Prologo.
Poche volte, durante la mia secolare vita avevo
provato del puro terrore.
In passato anche quando ero allarmato da
qualcosa, ero sempre stato lucido e razionale, trovando la soluzione per
uscirne il più indenne possibile.
Ma quando a rischiare la vita è una persona
senza la quale sai di non poter vivere, di tempo per pensare non ce n’è. Si può
fare solo una cosa in tale circostanza: agire!
1
Chi sei veramente?
Lasciai scivolare delicatamente il libro che
stavo leggendo sul divano, all’irruente entrata di mio fratello Emmett nella mia camera.
Lo guardai incuriosito, come a chiedergli in
che modo potessi essergli utile; rispose alla mia espressione con un sorriso
ironico.
<< Cosa stavi leggendo? >>
s’informò senza troppo entusiasmo.
Non mi lasciò il tempo di rispondergli,
anticipando la mia risposta prendendo il libro tra le mani e leggendo il
titolo,stampato in caratteri dorati, sulla copertina:
<< Amleto..che allegria! >> disse
marcando il sarcasmo nella sua affermazione.
Sorrisi a mezza bocca, scuotendo il capo.
<< La notte è lunga! >> Gli lascai
intendere che in qualche maniera dovevo pur trascorrere il tempo.
Era un libro che avevo letto più di dieci volte
nell’arco della mia vita, ma quando si è vivi da su per giù un secolo, sono
rare le cose che non si ha avuto il tempo di fare.
Nel caso di Emmett,
come di tutti gli altri componenti della mia famiglia, si poteva facilmente
immaginare che avesse trascorso quelle lunghe ore notturne in compagnia della
sua dolce metà: mia sorella Rosalie.
<< Le tenebre se ne stanno andando…è l’alba ormai! Vieni a fare una corsa con me e
Jasper, prima di affrontare un’altra giornata scolastica? >>
Avevo, teoricamente parlando, diciassette anni,
quindi per celare agli abitanti di Forks la nostra
vera natura vampiresca, frequentavo insieme ai mie fratelli, il
liceo...nonostante lo avessimo finito da un pezzo, e ripetuto un considerevole
numero di volte.
<< Un po’ d’esercizio mattutino non fa
mai male! >>
Gli passai accanto superandolo, sorrisi
divertito quando captai i suoi pensieri, grazie al mio singolarissimo dono:
<< Davvero vuoi fare una gara?! Sai
benissimo chi di noi tre è il più veloce… e senza
offesa, non sei tu! >>
Non lo guardai in viso, continuavo a tenergli
le spalle, eppure sapevo benissimo di averlo irritato.
Senza che il mio sorriso si oscurasse, presi
velocità e mi catapultai fuori:
<< Se ti prendo!! >>
Lo sentii minacciarmi, mentre il vento mi
sferzava il viso senza procurarmi alcun fastidio, sfrecciavo tra gli alberi
della foresta che circondava casa nostra, nascondendola alla vista.
Alla fine, divenne una sfida tra me e mio
fratello, Jasper rimase in disparte scuotendo il capo interdetto…sapevo
cosa stava pensando: io ed Emmett eravamo sempre i
soliti.
Nonostante fossimo lontani da nostro fratello,
sentii Alice avvicinarsi a Jasper:
<< Non cambieranno mai, eh?! >>
Pochi istanti dopo, Alice mi rivolse un
pensiero:
“Edward, smettetela di fare i ragazzini. Tra
poco dobbiamo andare a scuola…e dovete ancora
cambiarvi!”
Ammiccai scuotendo lievemente il capo, Alice ci
costringeva a cambiarci ogni giorno d’abiti e una cosa non poteva essere
indossata più di due, massimo tre, volte.
Di colpo cambiai rotta, dirigendomi verso casa:
<< Muoviti Emmett,
se vuoi battermi devi arrivare prima di me a casa! >> gli urlai senza
diminuire la velocità.
Come volevasi dimostrare, il vincitore ero io.
Lo aspettai davanti la sua camera, appoggiato a
braccia conserte contro lo stipite della porta:
<< Ben arrivato! >> lo schernii al
massimo del divertimento.
In tutta risposta, Emmett
si lasciò sfuggire un suono gutturale, che accentuò la mia ilarità.
Mi cambiai al volo, soddisfacendo mia sorella
ed in poco tempo mi ritrovai insieme a tutti gli altri in garage.
Presi posto alla guida, Emmett
salì sul sedile accanto al mio, mentre gli altri presero posto su quello
posteriore.
Durante il tragitto parlammo del più e del
meno, senza provare nessuno di noi vero interesse a recarci a scuola: anni a
ripetere il liceo, prima o poi diventa noioso!
Bastò varcare i cancelli della scuola, ancora
nell’abitacolo della macchina, per sentire le voci degli studenti affollarsi
nella mia testa; parcheggiai e come sempre varcai l’ingresso con la sola
compagnia dei miei fratelli, e come sempre tutti finsero di non vederci…meglio stare lontano dalla stramba famiglia Cullen.
Fu sufficiente varcare le porte della scuola,
fare giusto qualche passo lungo il corridoio per ritrovarmi davanti gli occhi
un viso che non avevo mai visto: lunghi capelli castani, labbra carnose, una
pelle chiara e due grandi occhi color cioccolato.
