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Autore: Kodamy    08/05/2009    2 recensioni
« Il vento soffia da Nord, una leggera brezza.
… Si dice che porti via con sé tutti i colori del mondo.
Noi l’abbiamo visto cosa fa, il signor Vento.
E dietro di sé, signor Esorcista, lascia soltanto cuori sbiaditi.
State attenti.
State attenti alla ‘maladie du sommeil’. »
[Allen] [Lenalee] [Lavi] [Kanda][accenni AllenLenalee]
Genere: Malinconico, Mistero, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Rabi/Lavi, Yu Kanda | Coppie: Allen/Lenalee
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Michelle guardava sua mamma sbucciare le mele con sguardo assente

Michelle guardava sua mamma sbucciare le mele con sguardo assente.
Erano sedute al tavolo, loro due, in perfetto silenzio.
Un grigio, pesante silenzio che incombeva sulla stanza decorata di fresco, e sul mazzo di fiori a centrotavola.
Quel bellissimo mazzo di fiori che la signora Dubois aveva regalato, appena colti dal suo giardino.
La mamma aveva avuto uno sguardo luminoso, mentre ringraziava la signora Dubois.
Aveva riso, estasiata da quei bei colori.
”Sono cosmee?” aveva chiesto.
La mamma stava sbucciando le mele, ora.
Sbucciava le mele e guardava, con occhi spenti, quel mazzo di fiori che l’aveva entusiasmata come una bambina.
Michelle voleva davvero chiederle di sbucciare le mele a forma di coniglietto, come faceva quando era più piccola.
Stava per chiederlo – un po’ timorosa – quando sua mamma lasciò cadere il coltello nel piatto finemente decorato.
”Sono stanca…” mormorò la donna, stringendo le palpebre “… non ne posso più, non posso più…”
Diligentemente, Michelle richiuse le labbra ed abbassò lo sguardo.

 

[ La ville aux coeurs fanès ]

 

III. Dejà-vu

 

Allen riattacca la cornetta, occhi vividi di un’emozione a metà fra la preoccupazione, la rabbia, e la desolazione più totale. Si gira, tuttavia, con un sorriso. Dedicato alla ragazza seduta alle sue spalle.

“Ne, Lenalee,” esordisce, con quel suo tono gentile-ma-non-formale, quello che di solito riesce a farla sorridere.

“Tuo fratello dice che Lavi e Kanda arriveranno presto a darci una mano, qui. Dovrà essere più facile, no? Venire a capo di tutta questa… situazione.”

La ragazza non sembra ascoltarlo. Rimane seduta al tavolo, mani poggiate in grembo, capo appena chinato d’un lato. Gli occhi appena spenti fissano un punto indefinito del pavimento.

Il cuore di Allen si stringe in una morsa – e ricorda Lenalee vestita da bambola, e gli occhi spenti, e Road, e Miranda e quello schiaffo che ancora oggi porta ben custodito nel cuore. Il sorriso non accenna a cedere sulle labbra, mentre si siede di fronte alla cinese.

“Tuo fratello vuole che tu stia bene, Lenalee,” mormora, abbassando appena la voce di un’ottava.

Le labbra della ragazza si serrano – una reazione. Una reazione, finalmente.
Il sorriso sulle labbra di Allen si ravviva un pochino.

“Non starò bene,” mormora Lenalee, ed il sorriso si spegne del tutto.

Non starò bene, ripete, con quella voce infranta. Allen scosta lo sguardo da quella figura così esile – perché doveva essere proprio lei ad ammalarsi? – ed intercetta quello della piccola Blanche, affacciata sulla soglia.

Anche la piccola Blanche scosta lo sguardo, e chiude la porta della piccola e rustica sala da pranzo della locanda.

 

 

La gare d’Austerlitz ha appena cinquant’anni: si erge sulla riva sinistra Senna, e non ha niente di eclatante. 

Il suo orologio ticchetta diligentemente i secondi che passano, un grande occhio bianco che vigila sul via vai frenetico dei viaggiatori.

