testa e altro dolore gratuito.
Aveva una famiglia da cui ritornare. E chi era lei a decidere della sorte altrui?
Che si guardasse le spalle da un altro cacciatore di taglie, che diversamente da lei, sarebbe stato senza scrupoli. La cosa migliore era che si mettesse la testa a posto.
-Non so cosa mi è venuto in mente da farti da mentore? Su su, stai meglio adesso, dobbiamo partire se vogliamo raggiungere la pensione per sera.-
Kamiko cambiò gli abiti sporchi di sangue e li infilò nella borsa, davanti agli occhi di Cho che si grattava le ferite doloranti.
-Sono stati i soldi.- sussurrò la ragazzina ironicamente.
-Ti sento benissimo!- le disse Kamiko, intanto che si infilava una canotta e pantaloni aderenti, esclusivamente neri. Infine, indossò anche i guanti e si legò i capelli in una coda bassa.
-Siamo in una foresta, potrebbe spiarti chiunque! Non ti vergogni minimamente a mettere le tue grazie in mostra? Che razza di persona sei?-
-Una sana di mente, che perderà la pazienza facilmente se non la smetti di punzecchiarla.- le rispose infastidita, girandosi verso la direzione di Cho e le fece cenno di alzarsi.
-Mi fa male ancora il sedere, per tua informazione. Perché non mi hai guarita completamente?- le chiese curiosa l’altra.- Hai fermato il sangue di quel tale in pochi secondi, e per la tua povera allieva non fai nessuno sforzo.-
Kamiko sospirò.- Non sprecherò la mia energia per delle ferite superficiali che guariranno da sole, sono stanca. Forza, andiamo.-
Cho raccolse le sue cose da terra e fece delle smorfie di disappunto, ma non commentò ulteriormente durante il viaggio per il Paese dell’Erba.
Kamiko si rese conto di aver perso il controllo e di brutto. Non le accadeva da tempo, e il fattore scatenante era stato l’odore del sangue. Si era controllata al meglio in situazioni peggiori, anche quando aveva combattuto contro una forza portante e aveva dovuto usare tutte le proprie risorse al massimo. Maneggiava con cura il Kochou e lo usava altrettanto raramente, perché le sue proprietà erano pericolose e ancora sconosciute anche per lei. Era come un bambino che doveva imparare a scrivere, le era tutto difficile.
Le basi del Kochou erano semplici: toccando un soggetto poteva bloccare il suo chakra, ergo anche i suoi movimenti, e creare attacchi distruttivi capaci di frenare il flusso di energia che circondava un essere vivente. Ma il Kochou modificava, rubava e manipolava il chakra a proprio piacimento, sostituendolo con qualcos'altro. Inoltre, aveva scoperto degli ottimi trucchi per autorigenerarsi le ferite e quelle degli altri, un po' come facevano i medici, ma in maniera più potente. C'entrava il fatto che rubando troppa energia, era in sovraccarico, e per dissiparlo doveva in qualche modo rigettarlo nell'ambiente o in altri corpi, e le possibilità di riuscita erano un 50/50. Il Kochou era simile al Byagukan, funzionava efficacemente con il contatto, e ma con la distanza agiva per vie differenti. 
Aoi le stava aspettando fuori dalla pensione, inquietata e cerea in volto. Come se ci fosse una minaccia dentro la pensione.
La vecchia cornacchia, con la faccia rotonda, i capelli grigi corti e con il suo inseparabile kimono fucsia, si lisciava le maniche dall’ansia.
Kamiko entrò in modalità allerta e d’istinto, portò la mano sulla katana.
-Stai fuori, Cho.- le consigliò con il volto impassibile. Cho non si mise a protestare, capendo immediatamente i pensieri del suo mentore, e annuì, rimanendo indietro.
Erano le tre di notte e i vicoli del villaggio erano semivuoti, con qualche 
ninja di pattuglia o passante ubriaco che tornava a casa, che la salutavano come  se fosse una vecchia amica.
-Perché non c’è nessuno?- chiese, sbirciando con la coda dell’occhio l’entrata di legno della pensione.
Aoi le indicò la pensione. –Hanno prenotato tutte le camere, anche la tua. –
-Quindi, sono senza un tetto sopra la testa?- 
Aoi scosse la testa nervosamente. 
Kamiko alzò un sopracciglio dubbiosa, perché stranamente sentiva puzza di bruciato.  Aoi, avida di natura, in condizioni normali le avrebbe chiesto i suoi soldi, e avrebbe sbuffato solamente. Ma sbatterla davvero fuori dalla pensione, non l'avrebbe mai fatto. Takane, il figlio di  Aoi, che flirtava con lei ogni secondo, non le avrebbe mai permesso di andarsene. 
-Cosa mia nascondi Aoi-san? Dov'è Takane-kun?- chiese sospettosa. 
Aoi deglutì e le fece un sorriso di scuse. – Mi dispiace tanto, Kami-chan. Mi hanno chiesto se ci fosse qualcuno di interessante qui e mi è sfuggito il tuo nome.-