Un viso insignificante, come tanti altri, ma
per me significava una sola cosa: una nuova mente che si aggiungeva alle altre,
rendendo il chiacchiericcio provocato dall’afflusso di pensieri ancora più
fastidioso.
Le menti dei ragazzi che mi circondavano, però
in quel momento erano concordi:
“Niente male la nuova arrivata!”
E immancabilmente si stagliava davanti i miei
occhi la sua figura, accompagnando quell’apprezzamento.
Più la vedevo e più mi convincevo che non c’era
nulla di speciale in lei, a parte per il fatto che già per un paio di volte
aveva rischiato di cadere…inciampando nei suoi stessi
piedi!
<< Che c’è di tanto divertente? >>
La voce squillante di Alice mi riportò al
presente, facendomi accorgere di star sorridendo.
<< Assolutamente nulla >>
La lasciai così, senza alcuna spiegazione in
più, dirigendomi verso la mia lezione.
Non mi imbattei in lei fino all’ora di pranzo.
Sedevo al tavolo con la sola compagnia dei miei familiari, nei nostri vassoi il
cibo era intatto, non era quello ciò di cui avevamo bisogno per il nostro sostentamento.
Il momento del pranzo, era il più fastidioso:
troppe “voci” che si sovrapponevano l’una con l’altra , procurandomi un leggera
irritazione.
Guardavo la folla dei liceali senza vederli
veramente, quando i nomi della mia famiglia- compreso il mio- catturarono la
mia attenzione, volsi gli occhi nella direzione in cui la voce proveniva e la
vidi.
Rimasi allibito, non per qualcosa che notai in
lei, la sua fisionomia era molto rassomigliante a quella che avevo visto nelle
menti degli altri, ma perché la sua conversazione con la sua amica era a senso
unico.
Non arrivavo ai suoi pensieri, non sapevo cosa
pensava, cosa stesse dicendo…era inquietante!
Incontrai i suoi occhi, distolsi subito i miei.
Mossi veloce le labbra a sussurrare a mia
sorella Alice:
<< Non la sento!! >>
Alice non si mosse, continuava a tenere la mano
di Jasper con un sorriso.
“Chi, la nuova arrivata?”
Annuii continuando a guardare davanti a me.
“Com’è possibile?!”
Nonostante continuasse ad esprimersi per
pensieri, colsi la sua apprensione.
<< Sono il primo a chiedermelo! >>
feci una pausa interdetto << Maledizione!! >> sibilai tra i denti.
Ero infastidito e sconcertato ma qualcosa che
la sua amica- mi sembra che si chiamasse Jessica-
disse provocò in me una risata.
<< Lo so è uno schianto. Ma pare che
nessuna gli vada bene! >>
Mi dispiace Jessica, sono quel che sono!
Incontrai nuovamente gli occhi della ragazza
misteriosa, e questa volta non distolsi lo sguardo ma anzi cercai d’indagare
ancora più a fondo:
“Chi sei, Isabella Swan?”
Un gesto apparentemente impercettibile, di
Alice mi riscosse facendomi capire di dovermi alzare.
Mentre camminavo sapevo che lei mi stava
guardando, ma continuai a fissare un punto vuoto dinnanzi a me.
Purtroppo, Isabella, quel giorno voleva essere
la mia condanna: durante l’ora di biologia la vidi varcare la porta.
L’unico posto libero era quello accanto al
mio,perfetto!
Appena prese posto accanto a me, giunse alle
mie narici il suo profumo…era diverso dagli altri, era…indescrivibile!
Ci mancava solo che l’assalissi, uccidendola lì
davanti a tutti, e tanti saluti alla copertura.
Mi allontanai il più possibile da lei, volevo-
dovevo- sfuggire dal suo profumo.
Non la guardavo, rimasi in tensione per tutta
l’ora della lezione,speravo che scorressero in fretta quei minuti.
Al suono della campanella, con slancio mi alzai
fiondandomi fuori dall’aula: aria!!
Dovevo fare qualcosa, qualunque cosa pur di non
ucciderla, facendo vedere il mostro che ero.
L’unica cosa che riuscii ad escogitare fu
quella di recarmi in segreteria quel pomeriggio, persuadere la segretaria a
spostarmi l’ora di biologia.
<< La prego, sia gentile! >>
<< Spiacente Edward, dovrai restare a
biologia >>
Ero consapevole del fascino che esercitavo su
di lei, o almeno era quello che i suoi pensieri dicevano: si dispiaceva che ero
troppo giovane per lei…ridicolo!Così senza perdermi
d’animo, insistetti con la voce più suadente di cui ero capace, doveva cedere.
Ed improvvisamente, fui colto in pieno dallo
stesso inebriante profumo…inspirai chiudendo gli
occhi, cercando di non perdere il controllo: dovevo andare via da lì.
<< Non fa niente >> feci una pausa
deglutendo << Mi rendo conto che è impossibile. Molte grazie lo stesso
>> fui gentile, ma freddo.
Le passai accanto, provando una grande sete, la
mia gola era in fiamme; incrociammo i nostri sguardi ed io la incenerii, non lo
feci del tutto apposta, stavo solo soffrendo troppo.
No, così non andava! Dovevo trovare una
soluzione.