Quella soleggiata mattina di metà maggio, una singolare scena si presenta però allo sguardo onnisciente dell’orologio – e a quello, un po’ più basito, degli uomini e donne in attesa del prossimo treno. Un appariscente trio, infatti, procede a passo spedito nella folla, dividendola in un’ironica imitazione della separazione delle acque del Mar Rosso. Nessun miracolo divino causa tuttavia il fenomeno, nonostante le tre figure siano effettivamente alle dipendenze del Vaticano.

Baka usagi, se non la smetti di tirar--- no, no, Komui sto ascolta… e smettila di piagnucolare, cazzo, sei irritante!”

“… e aspetta che non è ancora arrivata la parte migliore, Phil! Questa ragazza bellissima si sbottona la blusa e…”

Alla dipendenze del Vaticano, sul serio.

Un uomo bassino, vestito asetticamente color panna, funge da aprifila: sulle sue spalle, adagiato come uno zaino, c’è quello che a colpo d’occhio sembra un… apparecchio telefonico. Enorme, ingombrante e dall’aria particolarmente pesante. L’uomo rivolge il viso vagamente affilato verso il secondo ragazzo dello stravagante corteo: una zazzera color rame che in qualche modo riesce a fare a pugni anche con la divisa rossastra indossata – un po’ dimessa, per il caldo quasi estivo. Sorriso ebete ostentato sul volto, è tutto intendo a tirare energicamente il filo dell’apparecchio telefonico, mentre enfatizza a gesti quello che sembra un racconto particolarmente piccante.

”Lavi, idiota, smettila di tirare il fil… non riesco a seguirti Ko… smettila di fare l’isterico e parla pia… cazzo, Lavi! Se non la smetti, giuro che al prossimo compleanno decorerò il Refettorio con il tuo intestino, se… sì, Komui, ti sto ascolta-“

Chiude la processione un ragazzo dai lineamenti asiatici e i capelli sconvenientemente lunghi per la moda del tempo, espressione a metà fra l’esasperato e il nevrotico. Cerca evidentemente di combattere – invano – su due fronti: da una parte una logorante conversazione a distanza, dall’altra il pericolo costante che la cornetta gli venga tirata via dalle mani.

“… da quando partecipi ai compleanni, ne, Yu-chan? E comunque dicevo, questa ragazza bellissima e rossissima, che…”

Insulti coloriti seguono diligentemente il passaggio del gruppo attraverso l’austero porticato d’entrata: gli sventurati viaggiatori in attesa nella gare rafforzano istintivamente la stretta sui bagagli incrociandone il tragitto. Quasi temano di venir contagiati, in qualche modo, da tale mancanza di decoro.

Certo che siamo a Parigi, ci hai mandati tu,” il tono caustico di Kanda è vagamente irritato, mentre attorciglia crucciato il filo attorno all’indice affusolato – vana speranza di trattenerlo al suo posto. “Millau? Perché lì? Senti se non ini – Lavi! – senti, Komui, non sono nella tua testa e qui c’è un fottutissimo casi--- si, ma se non mi spie…”

Il rossino riesce infine, con uno strattone più forte, a strappargli la cornetta di mano. Colpa di Kanda, che si era lasciato distrarre nel tentativo di sfoderare Mugen per eseguire minacce più efficaci.

“Mio!” trilla Lavi, trionfante, quando la cornetta cade a terra. Kanda batte ciglio, momentaneamente perplesso, prima che l’intero volto si trasfiguri in una maschera di rabbia.

“Okay,” sibila sfoderando la fedele katana. Per qualche ragione, i due lembi del Mar Rosso di folla si aprono un pochino di più attorno a loro. “Sei morto.”

Tirando vigorosamente il filo, Bookman Jr si limita a ritirare a sé la cornetta e portarla disinvoltamente all’orecchio.

“Yu-chan è un tale maleducato,” esordisce, tono di voce palesemente divertito “non sa neanche sostenere una discussione civile al telefono, ne, ti pare possibile?”