Kamiko strinse l’elsa della katana, sperando che la sua sensazione fosse sbagliata, ma conoscendo l'ingordigia di Aoi per il denaro, non si sbagliava.
-Ti cercano.- le disse Aoi, abbassando gli occhi per terra, colpevole di averla tradita.
Kamiko sentì un brivido famigliare salirle lungo la schiena e non era per niente nulla di buono, soprattutto se non sapeva chi la stava cercando.
L’ignoto non le era mai piaciuto, le sapeva di stretto, di buio, di non ritorno. Di paura.
E la paura faceva soltanto danni.
La paura generava la guerra.
E la guerra portava morti. Tra i quali c’erano innocenti come figli, madri e padri. E creava assassini.
Gli shinobi non erano altro che arme umane pronte a mietere vittime, qualsiasi fosse il loro grado; genin, chunin, jonin o anbu.
-Entra, ti prego, ti aspettano dal pomeriggio e uno di loro è molto impaziente. Potrebbe decidere di radere al suolo la pensione.- la supplicò Aoi disperata.
La prima cosa egoista che Kamiko pensò, era quello di lasciarla al suo destino, ma la curiosità ebbe la meglio, e così, fece il suo ingresso nella pensione buia e fredda. Aoi aveva persino spento la luce sotto la gentile richiesta del cliente, lasciandola completamente nell’oscurità. I suoi occhi dovettero abituarsi gradualmente al buio, e cominciò a distinguere le sagome degli oggetti nel pianterreno, tra cui sedie e tavoli vuoti, il bancone della reception e le figure di due uomini in lontananza.
Lunghe tuniche dall’alto colletto, con il tipico cappello di paglia da viaggiatori, sedevano in fondo alla stanza, di uno di loro poteva intravedere una lunga spada e dell’altro… niente.
Erano composti, immobili.
La attendevano, e chissà per qualche ragione sconosciuta.
-Voi chi siete?-
Sarebbe stato cortese presentarsi, salutare, ma erano tempi di guerra e la vecchia Kamiko era andata a farsi benedire. A ventun anni, la nuova Kamiko si era creata una certa reputazione con il soprannome di “La cacciatrice di orchidee”, e molti la cercavano per i suoi servigi rapidi e puliti, ma l’intento della ragazza era sempre migliorare. Migliorare. Primeggiare.
Uccidere. Ucciderlo.
-Avete chiesto di me? Se no, non fatemi perdere tempo prezioso.-
Non aveva un posto da cui tornare e il denaro non le bastava per prenotare un'altra camera con due letti. C'era anche Cho da sfamare, ma per pochi giorni avrebbe chiesto qualche favore.  
L’uomo alto rise a squarciagola.- Ha fegato la tua ragazza.-
Kamiko gli lanciò un’occhiataccia, e forse non fu l’unica presente nella stanza a farlo.
Li conosceva? Erano stati suoi clienti? 
Avanzò ancora, almeno per capire chi fosse il suo nemico, ma allo stesso tempo lo considerava anche una mossa sciocca da parte sua.
-Togli la mano dalla katana, ragazzina, non saresti mai in grado di sconfiggerci entrambi.- l’uomo si issò in piedi, mostrando in pieno la sua altezza di quasi due metri pieni. In confronto il metro e settanta di Kamiko era polvere di fronte a lui.
L’altro lo fermò poggiandogli una mano sulla spalla.
-Sei sicuro di farcela nelle tue condizioni?-
L’altro lo superò e il suo passo suonò famigliare alle orecchie di Kamiko, ma che non seppe indentificarlo. Era qualcuno del suo passato, ma chi?
L’oscurità non giocava a suo favore, era come se fosse cieca.
Lui si avvicinò e Kamiko glielo lasciò fare, ma tenendosi sempre pronta per un eventuale attacco. Si ritrovarono a mezzo metro di distanza. Uno di fronte all’altro.
La sensazione di famigliarità divenne disagio. Un pugno nello stomaco.
-Ti ho mai incontrato prima?- domandò spontaneamente la ragazza.
Lui scosse lentamente la testa, negando.
-Cosa volete esattamente da me, se nemmeno ci conosciamo?-
-Devi guarirlo, almeno rallentare la sua malattia.- rispose al posto dell’uomo di fronte a sé, il gigante burbero. –Pagheremo in monete d’oro.-
-Sei malato? Dove?- le sembrava che fosse in piena forma, con gli arti al proprio posto. Ma le malattie erano insidiose, diffondevano il loro germe minuscolo nel corpo e ci covavano per partorire e mangiare. Erano come la guerra, un altro spietato nemico.
Kaede era morta a causa di una malattia, il Kochou l’aveva uccisa, aveva rubato troppo dagli altri. E con quel troppo la sua mente aveva ceduto.
Lui portò un mano lentamente sugli occhi, e Kamiko smise di respirare.
Il suo gesto…
-Quanto mi pagate?- chiese per distogliere il pensiero lo sguardo da lui e dirigerlo verso l’altro. Forse era anche muto l’uomo.
-Molto.- le rispose il gigante.- Ma ad una condizione. –

Ecco qua un altro capitolo, spero che vi piaccia :)
 
   
 
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