Il Finder scosta lo sguardo, per nascondere l’inequivocabile piega divertita delle labbra. Le dita di Kanda si contraggono appena sull’elsa di Mugen.

Lavi è evidentemente in vena di morire.

Kanda è fin troppo felice di ottemperare a quel desiderio così ardente.

E’ pronto a colpire, ma…

… il sorriso idiota di Lavi si spegne troppo velocemente.

“Lenalee?”

E’ solo un nome, ma cattura l’attenzione dell’asiatico. Sembra cattura anche l’attenzione di Phil, che si lascia sfuggire semplicemente un “Lady Lenalee?”

“A Millau?”

Si, questo lo aveva sentito anche lui. Se solo Komui non fosse sul baratro di una crisi isterica, e Lavi non avesse la mentalità di un ragazzino di cinque anni, avrebbe probabilmente sentito anche il resto.

Églantine. Ricordo. E Allen…?”

Mammoletta inutile.
”Sì. Va bene. Va bene, ci andiamo subito. Sì, sì, prendiamo il prossimo treno. Tranquillo ne, ci pensiamo noi.”

Il brusio della folla, il fischio dei treni in partenza e il soffio stanco di quelli che sfiatano e si fermano riempiono i buchi di silenzio. Lavi non è mai così silenzioso.
E Kanda non è una persona paziente – la stizza piega all’ingiù le sue labbra, mentre Mugen viene riposta al cinto. Il cruccio delle sopracciglia adombra il viso dai lineamenti sottili.

“Si può sapere che voleva, quello? Non riuscivo a capire un’acca di quello che stava dicendo,” finisce per borbottare, tono evidentemente risentito. Lavi solleva lo sguardo pensieroso: ma il tutto dura solo un attimo, sostituito dal ben più usuale sorriso. Soltanto un po’ più stanco e dimesso del solito.

“Allen e Lenalee hanno trovato i finders che erano stati dati per dispersi.”

“E Komui pensava che questo potesse interessarmi?” è la caustica quanto perplessa replica del giapponese.

“Pare che si fossero ammalati della stessa malattia che erano andati ad indagare,” continua Lavi, spostando lo sguardo sul treno, quasi non fosse mai stato interrotto.

Kanda schiocca la lingua – e che ci si poteva aspettare, da loro?

“… sembra che anche Lenalee si sia ammalata.”

In un primo momento, la mente di Kanda non comprende per bene il senso di quelle parole. Tanto che le labbra già si schiudono per uno dei soliti commenti all’acido, e son costrette a richiudersi dopo un’adeguata comprensione.

“… Lenalee?” è tutto quello che dice. Lo ripete, battendo ciglio.

Le sopracciglia si crucciano. Lavi, dal canto suo, annuisce e stringe le labbra.

“Vuole che andiamo a dare una mano ad Allen. Dobbiamo trovare al più presto l’innocence che sta causando questo casino, ne.”

Lavi serio fa paura. Ma d’altronde, cosa c’è di non serio? Prima di partire, Lenalee aveva detto loro che quella malattia porta le vittime al suicidio. Ce n’erano stati già cinque di casi, a quel tempo.

Chissà a quanti erano aumentati, ora.

Comprensibile, che Komui fosse nel panico – ma Kanda non ha abbastanza considerazione degli altri, per sentirsi in colpa di averlo preso a male parole. Ne ha abbastanza, tuttavia, per non lamentarsi di dover trovarsi una mammoletta paranoica fra i piedi.

La missione è la missione.

“Dove?” domanda, laconico.

“Prendiamo il treno per Millau. Di lì, a piedi verso il villaggio. E’ piccolo, non è collegato alla rete ferroviaria.”

 

 

Facendo un rapido calcolo, se Lavi e Kanda fossero stati a Parigi come Komui aveva detto, sarebbero arrivati a Millau nel tardo pomeriggio.

Alle porte di Églantine in serata.

Allen ha davanti l’atlante geografico della madre di Blanche, e nel silenzio segue le vie ferroviarie lì disegnate. Cerca di tenere la mente occupata, per non pensare a Lenalee che se ne sta raggomitolata sul letto, a pregare quel Dio che – Allen lo sa – ha sempre odiato.

Quando è salito al piano di sopra, l’ha sentita soltanto mormorare “basta, basta, non ce la faccio più, Signore…” ed ha girato subito i tacchi, scendendo nuovamente giù. Ha passato il pomeriggio a cercare di far sorridere Blanche, cosa sicuramente più facile che far sorridere Lenalee.

Blanche non è malata.

Forse stando con lei non rischia di ammalarsi pure lui – rischia di farlo, anche solo guardando la cinese.

Ma Allen è forte. Allen deve andare avanti.

Quando Blanche è di buonumore, Allen con un sorriso le chiede se è successo qualcosa di strano, prima che gli adulti cominciassero ad ammalarsi. Blanche dice che François aveva catturato una lepre, il giorno prima.

Ricavare informazioni utili dai bambini è terribilmente difficile, dopotutto.

Allen lascia cadere lì argomento, e lascia anche la locanda.

L’odore di fiori è inebriante come al solito, trasportato dal dolce vento del sud. Il caldo, ora che il sole comincia ad abbassarsi all’orizzonte, è un po’ più sopportabile. Ma la cappa d’umidità toglie il respiro. Sbottonando un po’ di più il collo della camicia, Allen si perde nei viottoli del villaggio.

Vorrebbe cercare indizi, spiegazioni, tracce di innocence: ma non riesce a respirare bene, con tutti quei profumi e quel vento umido, e finisce per distrarsi dai troppi colori così fuori luogo, in una città triste come quella.

 

 

Il sole tramonta: Allen va alle porte del villaggio, e attende.

Lavi e Kanda sono in ritardo, ma alla fine arrivano anche loro. Bisticciando, come al solito.

Li vede da lontano, privi delle giacche dell’uniforme, privi della rosa del Vaticano. Sudati, esasperati – Lavi già in vena di sdrammatizzare la situazione. Kanda già in vena di essere di cattivo umore.

Una scena così familiare.
Li richiama a gran voce, sventolando la mano a mezz’aria.
Sollevano lo sguardo.
Lavi risponde con un richiamo altrettanto alto, e Kanda piega le labbra in un gesto di stizza.

Una scena così familiare.

Allen non è mai stato così contento di rivederli.

 

 

Quella Lenalee, così regredita a quel bozzolo di depressione che era stata da bambina, s’illumina appena quando Lavi e Kanda entrano nella stanza. Le nuvole sulla sguardo adombrato si fanno appena da parte, nel guardarli. Sembra quasi lo sguardo che dedica, di tanto in tanto, a Komui.

Per un attimo il suo sguardo si incrocia con quello di Kanda. Il volto del giapponese s’indurisce appena in una maschera di disappunto. Quello della cinese si scioglie appena in una maschera di quieta disperazione, che sa di supplica.

Kanda scosta lo sguardo, e Allen può solo domandarsi cosa stia succedendo.

Lavi non ha risposte, ma parla lo stesso.

“Quindi tutti gli adulti del villaggio sono ridotti così?” esordisce, lasciandosi cadere su un angolo del lettino vuoto, poggiato contro il muro. Lenalee, seduta sul suo letto, abbassa lo sguardo e rimane in silenzio. Kanda si poggia contro il muro, ben attento a non guardare la cinese.

Allen risponde.

“Tutti gli adulti. La più giovane al momento ha sedici anni, o almeno così dicono i bambini,” sospira, incrociando le braccia al petto. Non c’è aria.

“I sintomi sono graduali?” stranamente, è Kanda a porre la domanda.

“Lenalee sembrava stare bene quando siamo arrivati. Un po’ d’allergia, ma nulla di che,” si affretta a spiegare Allen, nella voce quel pizzico di difensiva che riemerge ogni volta che parla con il giapponese. “Poi, ha iniziato a fare discorsi strani ai bambini. Diceva di avere sonno.” Deglutisce, mordicchiando il labbro. “Stamattina, era già così.”

“E non siete stati qui nemmeno tre giorni,” osserva pensieroso Lavi.

Allen capisce che stare lì è un rischio. “Per questo, dovremmo trovare l’innocence il prima possibile.”

“I finders?” domanda il rossino, dato che Kanda non farebbe mai una domanda del genere.

“Nell’altra stanza. Non fanno che piangere e pregare. Volete provare a parlarci?”

La voce di Allen sembra essere davvero urgente. E’ così dedito, a cercare una soluzione il prima possibile. Prima che Lenalee peggiori. Prima che Lenalee faccia cose stupide.

Kanda pensa che Lenalee di cose stupide ne ha già fatte, e per questo l’espressione sul suo volto non fa che inasprirsi ulteriormente.

“Vorrei parlarci, sì,” sorride Lavi, quel sorriso fuori luogo ma che rimane, tuttavia, luminoso come al solito. “A te cos’han detto, ne, Allen?”

“Assolutamente nulla,” replica il ragazzo, sconsolato, con un sospiro. Apre la porta, e quello sguardo così comprensivo e quel sorriso disarmante, messo su per l’occasione, vengono rivolti a Lenalee.

Lenalee ricambia il tutto battendo ciglio.

“Prova a riposare, ne.”

L’unica risposta è il silenzio. Lenalee stringe le labbra, e scosta nuovamente lo sguardo. E’ un piccolo spillo che s’insinua nel cuore di Allen, ma Allen non lo dà a vedere. Allen va avanti, facendo cenno a Lavi e Kanda di seguirlo. Lavi si rialza dal letto, con un piccolo salto, seguendo a ruota il compagno; Kanda, dal canto suo, si stacca dal muro e si avvia verso la porta.

Movimento distratto che assicura Mugen al cinto, ben attento a non posare lo sguardo sulla figura della cinese.

“Aspetta,” dice lei, tuttavia. Con quella sua voce spenta. Sembra la voce di un fantasma, che infesta il silenzio.

Controvoglia, Kanda aspetta. Perché è abituato ad aspettare, quando lei glielo chiede.

E’ brutto vedere una donna forte ridursi così.
E’ desolante.
E’ patetico.
“Che vuoi?” domanda, brusco.

“Aspetta,” ripete lei. Ed è di nuovo quell’espressione che sa di supplica.

L’espressione che aveva da piccola, quando si intrufolava nella sua stanza, per sfuggire a Leverrier. Aspetta.

Le voci di Allen e Lavi si perdono nel corridoio, una volta che i loro passi – frenati per aspettarlo – riprendono a guadagnare terreno.

Aspetta.

Con uno sbuffo stizzoso, allora, Kanda prende la sedia e si mette ad aspettare.

 

Lenalee intanto piange.

 

Una scena così familiare.

 

 

 

 

 

Note sul francese:

- gare = stazione
- dejà-vu =
… necessita di traduzione? °_° o meglio, ce l’ha? °_°

 

A/N: sì l’ho ripresa. Dopo… uh [controlla] dieci mesi di pausa >_<” Purtroppo, è stato un blocco dello scrittore magistrale. Dato che la storia è tutta buttata giù sottoforma di appunti, mi sembrava sprecato lasciarla lì a marcire. Pertanto, mi barcamenerà fra questa qui e “And Death goes On”.  Anche perché ultimamente tutto il blocco è svanito nel nulla, e son piena di voglia di scrivere. >_<” … da tener conto che era pronto,questo, da un paio di settimane. Oggi l’ho ripreso in mano per dargli una lettura e scrivere la parte iniziale e quella finale XD

 

E mi rendo conto che bene o male, Lenalee finisce sempre per deprimersi. Stupida malattia è_é  E’ colpa della Lena, giuro. Se non fosse stata un’aspirante suicida, da piccola… °_°

 

Un grazie a Liy, Fofolina, Lalani e yuko_chan che han commentato lo scorso capitolo nell’era preistorica <3

 

 

  
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